TRASPORTO Avvezione X X
1.7.6 Colloidi e complessazione organica
Mentre la complessazione di leganti semplici inorganici o leganti piccoli organici è stata trattata all’interno dei vari “Thermodynamic Database Project, TDB”, la complessazione di macromolecole organiche è stata trattata come un problema separato, a causa della grande varietà di possibili interazioni e della grande varietà di molecole coinvolte. Le molecole di acido fulvico o umico (acidi deboli di origine naturale presenti nell'ecosistema ed originatisi dalla degradazione chimica e biologica delle piante e degli animali), possono variare in dimensione da piccole molecole dissolte in acqua a molecole più grandi, classificate come particelle colloidali, con diametro compreso tra 1nm e 1 µm. A causa delle difficoltà che si presentano nel lavorare con gli elementi transuranici e con i prodotti di fissione, molti dei lavori e degli esperimenti riguardanti la complessazione di sostanze umiche o fulviche sono stati effettuati con l’uranio.
Per comprendere quantitativamente il comportamento degli elementi transuranici e dei prodotti di fissione in soluzioni acquose di sostanze umiche, sono ancora richiesti molti sforzi in termini di ricerca. Per quanto riguarda invece l’analisi dell’interazione dei radionuclidi con le particelle colloidali e in particolare lo studio del processo di trasporto dei radionuclidi attraverso i colloidi, provenienti per la maggior parte dal materiale di riempimento (backfill), sono state sviluppate e sono in fase tutt’ora in fase di studio una serie di tecniche analitiche.
30 La generazione dei colloidi è una funzione delle specifiche condizioni geochimiche del sito e dei materiali utilizzati, per questa ragione per ogni tipologia di deposito e assemblaggio dei materiali bisogna effettuare studi specifici.
Un altro campo che non è ancora stato compreso bene riguarda l’interazione tra i microrganismi, le macromolecole organiche e i radionuclidi. Il motivo della non completa conoscenza delle macromolecole è attribuito alla loro natura estremamente complessa e variabile, infatti, a differenza di altri costituenti come le molecole inorganiche o le semplici molecole organiche, le macromolecole non ricompaiono sempre necessariamente come lo stesso identificato composto.
1.8 Conclusioni
I rifiuti radioattivi accumulati dallo sfruttamento dell’energia nucleare a fini industriali costituiscono un pericolo per più di 10000 anni dopo il loro utilizzo. Tale materiale deve quindi essere rimosso dalla biosfera in maniera tale da prevenire ogni contatto accidentale. Tale condizione può essere acquisita sistemando il materiale in un deposito sotterraneo appositamente progettato all’interno di determinate specie di rocce che possono sopportare il calore generato dal decadimento radioattivo e che siano sufficientemente impermeabili per prevenire il contatto con le acque sotterranee e il trasporto dei radionuclidi in queste e il loro rilascio in biosfera con conseguente contaminazione ambientale.
Il progetto e la costruzione di un deposito geologico di rifiuti radioattivi sono ritenuti possibili ormai da molti anni. Tuttavia la realizzazione di tali strutture è stata ritardata da un certo numero di ragioni, tra le quali le più decisive sono:
la necessità di una valutazione dettagliata dei siti proposti per determinare le condizioni idrologiche, geochimiche e la stabilità strutturale delle formazioni geologiche tipiche di questi siti.
una sempre più diffusa riluttanza della popolazione residente presso i siti proposti a consentirne la costruzione a causa della percezione dei rischi potenziali associabili a possibili situazioni incidentali/accidentali durante il trasporto dei rifiuti al sito o all’insorgere di problemi imprevisti durante il loro contenimento nel deposito.
Attualmente, ogni paese con un’importante industria nucleare sta progettando la costruzione di depositi per i rifiuti generati all’interno dei propri confini. Tali depositi saranno costruiti in specifiche formazioni rocciose e seguiranno diverse linee progettuali, con ricorso a differenti metodi di condizionamento e confezionamento dei rifiuti stessi. Appare evidente che la costruzione di un gran numero di depositi su scala mondiale se, da un lato, può aumentare la probabilità d’incidenti, dall’altro, può ridurne la specifica severità delle conseguenze a essi associate. Inoltre, minori distanze di trasporto dai reattori alle strutture di eliminazione nazionali o regionali possono ridurre il rischio di situazioni incidentali nella fase, molto delicata, del trasporto. La sistemazione sotterranea dei rifiuti nucleari offre un numero di vantaggi importanti a confronto con altri metodi di eliminazione finora considerati come la deposizione in fosse marine profonde, il seppellimento nelle cappe glaciali e l’invio sul sole.
