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COMMERCIO INTERNO

Nel documento Consuntivo 2011 (1.3mb) (pagine 165-181)

L’andamento delle vendite al dettaglio. Il bilancio 2011 delle vendite al dettaglio dell’Emilia-Romagna, desunto dall’indagine condotta dal sistema camerale della regione, con la collaborazione dell’Unione italiana delle camere di commercio, si è chiuso negativamente, in misura più accentuata rispetto a quanto registrato nell’anno precedente.

La modesta crescita della spesa delle famiglie non è riuscita a riflettersi sulle vendite. Secondo lo scenario di maggio 2012 di Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia, il 2011 si è chiuso con un aumento reale dei consumi delle famiglie di appena lo 0,6 per cento, in rallentamento rispetto alla crescita dell’1,5 per cento registrata nel 2010.

La fiducia dei consumatori, secondo le rilevazioni nazionali dell’Istat, prima condotte da Isae, è peggiorata per quasi tutto il corso del 2011, se si esclude un piccolo miglioramento tra maggio e giugno. Questo andamento si è associato a un quadro di analogo segno delle imprese commerciali, che dal mese di agosto hanno visto l’indice di fiducia scendere progressivamente.

Tavola 9.1 – Indagine congiunturale sul commercio al dettaglio in forma fissa e ambulante. Emilia-Romagna. Periodo 2003-2011 (a)(b).

Settori di attività

Commercio al dettaglio prodotti non alimentari

Commercio Prodotti

al per la Altri Ipermercati

dettaglio Abbigliamento casa prodotti supermercati

Totale prodotti ed elettro- non e grandi

Anni attività alimentari Totale accessori domestici alimentari magazzini

2003 0,4 0,5 -1,7 -4,1 -0,5 -1,2 6,8

2004 0,0 -2,1 -0,7 -3,1 0,2 -0,2 3,4

2005 0,2 0,1 -1,4 -0,4 -0,8 -2,1 4,2

2006 1,7 0,2 -0,3 -1,1 0,9 -0,6 6,9

2007 1,4 -0,4 -0,2 -0,1 1,2 -1,2 5,7

2008 -0,7 -0,9 -2,1 -3,0 -1,8 -1,9 2,2

2009 -2,9 -2,8 -4,5 -6,0 -4,3 -4,0 0,4

2010 -0,7 -1,6 -1,9 -2,1 -1,8 -1,8 2,0

2011 -1,6 -1,8 -2,7 -3,9 -2,5 -2,1 0,8

(a) Fino al IV trimestre 2009 utilizza la codifica Atecori-2002. Dal I trimestre 2010 utilizza la codifica Ateco-2007

(b) Variazioni percentuali a prezzi correnti rispetto all’anno precedente.

Fonte: Sistema camerale dell’Emilia-Romagna, con la collaborazione dell’Unione italiana delle Camere di commercio.

Nel 2011 le vendite degli esercizi al dettaglio in forma fissa e ambulante dell’Emilia-Romagna sono diminuite, a prezzi correnti, dell’1,6 per cento rispetto all’anno precedente, a fronte della crescita media del 2,6 cento dell’inflazione regionale, misurata sulla base dell’indice generale regionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale. Nel 2010 c’era stata una variazione negativa delle vendite più contenuta, pari allo 0,7 per cento, che si era confrontata con un tasso d’inflazione medio regionale attestato all’1,2 per cento. Sotto questo aspetto, il 2011 è stato caratterizzato da una perdita di redditività superiore al 4 per cento, in termini più pesanti rispetto alla situazione riscontrata nell’anno precedente, quando la perdita si era aggirata attorno al 2 per cento.

Ogni trimestre ha contribuito al decremento annuale, con cali tendenziali che si sono tuttavia rafforzati dall’estate, in concomitanza delle tensioni finanziarie nate a causa dell’abnorme

consistenza dei debiti sovrani di alcuni paesi europei, Italia compresa. A una prima metà caratterizzata da una diminuzione media delle vendite pari allo 0,5 per cento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, sono seguiti sei mesi segnati da una flessione del 2,8 per cento.

