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INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI E INSTALLAZIONE IMPIANTI

Nel documento Consuntivo 2011 (1.3mb) (pagine 141-165)

La struttura del settore. A fine 2011 sono risultate attive in Emilia-Romagna 75.017 imprese, di cui 60.376 artigiane, con un’occupazione pari a circa 133.000 addetti. Secondo i dati di Prometeia, nel 2011 l’industria edile ha prodotto valore aggiunto pari a circa 7 miliardi di euro equivalenti al 5,7 per cento del totale regionale, sostanzialmente in linea con la quota nazionale (5,8 per cento).

In termini di fatturato, nel 2008, secondo l’indagine Istat sulle imprese, sono stati superati i 37 miliardi e 735 milioni di euro, mentre gli investimenti sono ammontati a circa 1 miliardo e 396 milioni di euro. Il fatturato per addetto si è aggirato sui 228.496 euro, collocando la regione al primo posto della graduatoria nazionale.

Una delle caratteristiche del settore è costituita dal forte sbilanciamento della compagine produttiva verso la piccola dimensione, in gran parte rappresentata da imprese artigiane. Le relative 60.376 imprese attive iscritte nella relativa sezione speciale hanno costituito l’80,5 per cento del totale di settore (70,0 per cento in Italia), rispetto alla media del 74,3 per cento dell’industria emiliano - romagnola.

L’evoluzione del reddito. L'industria delle costruzioni e installazioni impianti ha registrato nel 2011, secondo le stime contenute nello scenario redatto a fine maggio 2012 da Unioncamere Emilia-Romagna - Prometeia, una diminuzione reale del valore aggiunto pari al 2,4 per cento, che ha consolidato la fase spiccatamente negativa in atto dal 2008.

Siamo di fronte a un andamento che è apparso in linea con le risultanze emerse, come vedremo diffusamente in seguito, dalle indagini congiunturali del sistema camerale che hanno riguardato, occorre sottolineare, le imprese fino a 500 dipendenti, trascurando di fatto l’attività dei grandi gruppi, i quali hanno, per ovvi motivi, un grosso peso nella formazione del valore aggiunto dell’edilizia.

Tavola 8.1 – Volume d’affari delle imprese edili. Emilia-Romagna e Italia. Variazioni percentuali sull’anno precedente.

Emilia-Romagna Italia

Totale Imprese Imprese Imprese Imprese Imprese Imprese Imprese

imprese da 1 a 9 da 10 a 49 da 50 a 500 Totale da 1 a 9 da 1 a 49 da 10 a 49 da 50 a 500 edili dipendenti dipendenti dipendenti imprese edili dipendenti dipendenti dipendenti dipendenti

2003 -0,9 -1,0 -1,5 0,8 -1,6 -1,7 …. -2,4 1,0

2004 -1,7 -2,3 -2,5 2,5 -1,8 -2,1 …. -2,4 0,9

2005 -0,3 -0,7 0,1 0,3 -1,9 -2,9 …. -0,6 -0,4

2006 1,3 0,1 3,8 0,5 -0,8 -2,1 …. 0,9 0,3

2007 0,2 -0,3 1,1 0,8 -2,0 …. -2,5 …. 1,4

2008 -0,9 -1,3 -0,5 -0,2 -2,9 …. -3,3 …. 0,0

2009 -3,9 -4,3 -3,6 -3,6 -7,2 …. -7,6 …. -5,7

2010 -2,7 -3,1 -2,3 -1,9 -5,1 …. -5,7 …. -1,9

2011 -4,6 -4,7 -2,8 -6,5 -3,5 …. -3,8 …. -2,1

(.…) Dati non disponibili.

Fonte: Sistema camerale dell’Emilia-Romagna e Unione italiana delle Camere di commercio.

L’andamento congiunturale. L’indagine trimestrale avviata dal 2003 dal sistema camerale dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Unione italiana delle camere di commercio, ha registrato nelle imprese fino a 500 dipendenti un andamento negativo, in sintonia con quanto evidenziato dalle stime sul valore aggiunto di Unioncamere Emilia – Romagna - Prometeia. La crisi nata nel corso dell’estate, a causa delle turbolenze finanziarie innescate dalla crisi del debito pubblico, si è abbattuta su un quadro produttivo già debole, con ripercussioni, come vedremo diffusamente in seguito, su volume d’affari, produzione, occupazione e consistenza delle imprese.

Nel 2011 il volume di affari delle imprese edili dell’Emilia-Romagna è diminuito mediamente del 4,6 per cento rispetto al 2010, consolidando la fase negativa avviata nel 2008. Secondo l’indagine della Banca d’Italia su un campione di imprese regionali con almeno 20 addetti, oltre la metà delle unità produttive edili ha chiuso il 2011 in perdita, a fronte di un quarto che ha invece registrato un utile.

Il punto più basso del ciclo è stato toccato nel trimestre estivo, in concomitanza con il nascere della crisi, quando è stata registrata una diminuzione tendenziale dell’8,7 per cento, di intensità mai riscontrata in passato. Negli altri trimestri i decrementi sono apparsi relativamente più contenuti, oscillando tra l’1,0 e il 4,9 per cento. Al di là dell’entità delle variazioni, il 2011 ha evidenziato una situazione negativa diffusa, consolidando la fase recessiva che perdura dall’estate del 2008. In Italia è stata rilevata una diminuzione annuale più contenuta (-3,5 per cento) e anche in questo caso il punto più basso del ciclo è stato registrato nel trimestre estivo (-4,6 per cento). Negli altri trimestri sono emersi cali comunque consistenti a cavallo tra il 2-4 per cento. E’ da sottolineare che contrariamente a quanto osservato per l’Emilia-Romagna la tendenza negativa è in atto in Italia dal 2003, vale a dire dal primo anno nel quale è stata avviata l’indagine congiunturale del sistema camerale.

