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2 LA LEPTOSPIROSI BOVINA

3. LA LEPTOSPIROSI NEGLI ALLEVAMENTI BOVIN

3.1 Quadro epidemiologico

La leptospirosi è una zoonosi batterica a distribuzione ubiquitaria che sfida in modo significativo la salute dei bovini e tutto il mondo delle produzioni animali.

Generalmente i bovini si infettano per contatto diretto con urine contaminate o fluidi genitali di animali infetti, o indirettamente da un ambiente contaminato, ma può anche verificarsi la trasmissione venerea e transplacentare. I bovini infetti possono diventare vettori cronici espellendo leptospire con le urine per un massimo di 542 giorni, serbatoi per la trasmissione della leptospirosi ad altri animali e all'uomo, specie per coloro che sono esposti al contagio per motivi professionali (Mughini et al., 2013).

3.1.1 Situazione Mondiale

La causa più comune di leptospirosi bovina in gran parte del mondo è rappresentata dall'infezione dovuta a leptospire appartenenti alla serovar Hardjo (Mackintosh et

al., 1982).

Dei due tipi geneticamente distinti di serovar Hardjo, Hardjo-bovis è comune nelle popolazioni bovine di tutto il mondo; la serovar Hardjoprajitno è stata isolata, invece, principalmente da bovini negli Stati Uniti.

In uno studio effettuato da Bolin nel 2003 sono state testate urine e siero di 15 vacche per ognuno dei 44 allevamenti da latte di quattro regioni degli Stati Uniti; è risultata infetta almeno una vacca nel 59 % degli allevamenti testati e i risultati sierologici hanno indicato come prevalente la serovar Hardjo (Bolin, 2003).

Recenti studi condotti in Turchia hanno dimostrato un’ampia diffusione della leptospirosi tra i bovini con maggiori prevalenze per quanto concerne L.interrogans serovar Hardjo e L.kirchneri serovar Grippotyphosa (Semih Gumussoy,

2009).

Inoltre, un recente studio del 2011 svolto al fine di determinare l’incidenza dei vari sierotipi di Leptospira in Iran, ha evidenziato come l’infezione nei bovini fosse pari al 36%, ovvero quasi due volte più elevata rispetto a quanto riscontrato negli ovini (Ramin e Azizzaded, 2013).

Comparando questi tassi di incidenza con altri tassi riscontrati in Iran (17,3%) (Hajikolaei et al., 2007; Tooloei et al., 2008; Zakeri et al., 2010), in India (14,8%) (Savalia e Mahendra, 2008), in Tanzania (30,3%) (Schonman et al., 2010), in Nigeria (17,7%) (Agunloye, 2002), in Canada (59,1 %) (Kingscote 1985), e in Brasile (46,9 %) (Lilenbaum et al., 2009) è possibile affermare come l’incidenza della leptospirosi sia superiore nelle bovine rispetto alle pecore.

Non si hanno invece informazioni sufficienti sul fatto che il sesso di un animale possa influire sulla prevalenza della malattia. Entrambi i sessi, infatti, sembrano dimostrare la medesima sensibilità al microrganismo. A destare interesse per certi aspetti epidemiologici sarebbe stato il risultato di uno studio condotto in Iran, che afferma come la sieropositività a leptospirosi aumenti con l’età degli animali. (Hassanpour et al., 2008). Deve però essere sottolineato il fatto che i bovini giovani sono generalmente stabulati, mentre quelli di età superiore sono di solito al pascolo, così da avere un maggiore potenziale di esposizione (Suepaul et al., 2010).

Mandrie di bovini possono essere protette dalla leptospirosi attraverso l'applicazione combinata di misure di biosicurezza, vaccinazione e chemioprofilassi selettiva.

Suddette misure si rivolgono principalmente riducendo al minimo il rischio di introduzione di leptospire in una mandria attraverso fonti esterne e impedendo la diffusione dell'infezione (biocontenimento) (Mughini et al., 2013).

