9.7 I LE TECNICHE DI VALUTAZIONE DELLA STABILITA DEGLI ALBERI (vta – visual tree assessment
10.1.2 Collegamento composito centralizzato
Realizzabile per più di tre rami/fusti codominanti. La struttura di collegamento composito centralizzato va applicata se sussiste il pericolo che le diramazioni si sviluppino verso l‟esterno (p.es. nel caso di chiome cave), ma laddove non sia necessario evitare le oscillazioni laterali.
Ovviamente l‟uso dei sistemi dinamici non può essere la risoluzione di tutti i problemi ed in nessun caso può portare ad una de-responsabilizzazione del proprietario-custode della pianta, sempre tenuto a regolari controlli ed ad una corretta gestione dell‟intera pianta. Attualmente i costi dei materiali non sono proibitivi e possono anche essere competitivi con altri interventi, come abbattimenti o ridimensionamenti significati effettuati in tree-climbing.
La possibilità di salvaguardare grandi piante monumentali nella loro interezza è sicuramente l‟aspetto vantaggioso più significativo ed evidente, ma risulta molto importante anche la nuova filosofia che sta alla base di queste tecniche: si tratta infatti di adeguarsi sempre più alla realtà dell‟albero, assecondandone il più possibile lo sviluppo ed il comportamento naturale imposto dal sito in cui vegeta.
11 LA QUERCIA DI SAN BASILIO
La quercia di San Basilio si trova nei pressi dell'omonima località, importante sito archeologico, alla base dell'argine del Po di Goro, in direzione Ariano nel Polesine.
La quercia, per il suo valore storico e monumentale, può essere considerata un bene di preminente interesse pubblico.
La pianta, come detto, soggiace alla base dell'argine sinistro del Po di Goro, il quale, proprio in corrispondenza della quercia, presenta un rientro lasciato appositamente per fare spazio alla pianta.
La quercia è perciò incassata tra l'argine, a sud, e un podere agricolo a nord, dal quale la separa un modesto pianello di circa 10 metri fino all'unghia di campagna dell'argine stesso.
Vista la posizione si evince il fatto che la quercia si trova all'interno del perimetro del Parco Regionale Veneto del Delta del Po il cui confine, lungo i rami del Po, coincide sempre con il profilo dell'unghia arginale a campagna.
Il terreno su cui la pianta soggiace è pianeggiante, però già a due metri a sud del tronco inizia a salire lungo l'argine. Il rientro di questo è una superficie pianeggiante rettangolare lunga circa 20 metri e profonda circa 3 metri rispetto alla base ordinaria dell'argine. La quercia ha un'età stimata di circa 500 anni, essendo citata in documenti risalenti alla metà del „500 quale monumentale pianta segna confine. La sua circonferenza a 1.30 dal suolo è di 6.15 metri, mentre la sua altezza è di circa 26 metri e la chioma anche se in alcuni punti è irregolare ha un diametro di 19 metri. . La Quercia di San Basilio (Quercus robur)chiamata dagli abitanti locali”Rovra” è considerata l‟albero più antico del polesine. La pianta riveste un notevole interesse dal punto di vista naturalistico, botanico, storico e paesaggistico e la sua particolare forma è riconoscibile e visibile anche a distanza. E‟ un vero e proprio monumento della natura e nonostante negli ultimi anni abbia subito gli effetti della senescenza, delle avversità naturali e dell‟azione dell‟uomo, ha un imponente maestosità. e la chioma anche se in alcuni punti è irregolare ha un diametro di 19 metri. L‟età da più parti stimata dovrebbe aggirarsi intorno ai 500 anni. L‟albero si trova a ridosso dell‟argine sinistro del Po di Goro,poco a monte dell‟omonima località, nei pressi dell‟idrovora di Cà Verzola in un rientro lasciato appositamente durante i lavori di sistemazione della sponda arginale. Dopo aver passato indenne quasi cinque secoli, con tutti gli eventi storici che li hanno caratterizzati, guerre, piene, inondazioni, ecc.. la Rovra si trova oggi in uno stato di grave deperimento. Esso è imputabile solo in parte alla senescenza ed è stato aggravato dall‟incuria e dallo spostamento dell‟argine del Po di Goro che, per esigenze di sicurezza idraulica, è stato posizionato solo a 2 metri di distanza dal tronco. Ciò ha comportato un notevole costipamento del suolo e l‟innalzamento della quota di terreno di circa 30-35 cm, avvenuto con substrato fortemente argilloso che ha pregiudicato il funzionamento dell‟apparato radicale. Nelle immagini del 1969 si può infatti notare che la corona era già in parte rarefatta, sintomo dell‟inizio di uno stato di salute precario. Inoltre nel 1976, durante un violento temporale, la Rovra fu colpita da un fulmine che stronco alcune grosse branche, ridusse notevolmente la chioma e provocò una lunga lesione estesa dalla cima alla base dell‟albero la quale distrusse completamente vasti settori della zona corticale del cambio e del tessuto xilematico superficiale danneggiando gravemente il tronco.
