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La struttura produttiva e la produttività

Nel documento Consuntivo 2011 (1.3mb) (pagine 24-43)

1.10.1 L’agricoltura, silvicoltura e pesca. Nel 2010, secondo i dati Istat, il settore agricolo, escluso le attività forestali e della pesca, ha prodotto valore aggiunto ai prezzi di base per circa 2 miliardi e 654 milioni di euro, equivalenti a circa l’11 per cento del totale nazionale. In ambito regionale solo la Lombardia ha registrato un valore assoluto più elevato, pari a quasi 2 miliardi e 789 milioni di euro.

L'agricoltura dell'Emilia-Romagna è fra le più evolute del Paese, molto integrata con l’industria di trasformazione, con un grado di meccanizzazione tra i più sviluppati del Paese e con elevati indici di produttività per addetto. Sotto quest’ultimo aspetto, i dati Istat più recenti aggiornati al 2009 hanno registrato un valore della produzione per unità di lavoro pari a 51.452 euro, a fronte della media nazionale di 30.773 euro e settentrionale di 46.038 euro. Solo la Lombardia, con 78.447 euro, ha evidenziato un rapporto superiore. Per quanto concerne il margine operativo lordo per unità di lavoro l’Emilia-Romagna si è nuovamente collocata ai vertici del Paese, con 22.515 euro, preceduta da Trentino-Alto Adige (23.587) e Lombardia (36.721). Un’analoga situazione emerge in termini di valore aggiunto per azienda che in regione si è attestato a 31.489 euro, alle spalle di Trentino-Alto Adige (31.632) e Lombardia (42.925). Il valore medio aziendale della produzione ha superato i 59.000 euro, collocando l’Emilia-Romagna al secondo posto della graduatoria nazionale, preceduta dalla Lombardia con 85.518 euro.

E’ assai vasta la gamma di prodotti Dop e Igp, presenti in ambito caseario (Parmigiano-Reggiano, Grana Padano, formaggio di Fossa di Sogliano) e nell’ortofrutta (aglio di Voghiera, amarene brusche di Modena, asparago verde di Altedo, fungo di Borgotaro, marrone di Castel del Rio, patata di Bologna, pera dell’Emilia-Romagna, pesca e nettarina di Romagna, riso del delta del Po e scalogno di Romagna). Tra gli oli meritano una citazione i Dop olio di Brisighella e delle Colline di

6 La domanda del questionario chiede se la famiglia può permettersi di fare un pasto completo, a base di carne, pollo o pesce almeno una volta ogni due giorni.

Romagna, mentre tra gli aceti diversi da quelli di vino c’è l’Igp aceto balsamico di Modena e i Dop aceto balsamico tradizionale di Modena e di Reggio Emilia.

Le aziende agricole, secondo i dati dell’ultimo censimento riferito al 24 ottobre 2010, erano 73.441, equivalenti al 4,5 per cento del totale nazionale. La superficie agraria totale ammontava a 1.364.698,74 ettari, quella agricola utilizzata a 1.066.773,17 ettari, pari al 7,9 per cento del totale nazionale. Il 65,5 per cento delle aziende era posseduto a titolo di proprietà, mentre il 20,5 per cento era parte in proprietà e parte in affitto. In Italia la percentuale di aziende proprietarie era superiore (72,7 per cento del totale), mentre risultava minore (10,9 per cento) quella relativa alle aziende miste, parte in proprietà e parte in affitto.

Nel 2011 in Emilia-Romagna è stato raccolto quasi un terzo del frumento tenero nazionale, circa il 10 per cento di orzo, il 14 per cento di mais, il 78 per cento di sorgo, circa un quinto di pisello proteico, il 19,1 per cento di patate comuni, il 31 per cento di piselli, circa un quinto di carote, il 21 per cento di aglio e scalogno, il 23,5 per cento di fagioli freschi e fagiolini, il 36 per cento di cipolle, il 12 per cento di asparagi, il 16 per cento di cocomeri, il 10 per cento di fragole, il 28 per cento di pomodoro, il 13,5 per cento di soia e il 16 per cento di colza. In ambito frutticolo, l'Emilia-Romagna è tra i più forti produttori di pere (71 per cento del raccolto nazionale), nettarine (49 per cento), susine (42 per cento), albicocche (27 per cento), pesche (19 per cento) e actinidia (19 per cento). Il vino e mosto prodotto nel 2011 è ammontato a circa 6 milioni e 455 mila ettolitri, equivalenti a circa il 15 per cento del totale nazionale.