Anche negli altri settori dell’economia reale, quali industria, edilizia e artigianato, il quadro congiunturale è apparso più negativo dall’estate.

In Italia è emersa una situazione meno intonata. Le vendite degli esercizi al dettaglio in forma fissa e ambulante sono diminuite del 2,7 per cento rispetto al 2010, consolidando la fase negativa in atto dal 2007. L’inflazione è aumentata mediamente del 2,8 per cento, sottintendendo una perdita di redditività superiore al 5 per cento, un po’ più elevata di quella registrata in Emilia-Romagna.

Il decremento delle vendite osservato in regione non ha risparmiato alcuna dimensione.

I piccoli esercizi dell’Emilia-Romagna, fino a cinque addetti, sono quelli che hanno sofferto maggiormente del calo delle vendite, accusando una diminuzione del 3,6 per cento, superiore alla riduzione media, prossima al 3 per cento, emersa nel quinquennio 2006-2010. La media distribuzione, da sei a diciannove addetti, è diminuita anch’essa (-2,5 per cento) e anche in questo caso c’è stata una accelerazione rispetto a quanto rilevato nei cinque anni precedenti (-2,0 per cento). La grande distribuzione ha contenuto le perdite (-0,3 per cento), ma in contro tendenza rispetto alla crescita media del 2,2 per cento rilevata nei cinque anni precedenti. Il decremento di uno dei segmenti distributivi tradizionalmente più forti, se da un lato può avere tradotto il basso tono della domanda e la tendenza a privilegiare prodotti meno costosi, dall’altro potrebbe avere riflesso l’impatto delle politiche promozionali, largamente praticate dai grandi esercizi, che possono avere ridotto il fatturato a parità di quantità vendute.

Anche in Italia sono stati gli esercizi di dimensioni più ridotte a segnare il passo. Quelli da 1 a 19 dipendenti hanno accusato un calo delle vendite pari al 3,9 per cento, tuttavia più contenuto rispetto alla diminuzione del 4,3 per cento riscontrata nel quadriennio 2007-2010. Negli esercizi più strutturati, con almeno 20 dipendenti, la riduzione è stata dell’1,1 per cento, anch’essa in contro tendenza rispetto all’evoluzione del quinquennio 2006-2010 (+1,1 per cento).

La relativa maggiore tenuta della grande distribuzione rispetto agli esercizi medio-piccoli, e ci ripetiamo, trae fondamento da prezzi altamente concorrenziali (grazie anche alla politica delle offerte promozionali e degli sconti a favore dei soci), dalla possibilità di poter scegliere in tutta tranquillità tra una vasta gamma di prodotti, oltre al non trascurabile vantaggio di potere essere generalmente accessibili con una certa facilità, in virtù della disponibilità di parcheggi adeguati e della dislocazione per lo più in aree periferiche non soggette a limitazioni di traffico.

