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Il Comitato Speron

Nel documento Il bicameralismo in Italia (pagine 88-93)

Il superamento del bicameralismo paritario e perfetto nei principali tentativi di riforma costituzionale

5. Il Comitato Speron

Nella XIII Legislatura, sotto il Governo Berlusconi, in piena crisi di legittimazione del sistema dei partiti della cosiddetta Prima Repubblica102 e con l’emersione prorompente della Lega Nord quale novità del panorama politico italiano, venne istituito, presso la Presidenza del Consiglio, il «Comitato di studio per le riforme istituzionali, elettorali e costituzionali». Questo Comitato (detto anche Comitato Speroni, in onore al senatore che lo presiedeva), insediatosi precisamente il 14 luglio 1994, nient’altro era che un organo consultivo del Governo, composto prevalentemente da tecnici (ovvero da un gruppo di studiosi103), con il compito di elaborare proposte

dirette a riformare gli assetti istituzionali dello Stato italiano, in modo tale da renderli maggiormente funzionali ed efficienti.

Il gruppo di lavoro -che fu il primo nella storia repubblicana ad essere costituito su iniziativa del Governo- concentrò la sua attenzione e i suoi sforzi principalmente sul tema della differenziazione di “legittimazione” tra le due Camere, e dispiegò il suo progetto di riforma in senso federale e regionalista104.

La Camera alta del Parlamento, ossia il Senato della Repubblica, fu il primo organo costituzionale a cambiare pelle e a veder mutata la sua struttura: il Comitato Speroni puntava infatti a una configurazione federalista della Camera eletta, a norma della Costituzione, su base regionale.

102 In modo approssimativo si può affermare che la fine della Prima repubblica iniziò nell’anno 1992, quando ebbe inizio l'inchiesta giudiziaria Mani pulite sul sistema delle tangenti, che coinvolse gli esponenti di tutti i maggiori partiti e fece emergere il fenomeno detto Tangentopoli. La fine sostanziale della prima Repubblica coincise invece con le elezioni politiche del 27-28 marzo 1994, che si svolsero con la nuova legge elettorale (Mattarellum) e in un clima di speranzoso rinnovamento che segnò l'affermazione del bipolarismo in Italia. Da allora si iniziò a parlare comunemente di Seconda Repubblica.

103 Il Comitato era composto dai professori Ettore A. Albertoni, Giovanni Bognetti, Romano Cajelli, Gian Franco Ciaurro, Vittorio Di Ciolo, Giuseppe Franco Ferrari, Serio Galeotti, Francesco Gentile, Massimo Severo Giannini, Pietro Grilli di Cortona, Aldo Loiodice, Alberto Martinelli, Carlo Mezzanotte, Sergio Ortino, Ettore Rotelli, Nazareno Saitta.

104 Si noti che il presidente del Comitato, Francesco Speroni, era un esponente di primo piano della Lega Nord, partito politico che si qualifica anzitutto come regionalista.

Ebbene, proprio questa configurazione federalista del Senato venne proposta dal Comitato in due differenti versioni105.

Nella prima soluzione proposta, che ricalcava in gran parte il modello del

Bundesrat tedesco, il Senato veniva concepito come una Camera

permanente, composta soltanto da membri delegati dai Governi regionali, che li nominavano e li revocavano. I rappresentanti delle Regioni avrebbero poi avuto il diritto di esprimere un numero di voti pari a quello assegnato alla Regione di appartenenza, secondo un meccanismo capace di contemperare il principio di eguaglianza tra tutte le Regioni con l’opposto principio dell’attribuzione proporzionale dei voti in base al numero della popolazione. Pertanto, salvo la Valle D’Aosta e il Molise che ne avevano uno, partendo da una base minima di tre voti per ogni Regione fino a tre milioni di abitanti, le Regioni con più di tre milioni di abitanti ne avevano cinque, quelle con più di cinque milioni ne avevano sette; quelle con più di otto milioni di abitanti ne avevano nove.

Secondo questo modello, i membri del Senato avevano inoltre il diritto di assistere alle sedute della Camera e delle sue Commissioni, e di essere sentiti ogni volta che lo avessero richiesto.

Venendo poi ad esaminare la seconda soluzione prospettata dal Comitato, si deve notare che questa proponeva un Senato composto per metà dei suoi componenti da rappresentanti delle Regioni e per l’altra metà da rappresentanti dei Comuni e delle Province: tutti i rappresentanti che si sarebbero seduti nel Senato sarebbero stati perciò eletti in modo indiretto. Per quanto riguarda la rappresentanza delle Regioni, questa era prevista in termini analoghi a quanto stabilito nella configurazione della prima versione: delegazione da parte dei Governi regionali e numero dei voti

105 Camera dei deputati XVII Legislatura, Servizio studi - dipartimento istituzioni, Il

rapportato al numero degli abitanti della Regione di appartenenza del senatore. Comuni e Province avrebbero poi avuto un numero di rappresentanti pari a quello della Regione in cui erano situati; pertanto, in questa seconda versione, il Senato avrebbe avuto una composizione doppia rispetto alla prima. Le modalità di elezione indiretta di tali rappresentanti erano demandate ad una legge dello Stato. Tale versione, infine, si completava con la previsione del rinnovo del Senato ogni due anni, a fronte della ordinaria durata quinquennale della Camera.

In ogni caso, in entrambe le due configurazioni del Senato, veniva soppressa la categoria dei senatori a vita prevista dall’attuale articolo 59 della Costituzione.

Esaurita l’analisi delle due diverse proposte avanzate dal Comitato Speroni, volte ad attribuire alla Camera senatoriale una connotazione regionalista, pare interessante volgere ora lo sguardo alla Camera dei deputati, in modo tale da capire come questa veniva ridisegnata dai costituzionalisti della XII Legislatura.