Nel 2011 i due zuccherifici rimasti attivi nelle province di Bologna (Minerbio) e Parma (San Quirico), dopo la riforma dell’O.c.m, hanno prodotto circa 180.000 tonnellate di zucchero, equivalenti al 71,1 per cento del quantitativo nazionale.

Nel territorio regionale, secondo i dati aggiornati al primo dicembre 2011, è presente circa il 9 per cento del patrimonio bovino e bufalino nazionale e circa il 18 per cento di quello suinicolo. Le percentuali si riducono in termini di ovini (1,1 per cento), caprini (0,9 per cento) ed equini (7,8 per cento).

Sotto l’aspetto delle macellazioni, l’Emilia-Romagna è tra le regioni leader del Paese. Nel 2010 era la quarta regione italiana, dopo Piemonte, Lombardia e Veneto, come volume di macellazioni di capi bovini e bufalini, con quasi di 604.000 capi abbattuti, equivalenti al 15,6 per cento del totale nazionale. In ambito suinicolo la regione sale al secondo posto, alle spalle della Lombardia, con quasi 4 milioni di capi macellati, equivalenti al 28,8 per cento del totale Italia. In ambito avicolo, l’Emilia-Romagna occupava nel 2010 la seconda posizione alle spalle del Veneto, con più di 99 milioni di capi abbattuti tra polli, galline, tacchini, faraone, anatre e oche macellati, pari a quasi un quinto del totale nazionale. Per quanto concerne la selvaggina macellata, troviamo nuovamente la regione al secondo posto, alle spalle del Veneto, con circa 6 milioni e 700 mila capi macellati, equivalenti al 33,2 per cento del totale Italia. Una analoga graduatoria si riscontra in termini di conigli. Con circa 6 milioni e 180 mila capi abbattuti, la regione ha rappresentato il 25,4 per cento del totale nazionale.

Nell’ambito del settore lattiero-caseario, nel 2008 l’Emilia-Romagna ha prodotto circa 22 milioni e 345 mila quintali di latte, equivalenti al 18,4 per cento del totale nazionale. La percentuale sfiora il 20 per cento limitatamente al latte di vacca e bufala. Nel 2010 in regione è stato inoltre prodotto più di un quinto del latte nazionale alimentare trattato igienicamente (predomina quello parzialmente scremato), circa il 32 per cento del burro e il 12,4 per cento dei formaggi, con una punta del 28,1 per cento relativamente a quelli a pasta dura, che in Emilia-Romagna sono prevalentemente rappresentati dal Parmigiano-Reggiano e, in misura minore, dal Grana Padano. Dalla regione proviene inoltre circa un quinto del latte raccolto nel Paese dalle industrie lattiero-casearie nelle aziende agricole. E’ dislocato il 10,0 per cento dei caseifici e centrali del latte, circa il 29 per cento degli stabilimenti di aziende agricole e il 44,7 per cento di quelli posseduti da cooperative. I centri di raccolta sono otto sui 107 esistenti nel Paese.

La silvicoltura ha prodotto valore aggiunto nel 2010 per 18 milioni e 122 mila euro, pari al 4,8 per cento del totale nazionale. Nel 2010 sono state eseguite 4.586 tagliate pari al 5,9 per cento del totale

Italia, per una superficie forestale di 3.217 ettari, equivalente al 3,8 per cento del totale nazionale.

Le utilizzazioni legnose forestali, tra tondame grezzo, legname per pasta e pannelli, legna per combustibile, ecc. sono ammontate nel 2010 a più di 380.000 metri cubi, di cui l’88,4 per cento costituito da legna da ardere, equivalenti al 4,8 per cento della produzione nazionale.

Il settore della pesca ha realizzato nel 2010 valore aggiunto ai prezzi di base per un totale di quasi 81 milioni di euro, equivalenti a circa il 5 per cento del totale nazionale. Gran parte del reddito ittico deriva dalla pesca marittima, che viene in parte destinata ai sette mercati ittici della regione dislocati nelle province costiere. La produzione della pesca marittima e lagunare nel Mediterraneo è ammontata nel 2010 a 22.181 tonnellate, pari a circa un decimo del totale Italia. Quella proveniente dalle acque interne è ammontata nel 2010 a 628 quintali, equivalenti all’1,6 per cento del totale nazionale.