Per quanto concerne le vendite classificate per settori di attività, in quelli specializzati l’indagine del sistema camerale ha registrato un andamento diffusamente negativo. Le vendite di prodotti alimentari sono mediamente diminuite dell’1,8 per cento e una situazione ancora più deludente ha riguardato il comparto non alimentare (-2,7 per cento). Il quadro dei negozi specializzati continua ad essere dominato da tinte scure, in misura per altro più accentuata rispetto alla situazione già negativa emersa mediamente nel quinquennio precedente. Nell’ambito dei prodotti non alimentari, quelli della moda hanno accusato nuovamente il calo più elevato pari al 3,9 per cento, in peggioramento rispetto all’andamento medio dei cinque anni precedenti (-2,5 per cento). Nei rimanenti prodotti sono state registrate diminuzioni un po’ meno accentuate. I prodotti diversi da quelli per la casa, compresi gli elettrodomestici, sono scesi del 2,1 per cento e praticamente dello stesso tenore è stato il calo delle vendite di elettrodomestici e di prodotti per la casa (-2,5 per cento). In entrambi i casi l’involuzione del 2011 è apparsa leggermente più ampia rispetto al risultato negativo del quinquennio 2006-2010. Ipermercati, supermercati e grandi magazzini hanno beneficiato di una situazione meglio intonata (+0,8 per cento) rispetto al commercio specializzato, ma in netto rallentamento se confrontata con l’incremento medio del quinquennio 2006-2010 (+3,4 per cento). In Italia è stato registrato un andamento che ha sostanzialmente rispecchiato quello descritto per l’Emilia-Romagna. E’ semmai da sottolineare il basso profilo di ipermercati, supermercati e grandi magazzini (-0,4 per cento), a fronte dell’incremento medio dell’1,4 per cento dei cinque anni precedenti.

Sotto l’aspetto della consistenza delle giacenze, l’indagine del sistema camerale ha evidenziato in Emilia-Romagna la stabilità delle imprese che le hanno giudicate adeguate e, nel contempo, l’aumento, rispetto al 2010, del saldo fra chi le ha dichiarate in esubero e chi, al contrario, le ha considerate scarse. E’ da sottolineare che la crescita di chi ha giudicato le giacenze esuberanti ha avuto luogo dall’estate, in concomitanza con l’accentuazione del calo delle vendite. Questa situazione è stata determinata soprattutto dagli esercizi della piccola distribuzione, che sono quelli che hanno registrato il maggiore calo percentuale degli incassi. La grande distribuzione ha invece mantenuto su livelli contenuti l’area degli esuberi di magazzino, nonostante un certo appesantimento rispetto al passato.

Le previsioni di crescita degli ordini rivolti ai fornitori nel corso del 2011 sono apparse orientate a un diffuso pessimismo, in contro tendenza rispetto a quanto rilevato nel 2010. Questa situazione è stata determinata dagli esercizi meno strutturati, soprattutto la piccola distribuzione. Le imprese della grande distribuzione hanno invece manifestato previsioni meglio intonate, ovvero con una prevalenza di propositi di aumento rispetto ai cali, anche se in misura più contenuta rispetto al 2010, a causa della flessione rilevata negli ultimi tre mesi del 2011, vale a dire il periodo nel quale la recessione ha cominciato a manifestarsi.

L’acquisto di beni durevoli di consumo. Secondo i dati Prometeia-Findomestic, nel 2011 il reddito disponibile per abitante è aumentato dell’1,7 per cento rispetto all’anno precedente, in misura leggermente più sostenuta rispetto alla crescita dell’1,3 per cento rilevata nel Paese. Al di là dell’incremento, il livello del reddito disponibile del 2011 riscontrato in regione è risultato inferiore dello 0,6 per cento se confrontato con la media del quinquennio 2006-2010 (+0,8 per cento in Italia). Il livello di potenziale spesa, per quanto superiore di circa il 20 per cento a quello nazionale, è rimasto pertanto su valori relativamente contenuti, dopo la “rottura” avvenuta nel 2009, quando si registrò una flessione del 5,0 per cento. Non è emersa pertanto una situazione favorevole agli acquisti di beni durevoli, anche alla luce delle restrizioni al credito, divenute maggiori dopo le tensioni finanziarie nate nel corso dell’estate. Secondo i dati della Banca d’Italia, a fine 2011 il credito al consumo erogato da banche e finanziarie è diminuito in Emilia-Romagna del 3,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Nel 2011 le stime dell'Osservatorio Prometeia-Findomestic hanno registrato, relativamente alla spesa media famigliare, una situazione in peggioramento rispetto sia all’anno precedente (-8,5 per cento), che nei confronti del livello medio del quadriennio 2007-2010 (-13,7 per cento). In Italia è stato registrato un andamento sostanzialmente simile a quello rilevato in Emilia-Romagna rappresentato da un calo dell’8,4 per cento rispetto al 2010 e del 14,7 per cento nei confronti del quadriennio 2007-2010.

