e Un gatto attraversa la strada
3. Lo stile e la lingua
Giovanni Comisso affronta nei suoi scritti tematiche differenti, ma che riconducono esclusivamente a spunti delle sue memorie. Questi ricordi sono fondati su desideri, osservazioni pungenti, paure da liberare unicamente in forma scritta. Nella fattispecie, è come se l’autore vuole risolvere se stesso attraverso una storia da racchiudere nelle sue pagine, oppure, vuole ricercare le risposte che egli si pone sulla vita e su determinate circostanze. È come se ha voluto verificare, dopo la stesura di un racconto, se i suoi dubbi siano stati sciolti e se abbia capito qualcosa in più circa il groviglio che è la vita. Malgrado, poi, egli sia un tipo frettoloso, elettrico nella vita di tutti i giorni, quando riporta in forma scritta un evento che lo colpisce particolarmente, riconcede all’episodio il tempo e l’intensità che nella realtà aveva appena percepito.
Sappiamo che Comisso ha superato D’Annunzio, tuttavia gli è valsa la lezione del Vate di considerare la prosa (e la vita) come «avventura». Gli è servita a essere versatile nei temi, a conferire «quel fiato lirico che gli allarga la pagina, quel flusso di slanci e rinnovata energia che gliela rende aperta,
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disponibile ad ogni occasione»141, dice Bertacchini. La prosa dell’autore risente altresì della sensibilità di De Pisis e dell’attitudine dello stesso a cogliere l’attimo. De Pisis ha la capacità di fissare un istante della vita «quasi estraendolo dalla vita stessa per poi fare in modo che attraversi tutti i filtri della sensibilità»142, alla stessa maniera di Comisso, in sostanza.
Soprattutto i Capricci italiani contengono valutazioni forti, satiriche ma eleganti; Comisso non si è mai lasciato sviare da considerazioni «patriottistiche di falso gusto popolaresco e retorico», «era lettera morta ogni possibile rettorica»143. Leggere Comisso è come starlo a sentire, sentirlo raccontare come fosse tra la sua gente, a Treviso. Nel comporre Un gatto
attraversa la strada, invece, come per altre opere, non si è domandato il perché
delle cose, o anche, non ha mai ideato i racconti sulla base di meditazioni profonde, si è piuttosto lasciato stupire dagli accadimenti della sua esistenza, siano essi stati piacevoli o avversi. È perlopiù attirato dalla «elementare materialità» del mondo, di cui ammira stupefatto la grandezza e accetta il mistero; egli «spicca per la sua robustezza sana e terrigna»144, a differenza degli intellettuali a lui contemporanei dalle menti più acute e indagatrici.
141 R. BERTACCHINI, Lo scrittore dei sentimenti, in «Fiera Letteraria», 19 aprile 1953. 142 N. DE CILIA, Saturnini, malinconici, un po’ deliranti: incontri in terra veneta,
Monticello Colle Otto (VI), Ronzani Editore, edizione digitale 2018.
143 C. BO, Comisso scriveva come raccontava, in «L’Europeo», febbraio 1969. 144 R. FRATTAROLO, Comisso e la critica, in «Fiera Letteraria», aprile 1953.
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Lontano, invece, da D’Annunzio, è nella lingua che come lo stile è composta da parole semplici e usuali, per nulla auliche o preziose. Essa è tuttavia ricca di arcaismi («riescire», «ebbimo», «giuoco», «giuocattolo», «raggiustare», «ignude») e di un modo arcaico di rendere la coniugazione del verbo «avere», servendosi di «ò» per la prima persona singolare, oppure di «à» per la terza, infine «ànno» per la terza plurale, o ancora del mancato troncamento in espressioni come «male di testa», «pure di togliermi», «il bene arrivato». Ecco, in definitiva, le parole di Frattarolo: «Comisso in realtà ha dalla sua il pregio di una prosa inconfondibile, efficace, rappresentativa, resa più incisiva dallo splendore di una lingua personalissima. […] La sua ricchezza è la semplicità; è il suo modo di sentire quello di un fanciullo curioso e goloso, ma non traviato da filosofie»145.
4. La fortuna
La disattenzione nei confronti di Comisso consiste in una specie di difesa o «prevenzione verso la felicità», come dice De Cilia146, da parte della piccola borghesia italiana e cattolica, riluttante al cospetto di «ogni manifestazione di eros non convenzionale». Comisso, come Gide, è amorale,
145 Ibidem.
146 N. DE CILIA, Saturnini, malinconici, un po’ deliranti: incontri in terra veneta,
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in lui non c’è mai estetismo, «anzi è quasi infantile nei suoi entusiasmi e nella sua disponibilità ai più semplici e possibili piaceri della vita»147, anche se, nella fase più avanzata della sua vita, non troverà lo stesso godimento dei piaceri di un tempo.