L’agriturismo è in forte sviluppo. Dalle 547 aziende del 2003 si è progressivamente passati alle 1.008 del 2010, sulle 19.973 esistenti in Italia.

Secondo i dati Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) a fine giugno 2011 il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca contava in regione su circa 70.000 unità locali con addetti, per un complesso di 113.472 occupati equivalenti al 6,9 per cento del totale.

1.10.2 L’industria. Secondo i dati di Prometeia – Unioncamere Emilia-Romagna aggiornati al 2011, l’industria dell’Emilia-Romagna aveva prodotto valore aggiunto per un totale di 37.449,2 milioni di euro, equivalenti al 10,7 per cento del totale nazionale e al 30,3 per cento del reddito prodotto in regione, a fronte della media nazionale del 24,9 per cento.

Secondo la situazione aggiornata a fine 2011, il 39 per cento circa delle imprese attive industriali emiliano-romagnole opera nel settore manifatturiero, mentre il 60,0 per cento è impegnato nelle costruzioni. L'industria estrattiva, per lo più costituita da cave, si articola su 208 imprese attive, pari ad appena lo 0,2 per cento del totale dell'industria, mentre quella energetica conta su 1.094 imprese, equivalenti allo 0,9 per cento del totale industriale. Se approfondiamo il discorso sui vari settori manifatturieri, circa il 42 per cento delle imprese manifatturiere si concentra nella metalmeccanica, in misura superiore al corrispondente rapporto nazionale (33,5 per cento), mentre circa un decimo è impegnato nella fabbricazione di prodotti alimentari. I prodotti della moda incidono per il 16,0 per cento del totale manifatturiero.

Sotto l’aspetto dell’occupazione, secondo i dati Smail, a fine giugno 2011 il sistema industriale dell’Emilia-Romagna dava lavoro nelle circa 144.000 unità locali con addetti presenti in regione a quasi 656.000 persone, equivalenti al 40,0 per cento del totale. Di questi circa 477.000 erano concentrati nell’industria manifatturiera e circa 158.000 in quella delle costruzioni.

Per quanto riguarda la produttività, nel 20097 l’Emilia-Romagna si è collocata ai vertici della graduatoria nazionale con 57.404 euro per unità di lavoro, a fronte della media nazionale di 56.807 euro.

Il modello emiliano - romagnolo si fonda su di un ampio e variegato tessuto di piccole e medie imprese industriali e artigiane e può contare su una vasta rete di distretti. Secondo i dati di Asia (Registro statistico delle imprese attive), nel 2009 il 90,4 per cento delle unità locali delle industrie estrattive e manifatturiere emiliano-romagnole non arrivava a venti addetti. Nelle costruzioni la percentuale sale al 99,0 per cento. Secondo i dati di Unioncamere nazionale e Istituto Guglielmo Tagliacarne, circa la metà del valore aggiunto a prezzi correnti del settore manifatturiero proveniva da imprese con meno di 50 addetti, in misura tuttavia più contenuta rispetto al corrispondente rapporto nazionale (55,7 per cento).

Per quanto concerne i distretti industriali, secondo un’elaborazione effettuata dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne su dati Infocamere e Istat, quelli più rilevanti sono sei: tessile a Carpi;

biomedicale a Mirandola; agro-alimentare a Parma; calzaturiero a San Mauro Pascoli; ceramico a Sassuolo e mobile imbottito a Forlì. Nel 2010 questi distretti raggruppavano 4.796 imprese, con una occupazione valutata, secondo dati relativi al 2009, in quasi di 42.000 unità. Nel 2010 avevano

7 Dati riferiti alla serie rilasciata da Istat a febbraio 2012.

effettuato esportazioni per un totale di quasi 4 miliardi di euro equivalenti a circa il 9 per cento del totale dell’export emiliano-romagnolo.

1.10.3 Il terziario. Secondo i dati di Prometeia – Unioncamere Emilia-Romagna, il ramo del terziario dell’Emilia-Romagna aveva prodotto valore aggiunto per un totale di 83.394,3 milioni di euro correnti, equivalenti all’8,1 per cento del totale nazionale e al 67,4 per cento del reddito prodotto in regione, a fronte della media nazionale del 73,1 per cento. Parte del minore peso manifestato dalla regione nei confronti del Paese è da attribuire alla minore incidenza dei servizi pubblici, che a livello regionale sono concentrati in talune regioni, Lazio in testa.

