CAPITOLO II. L’opera di Giovanni Comisso 1 Comisso poeta e giornalista
2. Comisso narratore
L’ambito in cui Comisso ha concentrato le sue forze creative è quello della narrativa. Riservava molte aspettative nella critica e nella ricezione dei suoi
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racconti e romanzi, ma gli esiti non sono stati quelli sperati. Nel 1960 affermava infatti:
Tutta questa presunzione di scrivere racconti e romanzi è una buffonesca menzogna. Non resiste narrativamente che la storia di se stesso.52
Come sostiene anche Accame Bobbio53, tale considerazione sembra essere una sintesi di come Comisso concepisce il suo stile, forte nel narrare la storia di se stesso, e polemico nei confronti della critica letteraria italiana, che non gli aveva conferito i giusti meriti. La critica ha notato come il potenziale di Comisso si sviluppasse al massimo con le vicende autobiografiche, e ha riconosciuto la sua vitalità artistica quando entrava in contatto con la terra e «con le persone umane che incontra e non abbandona fin quando non crede di averle sviscerate»54. Perciò riconoscere la vena artistica dell’autore significa dover fare i conti con espedienti quali lirismo e autobiografismo, filo conduttore di tutta la sua produzione.
Riflessa nell’opera letteraria e conforme alla tradizione cattolica, rurale e marinara, una costante è proprio il Veneto, con «la sua natura varia e affascinante dall’ultimo lembo della pianura padana alle ridenti colline fino ai piedi delle Dolomiti, con le città di terraferma, provinciali testimoni d’una più
52 G. COMISSO, Diario 1951-1964, Milano, Longanesi, 1969, p. 138.
53 A. ACCAME BOBBIO, Comisso narratore, ovvero «la storia di se stesso», in La linea veneta nella cultura contemporanea: Giovanni Comisso, a cura di G. PULLINI, Firenze,
Olschki, 1983 (Atti Convegno 1982), p. 141.
54 P. TARSO, pseud. di G. LONGO, Note, in «L’Osservatore politico letterario», febbraio
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che millenaria civiltà indigena […]»55. È già nota l’informazione che Comisso avesse un rapporto particolare con la sua terra, caratteristica di chi ama i propri luoghi d’origine e di cui conserva il ricordo come di un amore materno, ma che disdegna per chiusura e provincialismo. Il primo sentore di distacco, elaborato nel Gioco d’infanzia, rimanda ai primi impulsi sessuali in seguito all’incontro con un ragazzo, Mario: la valle del Piave diventa per Comisso scenario di fantasie inquiete, troppo stretta per accogliere la pulsione dei suoi istinti giovanili. Il conflitto di amore – odio si risolverà nella seconda parte della sua vita, quando il desiderio di stabilità e quiete dai numerosi spostamenti avrà la meglio e ciò si evincerà dalle narrazioni brevi (le raccolte di racconti Capricci italiani e Un gatto attraversa la strada) o dai romanzi della maturità.
A dare, però, maggiore respiro all’acerba arte di narratore è stata la parentesi bellica e soprattutto l’avventura fiumana, un’altra rivelazione autobiografica che continua a impreziosire la sua narrativa. Con Giorni di
guerra si plasmano scenari, sensazioni e personaggi che nessun autore aveva
mai descritto con tanta vitalità e leggerezza. L’amicizia con Guido Keller fa sì che nel successivo Porto dell’amore questi diventi il primo personaggio vivo di Comisso56 e durante il corso della sua vita molte sono le personalità che, grazie alla spiccata vitalità artistica, riescono a diventare personaggi.
55 A. ACCAME BOBBIO, p. 142. 56 Ivi, p. 144.
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Keller ritorna vivo nei ricordi di Fiume delle Mie stagioni, in cui l’autore evoca il rapporto d’amicizia e ne valorizza l’attività politica e militare.
