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territorio della Val di Cecina

III.2 Le colonne di marmo lunense del teatro di Volterra

III.2.1 Il marmo lunense nella decorazione architettonica del teatro

Il teatro romano di Volterra241 sorge nella valle di

Vallebuona, sulle pendici settentrionali della collina non lontano dalle mura e dal foro. L'edificio fu costruito in un'area prossima al cardo principale della città, che congiungeva le porte Nord (porta Diana) e Sud (porta dell'Arco) dell'abitato242.

La costruzione del teatro si deve, come è noto da un'epigrafe commemorativa243, all'opera evergetica di esponenti della

famiglia dei Caecina, una delle più ricche ed influenti della Volterra romana. La prima, principale fase edilizia del teatro è da ascrivere ad Aulus Caecina Severus, generale di Augusto e console suffectus nel 1 a.C.; a pochi anni dopo, probabilmente relativi al consolato del 13 d.C. di Caius Caecina Largus, forse fratello di Severus244, risalgono la realizzazione del canale dell'auleum e di una basilica ad Ovest del teatro245.

Il fatto che il primo dei due Caecina fosse un collaboratore di Augusto si sposa bene con la massiccia presenza di marmo lunense, che costituisce in pratica l'unico materiale importato utilizzato nella costruzione di elementi architettonici di rilievo nel teatro. Non manca la presenza di giallo antico, africano e cipollino, utilizzati però solo sotto forma di lastre di rivestimento di podi ed altre superfici246. Di fatto nel teatro

volterrano i marmi bianchi, nella fattispecie il lunense, coprono l'80% del totale dei marmi utilizzati, contro il 15% dei bardigli ed il 5% delle pietre colorate247. Come già notato il marmo

lunense giocò un ruolo di primaria importanza nei progetti di rinnovamento urbanistico avviati da Augusto a Roma e nelle province, giungendo ad assumere una forte valenza simbolica

241Si vedano CATENI, 1993; MUNZI, TERRENATO, 2000; FURIESI, 2008.

242Cfr. FURIESI, 2008, P. 54. 243Cfr. PIZZIGATI, 1993, PP. 67-69. 244Cfr. PENSABENE, 2007, PP. 26-27. 245Cfr. FURIESI, 2008, P. 94. 246Cfr. PENSABENE, 2007, P. 26. 247Cfr. PIZZIGATI, 2007, P. 72.

nella diffusione di modelli formali ed ideologici espressi dal nascente sistema politico imperiale248. A ciò si doveva

aggiungere il particolare che l'utilizzo di marmo lunense era di certo più economico rispetto a quello di marmi colorati249. Tale

considerazione risulterebbe ancor più valida se venisse confermata l'interessante ipotesi avanzata di recente da Pizzigati250, secondo cui la famiglia dei Caecina poteva essere

proprietaria di alcuni filoni marmiferi apuani, come suggerito dalle analogie petrografiche (rilevate però solo in maniera autoptica) del marmo usato a Volterra con quello delle cave in località Campo Cecina (presso Carrara) e Cecina (presso Fivizzano). L'eventuale proprietà di cave da parte della nobile famiglia volterrana, che avrebbe comportato un risparmio notevole sui materiali, si sarebbe limitata ovviamente all'età augustea, dal momento che Tiberio avocò in seguito al

Patrimonium Caesaris la proprietà delle cave di Luni251.

Fig. 64: Il teatro romano di Volterra.

Ad ogni modo il marmo lunense domina nella scaenae frons del teatro di Volterra: lungo 35, 98 m il frontescena è dotato di grande valva semicircolare al centro, per la porta regia, e di due semplici aperture rettangolari ai lati per le hospitalia; l'elevato, che si innalza per 16 m, è costituito da due ordini di dodici colonne ciascuno, di marmo lunense. I fusti del primo ordine sono alti 4, 58 m, quelli del secondo 4, 34 m252. Tutti gli 248Cfr. PENSABENE, 2004; PENSABENE, 2007.

249 PENSABENE, 2007, P. 27.

250Cfr. PIZZIGATI, 2007, PP. 75-76.

251Cfr. DOLCI, 2002, PP. 15-22; PENSABENE, 2002, P. 15.

elementi delle colonne erano giunti a Volterra semilavorati, per essere poi rifiniti in loco da maestranze esperte, di certo provenienti da Roma o da Ostia253. In tale ottica non stupiscono

le caratteristiche delle basi attiche e dei capitelli corinzi, sempre in lunense, chiaramenti appartenenti al tipo augusteo derivante dal Foro di Augusto, ben presto diffuso in Italia e in Gallia in funzione della politica augustea di monumentalizzazione delle città254. I confronti diretti per i

capitelli di Volterra, entro questo panorama, sono così riscontrabili non solo a Roma, ma anche in molti centri occidentali, da Pozzuoli ad Autun, a Cordoba e Cartagena255. Va

notato al contempo che gli architravi ed i fregi del teatro volterrano, non lavorati in blocchi unitari bensì in lastre applicate ad un nucleo di calcare di Pignano, mostrano una fattura da attribuire a maestranze locali256. Davanti alla frons

scaenae era poi esposto il ciclo statuario giulio-claudio, di cui si

sono rinvenute le teste di Augusto, Tiberio e Livia, ancora una volta in marmo lunense.