Sotto l’aspetto dell’occupazione, i dati di Smail aggiornati a giugno 2011 hanno evidenziato numeri di una certa consistenza, rappresentati da oltre 280 mila unità locali con addetti che occupavano 871.714 addetti, equivalenti al 53,1 per cento del totale, di cui quasi 266.000 imprenditori8. Il commercio al dettaglio, escluso autoveicoli e motocicli, ha registrato la parte più consistente di addetti, pari a 153.165, davanti ai servizi di ristorazione con 110.659 e al commercio all’ingrosso, escluso la vendita di auto e moto, con 98.697. Questi tre comparti hanno rappresentato assieme quasi il 42 per cento del totale dei servizi.

Per quanto concerne la numerosità delle imprese, a fine 2011 quelle attive sono ammontate a 235.968 in larga parte concentrate nei settori commerciale (40,8 per cento del totale del terziario), dell’alloggio e ristorazione (12,0 per cento) e attività immobiliari (11,6 per cento).

1.10.4 La cooperazione. La cooperazione è particolarmente sviluppata, oltre che radicata nel territorio, e costituisce anch’essa una delle peculiarità della regione. A fine 2011 sono state registrate 5.336 società attive, equivalenti al 6,7 per cento del totale nazionale.

Secondo le rilevazioni di Smail (sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro), a fine giugno 2011 le unità locali cooperative con addetti presenti sul territorio regionale sono risultate 10.883, per un totale di oltre 171.000 addetti, equivalenti al 10,4 per cento del totale. Le concentrazioni più ampie di addetti delle cooperative nei vari settori di attività economica hanno riguardato i comparti dell’assistenza sociale non residenziale (93,5 per cento), dei servizi di assistenza sociale residenziale (68,6 per cento), del magazzinaggio e di attività di supporto ai trasporti (60,2 per cento), le biblioteche, archivi, musei e altre attività culturali (54,9 per cento) e dell’attività di servizi per edifici e paesaggio, che includono i servizi di pulizia ( 49,6 per cento).

In ambito economico, secondo una indagine riferita al 2004, l’Emilia-Romagna registrava la più elevata incidenza del fatturato cooperativo su quello totale, con una quota pari all’8,5 per cento, precedendo Trentino-Alto Adige (5,9 per cento) e Umbria (5,7 per cento). L’incidenza più contenuta era della Calabria (1,6 per cento), seguita dalla Lombardia (1,9 per cento). Inoltre il 28,3 per cento del fatturato cooperativo nazionale era stato prodotto in Emilia-Romagna, davanti a Lombardia (16,4 per cento) e Veneto (8,2 per cento).

1.10.5 L’artigianato. Secondo i dati elaborati dall’Istituto Guglielmo Tagliacarne, nel 2009 l’artigianato dell’Emilia-Romagna aveva prodotto reddito per 18 miliardi e 309 milioni di euro, di cui circa il 37 per cento proveniente dall’industria in senso stretto, a fronte della media nazionale del 33,7 per cento. L’incidenza sul reddito complessivo era ammontata al 15,0 per cento, rispetto alla media nazionale del 12,8 per cento e Nord-orientale del 15,2 per cento.

Le imprese artigiane attive iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese a fine 2011 sono risultate 142.358, pari al 9,8 per cento del totale nazionale. In termini di incidenza sulla totalità delle imprese attive, l'Emilia-Romagna, assieme alla Liguria, si colloca al secondo posto, fra le regioni italiane, con una percentuale del 33,2 per cento, preceduta dalla Valle d’Aosta (34,3 per cento). Alle spalle dell’Emilia-Romagna si collocano Piemonte (32,2 per cento) e Lombardia (32,0 per cento). Le percentuali più basse appartengono a Campania (15,7 per cento) e Basilicata (21,6 per cento). In ambito provinciale l’incidenza più elevata appartiene alla provincia di Reggio Emilia

8 La statistica non tiene conto della Pubblica amministrazione, delle istituzioni pubbliche o private senza obbligo di iscrizione alla Camera di commercio e le attività libero professionali non costituite in forma d’impresa.