La fase del primo dopoguerra è stata per Comisso stimolo di nuove avventure, alla ricerca di storie e personaggi autentici. La riscoperta di popoli e realtà differenti ha dato la possibilità all’estro dell’autore di valorizzare personalità degne di essere raccontate. Sebbene il periodo in questione riguardi la poetica degli istinti, secondo Accame Bobbio Comisso è sempre stato mosso dai sentimenti e da una sorta di pietas57 (non proprio quella dell’eroe virgiliano) «per le sofferenze umane, per gli esseri deboli, vinti dalla vita, che forse è il corrispettivo del suo amore alla vita concepita come gioia, piacere, e per ciò stesso spietata quando come tale si nega ai viventi»58. Non solo, la sensibilità dell’autore è dovuta alla capacità di «uscire da se stesso, a partecipare col cuore e con la fantasia la vita degli altri, in una parola a creare personaggi vivi della propria sofferenza»59. Tale aspetto si delinea a partire da
Il porto dell’amore, in Gente di mare e Avventure terrene. Per questo motivo
è difficile paragonare Comisso a D’Annunzio se la poetica di quest’ultimo era intrisa di un forte egotismo estetizzante: il nostro ha a cuore le storie degli altri, riuscendo a renderle autentiche, così come le sue.
57 Ivi, p. 145. 58 Ibidem. 59 Ibidem.
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Quando Comisso si accosta a una narrativa dal respiro più ampio ha inizio il periodo, come dicevamo, del primo dopoguerra ed il momento in cui si allontana dalla narrativa dannunziana per accostarsi a quella dei grandi prosatori ottocenteschi. L’esito di tale cambiamento porta ad un concetto di narrazione diversa, in cui i protagonisti non raccontano la propria storia, fine a se stessa, ma divengono depositari di valori universali, che valgono per tutto il genere umano.
Il Fausto Diamante di Comisso, pubblicato nel ’33, ha degli interlocutori specifici, quali i «giovani usciti dalla guerra incerti dell’avvenire, irrequieti e violenti, in urto con la società del tempo; disagio ch’era anche il suo nel fastidio della carriera legale cui voleva avviarlo la famiglia»60. Ma la particolarità del romanzo risiede nell’atteggiamento del protagonista in balìa di gesti estremi che culminano col delitto finale e che sanciscono l’allontanamento definitivo dalla realtà meschina e corrotta. Il narratore quindi si eleva a esempio per tutta la società; non è la storia di se stesso e non è la storia degli altri, ma «un modello di ribellione integrale»61.
Annotazione fondamentale: nonostante in questo periodo sembri che Comisso non parli di sé, in realtà le vicende narrate nelle opere degli anni ’30 sono ugualmente frutto delle sue esperienze e sensazioni.
60 Ivi, p. 147. 61 Ibidem.
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Pertanto, contemporaneo a Il delitto di Fausto Diamante, Storia di un
patrimonio sembra delineare altri aspetti, legati ai ricordi di infanzia del
protagonista e alla disgregazione di un patrimonio. Intessuta sulla base della famiglia verghiana, il romanzo pone in contrasto due generazioni, quella tradizionalista del vecchio proprietario terriero e quella spinta dalla ribellione dei suoi figli e nipoti che, incompetenti, non riescono a gestire la roba. L’opera si conclude con un momento di speranza per i fratelli Mario ed Ernesto che, avendo sperperato i loro averi, tentano la fortuna in Francia. Il tutto è accompagnato dagli albori mattutini, simbolo luminoso di speranza.
Anche per Comisso si aprono nuovi orizzonti: alla vita di avventuriero inizia a preferire la stabilità e la sua terra d’origine; coi guadagni delle sue prime produzione acquista il podere di Zero Branco, dove si trasferirà. Ricominciare da Zero, significa per lui pensare a una letteratura più impegnata, forte delle prime valutazioni favorevoli della critica alla sua leggerezza e “giovanilità”.
È dietro questa scia di positività che matura la progettazione di Gioco
d’infanzia. Con questa composizione Comisso si avvicina alla sfera
introspettiva, analisi «condotta con un’attenzione quasi psicanalitica, sulla quale forse influì l’incontro con Svevo, da lui ammirato anche come maestro di stile»62. Durante il corso della narrazione ritorna il Comisso-personaggio la
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cui essenza si sovrappone a quella del protagonista Alberto: Comisso è Alberto nei viaggi avventurosi e al contempo è Alberto nel ricordo degli eventi lieti per la valle del Piave con i giovani adolescenti, in particolare quel Mario, così malizioso.
Comisso ha ripercorso la sua vita nei panni di Alberto, quasi come se mettere nero su bianco le impressioni e i dubbi fosse la chiave per rispondere ai suoi di interrogativi, ovvero il motivo per cui stesse cambiando col tempo la percezione del mondo, il perché l’avventura, tanto bramata, fosse ormai troppo per la sua natura e perché la sua esuberanza stesse regredendo nel provincialismo che un tempo rifuggiva. Come se si chiudesse un ciclo, il «gioco d’infanzia» ritorna e si realizza nell’ «amore riposante» di un ragazzo incontrato nel bosco di Ceylon: è quel rapporto che avrebbe voluto instaurare col Mario dell’adolescenza, troppo acerbo per una relazione stabile. Ma la storia di questo racconto lungo vede la sua pubblicazione da Longanesi, come accennava, solo nel 1965, periodo storico più disteso, aperto.