31 I depositi geologici offrono infatti i seguenti requisiti:
1. Sono sicuri perché una roccia ospite appropriatamente scelta può assorbire le radiazioni e dissipare il calore e perché ogni intrusione accidentale o di mala intenzione può essere prevenuta efficacemente anche solo dalla profondità del deposito situato molto al di sotto della superficie topografica.
2. La migrazione di certi radionuclidi per diffusione o advezione da parte delle acque sotterranee può essere minimizzata dall’uso del concetto ingegneristico delle barriere multiple e qualsiasi futuro movimento dei radionuclidi al di fuori del deposito può essere predetto attraverso lo sviluppo di opportuni modelli di trasporto basati sulla conoscenza delle proprietà dei nuclidi, le condizioni idrologiche nella roccia ospite, la composizione chimica e mineralogica e le proprietà di scambio delle rocce.
3. I depositi sotterranei non richiedono manutenzione dopo che siano stati riempiti e sigillati. Ciò è importante in quanto il tempo necessario per la perdita di tossicità dei rifiuti radioattivi è molto più lungo del tempo di ascesa/caduta delle forme sociali stabilmente organizzate e delle civilizzazioni umane verificatesi nel passato.
4. I depositi geologici offrono flessibilità e convenienza nella selezione sitologica e nella costruzione perché gli stessi possono essere costruiti in differenti tipi di rocce comprendenti:
rocce granitiche, evaporiti,
argille, tufi.
Molte nazioni, orientate alla costruzione di un deposito, possono pertanto realizzarlo all’interno dei loro confini ed i depositi possono essere localizzati in maniera tale da ridurre le distanze di trasporto dai siti di generazione dei rifiuti.
5. La costruzione di depositi sotterranei è fattibile in quanto basata su metodi ben collaudati della ingegneria civile/mineraria e il costo addizionale di costruzione di tali strutture non aumenta significativamente il prezzo dell’elettricità generata dai reattori nucleari di potenza.
6. Il rifiuto radioattivo è recuperabile anche se i depositi geologici sotterranei sono progettati per un contenimento a tempo indefinito.
Molti paesi hanno fatto progressi sostanziali per la costruzione di depositi sotterranei di rifiuti radioattivi in differenti specie di rocce: La Repubblica Federale Tedesca nel sale; Finlandia, Francia, Svezia e Regno Unito in rocce granitiche; Stati Uniti in tufi, basalti e depositi salini.
La verifica della sicurezza di depositi nucleari sotterranei nell’intervallo di tempo futuro nel quale i materiali dei rifiuti rimangono tossici deve essere predetto sviluppando opportuni modelli fisico/chimico/matematici che devono essere supportati e verificati dai così detti analoghi naturali
32 (studi sul comportamento di ambienti naturali di profondità in condizioni di analogia con il confinamento selezionato).
La validità di tali predizioni dipende da informazioni sperimentali sulla composizione dei materiali dei rifiuti e sull’ambiente geologico locale e regionale del sito.
Le proprietà specifiche della roccia ospite da valutare includono:
a) Presenza e movimento di gas, acque e salamoie all’interno della roccia ospite nel sito e nell’area circostante e sopra e sotto il deposito.
b) La risposta della roccia ospite alla produzione di calore dei rifiuti radioattivi e all’effetto dell’incremento della temperatura sulle proprietà geo-meccaniche e idrologiche della matrice rocciosa.
c) Il comportamento dei radionuclidi all’interno della roccia ospite e nei potenziali percorsi della loro migrazione verso la biosfera.
d) Rischio di cedimento del deposito per eventi geologici quali terremoti, movimenti lungo faglie, eruzioni vulcaniche, formazione di cappe glaciali, subsidenza o sollevamento dei mari.
e) La progressiva degradazione del sistema di condizionamento dei rifiuti radioattivi e delle barriere progettate per contenere i radionuclidi, qualora la barriera geologica non fosse ritenuta perfettamente idonea al confinamento.