Se analizziamo la spesa complessiva, tra elettrodomestici, mobili, auto, moto e informatica famigliare, le famiglie emiliano-romagnole hanno speso nel 2011 circa 5 miliardi e 172 milioni di euro, vale a dire il 7,0 per cento in meno rispetto al 2010. Se si estende il confronto al quadriennio precedente49 la diminuzione sale all’11,0 per cento, a ulteriore dimostrazione del basso profilo del 2011. Anche l’andamento nazionale è apparso negativo sia nei confronti del 2010 (-7,1 per cento) che del quadriennio precedente (-12,5 per cento). In estrema sintesi la “torta” destinata ai commercianti di beni durevoli si è ristretta significativamente, contribuendo a deprimere il quadro delle vendite al dettaglio, come descritto precedentemente sulla base delle indagini del sistema camerale.

La diminuzione della spesa per famiglia destinata all’acquisto di alcuni beni durevoli è stata determinata soprattutto dal ridimensionamento degli elettrodomestici. In questo ambito la relativa spesa per famiglia è diminuita del 26,1 per cento rispetto al 2010 e del 20,5 per cento relativamente al livello medio del quadriennio 2006-2010. In Italia la diminuzione della spesa media famigliare è risultata meno accentuata (-16,3 per cento), e lo stesso avviene se il confronto viene eseguito con la spesa media dei cinque anni precedenti (-14,6 per cento). La “torta” complessiva del mercato degli

49 E’ solo dal 2007 che sono disponibili i dati degli acquisti di informatica famigliare.

elettrodomestici è ammontata in Emilia-Romagna a 594 milioni di euro, vale a dire il 24,9 per cento in meno rispetto al 2010. Se si esegue il confronto con il livello medio del quinquennio precedente si ha una flessione più contenuta, ma ugualmente importante pari al 17,1 per cento, che ha confermato il basso tono del mercato del 2011, in termini per altro più accentuati rispetto all’andamento nazionale: -15,0 per cento rispetto al 2010; -11,6 per cento rispetto al quinquennio 2006-2010.

Tavola 9.2 – Acquisti di beni durevoli da parte delle famiglie consumatrici. Spesa per famiglia in euro. Periodo 2008-2011 (1)(2).

Voci 2009 2010 Var. % 2011 Var. %

Emilia-Romagna

Elettrodomestici: 667 791 18,6 594 -24,9

- bianchi e piccoli 368 385 4,6 348 -9,6

- bruni 299 406 35,8 246 -39,2

Mobili 1.295 1.356 4,7 1.337 -1,4

Articoli di informatica per la famiglia 158 166 5,0 152 -8,7

Autoveicoli famiglie: 3.231 3.081 -4,6 2.939 -4,6

- Autoveicoli nuovi 2.062 1.859 -9,8 1.665 -10,5

- Autoveicoli usati 1.169 1.222 4,5 1.274 4,3

Motoveicoli 190 168 -11,4 149 -11,4

Totale 5.542 5.563 0,4 5.172 -7,0

Italia

Elettrodomestici: 8.104 8.490 4,8 7.216 -15,0

- bianchi e piccoli 3.837 4.017 4,7 3.725 -7,3

- bruni 4.267 4.473 4,8 3.491 -22,0

Mobili 15.416 16.089 4,4 15.875 -1,3

Articoli di informatica per la famiglia 1.594 1.607 0,8 1.476 -8,2

Autoveicoli famiglie: 37.771 35.229 -6,7 32.629 -7,4

- Autoveicoli nuovi 22.628 20.047 -11,4 17.116 -14,6

- Autoveicoli usati 15.143 15.182 0,3 15.513 2,2

Motoveicoli 2.534 2.057 -18,8 1.762 -14,3

Totale 65.417 63.472 -3,0 58.957 -7,1

(1) La somma degli addendi può non coincidere con il totale a causa degli arrotondamenti.

