«Comisso si distingue da molti scrittori di oggi la cui opera sembra nata in funzione della critica, anzi ha valore soprattutto, nel panorama generale della cultura, per il discorso critico che si può farvi intorno. Ai critici offre pochi appigli. Non è uno scrittore ideologico, né problematico, non conia né suggerisce quelle formule o slogans che hanno preso tanta importanza da costituire per sé, indipendentemente dalle opere da cui sorgono, la storia della nostra cultura recente».33
Naldini esordisce con tali considerazioni nella prefazione all’edizione del ’54 di Un gatto attraversa la strada. L’osservazione di Naldini non si limita alla raccolta, ma abbraccia tutta l’opera di Comisso pubblicata fino ad allora
33 Prefazione di G. PIOVENE, a Un gatto attraversa la strada, Milano, Longanesi, 1964,
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ed in particolare è come se volesse additare i critici letterari di non aver compreso fino in fondo l’arte di scrivere dell’autore.
Esistono diverse motivazioni per le quali Giovanni Comisso è stato considerato non sempre all’altezza del mestiere che svolgeva. Rossana Esposito osserva che l’origine di tale fenomeno risieda nell’essere Comisso suggestionato dal probabile dannunzianesimo, risieda nella sua omosessualità, mai celata nonostante le critiche moralistiche, e risieda nell’atteggiamento «antiletterario e istintivo confuso con uno spontaneismo “nature”».
Si è discusso a lungo dell’influenza dannunziana nello stile di Comisso, in particolare dopo la pubblicazione del suo primo romanzo Il porto dell’amore. Non essendo mai stata molto generosa o audace nei confronti dell’autore, la critica del primo Comisso non ha compreso appieno il suo stile, distorcendolo e “accusando” l’autore di dannunzianesimo. Perciò ad un’esigua componente di giudizi favorevoli, come quelli di TITTA ROSA, SOLMI, PANCRAZI e MONTALE si contrappone il seguito formato da RUSSO, FALQUI, RAVEGNANI e BERTACCHINI. Sentirsi non capito e rifiutato è stata una costante nella vita di Comisso cui spesso ha dovuto far fronte.
I critici letterari schierati dalla parte di Comisso non solo ne apprezzavano il talento, ma si sono riscoperti fiduciosi in merito ad una presunta versione in lingua francese de Il porto dell’amore. Purtroppo la tiratura de Au vent de
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CRÉMIEUX e VALÉRY LARBAUD. Il motivo dell’insuccesso è da ricondurre all’impossibilità di trasporre una produzione così ricca di venetismi, il cui significato potrebbe rivelarsi snaturato nella lingua d’arrivo.
Tuttavia, non solo la critica ma anche il pubblico di lettori sembra aver accettato maggiormente la raccolta di racconti Gente di mare, opera più celebre del primo Comisso. Favorevoli ad essa riscopriamo D’ANNUNZIO, BORGESE, SAPEGNO, OJETTI, sebbene riconducessero le novelle alla prosa d’arte, prosa novecentesca a metà tra racconto e lirismo poetico.
Come accennato, i letterati sono restii ad avvalorare le produzioni del Comisso romanziere, penalizzato dall’assenza di «organicità e respiro narrativo, oltre che di prolissità».34 Tali valutazioni negative provengono dal PANCRAZI su Il delitto di Fausto Diamante, dal CONTINI su Storia di un
patrimonio e da MONTALE per I due compagni.
Esposito sostiene che a lenire il malcontento di Comisso non è stata di certo la sua stessa polemica contro la letteratura «inumana» degli scrittori degli ultimi cinquant’anni, perché in realtà i suoi romanzi si sono rivelati parimenti freddi.35 Perciò negli anni ’40 del Novecento a smorzare l’entusiasmo di Comisso hanno contribuito ROBERTAZZI e DE MICHELIS e il