Non esiste alcun contemporaneo all’autore che possa aver avuto nella sua prosa tale «leggerezza animale e vegetale»; solo De Pisis si potrebbe accostare a lui, ma per ciò che concerne la pittura. La libertà e la totale indifferenza alle «consorterie letterarie» sono state motivo del successo solo parziale del nostro, che scrive in virtù della ricerca del piacere e di una felicità pagana, in un primo momento ottenuta e nel suo secondo tempo sfuggevole. Pasolini, in un passo degli Scritti corsari accusa la critica precedente per la sua impotenza e cecità nei confronti di tutta l’opera narrativa di Comisso.
Nonostante non sia completa, è stato un bene che a partire dagli anni ’60 Naldini si sia prodigato per la revisione e realizzazione dell’opera omnia, tanto che dal 2002 anche Comisso occupa (parzialmente) un posto nei Meridiani della Mondadori. Naldini è uno dei suoi più grandi sostenitori e critici e riconosce che Comisso ha avuto i più disparati gusti letterari. E soprattutto si è divincolato da quella prosa d’arte cui molti pensavano di costringerlo. Il suo intento principale nella vita era occuparsi di tanto, di
147 G. FOFI, Strade maestre. Ritratti di scrittori italiani, Roma, Donzelli Editore, 1996, p.
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conoscere gente, autori, scrivere racconti, lettere, romanzi, viaggiare, vivere di curiosità. Naldini afferma: «Per lui valeva primum vivere deinde philosophari»148.
In parte, la fortuna di Comisso risiede nell’essere stato preziosissimo per letterati come Naldini o Parise, i quali conoscevano molto di più di lui in ambito letterario, ma paradossalmente il nostro aveva un’inspiegata capacità di risolvere e illuminar loro la vita. Era il loro maestro fidato. Tuttavia, la continua iperattività di Comisso dà l’idea di un’irrequietudine di fondo, come se volesse ancora una volta fuggire da uno studio legale in realtà mai frequentato, come se il fermarsi troppo nelle abitudini lo facesse imborghesire o annoiare. La brama di spingersi oltre è chiaramente collegata all’avventura e all’erotismo. Un erotismo peraltro molto aperto riuscendo a includere nella sua dimensioni uomini e donne, nell’eventualità o timore di rimanere prigioniero dell’uno e dell’altro sesso. E quando si riscopre sopraffatto dai sentimenti, prima per Bruno, poi per Guido, ecco che cerca di ovviare alla sofferenza con ulteriori spostamenti e viaggi. Nonostante vivesse in tante realtà, non arrivava appieno a quella del lettore, la cui ricettività risultava non così soddisfacente. La sua letteratura lo ha sempre nutrito un po’ meno del mestiere di giornalista. De Cilia, attraverso le parole di Naldini149, ci dimostra che presso i suoi amici critici aveva una grande stima, i suoi libri venivano
148 N. DE CILIA. 149 Ivi.
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pubblicati e godeva di una buona fama letteraria, eppure non riusciva a coinvolgere un pubblico ampio. L’autore ha avuto la fortuna di avere dalla sua personaggi di spessore, critici letterari come Pancrazi, Montale, Carlo Bo. Il successo di stima risulta inversamente proporzionale al suo successo di vendita. Se in tutti questi anni Naldini e altri collaboratori non si fossero battuti per la memoria dei suoi scritti, Comisso sarebbe introvabile nelle librerie e vittima dell’oblio.
In definitiva, ci si può ricollegare a un dubbio che preme con molta probabilità ogni studioso si accosti a Comisso: per quale motivo, pur avendo vinto dei premi interessanti, i fruitori della sua letteratura sono in numero esiguo?
I premi letterari come il premio Viareggio o il Premio Strega sono delle competizioni che, seppur autorevoli, coinvolgono una giuria di esperti, accademici, critici, giornalisti. Esistono dei libri per i quali è garantito il favore della critica e dei lettori insieme, dal che si deduce un buon profitto per la casa editrice e per l’autore. Anzi, perfino opere non premiate ma giunte in finale ai premi riescono a superare di gran lunga la fortuna del vincitore; vedi Ragazzi
di vita di Pasolini, che gareggiava per lo Strega nello stesso anno di Comisso.
Egli stesso nel suo diario lamenta una certa insofferenza per la vittoria del Viareggio per Capricci italiani:
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Stavo sereno sul Piave e mi ànno distolto per un premio ridicolo150.
e la seguente impassibilità per lo Strega con Un gatto attraversa la strada:
6 luglio 1955
Ò vinto il premio Strega. Certo è stata una cosa importante, in una Roma dove oggi si accentra il meglio dell’intelligenza italiana. Alla mattina dopo il premio passando per le strade secondarie di Roma vi erano tanto splendidi ragazzi che erano semplicemente felici della loro giovinezza e della bella giornata. Erano più felici di me151.