In questo scenario, emerge, in tutta evidenza, il ruolo centrale dei ricercatori geochimici al fine di ottenere le informazioni necessarie per predire la sicurezza futura di ogni deposito di rifiuti nucleari proposto. L’informazione necessaria è parzialmente specifica del sito, ma richiede anche studi di laboratorio sulle proprietà di base e sulle indagini sugli analoghi naturali nei quali il movimento dei radionuclidi nel passato geologico può essere osservato.
La sicurezza futura di un deposito specifico di rifiuti dipende non solo dall’assetto geologico e dai processi geochimici ma anche dalla sua configurazione e dalla complementarietà delle varie componenti progettuali quali: il condizionamento del materiale dei rifiuti, la disposizione spaziale dei rifiuti, la profondità del deposito, l’uso di materiale di riempimento all’intorno dei singoli rifiuti e i metodi di occlusione delle gallerie dopo il ricovero dei rifiuti.
Il condizionamento dei rifiuti deve permetterne il trasporto e lo stoccaggio prima della loro collocazione nel deposito finale. In più la forma del condizionamento deve contribuire al contenimento a lungo termine dei radionuclidi per mezzo del conferimento di elevati livelli di resistenza meccanica e di stabilità chimica. I contenitori di HLW vetrificati dovranno probabilmente essere super strutturati per aumentarne la sicurezza durante il trasporto, assicurare la loro integrità fisica per 1000 anni o più, e ritardare il rilascio dei radionuclidi in combinazione con la seconda barriera di bentonite.
Partendo dall’assunto che nei depositi le acque non devono essere presenti, né entrare, né uscire e che la barriera idrogeologica e geochimica al contorno deve impedire qualsiasi possibilità di migrazione di radionuclidi verso l’ambiente,le velocità stimate di rilascio dei radionuclidi dai
33 depositi contenenti parecchie migliaia di confezionamenti dopo 105 anni sono riportate nella tabella 1.3. La maggior parte dell’attività residua è dovuta agli isotopi del Pu la cui solubilità in acqua è sufficientemente bassa (circa 2.4 ppm) così da consentire, in caso accidentale, solo la perdita annuale di una piccola frazione (circa 210-6). Inoltre, il naturale fenomeno della diluizione dei radionuclidi rilasciati dai depositi nelle acque dell’ambiente sotterraneo dovrebbe ridurne l’impatto ambientale.
Tabella 1.3 – Velocità stimate di lisciviazione di isotopi radioattivi e di elementi degli attinidi da depositi contenenti molte migliaia di contenitori di rifiuti ad ad alta attività (HLW) e di combustibile esaurito (SF) dopo 105 anni [*].
Rateo di lisciviazione (1)
(frazione/anno) Attività rilasciata /anno
Nuclide Solubilità (ppm) HLW SU HLW Ci/3000 fusti SU Ci/7000 fusti 238 U 485 1.4 10-4 3.1 10-7 129 948 242 Pu 2.4 1.3 10-6 2.3 10-6 3940 29500 230 Th(2) 0.024 1.3 10-5 1.68 10-7 196 1470 239 Pu 2.4 1.3 10-6 2.3 10-6 61900 464000 (1)
Flusso d’acqua limitato dalla diffusione nella bentonite
(2)
da 238U
[*] Anonimo 1984 –Presente in numerosi rapporti internazionali e non confutata
Un deposito geologico di rifiuti radioattivi a lunga vita consiste in un sistema di barriere naturali e artificiali la cui funzione è isolare i rifiuti dall’ecosistema di superficie per centinaia di migliaia di anni.
Per raggiungere questo obiettivo, sono state ipotizzate diverse strategie di smaltimento, in base alla quantità e natura dei rifiuti, alla tipologia delle formazioni rocciose disponibili per ospitarli e delle problematiche specifiche di smaltimento associate sia al tipo di rifiuto che al sito selezionato (ad esempio, se i rifiuti producono una notevole quantità di calore, come quelli ad alta attività o ottenuti da combustibile esaurito, o se la formazione rocciosa è in zona satura o insatura).
Nella maggior parte dei concetti di smaltimento, il trasporto attraverso le acque sotterranee è il più probabile meccanismo naturale affinché i radionuclidi immobilizzati nei contenitori, ma destinati ad inevitabile degradazione, possano venire a contatto con la biosfera in un lontano futuro. Tuttavia, anche altri fenomeni, naturali e antropici, quali: sollevamento, erosione, vulcanismo, inondazioni e intrusione umana, potrebbero essere considerati nelle valutazioni della sicurezza del deposito.