L‟ampia ferita aperta dal fuoco non fu completamente compartimentata dalla pianta che non avendo sviluppata una protezione naturale adeguata, permise l‟ingresso di funghi agenti di carie e insetti che aggredirono il tronco
Il soggetto, abbandonato per lungo tempo e privo di qualsiasi intervento di manutenzione o di correzione degli squilibri manifestati, subì un declino che sembrava inesorabile
Nel 1995 il Comune di Ariano nel Polesine promosse uno studio sulla situazione dell‟albero nel quale era stato analizzato lo stato dell‟apparato aereo e radicale.
Dalle indagini emerse che dal tronco a 4,10 metri dal suolo si dipartivano tre branche di cui una era completamente disseccata.
I maggiori problemi però furono riscontrati a carico delle radici assorbenti che si trovavano anche se scarsamenti vitali fino ad un raggio di 2,70 metri dal colletto.
Mentre oltre tale misura erano estremamente rarefatte e quasi del tutto assenti a 3,90 metri, limite in cui mostravano gravi segni di deperimento. Si decise perciò di effettuare alcuni lavori
presenti negli anni precedenti. Le porzioni basali del tronco avevano reagito positivamente all‟intervento di dendrochirurgia e le superfici trattate avevano formato un callo di cicatrizzazione vitale ad eccezione di una ristretta area nella quale era ancora riscontrabile una necrosi che interessava la corteccia nella porzione di tronco rivolta verso San Basilio. Ciò derivava in buona parte dai risultati ottenuti dalla rivitalizzazione e dall‟aumentato numero e funzionalità delle radici assorbenti.
Nonostante avesse reagito positivamente la quercia non poteva considerarsi completamente recuperato e per consolidare e potenziare quanto ottenuto e mantenerlo più a lungo vitale avrebbe dovuto essere costantemente monitorato per verificare l‟evoluzione delle radici fini e del callo di cicatrizzazione. A questa fase segui purtroppo un nuovo periodo di abbandono e un‟ulteriore regressione. Viste le premesse si può affermare che la pianta riveste un notevole interesse dal punto di vista naturalistico, botanico e storico. Del resto anche in altri soggetti appare evidente la connessione di cancri da danni antropici. Con decreti n. 32 e 37 del 2002 la Regione del Veneto ha approvato e finanziato il progetto di "Recupero e conservazione della quercia di San Basilio" nell'ambito del bando di cui alla D.G.R. 2631/2002.
Nel 2002 L'Ente Parco con la collaborazione del Comune di Ariano nel Polesine e dell'Università di
Padova, decise di intervenire.
Il presente progetto prevede perciò l'avvio di interventi volti al recupero di uno stato fisiologico soddisfacente della pianta e ad una sua conservazione nel tempo.
Anamnesi
Con decreti n. 32 e 37 del 2002 la Regione del Veneto ha approvato e finanziato il progetto di "Recupero e conservazione della quercia di San Basilio" nell'ambito de bando di cui alla D.G.R. 2631/2002.
Nel 2002 L'Ente Parco con la collaborazione del Comune di Ariano nel Polesine e dell'Università di Padova, decise di intervenire.
Il presente progetto prevede perciò l'avvio di interventi volti al recupero di uno stato fisiologico soddisfacente della pianta e ad una sua conservazione nel tempo.
In particolare, furono fatte delle indagini all'apparato aereo e dei campionamenti, con successive analisi in laboratorio, delle radici.
Indagini affidate al Prof. Sergio Muto Accordi portarono alla relazione di seguito riportata.