D’altra parte se io stessa dovessi leggere (e in parte l’ho fatto), ad esempio, Come donna innamorata di Marco Santagata, docente universitario e finalista allo Strega 2015, e dovessi consigliarne la lettura ad un pubblico ampio di lettori, non troverei lo stesso consenso come per un libro accessibile a tutti. È un peccato, perché anche le opere definite di nicchia hanno una potenza eccezionale alla stregua (o più) dei libri più noti. Nel nostro tempo sarebbe più semplice ovviare alla problematica, avendo quotidianamente sotto mano uno strumento efficientissimo, quale Internet e con lui i Social Media, che permettono di sviluppare infinite idee e modi di divulgazione; una pratica chiaramente collegata al mondo della pubblicità e delle strategie del marketing culturale.
150 G. COMISSO, Diario 1951-1964, a cura di N. NALDINI, Milano, Longanesi, 1969, p.
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In uno scambio di opinioni con Nicola De Cilia, egli sostiene che Comisso non rientrava, appunto, in categorie di comodo perché propugnava una dedizione alla felicità che in Italia cattolicesimo e marxismo rigidamente inteso non accettavano di buon grado. E Comisso non è l’unico, in quanto nel novero si ritrovano personalità come Soldati, Silone, Ortese, Cassola e sicuramente altri. Sulla base di tale considerazione, credo che gli studi accademici debbano essere i primi promotori di autori di opere minori spesso dimenticate.
De Cilia sottolinea il concetto che un premio letterario può fare o meno la differenza e che non è detto che questo riesca a spostare le sorti di un autore. De Cilia chiosa il suo pensiero con un: «Chissà, se lo pubblicasse Adelphi…». Certo, perché bisognerebbe immaginare anche quale casa editrice possa assumersi l’incarico o il rischio di ripubblicare e mettere in atto un’intensa opera di divulgazione, coi mezzi già noti.
Queste le parole di Pasolini dopo la morte di Comisso:
Spero che il lettore… si renda conto dell’ingiustizia dell’addio che gli ha dato la comunità italiana. Muore un papavero qualsiasi, letterato o politico, e la nazione è in lutto. Sciocca, idiota nazione! Muore un poeta, e gli si dedicano poche qualunquistiche colonnine: con definizioni come “poeta e giramondo”, in cui “poeta” equivale a “giramondo” e “giramondo” a “poeta”. Insomma, è morto un buffone… Naturalmente, Comisso, non era il buffone di nessuno, anche se egli era meravigliosamente buffo, umile, come sono i poeti seri. Così nessuno si è sentito defraudato di lui. Né i conservatori, per cui i poeti seri devono essere seri; né le nuove generazioni neozdanoviste, per cui, ugualmente, i poeti seri devono essere seri. Almeno gli altri letterati, i miei colleghi, avessero avuto qualche accento non dico di pietà e di dolore - assolutamente inapplicabili a Comisso, che se ne è andato “senza pensieri”, e infischiandosene di loro - ma almeno di intelligenza critica. Io non riesco a capire dove siano andati a finire i critici intelligenti… Ma forse
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ancora una volta io mi lamento stupidamente, perché non so accettare la giusta fine di un mondo152.
CONCLUSIONI
Ci si domanda spesso come mai nella didattica degli istituti di ogni grado della scuola italiana non si dia il giusto peso alla letteratura contemporanea. Oppure, ci si meraviglia al cospetto delle tracce della prima
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prova scritta durante gli esami di maturità, in cui si resta sgomenti e ci si riscopre ignoranti se il nome degli autori, proposti dallo stesso Ministero che redige i programmi scolastici, è Claudio Magris o Giorgio Bassani o una meno nota opera di Umberto Eco.
E se uscisse Giovanni Comisso? Il gusto di conoscere la letteratura contemporanea di autori, non solo minori come l’autore in questione, ma anche maggiori è perlopiù esiguo. Se per un attimo si provasse ad abbandonare la sicurezza di autori e programmi riproposti da decenni e si provasse ad azzardare col nuovo, le sensazioni trasmesse da tali scrittori si rivelerebbe vicine a noi più di quanto possiamo immaginare. Spesso si scredita il contemporaneo con un “Gli autori di un tempo sono su un altro livello”, mentre è proprio l’autore contemporaneo che ci può restituire il piacere dello studio o della lettura, sia esso scomparso o ancora in vita. L’intellettuale contemporaneo è colui che con gli espedienti di cui è padrone riesce a esprimere i costumi, i disagi, le ossessioni dell’uomo immediatamente contemporaneo o del secolo precedente. Questo ragionamento non serve a screditare lo studio della nostra rivoluzionaria letteratura medievale, di cui io stessa sono fervida amante, o di quella moderna, ma sembra non esserci il giusto peso tra le parti.