Frattanto, la vita di campagna in cui si rifugia Comisso predispone l’autore alla creazione di personaggi e circostanze intercettate nella realtà circostante. Non solo, l’avvicinarsi alla stagione della maturità condiziona Comisso a desiderare la stabilità affettiva, con l’idea di intraprendere una vita coniugale insieme ad un compagno. Per tale considerazione, nella seconda metà degli anni ’30 vengono concepiti I due compagni e Un inganno d’amore. Il primo
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dei due romanzi citato evoca, nella personalità di Giulio, da una parte le classiche vicende autobiografiche dell’autore, ma anima ancor più il suo essere, con la parte immaginaria, radicata nel rapporto complicato tra Giulio e la moglie. Totalmente astratta è la rappresentazione dell’altro compagno, Marco, e in virtù di tale disuguaglianza dei caratteri, Accame Bobbio si esprime nella maniera seguente:
Come creatore di personaggi infatti mi sembra che Comisso riesca meglio, o quando s’identifica del tutto in essi, come in Alberto del Gioco d’infanzia, o quando esce del tutto da se stesso rappresentando con simpatia umana, con quella pietas, in particolare, che lo distingue, caratteri e vicende diverse del tutto dalle sue.63
Col secondo romanzo, Un inganno d’amore, il protagonista Francesco interpreta ciò che nella realtà è diventato l’autore, con la sua volontà di coltivare degli affetti duraturi nel tempo; nella fattispecie ci si riferisce alla liaison col giovane Bruno. Come a voler ripercorrere la sua vita, Comisso vive nel protagonista sotto forma di legale di provincia, tediato da un’esistenza piatta: attraverso Francesco, l’autore mette a nudo la paura di dover svolgere per la vita un incarico per il quale aveva studiato malvolentieri. Nel corso della storia, si presenta Giulia, una giovane carismatica e ambiziosa, e positiva all’idea di loro due uniti in matrimonio. Tale figura femminile simboleggerebbe la spensieratezza di Bruno, giovane amico dell’autore, se
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non fosse per l’improvviso crollo psicologico della stessa e la conseguente fuga.
Peraltro, sembra che il susseguirsi delle vicende corrisponda con esattezza agli eventi caratterizzanti la vita di Comisso. Se in un primo momento il protagonista perde per sempre Giulia/Bruno, d’altra parte riconosce finalmente il limite che potrebbe avere un nuovo legame affettivo-passionale. Questo perché, nella realtà, dopo Bruno, l’autore intraprende un nuovo rapporto, con Guido Bottegal, verso cui prova più coinvolgimento e dei sentimenti intensi e grazie al quale si realizza nell’ Inganno quel tipo di finale.
Sembra come se ci fossero più livelli d’interpretazione tra realtà e vita immaginaria: 1) Francesco non è Comisso nella descrizione della vita mediocre del primo; 2) Francesco è Comisso perché ama Giulia alter ego di Bruno, riconosciuto in lei caratterialmente; 3) Francesco è infine Comisso nel riconoscere il limite e la consapevolezza dell’imperfezione dei rapporti amorosi.
In definitiva, Comisso mette per iscritto la sua vita mancata, o meglio, quello che avrebbe trovato se non avesse intrapreso la carriera artistica, tale che
la vita si sottoponeva stranamente alla mia arte collaborando64.
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Tuttavia, la particolare empatia per la vita degli altri, o la capacità di amare, rivelano la loro migliore espressione nel periodo della maturità, ovverosia della «poetica dei sentimenti», di peculiare interesse nella nostra trattazione.
Se da una parte si ritrova un Comisso maturo e più riflessivo, dall’altra il suo atteggiamento muta anche in virtù del periodo storico e del conflitto imminente. La Grande Guerra lo aveva paradossalmente animato, ma erano altri tempi: era giovane e desideroso di avventurarsi, tanto che anche una guerra di quella portata lo aveva scosso positivamente; gli istinti prevalevano sui sentimenti e sulle riflessioni più profonde.