In tutti i concetti di smaltimento in esame, le prestazioni del deposito sono basate sul concetto di barriere multiple, che comprendono sia i materiali naturali che artificiali (sicurezza passiva). Le
34 barriere naturali comprendono la roccia ospitante e le circostanti formazioni geologiche. Le barriere artificiali possono includere la matrice dei rifiuti, il contenitore dei rifiuti, il materiale tampone e quello di riempimento, i pozzi di discesa e condotti di comunicazione e le sigillature ingegneristiche apposte nelle aperture del sottosuolo. Queste barriere concorrono, tutte assieme, a limitare il contatto dei rifiuti con le acque sotterranee e il successivo trasporto di radionuclidi nella biosfera.
Lo smaltimento dei rifiuti radioattivi in depositi in profondità, situati in formazioni geologiche adeguate, è indagato in tutto il mondo come una soluzione finale sicura per il trattamento del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti a elevata attività e lunga vita.
La ricerca europea sullo smaltimento geologico in profondità è iniziata nei primi anni 1970. Da allora, sono stati sviluppati un gran numero di concetti di deposito e, parallelamente, sono stati realizzati adeguati strumenti di modellazione delle principali fenomenologie riguardanti il trasporto di radionuclidi per giudicare la sicurezza del deposito in strati geologici profondi.
La sicurezza del sistema di smaltimento si basa sul concetto di barriera multipla che in genere comprende il sistema ingegneristico (EBS) e la barriera geologica. L'EBS comprende: materiali ingegnerizzati che compongono la forma dei rifiuti solidi, il contenitore dei rifiuti, il riempimento del buffer dove sono disposti i contenitori, e tutti assieme sono definiti come il campo vicino. La formazione geologica ospitante che circonda il deposito che rappresenta il campo remoto. Le barriere non dovrebbero avere modi di guasto comune, così se una barriera dovesse fallire, restano le altre per assicurare il confinamento dei radionuclidi a lungo termine.
I meccanismi di trasporto dei radionuclidi sono dati dai flussi di avvezione, diffusione e dispersione, modificati da vari modi di ritardo dovuti essenzialmente ai fenomeni di assorbimento, precipitazione, scambio ionico. Tutti questi processi dipendono fortemente dalla chimica dell'ambiente e dalle interazioni tra l’EBS e il sistema di acque sotterranee. L'analisi delle proprietà di tali processi così complessi e sviluppati su un periodo molto lungo è affetta da notevoli incertezze. Le incertezze possono derivare da una mancanza di conoscenza dettagliata dei fenomeni o dalla mancanza di esperimenti mirati a valutare l’importanza di alcuni parametri rispetto ad altri, o all’incapacità di comprendere l'evoluzione a lungo termine dei parametri principali nello spazio e nel tempo. Le incertezze possono essere gestite in diversi modi attraverso la semplificazione dei modelli e assunzioni conservative che sono analizzate in modo deterministico e/o probabilistico.
Prima che il deposito sia costruito e gestito,deve essere sviluppata una metodologia sistematica di valutazione della sua sicurezza. Sulla base dell’identificazione e della valutazione di tutte le funzioni rilevanti, eventi e processi (FEP), la valutazione a lungo termine sulla sicurezza di un deposito geologico profondo è svolta rispetto a due scenari di riferimento, quello di normale
evoluzione e uno scenario alternativo. Gli scenari sono poi convertiti in una serie di modelli
concettuali che descrivono i possibili comportamenti del sistema e delle strutture e che costituiscono la base per la modellizzazione matematica costituita da un set di equazioni
35 algebriche, differenziali e integrali tra loro accoppiate e con adeguate condizioni iniziali e al contorno. Le simulazioni sono eseguite applicando diversi sub-modelli integrati (campo vicino, campo lontano e biosfera) in un programma di calcolo generale di sistema in modo l'output di un sub-modello costituisca l’input di quello successivo e, generalmente, i risultati sono presentati sotto forma di tassi di rilascio (Bq/anno) e/o dosi equivalenti (Sv/anno) in funzione del tempo.
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