In realtà, la Camera dei deputati non subiva particolari modificazioni dal progetto di riforma: anzi, essa continuava ad essere eletta a suffragio universale e diretto e il numero dei deputati rimaneva 630; di fatto, l’articolo 56 della Costituzione rimava quindi invariato106.

Così, mentre il Senato della Repubblica si sarebbe trasformato nella Camera effettivamente rappresentativa delle autonomie regionali, la Camera bassa avrebbe continuato ad essere la sede di rappresentanza del popolo italiano.

106 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Riforme Istituzionali (Servizio per lo studio e il monitoraggio delle riforme istituzionali e relazioni esterne, DOSSIER DI SINTESI:

Il superamento del bicameralismo paritario e perfetto nei principali tentativi di riforma costituzionale, 12 giugno 2013, p. 14.

Il corollario di una simile struttura rappresentativa, non poteva che essere uno, e uno soltanto: la possibilità di votare mozioni di sfiducia al Governo doveva appartenere esclusivamente alla Camera dei deputati, vale a dire l’unica Camera propriamente politica e direttamente legittimata dal voto popolare.

Il bicameralismo differenziato della proposta elaborata dal Comitato, naturalmente, non si limitava a proporre una diversa composizione della Camera alta, ma completava la sua opera riformatrice con la previsione di una diversificata partecipazione delle due Camere all’esercizio della funzione legislativa107, dando luogo ad una scelta netta e fortemente innovativa rispetto al passato: in una fascia significativa di ipotesi espressamente indicate, il procedimento legislativo sarebbe stato del tutto paritario; in tutti gli altri casi, la funzione legislativa sarebbe stata attribuita, nel suo momento deliberativo, alla sola Camera dei deputati, mentre al Senato sarebbe rimasto un mero potere di controllo da esercitare in tempi brevi mediante rinvio della legge alla Camera.

Nel dettaglio, il progetto di riforma prevedeva che fossero esaminati ed approvati in identico testo da entrambe le Camere: i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, quelli concernenti l'organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni costituzionali, quelli che previdenti misure restrittive della libertà personale, quelli relativi alla tutela delle minoranze linguistiche, quelli di attuazione degli articoli 7 e 8 della Costituzione, quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e quelli recanti misure anticongiunturali per il riequilibrio economico generale dello Stato e per la concessione di aiuti finanziari alle Regioni. Queste, come chiaramente si intuisce, erano le cosiddette leggi bicamerali.

107 Camera dei deputati XVII Legislatura, Servizio studi - dipartimento istituzioni, Il

Per i disegni di legge diversi da quelli ora indicati, la funzione legislativa era invece esercitata esclusivamente dalla Camera dei deputati. Tuttavia il Governo, o un quinto dei componenti del Senato della Repubblica, potevano chiedere, entro quindici giorni dalla approvazione di un disegno di legge da parte della Camera bassa, che il testo di legge fosse sottoposto all'esame del Senato. In tal caso il Senato, entro i trenta giorni successivi, poteva rinviare il disegno di legge con osservazioni e proposte alla Camera dei deputati, che si sarebbe pronunciata in via definitiva entro ulteriori trenta giorni. In caso di un disegno di legge dichiarato urgente, i termini suddetti si intendevano poi ridotti della metà.

L'articolo 72 della Costituzione venne inoltre riformulato in modo da disciplinare i procedimenti abbreviati per i disegni di leggi dichiarati urgenti a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e la procedura in sede redigente.

Per concludere sulla proposta avanzata dal Comitato Speroni, si ricorda che il progetto di riforma prevedeva, altresì, una specializzazione del Senato in ordine alla funzione ispettiva e di vigilanza parlamentare sull’attività dell’esecutivo e sull’esecuzione delle leggi.

In particolare veniva riscritto l’articolo 82 della Costituzione che, a norma del nuovo testo, intestava alla Camera dei deputati in via esclusiva la funzione di inchiesta, mentre il Senato era chiamato a vigilare oltre che sull’attività di indirizzo e di coordinamento nei confronti delle Regioni e degli altri enti territoriali e sull’attuazione delle politiche comunitarie, anche: sull’attuazione e l’efficacia delle leggi; sulle nomine pubbliche in organi o enti con funzioni di garanzia; sul finanziamento degli enti pubblici; sull’andamento della spesa pubblica in raccordo funzionale con la Corte dei Conti.

Da ultimo, è poi interessante notare che il «progetto Speroni», coerentemente al quadro maggioritario a tendenza bipolare disegnato dalle leggi elettorali del 1993, delineava uno “statuto dell’opposizione” che avrebbe convogliato tutti i deputati contrari (cioè, che avessero espresso voto contrario) al programma di governo presentato alle Camere, i quali avrebbero altresì potuto eleggere un capo dell’opposizione, da considerare quale potenziale alternativa al leader di Governo.

Si chiude infine questo paragrafo osservando che le proposte avanzate dal Comitato governativo (di cui si è tentato di dar conto negli aspetti più significativi) rilevarono certamente quale ulteriore tappa nello sviluppo del dibattito sulla riforma delle istituzioni, ma non furono capaci di avere alcuna ricaduta formale: presentato il documento conclusivo alla Presidenza del Consiglio nel dicembre del 1994, la successiva crisi di governo e le conseguenti dimissioni da parte del Presidente del Consiglio108 impedirono

qualsiasi seguito al progetto avanzato dal Comitato Speroni109.

Nel documento Il bicameralismo in Italia (pagine 88-93)