Il cambiamento registrato all’avvento della guerra, diventa pertanto una questione culturale e non solo comissiana: c’è la crisi dell’idealismo estetico, la crisi di una letteratura concepita in funzione dell’espediente storico. Una crisi che Comisso penserebbe necessaria per la realizzazione di una narrazione lunga, il romanzo.
Il primo romanzo che risente dell’influenza del periodo è Capriccio e
illusione, seguito dalla seconda prova di romanzo Gioventù che muore. Nel
primo, Comisso sviluppa le vicende dell’amore coniugale di Mario e Ida, e ridipinge gli aspetti della sua realtà attraverso la vita di coppia dei due personaggi: Mario (Comisso) è (finalmente) uno scrittore stimato e Ida (Guido Bottegal) è la giovane consorte, di cui l’altro scopre essere predisposta all’arte
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scultorea. Proprio come l’autore che scopre l’attitudine di Guido per la scrittura.
Si rinnova, insomma, il pericolo dell’autobiografismo di Comisso quando si compromette con l’invenzione non sempre armonicamente fusa con l’esperienza vissuta65. Questo perché la figura di Ida incarna ideali quali l’avidità di denaro e la voglia di indipendenza che, secondo Accame Bobbio, stonerebbe con il carattere femminile. Non è così rilevante l’osservazione di Accame Bobbio su Ida: andrebbe considerata una costatazione figlia del suo tempo, in quanto negli anni 2000 si può essere donne, ambiziose e mascoline allo stesso tempo. Ciononostante, è un modo per ribadire la somiglianza di Ida a Guido. Mario, viceversa, assimilato dalla figura di Comisso, è protagonista vivo, errabondo per la sua terra, alla quale è particolarmente attaccato, e intrepido nella ricerca dell’amore che sente di perdere.
Gioventù che muore è altresì un romanzo in parte autobiografico come il
precedente. L’amarezza di Comisso narratore e personaggio è ancora più evidente: è il momento della vita in cui Guido, il fuggitivo, è erroneamente vittima dei partigiani per mano dei quali incontra la morte. In questa seconda prova narrativa, l’autore inverte i personaggi, riscoprendo se stesso in chiave femminile e nei panni di Adele, mentre Guido nelle vesti di un suo omonimo. Scelta obbligatoria, se la storia prevedeva la fucilazione di un uomo. La figura femminile è descritta in maniera affettuosa e materna, sia nelle occasioni
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propizie che nelle sventure, in cui si prende cura dell’amato. È una protagonista in parte debole, una donna che ha contato sin troppo nella relazione con Guido, personaggio per certi aspetti puerile. Avendo perciò perso la sua ragione di vita, ovvero Guido fucilato, con la tenera capacità di non farcela, si lascia morire.
È noto come i due romanzi non abbiano avuto tanto seguito, né riconoscimento dalla critica. Benché sia generalmente apprezzato per altre opere, Comisso inizia a provare il rammarico o il distacco da una realtà che non comprende più.
Man mano che matura, nel senso di invecchiare, Comisso si riscopre consapevole che quel distacco sta diventando sempre più profondo, abissale, tra lui e una società e un progresso che non credono più nei valori di cui egli si ritiene portatore. E questo non è altro che il materializzarsi della figura di un uomo anziano, talvolta deluso e malinconico, talora velatamente ironico. Non solo, crede che la civiltà che lo circonda sia fondata sulla concorrenza e sull’arrivismo e sostiene che l’esistenza dell’uomo è in netto declino. Siamo nella seconda metà degli anni ’90 e Comisso non immaginava che questi ideali, per lui negativi, si sarebbero accentuati ancora col progredire degli anni.
Malgrado l’insoddisfazione generata sul far della vecchiaia, l’autore trova tuttavia occasione di dar vita a nuovi personaggi e situazioni, chiaramente
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contaminate dalla cupezza delle riflessioni. Tra gli ultimi scritti, si individuano
La donna del lago e Cribol, in cui
si riflettono le meditazioni cupe dell’autore sulle passioni come incoercibili forze della natura, che plasma con le sue leggi bio-chimiche gli uomini spingendoli al delitto66.
Se fino a questo momento la natura gioca un ruolo favorevole, nella Donna
del lago il paesaggio, benché protagonista della narrazione, simboleggia forze
avverse. Ciò si denota dai costanti aggettivi che accompagnano gli elementi della natura (come la luna dall’occhio maligno o i monti “che uccidono”). La vicenda si rifà ai misteri di Alleghe, fatti di cronaca nera avvenuti tra il ’33 e il ’46, in cui persero la vita cinque persone: gli omicidi si scoprirono concatenati fra loro.
