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E' previsto il danno?

Nel documento EDILIZIA URBANISTICA ESPROPRI (pagine 58-61)

I VINCOLI ESPROPRIATIVI

4. Che cosa significa espropriare

4.5. E' previsto il danno?

Ancora una volta la posizione assunta dalla Corte Europea dei diritti umani in tema di quantificazione del danno subito dal privato in caso di abusiva occupazione da parte dell’Amministrazione appare incisiva per i giudici italiani.

In verità, la Corte di Strasburgo, attorno agli anni duemila, ritiene contravveniente il regime che consente sia la privazione del diritto di proprietà, diritto fondamentale, sulla base di un illecito sia la mancata previsione di un integrale e ragionevole indennizzo.

E questo pensiero condiziona in modo forte anche la Consulta nel momento in cui viene interrogata in tema di legittimità costituzionale sull’art. 7 bis della legge 8.8.1992, n. 359, introdotto dalla legge

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23.12.1996, n. 662, e si viene ad affermare, al di là della compatibilità col sistema dell’istituto dell’occupazione acquisitiva, l’irreversibilità della trasformazione del suolo e la conseguente impossibilità di una restitutio in integrum assicurando già il soddisfacimento dell’interesse pubblico, di modo che non sussistono valide ragioni per negare al privato un risarcimento corrispondente al valore venale del suolo, incrementato di un’eventuale rivalutazione monetaria (Corte Cost. 24.10.2007, n. 349).

Ma la dottrina attentamente osserva che la pronuncia della Consulta doveva essere riferita, in termini di effetti, alle occupazioni anteriori all’entrata in vigore del Testo Unico sugli espropri, mentre, per quanto accaduto successivamente, non si poteva dubitare dell’applicabilità dei criteri di quantificazione dettati dall’art. 43 del medesimo decreto, il quale, nel disciplinare la cosiddetta

“acquisizione sanante”, precisava che questa doveva essere accompagnata dal risarcimento del danno in misura pari al valore del bene utilizzato, con l’aggiunta degli interessi moratori a decorrere dal giorno in cui il terreno sia stato occupato senza titolo.

Nuovamente, il tema apre discussioni. Tutto quanto sopra spinge la dottrina e la giurisprudenza ad elaborare e prevedere due voci distinte di danno risarcibile, cioè, il danno da perdita del diritto di proprietà, che dà origine all’applicazione del valore venale del bene al momento dell’acquisizione da parte dell’amministrazione e il danno da mancato godimento del suolo, di regola, commisurato agli interessi da calcolare anno per anno su tale valore venale per tutto il periodo di abusiva occupazione.

Nel contempo, non manca chi ritiene che l’art. 43 del d.p.r. 8.6.2001, n. 327, alla luce delle riflessioni a quel tempo emergenti, debba essere dichiarato incostituzionale, come di fatto accadeva.

A ragion del vero, la norma censurata ha ad oggetto la disciplina dell’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico e consente all’Autorità che abbia utilizzato a detti fini un immobile in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, di disporne l’acquisizione al suo patrimonio indisponibile, con l’obbligo di risarcire i danni al proprietario (acquisizione sanante); la disposizione regola, inoltre, tempo e contenuto dell’atto di acquisizione, l’impugnazione del medesimo, la facoltà della Pubblica Amministrazione di chiedere che il giudice amministrativo disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo, fissando i criteri per la quantificazione del risarcimento del danno; anche la disciplina inerente all’acquisizione del diritto di

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servitù, di cui al comma 6 bis, appare strettamente e inscindibilmente connessa con gli altri commi censurati, sia per espresso rinvio alle norme fatte oggetto di censura, sia perché ne presuppone l’applicazione e ne disciplina ulteriori sviluppi applicativi. Orbene, la legge-delega aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere soltanto a un coordinamento formale relativo a disposizioni vigenti; viceversa, l’istituto previsto e disciplinato dalla norma impugnata è connotato da numerosi aspetti di novità, rispetto sia alla disciplina espropriativa oggetto delle disposizioni espressamente contemplate dalla legge delega 15.3.1997, n. 59, sia agli istituti di matrice prevalentemente giurisprudenziale.

Alla stregua dei rilievi svolti, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’intero articolo 43 del d.p.r. n. 327 del 2001, poiché la disciplina inerente all’acquisizione del diritto di servitù, di cui al comma 6 bis, appare strettamente e inscindibilmente connessa con gli altri commi, sia per espresso rinvio alle norme fatte oggetto di censura, sia perché ne presuppone l’applicazione e ne disciplina ulteriori sviluppi applicativi (Corte cost. 8.10.2010, n. 293, www.guidaaldiritto.it, 2011, 30, 75).

Il che solleva il problema del collegamento e del riconoscimento della voce danno da perdita del diritto di proprietà durante il periodo di assenza normativa specifica. E a questo punto i giudici adottano come unico strumento per porre termine all’illecita occupazione il rapporto consensuale tra Amministrazione e privato. In altre parole, in numerose sentenze, condannando l’Amministrazione al risarcimento del danno determinato dalla prolungata sottrazione del fondo al godimento del legittimo proprietario, veniva evidenziata l’opportunità che l’Amministrazione addivenisse con il privato ad un accordo traslativo, al fine di evitare l’ulteriore protrarsi nel tempo del danno con conseguente reiterazione di azioni risarcitorie.

Di fronte a posizioni dottrinali e giurisprudenziali molto distanti, la lacuna, seppure con percorso lento, veniva colmata dall’introduzione nel Testo Unico degli espropri, dell’art. 34 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito dalla legge 15.7.2011, n. 111), del già citato art. 42 bis, che specifica nuovamente i criteri del risarcimento, a titolo di indennizzo, da corrispondere all’atto dell’acquisizione del suolo occupato sine titulo.

In particolare, mentre il danno da perdita della proprietà è ancora commisurato al valore venale dell’immobile, il danno per il periodo di illecita occupazione è commisurata ex lege al 5 % di tale valore venale. Vieppiù; in via del tutto innovativa rispetto a quanto fino a quel momento era accaduto, viene riconosciuto anche un indennizzo

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del danno non patrimoniale, calcolato nella misura forfetaria del dieci per cento del valore venale del bene.

Nel documento EDILIZIA URBANISTICA ESPROPRI (pagine 58-61)

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