Anche in climi tropicali un programma di controllo della leptospirosi, oltre alla vaccinazione e al trattamento antimicrobico, dovrebbe includere delle pratiche di gestione dell'ambiente e della mandria, nonché di identificazione di fattori che possono influenzare la trasmissione e la prevalenza della malattia.

In uno studio condotto in allevamenti bovini di Rio de Janeiro, in Brasile, è stato indagato un allevamento indenne da brucellosi, situato in pianura, soggetto a frequenti inondazioni, in particolare nel periodo estivo. Le differenze nella

prevalenza di leptospirosi tra bovine da latte e da carne nella stessa azienda erano ben documentate. Pertanto si decise di condurre un'indagine per identificare i fattori di rischio. È stato dedotto che la trasmissione della sierovariante Hardjo tra le vacche poteva verificarsi in un piccolo fienile dove erano alloggiate in attesa della mungitura.

A partire da questi sospetti sono state adottate misure igieniche specifiche per la mandria e per il personale di mungitura concernenti soprattutto il microambiente: le vacche da latte sono state suddivise in piccoli gruppi, è stata prevista una regolare pulizia del pavimento per evitare l'accumulo di letame e urina. Sei mesi più tardi i casi di sieropositività alla leptospirosi erano diminuiti dall'82% al 40 % (Martins et

al., 2012).

Anche nello Sri Lanka vengono allevati circa 1,6 milioni di capi tra bovini e bufali, e un numero significativo di persone dipende dal settore lattiero-caseario.

Un recente studio di Agampodi et al (2011) ha riportato che solo il 3% della popolazione studiata in diversi distretti dello Sri Lanka era consapevole del fatto che i bovini e i bufali potessero trasmettere la leptospirosi agli esseri umani.

Le persone dovrebbero ricorrere maggiormente alle misure di prevenzione e protezione essendo coinvolte il più delle volte in attività a rischio (ad esempio la manipolazione di latte, la mungitura, il trasporto e la macellazione). Infatti, permettendo al bestiame di vagare libero e pascolare nelle risaie, la maggior parte dei piccoli proprietari locali e agricoltori hanno contribuito alla trasmissione di leptospire patogene nell'ambiente e all’aumento degli episodi di leptospirosi nell’uomo (Gamage et al, 2012).

3.1.2 Situazione Europea

Spostando l’attenzione all’Europa, da un recente studio effettuato in Irlanda (Ryan

et al., 2012) è emerso come la dimensione della mandria possa essere identificata

come un fattore di rischio significativo per l’infezione da leptospira. I fattori di rischio per leptospirosi in allevamenti di bovine da latte sono rappresentati da: grandi dimensioni della mandria, pascolamento di bovini e pecore infette nello stesso luogo, accesso del bestiame ai corsi d'acqua contaminati, pratiche di allevamento inadeguate e acquisto di nuovi animali da riproduzione. Sia la

probabilità di una mandria di essere sieropositiva, sia il livello di anticorpi presenti in campioni di latte appartenenti alla mandria stessa hanno risentito della provenienza e delle dimensioni della mandria. Mandrie più “popolose” hanno mostrato una maggiore probabilità di fornire reazioni positive.

Altri studi condotti in Irlanda hanno riscontrato che l'infezione da Leptospira

interrogans sierotipo Hardjo era presente in circa il 79 % di 347 allevamenti da latte

campionati. La capacità di prevedere la prevalenza della mandria attraverso il campionamento del latte di massa è risultata economicamente molto interessante per i produttori di latte rispetto alle significative spese veterinarie e di laboratorio da sostenere per test individuali su tutti gli animali dell'allevamento (Lewis, 2009). Anche in Spagna, lo scopo di una ricerca è stato quello di indagare sulla sieroprevalenza di Leptospira nei bovini.