34 R. ESPOSITO, p. 174.
35 Ivi, pp. 174-75; R. Esposito si riferisce alle accuse di Comisso per la letteratura
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FRATTAROLO che nella «Fiera Letteraria» accentua la dualità Comisso- viaggiatore e diarista e Comisso-prosatore (ma di novelle), soffocando l’idea del Comisso romanziere. Gli aspetti di tale dicotomia sono stati spesso sovrapposti come BOCELLI fa nel saggio Comisso o delle Avventure terrene, o SQUARCIA in Racconti di Comisso. La Esposito insiste sul contemporaneo superamento di tali concezioni alle quali sono tuttavia ancorati ACCAME BOBBIO nella monografia sull’autore e VIRDIA nella «Fiera Letteraria», sebbene, accostandosi parallelamente alla novella e al romanzo, la differenza sia manifesta. Chi ha saputo conferire invece una visione dell’opera di Comisso più omogenea e meno frammentaria è stato GIORGIO PULLINI, sapendo apprezzare l’autore anche in qualità di romanziere: Pullini rileva e valorizza una «tensione lirico-esistenziale»36, espediente utile ad ovviare alla conclamata «mancanza di durata narrativa e le innegabili cadute di tono».37
Punti di vista più recenti e nuove considerazioni sono forniti da due scrittori veneti come Comisso, ovverosia GOFFREDO PARISE e GUIDO PIOVENE. Il primo raccomanda al lettore di fruire dell’arte comissiana «da un punto di vista fisico-chimico»38 in quanto «la chimica e la fisica che regolano pensieri, emozioni e senso della storia erano più complete e compatte perché investivano in egual misura i cinque sensi».39 Il secondo invece, quasi a voler
36 Ivi, p. 177. 37 Ibidem.
38 G. PARISE, Prefazione a Diario 1951-64, Milano, Longanesi, 1969, p. 11. 39 Ibidem.
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esprimere un concetto diametralmente opposto, sostiene l’approccio psicanalitico a Comisso, che non deve considerarsi azzardato come pensiero, in quanto nell’ultimo Comisso si riscoprono novelle e romanzi la cui genesi dimora nel sogno e nella visione.
La critica moderna si è espressa in maniera innovativa anche in occasione del Convegno su Comisso del 1982, i cui atti pubblicati nel 1983 portano come titolatura La linea veneta nella cultura contemporanea. Spicca il nome di G. BOSETTI nel riconoscere l’influenza estera di Gide basata sul mito d’infanzia e dell’Oriente, in contrapposizione, anche in questa circostanza, al tema della vita contadina, tipica della tradizione italiana esposta da G. MARCHETTI. Si ritrovano interessanti considerazioni da parte di M. ISNIEGHI e A. M. MUTTERLE sul tema della Grande Guerra, ricorrente in Giorni di guerra ma riproposto costantemente in opere successive ad essa. Tra gli anni Novanta e gli anni Duemila si sono aggiunte infine le considerazioni di N. DE CILIA e G. FOFI.
Uno degli aspetti più dibattuti è la questione della lingua utilizzata da Comisso in tutta la produzione letteraria. Prima che venisse riconosciuta come peculiarità del suo stile, a Comisso veniva attribuita la pecca di essere sgrammaticato e imperfetto dal punto di vista della sintassi. L’apparente superficialità di cui si fa carico l’autore marca piuttosto la volontà di esprimersi in una lingua quanto più quotidiana e colloquiale, tale che il lettore
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non sembra che legga ma sembra che ascolti la narrazione di un racconto, quasi come fosse tramandato oralmente. Non mancano perciò, come si accennava, regionalismi veneti e tipici delle inflessioni trevigiane. Pertanto si conoscono numerose edizioni dei suoi romanzi, emendati in più occasioni. BERTACCHINI offre un saggio in merito alle revisioni dei suoi scritti in
Strutture compositive e revisioni stilistiche nei romanzi di G. Comisso in
«Otto/Novecento».
Perciò lo stile autentico e non contaminato da altri modelli letterari diviene oggetto della critica più recente, che divincola Comisso dalle sopravvivenze del dannunzianesimo e della prosa d’arte. Negli atti del Convegno dell’82 BANDINI nega ogni traccia di dannunzianesimo in Comisso, pensando che nel suo stile si presentino piuttosto note simbolistiche. Esposito chiarisce di trovarsi concorde «per quanto riguarda lo stile, in quanto se D’Annunzio tende all’espressionismo Comisso rimane più vicino all’impressionismo, meno forse per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi di alcuni romanzi che trovano la loro collocazione proprio in ambito decadente e dannunziano».40
Considerando la varietà delle critiche negative o positive che siano per il Comisso diarista o giornalista o narratore, ZANOTTO risolve nuovamente col superamento di tali considerazioni e ricerca delle interpretazioni della sua arte che siano alternative, inusuali e nuove. È per questo che nella nostra
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trattazione è stata dedicata una sezione specifica alle influenze su Comisso, in particolare venete: modelli che esprimono allo stesso modo un’apparente trasandatezza nello stile, nata espressamente per ovviare al dannunzianesimo di cui i critici credevano pervasa l’opera omnia di Comisso.