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1.7 Diagnosi di laboratorio

1.7.1 Coltivazione in laboratorio

Le leptospire sono microrganismi microaerofili, la cui coltivazione richiede particolari accorgimenti.

Prove di laboratorio hanno dimostrato che la soglia massima di temperatura a cui le leptospire riescono a sopravvivere è pari a 41-42°C, mentre sono inattivate in soli 45 minuti a temperature di 50-55°C. Appaiono invece ben più resistenti alle basse temperature, al punto che un ottimo sistema di conservazione è rappresentato dalla loro immissione in azoto liquido a -196°C, utilizzando come crioprotettore il DMSO (dimetilsulfossido) al 5% o il classico glicerolo. Un altro metodo adatto per la conservazione è la liofilizzazione che permette di preservarle per lungo tempo. Nonostante alcune sierovarianti crescano bene a 37°C e numerose specie saprofite a temperature di 11-13°C, l'ottimale temperatura a cui si moltiplicano è compresa tra 28 e 30°C.

L'acqua salmastra può neutralizzarle in breve tempo, non tollerando in genere concentrazioni di NaCl superiori al 2,5%; esistono comunque alcune sierovarianti definite alofile, che necessitano per lo sviluppo della presenza dello ione Na+. Notevole importanza ha la reazione del terreno, essendo sensibilissime soprattutto agli spostamenti verso l'acidità: il pH ottimale varia fra 7,2 e 7,6 (Ellinghausen, 1973; Faine, 1994; Farina, 2002).

Per la coltivazione si può ricorrere a terreni semisolidi, liquidi o solidi.

Negli appropriati terreni liquidi di coltura la loro curva di crescita è simile a quella della maggior parte dei batteri, ma richiede solitamente tempi molto più lunghi. Infatti i tempi di duplicazione si aggirano intorno alle 6-8 ore per le sierovarianti patogene, mentre le acquicole necessitano di tempi ridotti. Per lo sviluppo in coltura le leptospire utilizzano prevalentemente gli acidi grassi a lunga catena (più di C15) da cui, tramite processi di ß-ossidazione, ricavano carbonio ed energia. Concentrazioni elevate di acidi grassi risultano tuttavia tossiche per questi microrganismi, per cui, è importante l'associazione nel medium di sostanze ad azione detossificante, che agiscono assorbendo gli acidi grassi in questione, rilasciandoli nel terreno di coltura a basse concentrazioni. Tra le sostanze maggiormente impiegate si sono dimostrate indispensabili il siero emolizzato di coniglio al 4% e la frazione V di albumina bovina. Le sierovarianti apatogene sono

in grado di utilizzare indistintamente gli acidi grassi saturi e insaturi con catene formate da 12-18 atomi di carbonio, mentre le sierovarianti patogene appaiono in genere maggiormente selettive, necessitando di catene sature a 15 atomi di carbonio e potendosi servire delle catene insature solo in presenza di quelle sature. Esistono alcune linee mutanti di leptospira che possono crescere e moltiplicarsi anche in assenza di sostanze detossificanti ed alcuni ceppi produttori di lipasi, che nei terreni solidi provocano la formazione di placche di lisi ben evidenti, con conseguente saturazione del terreno che perde così la sua capacità detossificante (Faine, 1994). Oltre al substrato energetico possono essere aggiunti al terreno molti altri composti per favorire la crescita di questi microrganismi: il piruvato di sodio e il glicerolo. É stato altresì accertato che la presenza di alcuni aminoacidi (arginina, prolina, lisina, asparagina, acido aspartico o glutammico), di acidi grassi (formico e tartarico) e di vitamine (tiamina, riboflavina, cobalamina, acido nicotinico) incrementa la crescita senza che però tali sostanze, singolarmente o in varia associazione tra loro, siano in alcun modo capaci di sostituire il siero di sangue di coniglio o l'albumina bovina. I metalli pesanti, se presenti nel terreno di coltura, hanno effetto tossico. Il ferro, che invece risulta essenziale per lo sviluppo, influenza positivamente la patogenicità (Levett, 2001; Farina, 2002).

Nei terreni di coltura viene impiegato il 5-fluorouracile come agente selettivo, in virtù del fatto che le leptospire possono incorporare nel loro DNA le basi puriniche, ma non quelle pirimidiniche (Faine, 1994; Levet, 2001).

La possibilità di coltivare le leptospire su terreni solidi è conosciuta fin dal 1957; solo in epoca recente però si sono allestiti terreni di questo tipo contenenti, oltre alla frazione V di albumina bovina e siero di coniglio, anche sostanze ad azione tensioattiva come i tween che, se aggiunti al terreno, rendono disponibili gli acidi grassi in forma non tossica, complessati con esteri del poliossietilene sorbitano. Per il primo isolamento delle leptospire si fa solitamente ricorso a terreni liquidi e la crescita, in questo caso, è sempre piuttosto lenta e può richiedere fino a 24-26 settimane, a causa delle difficoltà di adattamento dei microrganismi al terreno. Nei passaggi succesivi invece la crescita si evidenzia in soli 4-6 giorni. Ad ogni modo i terreni liquidi sono quelli maggiormente impiegati per l'isolamento e per il mantenimento delle colture da utilizzare come antigene per i test sierologici di

microagglutinazione.

Tra i terreni liquidi maggiormanete impiegati troviamo: il terreno di Ellinghausen-

McCullogh-Johnson-Harris (EMJH) contenente tween 80 e albumina serica bovina

(BSA), il terreno di Korthof-Babudieri e quello di Stuart contenenti siero parzialmente emolizzato di coniglio.

Tra i terreni semisolidi, che contengono lo 0,1-0,2% di agar, ricordiamo l'EMJH

medium ed il terreno di Flethcher. In essi la crescita delle leptospire si manifesta

con un intorbidimento superficiale dello spessore di 1-2 cm di altezza e può richiedere fino a 26 settimane.

I terreni solidi, come già detto poco frequentemente impiegati, contengono agar in percentuale variabile da 1,2% a 2%, Tween 80, siero di coniglio o BSA e piruvato di sodio. Le colonie si presentano di forma rotondeggiante di varie dimensioni e si rendono evidenti in 20-30 giorni dall'avvenuta semina. Più che per l'isolamento e la conservazione degli stipiti, i terreni solidi possono rivelarsi utili per lo studio di eventuali variazioni di fase e di mutazioni (Faine et al., 1999; Farina, 2002).

La conservazione a lungo termine in azoto liquido sta producendo buoni risultati ed appare il miglior metodo di “memorizzazione” perchè possa essere mantenuta la virulenza del ceppo (Adler et al., 2010).