(2)Variazioni percentuali calcolate su valori non arrotondati.

Fonte: Prometeia-Findomestic.

A pesare maggiormente sul forte riflusso della spesa destinata agli elettrodomestici è stato il comparto dei “bruni” (televisori, hi-fi, decoder. ecc.), la cui spesa famigliare è scesa a 123 euro rispetto ai 206 dell’anno precedente (-40,3 per cento) e ai 185 registrati mediamente nel quinquennio precedente (-33,7 per cento), mentre in termini di spesa complessiva si è passati tra il 2010 e 2011 da 406 a 246 milioni di euro. Come si può costatare, il salto è notevole e dipende essenzialmente dall’esaurimento della fase di rinnovamento dei televisori che aveva caratterizzato il 2010, in occasione dello switch-off della TV analogica. Le diminuzioni riscontrate nel Paese sono apparse meno pesanti e con tutta probabilità sono state mitigate dal rinnovamento dei televisori dovuto al passaggio al digitale di Liguria, Toscana, Umbria e Marche.

Anche il bilancio degli acquisti di elettrodomestici “bianchi e piccoli” (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, cucine a gas ecc.) si è chiuso negativamente. Tra le cause di questo andamento c’è l’assenza degli incentivi che nel 2010 erano stati finalizzati all’acquisto di prodotti più economici

sotto l’aspetto dei consumi energetici50. L’esborso medio per famiglia è diminuito in Emilia-Romagna dai 196 euro del 2010 ai 174 del 2011, per un decremento percentuale dell’11,2 per cento, in linea con quanto avvenuto in Italia (-8,8 per cento). La spesa media per famiglia del 2011 è inoltre apparsa in calo del 7,4 per cento anche nei confronti del livello medio dei cinque anni precedenti, a fronte della diminuzione del 9,0 per cento registrata in Italia. La spesa complessiva è stata stimata in 348 milioni di euro, in diminuzione del 9,6 per cento rispetto all’anno precedente (-7,3 per cento in Italia). Il livello di spesa complessiva del 2011 è risultato tra i più magri degli ultimi anni, se si considera che è apparso inferiore del 5,8 per cento a quello medio del quinquennio precedente e dello stesso tenore è stato il corrispondente calo nazionale.

Il mercato delle auto nuove ha avuto un esito negativo.

Secondo i primi dati provvisori, le relative immatricolazioni effettuate dalle famiglie emiliano-romagnole sono scese dalle 130.985 del 2010 alle 113.858 del 2011 (-13,1 per cento). Questo andamento, in piena sintonia con quanto avvenuto in Italia (-17,4 per cento), si è riflesso sulla relativa spesa per famiglia passata da 943 a 831 euro, mentre quella complessiva è calata da 1.859 a 1.665 milioni di euro, per una variazione percentuale del 10,5 per cento, tuttavia meno accentuata di quella riscontrata in Italia (-14,6 per cento). Se confrontiamo la spesa del 2011 con quella media del quinquennio precedente emergono cali ancora più accentuati, pari al 23,9 e 27,7 per cento rispettivamente per la spesa complessiva e pro capite famigliare. Un andamento di segno opposto ha riguardato le immatricolazioni delle autovetture destinate alle aziende, che sono aumentate dell’8,4 per cento rispetto al 2010, in linea con quanto rilevato nel Paese (+5,3 per cento). Questo andamento potrebbe sottintendere una ripresa degli investimenti, quanto meno dal lato dei mezzi di trasporto.

Il bilancio complessivo delle immatricolazioni di autovetture è pertanto apparso negativo rispetto sia all’anno precedente (-9,3 per cento), che al quinquennio 2006-2010 (-20,9 per cento), in linea con quanto avvenuto in Italia.

