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Come si forma il piano regolatore generale

Nel documento EDILIZIA URBANISTICA ESPROPRI (pagine 25-28)

Q UEL CHE RIGUARDA L ' URBANISTICA

2. Che cosa tratta l'urbanistica

2.3. Come si forma il piano regolatore generale

Analogamente agli altri strumenti urbanistici, l’iter formativo del piano regolatore generale viene annoverato tra i procedimenti cosiddetti precettivi o conformativi nei quali la funzione normativa dell’Ente di riferimento è tale solo in senso lato (Giannini 1982, Piccozza 1983).

E’ sicuramente un meccanismo complesso e composto da due sub-procedimenti tra loro collegati: l’uno, per l’adozione, l’altro per l’approvazione.

Il primo compete al Comune, il secondo alla Regione.

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Trattasi di un atto di formazione complessa, obbligatorio per i Comuni inclusi in un elenco previsto dalla Regione; per quei Comuni, invece, che non hanno l’obbligo di dotarsi di un piano regolatore generale, devono necessariamente approvare il programma di fabbricazione connesso al regolamento edilizio.

Lo strumento urbanistico del piano regolatore segue un percorso lungo: inizia con la nomina dei progettisti che possono essere scelti anche all’interno del Comune medesimo. Dopodiché si determina l’istruttoria vera e propria caratterizzata dall’effettiva progettazione e dall’acquisizione di pareri e giudizi degli organi competenti, cioè, ufficio tecnico assemblee di circoscrizioni, Asl, Camere di commercio, Università, Enti del turismo e Comunità montane.

Una volta che questa istruttoria iniziale si è conclusa, il Consiglio comunale delibera l’adozione del progetto di piano generale.

Ed in questa fase si caratterizzano le scelte discrezionali della Pubblica Amministrazione, sulle quali è ormai ritenuta in maniera consolidata tra i giudici amministrativi l’insindacabilità. Infatti, si osserva che le scelte effettuate dalla Pubblica Amministrazione in sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appaiono insindacabili e che sono per ciò stesso attaccabili solo per errori di fatto, per abnormità e per irrazionalità delle stesse.

In ragione di tale discrezionalità, l’Amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione del piano. Vieppiù. Le scelte adottate per quel che attiene la destinazione delle singole aree non necessitano di una specifica motivazione se non nel caso che la scelta vada ad incidere negativamente su posizioni giuridicamente differenziate ravvisabili unicamente, però, nell’esistenza di piani e/o di progetti di lottizzazione convenzionati già approvati o situazioni di diverso regime urbanistico accertate da sentenze passate in giudicato (Cons.

St. sez. IV 16.2.2011, n. 1015, www.giustizia-amministrativa.it).

2.3.1. La procedura seguita

E continuando nell’iter, posto che il piano viene adottato, la delibera relativa corredata di progetto viene depositata in segreteria comunale per trenta giorni consecutivi durante i quali chiunque può prenderne

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visione, previo pubblico avviso di questo deposito alla collettività su albo pretorio on line.

La pubblicazione ha lo scopo di rendere noto alla cittadinanza e agli interessati del contenuto del piano ed è preordinata alla raccolta delle osservazioni degli interessati, prima della formulazione delle deduzioni sulle stesse da parte del Comune e, poi, dell’introduzione della fase conclusiva di approvazione, senza nulla incidere sulla fase precedente.

Infatti, si evidenzia che, nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall’art. 9 l. 17.8.1942, n. 1150, è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal Comune, ma non è richiesta per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o di modifiche introdotte in sede di approvazione regionale. Ne deriva che, addirittura, il Comune non è tenuto a pubblicare la deliberazione di controdeduzioni alle osservazioni mosse dalla Regione in sede di approvazione del piano regolatore, così riaprendo i termini per nuove osservazioni dei privati, a meno che non abbia introdotto variazioni rilevanti al piano adottato, ossia quando la deliberazione si presenta come una sostanziale nuova adozione (Cons. St. sez IV 10.8.1990, n. 601, Foro amm. 1990, 1746; anologamente, Cons. St. sez. IV 20.11.2000, n. 6178, Cons.

St. 2000, I, 2494).

Lo strumento delle osservazioni da presentare al piano regolatore generale è altamente utile, in quanto espressione di collaborazione tra Ente e i privati; in particolare, le osservazioni presentate dai privati costituiscono lo strumento di partecipazione amministrativa attraverso il quale questi possono prospettare all’Amministrazione, secondo il principio del contraddittorio, il proprio punto di vista a che la scelta urbanistica assunta dall’Ente possa realizzarsi con il minor sacrificio ovvero possa realizzarsi nel rispetto dei principi di imparzialità, di buon andamento (Cons. St. sez. IV, 1.7.1992, n. 654, Giust. Civ. 1993, I, 284; Mafrica, Petruli 2009, www.unitel.it).

Oltre alle osservazioni sono previste come strumenti di contestazione dei punti del piano regolatore concessi ai privati anche le opposizioni in senso stretto. Esse sono vere censure a specifiche previsioni urbanistiche.

Le osservazioni vengono valutate ed istruite dall’ufficio tecnico comunale che si impegna ad elaborare opportune e motivate controdeduzioni da sottoporre all’esame del Consiglio. Nell’ipotesi in

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cui il Comune le accolga, il Comune stesso necessita degli elaborati tecnici e non ha alcun obbligo di ripubblicazione del piano (Tar Toscana sez, II 21.1.2011, n. 123, www.ambientediritto.it).

Si precisa, però, che l’accoglimento delle osservazioni non comporta variante allo strumento urbanistico, anzi, la prassi invalsa tende a riconoscere agli organi comunali il semplice potere di prendere atto dell’iniziativa dei privati per, poi, trasmettere il tutto all’organo regionale, in tal modo confermando, nei fatti, che il procedimento di adozione del piano regolatore generale si intende concluso e non più condizionabile.

La prassi sopra descritta si conclude con il passaggio alla Regione affinché o approvi definitivamente o modifichi o respinga.

Se la Regione approva il piano con modifiche, la propria determinazione deve essere motivata altrimenti comprime l’autonomia del Comune (Cons. St. sez. IV 17.3.2003, n. 2017).

In altre parole, la giurisprudenza ha osservato che le modifiche della Regione devono essere limitate a fattori che non innovano sostanzialmente (Tar Brescia, 23.4.2002, n. 800).

Le proposte di modifica vanno comunicate al Comune che adotta le proprie controdeduzioni entro novanta giorni con deliberazione di Consiglio.

Una volta che la Regione ha approvato definitivamente il piano regionale generale deve essere sottoposto a pubblicità tramite il bollettino ufficiale regionale o sulla gazzetta ufficiale, poi va depositato nella segreteria comunale e reso noto con avvisi alla cittadinanza.

Le prescrizioni del piano regolatore generale hanno valore a tempo indeterminato. Unica eccezione temporale è quella quinquennale che interessa i vincoli imposti ai sensi dell’art. 2 legge 19.11.1968, n.

1187, cioè, quelli preordinati all’espropriazione, quelli che comportano l’inedificabilità dei beni, quelli che svuotano il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale.

Nel documento EDILIZIA URBANISTICA ESPROPRI (pagine 25-28)

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