Ad una terza fase edilizia, collocabile intorno al 42 d.C., risale l'ampliamento della porticus post scaenam ad opera di un altro Caio Cecina Largo257. Inizialmente, infatti, il portico era

limitato ad un unico braccio sul retro della scena, con fusti lisci di calcare di Pignano; solo in età claudia, dunque, con la costruzione di altri tre bracci (di cui si conservano solo i due laterali), anche nella porticus entra il marmo lunense: 12 colonne di bardiglio per ciascun braccio, alte 3,50 m e coronate da capitelli corinzieggianti258.

L'attività dei Caecina nel teatro di Volterra costituisce un caso esemplare del coinvolgimento delle élites municipali nel sistema politico augusteo259: l'impegno evergetico di esponenti

di alto rango nelle proprie città d'origine univa a motivazioni autocelebrative la volontà di imitare Augusto nella rivalutazione ideologica del proprio passato. In tal senso lo spostamento dei Caecina a Roma comportò un rafforzamento del legame della famiglia con la città di Volterra, espresso appunto attraverso pratiche evergetiche in favore del municipio. D'altra parte fu proprio l'attività di amministratori

253Cfr. PIZZIGATI, 1993, PP. 69-70; PENSABENE, 2007, P. 27. 254Cfr. PENSABENE, 2007, P. 27. 255 Ibidem. 256Cfr. PIZZIGATI, 1993, PP. 62-63. 257Cfr. FURIESI, 2008, P. 97. 258 Ibidem. 259 PENSABENE, 2007, P. 28.

locali e di senatori di origine municipale a favorire la diffusione dell'edilizia teatrale in Italia e nelle Province, contribuendo alla politica di urbanizzaione promossa da Augusto260.

Fig.65: pianta del teatro di Volterra con la porticus post scaenam.

III.2.2 Dimensioni e peso delle colonne del teatro Fusti

Le colonne del frontescena, come accennato, dovevano essere 24, disposte su due ordini sovrapposti; se ne sono individuati 14 fusti, di cui due pertinenti a semicolonne261. Le

misure rilevate permettono di individuare tre tipi di colonne di marmo bianco lunense:

– fusto con imoscapo di 0,57 m e summoscapo di 0,50 m, alto 4, 58 m, relativo al primo ordine;

– fusto con imoscapo di 0, 56 m e summoscapo di 0, 46 m, alto 4,62 m, probabilmente da collocare su uno dei podi della

valva regia;

– fusto con imoscapo di 0,50 m e summoscapo di 0,44 m, alto 4, 34 m, attribuibile al secondo ordine.

Tutti i fusti presentano 24 scanalature e rastremazione verso l'alto e sono composte da due rocchi monolitici. Alle colonne della frons scaenae si aggiungono quelle in bardiglio lunense dei bracci laterali della porticus post scaenam,

260Cfr. PENSABENE, 2007, passim.

rinvenute in vari frammenti: percorsi da 24 scanalature, i fusti, composti da due rocchi ciascuno, misurano 3,50 m d'altezza per 0, 425 m di diametro. Ricordo che il braccio retrostante il frontescena era invece caratterizzato da colonne di "tufo" di Pignano, costituite da rocchi di diverse dimensioni del diametro di 0,57 m.

Basi

Le basi attiche delle colonne del frontescena, in marmo bianco lunense, sono alte 0, 29 e 0, 25 m ed hanno plinto, toro e scozia singola lavorati separatamente rispetto al fusto. La

porticus ha restituito due tipi di basi:

– base attica del colonnato sui lati Est ed Ovest, in marmo bianco lunense, alta 0, 23 m e larga 0, 62 m;

– base attica del colonnato sul lato Sud, in calcare di Pignano, alta 0, 29 m e larga 0, 80 m.

Capitelli

Dal teatro di Vallebuona provengono capitelli di marmo bianco lunense e di calcare di Pignano, attribuibili agli ordini corinzio, ionico e corinzieggiante262.

Corinzio: appartengono a questo ordine i capitelli delle

colonne relative alla frons scaenae. Se ne distinguono due tipi: – diametro inferiore di 0, 48 m per 0, 63 m di altezza, relativo al primo ordine di colonne;

– diametro inferiore di 0, 43 m per 0, 55 m di altezza relativo al secondo ordine.