La compravendita di auto usate da parte delle famiglie emiliano-romagnole è apparsa in aumento.

Dalle 170.480 auto del 2010 si è passati alle 174.226 del 2011, con conseguente incremento della spesa sia complessiva (+4,3 per cento), che pro capite famigliare (+2,6 per cento), in sintonia con quanto avvenuto in Italia. Il mercato dell’usato 2011 si può collocare tra le annate meglio disposte se si considera che la spesa complessiva è cresciuta del 2,0 per cento rispetto al quinquennio 2007-2011. Il successo dell’usato rispetto al nuovo, che ha interessato ogni provincia dell’Emilia-Romagna, può rappresentare un ulteriore segnale della frenata dei consumi e delle difficoltà che hanno talune famiglie nell’affrontare la spesa per l’auto nuova, preferendo il più economico usato.

Il mercato dei motoveicoli, dopo gli incentivi alla rottamazione varati nel 201051, ha ricalcato quanto descritto per quello delle auto nuove. Dai 30.224 motoveicoli venduti nel 2010 si è passati ai 25.801 del 2011 (-14,6 per cento). Il livello di vendite del 2011 è apparso inferiore, e in misura più accentuata, anche a quello medio dei cinque anni precedenti (-30,9 per cento), conformemente a quanto rilevato in Italia (-35,8 per cento). La spesa complessiva per l’acquisto di motoveicoli è ammontata a 149 milioni di euro, rispetto ai 168 del 2010, mentre quella media per famiglia è scesa da 85 a 75 euro (-12,8 per cento), risultando ancora più distante dal livello medio del quinquennio 2006-2010 (-28,2 per cento). Un analogo andamento ha riguardato l’Italia.

La spesa complessiva relativa all’acquisto di mobili è ammontata a 1.337 milioni di euro, in leggera diminuzione rispetto al 2010 (-1,4 per cento), mentre quella media per famiglia è scesa da 688 a 667 euro, per un calo percentuale del 3,0 per cento, apparso un po’ più sostenuto rispetto a quanto

50 Gli incentivi erano stati destinati all’acquisto di: cucine componibili corredate da almeno due elettrodomestici ad alta efficienza energetica; lavastoviglie di classe AAA; forni elettrici di classe A; piani di cottura a gas con valvola di sicurezza; cucine a libera installazione dotate di piano di cottura a gas con valvola di sicurezza e forni elettrici di classe A; cappe climatizzate.

51 Hanno riguardato la rottamazione di motorini euro 0 ed euro 1 con scooter ad alimentazione elettrica doppia o esclusiva. Per i motocicli gli incentivi hanno riguardato la rottamazione dei veicoli euro 0 ed euro 1 con motocicli nuovi euro 3 fino a 400 cc di cilindrata o con potenza non superiore a 70 kw.

rilevato nel Paese (-2,7 per cento). Il basso tono del mercato del mobile può dipendere in parte dalle difficoltà attraversate dall’edilizia, in particolare il mercato delle nuove costruzioni, che è quello che incentiva maggiormente l’acquisto di mobili.

Per quanto concerne l’informatica famigliare, i cui dati sono disponibili dal 2007, dobbiamo annotare un ridimensionamento, che ha interrotto la tendenza espansiva. Alla diminuzione dell’8,4 per cento dei consumi complessivi, ammontati a 152 milioni di euro, si è associato un analogo andamento della spesa media delle famiglie (-9,5 per cento), in linea con la tendenza negativa emersa in Italia. Al di là del calo, la spesa media per famiglia si è tuttavia mantenuta su livelli abbastanza alti, se si considera che è apparsa in crescita del 6,3 per cento rispetto al quadriennio 2007-2010. Non altrettanto è avvenuto per la “torta” da spartire tra i venditori, il cui ammontare è apparso il diminuzione dello 0,7 per cento nei confronti della media dei quattro anni precedenti, a fronte della flessione nazionale del 6,4 per cento.