Sono stati raccolti campioni di sangue di 762 bovini da latte appartenenti a 81 allevamenti e di 1.238 bovini da carne provenienti da 134 allevamenti. I sieri sono stati testati per gli anticorpi contro 11 sierotipi di Leptospira (Autumnalis, Ballum, Bratislava, Canicola, Castellonis, Copenhagheni, Grippotyphosa, Hardjo, Louisiana, Pomona e Tarassovi) utilizzando il test di microagglutinazione. Il 43% delle mandrie e l'8% dei soggetti erano sieropositivi nei confronti di uno o più sierotipi studiati. Bratislava è stato il sierotipo prevalente, seguito da Hardjo, Grippotyphosa, Copenhagheni e Tarassovi (Espì et al., 2000).

In altri paesi europei le prevalenze variavano dal 2,8 % in Francia (Gaumontand e Trap, 1986) al 26,1 % in Olanda e il 34,4 % in Gran Bretagna (Pritchard, 1986).

3.1.3 Situazione Nazionale

In Italia, la leptospirosi bovina è una malattia sottoposta a denuncia obbligatoria. Il rilevamento delle infezioni si basa principalmente sulla sorveglianza di mandrie di bovini con una storia di insufficienza riproduttiva o aborto.

L'applicazione di appropriate misure di controllo è ulteriormente complicata dal divieto di commercio di animali sieropositivi alla leptospirosi. Paradossalmente, gli anticorpi acquisiti in modo naturale per le leptospire possono persistere per mesi e, in alcuni casi, per anni. Infatti, alcuni animali sieropositivi in maniera persistente potrebbero trascorrere tutta la loro vita produttiva sotto restrizione sanitaria,

nonostante l'assenza di malattia e di leptospiruria, causando notevoli perdite economiche per gli agricoltori e problematiche aggiuntive per le autorità veterinarie (Mughini et al., 2013).

In entrambi i tipi di allevamento (da latte e da carne), la diminuzione percentuale dei parti a causa di aborti e l'alto tasso di mortalità nei vitelli, possono costituire una notevole perdita (Zelski, 2007).

Tra il 2007 e il 2011 sono stati rilevati due focolai di aborto dovuti a leptospirosi bovina nel nord-est Italia, una zona particolarmente suscettibile alle infezioni da leptospira. Questi focolai hanno fornito un'occasione unica per la riflessione sul valore di un integrato piano di gestione basato su maggiori misure di biosicurezza e sulla vaccinazione.

Il primo è stato rilevato nell'ottobre 2007 in un allevamento bovino da latte in un'azienda agricola in provincia di Padova; il secondo a marzo 2011 in un altro allevamento di bovine da latte in provincia di Vicenza, a 20 km di distanza dalle altre fattorie colpite ed ha mostrato una sieroprevalenza maggiore (Mughini et al., 2013).

Precedentemente, dal 2003 al 2004 era stato effettuato un piano di campionamento nel territorio del Consorzio di Bonifica Pedemontano del Brenta. Per ogni specie, si sono ricercati 8 diversi sierotipi di leptospira suggeriti dal Centro Nazionale di Referenza per la Leptospirosi, ed esattamente: Bratislava, Canicola, Grippotyphosa, Copenhageni, Pomona, Hardjo, Tarassovi, Icterohaemorrhagiae. Per i selvatici si è aggiunto il sierotipo Ballum. L’analisi è stata condotta separatamente per specie. Per quanto riguarda i bovini da riproduzione, sono stati controllati vari allevamenti per una prevalenza stimata per allevamento pari circa al 10%. Degli animali testati, il 37% delle positività sono risultate associate alla sierovariante Icterohaemorrhagiae, seguito da un 17% associate alle sierovarianti Hardjo e Copenhageni. E’ interessante notare come la maggior parte delle positività si concentri in una sierovariante che, solitamente, ha il suo serbatoio nel Rattus norvegicus (ratto grigio), mentre il bovino è specie serbatoio generalmente della sierovariante Hardjo (Capello, 2004).