(40,4 per cento), davanti a Como (39,7 per cento) e Lecco (38,9 per cento). Gli ultimi posti sono occupati da Napoli (13,1 per cento), Caserta (15,5 per cento) e Foggia (16,0 per cento).

L'Emilia-Romagna si posiziona ai vertici della graduatoria nazionale anche se si rapporta la consistenza delle imprese artigiane attive alla popolazione residente a metà 2011. In questo caso la regione vanta un rapporto di 32,0 imprese artigiane ogni 1.000 abitanti, preceduta da Marche (32,1) e Valle d'Aosta (32,8). L’ultimo posto appartiene alla Campania, con un rapporto di 12,7, seguita dalla Sicilia con 16,3 imprese ogni 1.000 abitanti. In ambito nazionale è la provincia di Reggio Emilia a collocarsi ai vertici della graduatoria provinciale, occupando la terza posizione con 39,6 imprese artigiane ogni 1.000 abitanti, preceduta da Fermo (41,7) e Prato (43,3). Nelle prime dieci posizioni troviamo inoltre, delle province dell’Emilia-Romagna, Forlì-Cesena (34,5). L’ultimo posto è occupato da Napoli (9,6), davanti a Caserta (12,7).

Negli archivi Inps aggiornati al 2010, sono iscritti 204.150 artigiani equivalenti al 10,5 per cento del totale nazionale, di cui 184.688 titolari (10,4 per cento del totale Italia) e il resto collaboratori. Il 36,2 per cento degli artigiani aveva più di 49 anni, in percentuale più ampia della media nazionale del 34,4 per cento. L’invecchiamento degli autonomi è un fenomeno costante. I giovani fino a 29 anni sono scesi dai 26.882 del 2000 ai 15.438 del 2010, con una contestuale riduzione della relativa quota sul totale dal 13,3 al 7,6 per cento. Da notare che i titolari e collaboratori con 70 anni e oltre di età sono passati da 2.500 a 5.904, con conseguente lievitazione dell’incidenza dall’1,2 al 2,9 per cento. L’incidenza sulla popolazione è stata di 461 artigiani ogni 10.000 abitanti. Solo le Marche hanno registrato un rapporto più elevato pari a 475. La minore densità è stata riscontrata in Campania (148) e Sicilia (193).

Secondo i dati Smail (Sistema monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) aggiornati a fine giugno 2011, il settore artigiano impiegava in Emilia-Romagna più di 323.000 addetti, equivalenti a circa un quinto del totale dell’occupazione, di cui quasi 175.000 imprenditori.

I settori nei quali si concentra il maggior numero di addetti artigiani, e parliamo di percentuali superiori al 70 per cento, sono quelli della “Riparazione di computer e di beni personali e per la casa” (79,5 per cento), i “Lavori di costruzione specializzati” (78,5 per cento) e le “altre attività di servizi per la persona” (71,1 per cento), nei quali sono compresi i mestieri dediti alla cura della persona (barbieri, parrucchieri, estetisti, ecc.).

1.10.6 Il commercio interno. A fine 2011 sono risultate attive 96.300 imprese impegnate nel commercio al dettaglio, all’ingrosso e nella riparazione di autoveicoli e motoveicoli, equivalenti a circa il 7 per cento del totale nazionale. Nel solo commercio al dettaglio, escluso la vendita di autoveicoli e motoveicoli, si aveva una consistenza di 48.480 imprese attive, pari a circa il 6 per cento del totale nazionale.

Secondo i dati dell’Osservatorio regionale, a fine 2010 la struttura commerciale in sede fissa dell’Emilia-Romagna si articolava su 73.322 esercizi per una superficie totale di 6.886.714 metri quadri. Gran parte degli esercizi è costituita da quelli di “vicinato”, in pratica i piccoli negozi per lo più ubicati nei centri urbani e a conduzione prevalentemente famigliare. A fine 2010 ne sono stati rilevati 69.257, vale a dire 1.562,5 ogni 100.000 abitanti, per una superficie totale di 3.734.559 metri quadri. Accanto ai piccoli esercizi esiste una variegata gamma di strutture più dimensionate.