Il mercato del lavoro. Per quanto concerne l’occupazione, le varie fonti hanno evidenziato andamenti non sempre univoci, generando una certa incertezza nell’interpretazione dei dati.

Secondo la rilevazione continua sulle forze di lavoro, nel 2011 l’occupazione del settore commerciale, allargata ad alberghi e ristoranti, è ammontata in Emilia-Romagna a circa 375.000 addetti, con una diminuzione del 3,3 per cento rispetto all’anno precedente, equivalente in termini assoluti a circa 13.000 addetti. Questo calo si è aggiunto alle flessioni del 5,0 e 0,4 per cento registrate rispettivamente nel 2009 e 2010. In Italia c’è stata una variazione negativa dello 0,5 per cento corrispondente a circa 24.000 addetti e anche in questo caso c’è stato il consolidamento delle diminuzioni rilevate nel biennio precedente.

Dal lato del genere, è stata la componente femminile a subire il calo più accentuato: -4,9 per cento rispetto al -1,7 per cento degli uomini.

Sotto l’aspetto della posizione professionale, la flessione del settore commerciale è da attribuire principalmente agli occupati autonomi, la cui consistenza è scesa da circa 140.000 a circa 129.000 addetti (-7,9 per cento), a fronte del più contenuto calo registrato per i dipendenti (-1,6 per cento).

La forte riduzione dell’occupazione autonoma è maturata in un contesto di sostanziale tenuta della compagine imprenditoriale. A fine 2011 le imprese attive nel settore del commercio, alberghi e ristoranti sono cresciute dello 0,4 per cento rispetto alla situazione dell’analogo periodo del 2010, in virtù dell’aumento dei servizi di ristorazione (+1,9 per cento), a fronte del calo di quelli d’alloggio (-0,6 per cento) e della stabilità delle imprese orientate alle vendite e alla riparazione di auto e moto (+0,1 per cento).

L’indagine Smail relativa alla situazione in essere a fine giugno 2011 ha invece registrato una sostanziale tenuta dell’occupazione, ma occorre precisare che i dati sono ancora provvisori in quanto può esservi una sovrastima dovuta ad alcune anomalie legate al conteggio degli occupati stagionali. Fatta questa premessa, nelle unità locali con addetti del commercio all’ingrosso e al dettaglio presenti in Emilia-Romagna, la consistenza degli occupati (sono esclusi gli interinali) è cresciuta dell’1,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2010, in contro tendenza rispetto alla diminuzione del 4,4 per cento rilevata da Istat nella prima metà del 2011. Relativamente alla posizione professionale, sia gli imprenditori che i dipendenti sono apparsi in aumento, in misura sostanzialmente simile. I primi hanno inciso per il 40,6 per cento del totale degli occupati, largamente al di sopra della media generale del 29,8 per cento.

L’indagine Smail relativa alla situazione in essere a fine giugno 2011 ha invece registrato una sostanziale tenuta dell’occupazione, ma occorre precisare che i dati sono ancora provvisori in quanto può esservi una sovrastima dovuta ad alcune anomalie legate al conteggio degli occupati stagionali. Fatta questa premessa, nelle unità locali con addetti del commercio all’ingrosso e al dettaglio presenti in Emilia-Romagna, la consistenza degli occupati (sono esclusi gli interinali) è cresciuta dell’1,5 per cento rispetto all’analogo periodo del 2010, in contro tendenza rispetto alla diminuzione del 4,4 per cento rilevata da Istat nella prima metà del 2011. Relativamente alla posizione professionale, sia gli imprenditori che i dipendenti sono apparsi in aumento, in misura sostanzialmente simile. I primi hanno inciso per il 40,6 per cento del totale degli occupati, largamente al di sopra della media generale del 29,8 per cento.

Nel documento Consuntivo 2011 (1.3mb) (pagine 165-181)

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