In base a questi dati è stato possibile ricostruire due tipi di colonne complete che ornavano il frontescena:

– le colonne dei podi laterali del primo ordine, alte in totale 5, 50 m (0,29 + 4, 58 + 0, 63 m);

– le colonne del secondo ordine, alte 5, 14 m (0,25 + 4, 34 + 0, 55).

Corinzieggiante: a questo stile appartenevano i capitelli dei

lati Est ed Ovest della porticus (se ne sono rinvenuti 9), di

marmo lunense, alti 0,59 m e con lato dell'abaco pari a 0,59 m.

Ionico: sono stati rinvenuti 6 capitelli in stile ionico, di

calcare di Pignano; collocati a coronamento dei fusti del braccio Sud della porticus le loro dimensioni erano di 0, 24 m di altezza per una larghezza massima di 0, 595 m.

Fig.66: colonne della frons scaenae e della porticus. (PENSABENE, 2007).

Sulla base dei dati riportati possiamo individuare il peso dei vari manufatti in marmo lunense utilizzati nel teatro volterrano, ricordando però sin d'ora che i blocchi erano stati trasportati semilavorati, per essere sgrossati e rifiniti nel cantiere di destinazione. A tal fine, come accennato poco sopra, i committenti del teatro di Volterra si affidarono all'esperienza di manodopera urbana itinerante, secondo una prassi attestata in molte altre città italiane e provinciali in epoca augustea e giulio-claudia. D'altra parte anche i principali relitti di naves

lapidariae con carichi di marmo lunense, in particolare Saint

Tropez, Porto Novo e Lerici, tutti datati ai primi decenni del I secolo d.C. ad eccezione del primo (risalente al II secolo d.C.), attestano in modo inequivocabile la pratica del trasporto di colonne semilavorate. Circostanza, questa, che conferma i dati desumibili da numerosi studi relativi al grado di specializzazione nella semilavorazione in cava raggiunto a Luni263.Chiaramente è impossibile valutare con precisione la

quantità di marmo asportata in fase di rifinitura rispetto al blocco sbozzato, pertanto i calcoli che seguono saranno condizionati da un certo grado di ipoteticità.

Peso dei fusti

Tanto i fusti in bianco lunense della frons scaenae quanto quelli in bardiglio lunense della porticus sono costituiti da due rocchi ciascuno; per comodità di calcolo li considererò tuttavia rispettivamente come tronchi di cono e ciclindri unici. Un calcolo approssimativo relativo alla quantità di marmo asportato in fase di rifinitura delle colonne è stato effettuato sui tre rocchi della imponente colonna di 40 piedi rinvenuta sul relitto della Baia della Caletta a Lerici: in tal caso si è ipotizzato un 10% circa di materiale in più rispetto all'opera finita264.

Basandoci su questa stima otterremo per ciascun fusto semilavorato le seguenti dimensioni e pesi, considerando che il peso specifico del marmo lunense è di 2725 Kg/m3:

– primo ordine del frontescena: diametro maggiore di 0, 62 m, diametro minore di 0, 55 m ed altezza di 4, 98 m circa. Peso: 3650 Kg;

– secondo ordine del frontescena: diametro maggiore di 0,55 m, diametro minore di 0,48 m, altezza di 4, 77 m. Peso: 2712 Kg;

– colonne dei lati Est ed Ovest del portico: diametro 0,46 m, altezza di 3, 80 m. Peso: 1720 Kg.

Peso delle basi

Se ne calcola il volume come parallelepipedi, rispettivamente di 0,30 x 0,80 m per la frons scaenae e di 0,25 x 0,65 m per la porticus. Ne risultano rispettivamente pesi di 523 Kg e 288 Kg.

Peso dei capitelli

Considerati come parallelepipedi, risultano caratterizzati dalle seguenti misure e pesi:

– primo ordine del frontescena: 0,52 x 0,68 m; peso 501 Kg;

– secondo ordine del frontescena: 0,47 x 0,60 m; peso di 361 Kg;

porticus post scaenam: 0,64 x 0,64; peso di 714 Kg.

In base a questi calcoli il peso di ciascuna colonna, comprendendo base e capitello, ammonterebbe rispettivamente a:

– primo ordine del frontescena: 4674 Kg; – secondo ordine del frontescena: 3596 Kg; – porticus (bracci Est ed Ovest): 2722 Kg.

Volendo valutare il peso complessivo di tutto il marmo necessario alla costruzione di queste colonne si ottiene una misura di circa 100 tonnellate per il frontescena di età augustea e di 65 tonnellate per le colonne della porticus (bracci Est ed Ovest) di età claudia. Una cifra, quella di 165 tonnellate che, pur non tenendo conto degli elementi architettonici non pertinenti alle colonne (lastre, architravi, ecc...), appare tutto sommato modesta.