La classe di superficie da 151 a 250 metri quadri può contare su 529 esercizi, mentre quella da 251 a 400 ne registra 293. Negli altri ambiti più strutturati si contano 453 esercizi nella classe da 401 a 800 metri quadri e 272 in quella da 801 a 1.500 metri quadri. La grande distribuzione registra numeri più contenuti: gli esercizi da 1.501 a 2.500 metri quadri sono 59 per una superficie totale di quasi 358.000 metri quadri. Quelli con più di 2.500 metri quadri di superficie sono 45 con una superficie totale di quasi 652.000 metri quadri.

Più segnatamente la grande distribuzione può contare su 145 grandi superfici specializzate, 74 grandi magazzini, 40 ipermercati, 775 supermercati e 362 minimercati. Questi esercizi a fine 2010 davano lavoro a circa 36.000 persone, in maggioranza donne.

1.10.7 Il commercio estero. In termini assoluti, nel 2011 l'Emilia-Romagna, con quasi 48 miliardi di euro di export, è la terza regione esportatrice con una quota del 12,8 per cento, alle spalle di Lombardia (27,7 per cento) e Veneto (13,4 per cento).

Se rapportiamo il valore dell’export al valore aggiunto ai prezzi di base di industria in senso stretto e agricoltura, che rappresenta una sorta di indice di apertura all’estero – i dati sono aggiornati al 2009 – l’Emilia-Romagna occupa la quinta posizione, alle spalle di Liguria, Toscana, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. Nel 2002 la regione si trovava al sesto posto.

L’Emilia-Romagna esporta prevalentemente prodotti metalmeccanici, che nel 2011 hanno rappresentato circa il 57 per cento del totale regionale. All’interno di questo composito settore si segnalano prodotti tecnologicamente avanzati quali i macchinari e attrezzature, la cui quota sul totale dell’export ha sfiorato il 31 per cento. In questo ambito è assai rilevante la quota delle “altre macchine a impiego generale” (11,1 per cento) che comprendono la gamma del packaging.

Seguono i prodotti della moda (10,5 per cento), agro-alimentari (10,1 per cento) e della lavorazione dei minerali non metalliferi, nei quali sono inclusi i prodotti ceramici (7,2 per cento). C’è in sostanza un mix di alta tecnologia, prodotti tipici alimentari e italian style.

Le merci esportate prendono principalmente la via del continente europeo, che nel 2011 ha assorbito il 66,6 per cento dell’export regionale. Seguono Asia e America con quote rispettivamente pari al 16,0 e 12,0 per cento. Per l’Africa è stata registrata una percentuale pari al 4,1 per cento, che per il continente oceanico si riduce all’1,4 per cento. Rispetto al passato sta acquisendo sempre più importanza il mercato asiatico, mentre in ambito europeo sono i mercati extracomunitari ad apparire più dinamici. La quota della Ue a 27 paesi dal 64,5 per cento del 1995 è scesa al 55,7 per cento del 2011, mentre quella dei paesi extra-Ue è salita nello stesso arco di tempo dal 6,4 al 10,8 per cento.

1.10.8 La consistenza delle imprese. A fine 2011 sono risultate attive in Emilia-Romagna 428.733 imprese, prevalentemente concentrate nei settori commerciale, assieme alla riparazione di autoveicoli e motoveicoli (22,5 per cento del totale), edile (17,5 per cento), agricolo (15,7 per cento) e manifatturiero (11,4 per cento). In quest’ultimo comparto sono assai diffuse le imprese metalmeccaniche che hanno rappresentato il 4,8 per cento del totale del Registro delle imprese e il 41,9 per cento dell’industria manifatturiera.

La maggiore concentrazione di imprese attive (58,7 per cento del totale nel 2011) è situata sull'asse centrale della Via Emilia, costituito dalle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna.

Queste ultime tre costituiscono la cosiddetta “area forte”, caratterizzata da alti livelli di reddito e da una elevata propensione al commercio estero.

Secondo i dati 2011 in Emilia-Romagna è presente il 9,0 per cento del totale nazionale delle imprese attive manifatturiere, il 9,1 per cento di quelle edili, il 7,7 per cento di quelle impegnate nel terziario, di cui il 6,8 per cento nel commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli.

Secondo i dati 2011 in Emilia-Romagna è presente il 9,0 per cento del totale nazionale delle imprese attive manifatturiere, il 9,1 per cento di quelle edili, il 7,7 per cento di quelle impegnate nel terziario, di cui il 6,8 per cento nel commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli.

Nel documento Consuntivo 2011 (1.3mb) (pagine 24-43)

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