Comisso descrive i personaggi come fossero automi, piuttosto che come uomini dotati di coscienza propria. Potrebbe darsi che Comisso avesse voluto snaturare gli uomini della storia poiché assassini, come a voler sottolineare che un essere umano, dotato si coscienza e sensibilità, non agisce così brutalmente. Per antitesi, sono gli animali domestici (mai introdotti nell’intreccio delle sue opere) a possedere la caratteristica umana, trattati da Comisso narratore con più delicatezza dei protagonisti. Lo stile dell’ultimo tempo di Comisso cambia ulteriormente, nella forma e nei contenuti.
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Nel romanzo Cribol, d’altra parte, scritto prima ma edito dopo la Donna
del lago, ritorna inaspettata la poetica degli istinti «intesi come impulso
all’amore, aspetti positivi della natura e della vita umana, che sotto la pressione del dolore e nel contrasto con una società repressiva, si fa, ancora una volta, poetica dei sentimenti»67. Riecheggiano, perciò, discorsi ed elementi del passato, dell’infanzia, ma con uno stile in parte verghiano, se si pensa alla totale eliminazione dei dialoghi. Gli istinti si liberano grazie alle vicende di Cribol, intento, per la sua vita sregolata, lussuriosa e perversa, a contrastare colui che è dedito a reprimere gli istinti più profondi, il prete che si atteggia a tiranno della comunità.
Come nelle opere della prima poetica, il paesaggio o l’ambientazione sono presenti e ben descritti, ma la valenza rustica, idillica e amena di un tempo viene sostituita da note di neorealismo, denuncianti una realtà miserevole. Inoltre, il parroco, Cribol e la moglie Isabella sono personaggi particolari o, come scrive la Esposito, improbabili68. L’atteggiamento negativo, dispotico e la diffidenza nei confronti del mondo hanno portato il prete al declino verso l’insicurezza, la solitudine e il suicidio finale. Il rapporto dei coniugi, poi, sembra essere dominato dall’ amore/pietà di una moglie speculatrice, avida di guadagni, apparentemente fredda, ma che nella sventura si riscopre amorevole e comprensiva. E Cribol, definito «l’incarnazione del demonio» dal malvagio
67 Ivi, p. 158.
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Don Fulvio, riceve il benestare e il perdono dal nuovo parroco e dalla società, dopo essere stato persino giudicato infermo mentalmente.
Non è facile decifrare quale sia l’intento del romanzo: forse per la prima volta Comisso si rapporta a una scrittura con delle idee, con una ideologia da sviluppare? Se sì, le denunce attraverso il romanzo sarebbero diverse, come il fanatismo di un cristianesimo bigotto e medievale contro quello più moderno e aperto, oppure la difesa dell’omosessualità. Sicuramente questioni di straordinaria attualità, di cui ancora si discute. L’approccio alla narrativa lunga si conclude con questi due romanzi dell’ultimo tempo dell’autore, consapevole delle capacità e dei limiti delle sue «possibilità creative».
Il materiale inedito e la sua importanza
L’archivio di Giovanni Comisso è custodito presso la Biblioteca del Comune di Treviso e contiene corrispondenze, articoli, fotografie inediti della storia di Comisso. Il materiale è distribuito il 23 faldoni ed è comprensivo della raccolta concessa dagli eredi dell’autore al Rotary Club Treviso, più il fondo dalla fondazione dei coniugi Mazzolà69. I fascicoli contengono una documentazione preziosa per gli studiosi dell’autore ma fragile, da consultare con cautela. Tra questi si trovano le lettere ai e dai genitori del periodo in cui Comisso era al fronte (1914-1918) e dell’arco di tempo compreso tra la fine
69www.comune.treviso.com, L’archivio di Giovanni Comisso diventa digitale, articolo del
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della Grande Guerra e il 1954. È presente inoltre un importante dossier di carteggi con intellettuali italiani, quali Giulio Alessi, Indro Montanelli, Ludovico Zorzi, Nico Naldini, Leo Longanesi, ad autori come Saba, Montale, Gadda, Vergani, Svevo, De Chirico, Maccari e altri della letteratura internazionale come Joyce, Cremieux, Peyrefitte, Guggenheim. A questi, si