Come accennavo sopra, siamo in un’epoca in cui il giogo del web ci tiene legati a sé in maniera più o meno morbosa: facciamo sì che questa stretta
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porti risultati positivi in ambito culturale. Internet è un mezzo potente che ci dà la libertà di ideare innumerevoli soluzioni per ovviare a tale problematica, ed è un rinnovamento che le case editrici italiane, chi più chi meno, tendono a fare proprio. Ristampare grandi classici contemporanei, azzardare e riproporre autori minori, con l’avvento del web sembra una sfida possibile.
Di recente una nota casa editrice, per pubblicizzare un nuovo thriller, a pochi giorni dall’uscita, ha pensato bene di trasformare il romanzo in un gioco di logica, chiamato Escape Room, un rompicapo di fuga svolto dal vivo e simulante per sommi capi il romanzo ancora inedito. È divampata la polemica: non solo per il tipo di sponsorizzazione, totalmente innovativa, ma soprattutto perché al lancio dell’evento sono state invitate delle influencer, a mio avviso donne perspicaci, credibili e acculturate; tutto ciò per ampliare il range di lettori. Potrebbe apparire come una becera strategia di marketing, ma se dovesse funzionare, la fruibilità dell’opera potrebbe raggiungere il target di lettori che mai avrebbe pensato di leggere quel tipo di narrativa.
Per tornare a Comisso, immagino che Longanesi, la casa editrice cardine della sua opera, abbia altrettanti e importanti progetti di ripubblicazione. Certo, reperire a stento Capricci italiani e ritrovarci della carta ingiallita e il prezzo in Lire non è stato il massimo.
Sarebbe altresì avvincente visionare e studiare il materiale inedito, quindi risalire alla genesi di alcuni suoi scritti, valutare i carteggi non noti,
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individuare nuovi spunti di riflessione e sciogliere ulteriori dubbi sulla sua opera. Poche sono le raccolte di racconti dell’epoca contemporanea che in poche pagine riescano a coinvolgere il lettore quasi pregando che la novella non finisca, perché egli si ritrova nei sentimenti di quei profili. Comisso possedeva questa attitudine, poco nota, di saper valorizzare i suoi personaggi e farli amare, se non altro, da chi lo ricorda.
Con questo lavoro di tesi ho cercato di mettere in evidenza le particolarità di un artista che possedeva le stesse estrosità e capacità di scrittura di altri autori conosciuti, valorizzando le tematiche per me più suggestive. È stato un confronto interessante, malgrado il limitato numero di fonti, eppure ho avuto la possibilità di arricchirmi e scoprire una personalità degna di essere annoverata tra gli autori del Novecento italiano. Come me, potrebbero sorprendersi universitari e liceali che non hanno avuto modo di accostarsi alla narrativa dell’autore. Per questo motivo, sarebbe opportuno talvolta inserire nei programmi universitari la lettura e l’analisi di autori minori, ma non trascurabili. Per gli istituti superiori, invece, sarebbe conveniente il potenziamento dello studio della narrativa contemporanea, grazie anche all’introduzione di autori di cui un diciottenne può fare solamente tesoro.
D’altronde il bello (e un po’ il brutto) della letteratura è quello di essere libera da ogni legge e libera di interpretare e di conferire qualsiasi significato a un’opera. Perciò è difficoltoso comprendere perché alcuni scrittori siano
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considerati il canone della letteratura novecentesca e come mai altri no. Chi può decidere fino a che punto un autore può fare o meno della buona letteratura? Uno spunto per questa risposta potrebbe confluire nell’osservazione che un tempo esisteva una critica letteraria che in parte riusciva a indirizzare il lettore all’acquisto di un libro. Ma Comisso proviene da un ambiente culturale fecondo di critica letteraria; conosce Cremieux, lo stesso che ha rivalutato La coscienza di Zeno, Montale e altri critici, e la sua fama è tuttavia rimasta circoscritta. Evidentemente il modo di valutare un’opera si stava trasformando, fino ad arrivare a oggi in cui, essa come la musica è soggetta alle tendenze, anche se non è detto che sia necessariamente un male.
È grazie all’Associazione Amici di Comisso e all’impegno di pochi insegnanti universitari, se si ha tutt’oggi la possibilità di discutere dei temi e dei motivi, dello stile dell’autore e di approfondire ciò che si è lasciato in sospeso nel tempo. A questo proposito, ritengo che si possano esaminare con più interesse ed urgenza la poetica della maturità (per la quale ho fornito il mio contributo durante la trattazione) e la poetica dell’ultimo tempo, così da valutare l’andamento e l’evoluzione della sua poetica.
E mi auguro, infine, che Comisso possa avere sorprendentemente la fortuna e il successo, tardivo, di cui è pervaso il ricordo di Tomasi di Lampedusa col Gattopardo.
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