Ogni classe dimensionale ha concorso alla diminuzione regionale del volume di affari. In quella da 1 a 9 dipendenti, che è quella più soggetta al decentramento delle attività da parte delle grandi imprese e dove è maggiore la presenza dell’artigianato, è stata registrata una diminuzione del 4,7 per cento, in accelerazione rispetto al calo del 3,1 per cento rilevato nel 2010. Nella classe intermedia, da 10 a 49 dipendenti, il fatturato è diminuito su base annua del 2,8 per cento, nella scia degli andamenti negativi riscontrati nel triennio 2008-2010. Nella fascia più strutturata da 50 a 500 dipendenti, più orientata all’acquisizione di grandi commesse pubbliche, è stato rilevato il calo più sostenuto (-6,5 per cento) con un netto peggioramento rispetto ai magri risultati conseguiti nei tre anni precedenti. Il basso profilo delle imprese medio-grandi si è associato alla buona ripresa del settore delle opere pubbliche sia dal lato dei bandi che delle aggiudicazioni. Il 76 per cento degli importi di queste ultime è stato acquisito da imprese operanti in regione.

Anche l’Osservatorio sul credito dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne ha registrato una situazione difficile. Secondo le interviste effettuate in un campione rappresentativo di 157 imprese, nel 2011 il 46,5 per cento delle imprese ha registrato una diminuzione del fatturato, a fronte del 12,7 per cento che ha invece dichiarato di averlo aumentato. C’è stato pertanto un saldo negativo di quasi 34 punti percentuali superiore al passivo di circa 20 punti percentuali della totalità delle imprese.

Una ulteriore conferma del difficile momento vissuto dalle imprese edili della regione è venuto dal sondaggio che l’Ance ha compiuto presso le imprese associate operanti nella regione. Secondo l’indagine, l’83,0 per cento delle aziende ha giudicato bassa la consistenza del proprio portafoglio ordini contro il 17,0 per cento che l’ha ritenuta nella normalità, mentre nessuna l’ha ritenuta elevata. Nel corso del 2011 è emerso un forte deterioramento dei volumi di attività cantierabili. Nel confronto sui sei mesi precedenti, la consistenza degli ordinativi è risultata in diminuzione per il 52,7 per cento delle imprese, a fronte di appena il 10,9 per cento che l’ha dichiarata in crescita. Le aspettative per l’intero 2012 sono prevalentemente orientate verso un’ulteriore riduzione delle nuove commesse. Solo l’11,5 per cento delle imprese ritiene che nel 2012 ci saranno dei miglioramenti nell’acquisizione di nuovi lavori, mentre per il 51,9 per cento le attese sono orientate verso un peggioramento.

Il basso profilo delle piccole imprese da 1 a 9 dipendenti descritto dall’indagine camerale ha trovato conferma nell’indagine dell’Osservatorio congiunturale delle micro e piccole imprese (Trender), che analizza la congiuntura delle imprese da 1 a 19 addetti. In questo ambito, non omogeneo con la classe delle piccole imprese analizzata dall’indagine camerale, è stato rilevato un calo reale del fatturato totale pari all’8,7 per cento, in accelerazione rispetto alla diminuzione dell’1,9 per cento del 2010. Ogni trimestre è apparso in calo tendenziale, soprattutto l’ultimo che ha accusato una flessione del 12,2 per cento.

Per quanto concerne la produzione (non sono disponibili dati di variazione percentuale), l’indagine del sistema camerale ha registrato una situazione che ha replicato il deludente risultato del volume di affari. Per tutto il corso del 2011 c’è stata una prevalenza delle imprese che hanno accusato diminuzioni rispetto a quelle apparse in crescita, facendo registrare su base annua un saldo negativo pari a 29 punti percentuali, tuttavia più contenuto rispetto ai -8 del 2010. Nella seconda parte del 2011, che è quella interessata dalla crisi finanziaria, è stata rilevata la situazione peggiore, rappresentata da un saldo negativo di 42 punti percentuali. Secondo l’indagine della Banca d’Italia la produzione, espressa a prezzi costanti, è diminuita del 6 per cento.

In estrema sintesi, il settore delle costruzioni non ha evidenziato alcun miglioramento, con difficoltà che si sono acuite dall’estate a causa della nuova crisi economica.

L’indagine della Banca d’Italia condotta su un campione di imprese regionali del settore delle costruzioni con almeno 20 addetti, ha confermato il basso profilo emerso dalle indagini congiunturali del sistema camerale e dell’Ance. Nel 2010 quasi il 60 per cento delle unità produttive ha registrato una perdita (il 40 per cento nel 2009), a fronte del 20 per cento che ha chiuso l’esercizio in pareggio. Il valore della produzione è diminuito di oltre il 7 per cento (-4 per cento nel 2009). Il tasso di natalità netto è stato pari al -1,1 per cento; era del -2,1 nel 2009.

Gli investimenti. Secondo l’indagine del sistema camerale, il 2011 ha registrato una situazione meno negativa rispetto a quella emersa nel 2010, pur permanendo un quadro di basso profilo in rapporto alla totalità delle attività industriali.

Il 23 per cento delle aziende ha realizzato investimenti, a fronte della media generale del 36 per cento, in misura superiore rispetto alla percentuale del 12 per cento rilevata nel 2010, anch’essa inferiore al valore medio industriale del 27 per cento. C’è stata in sostanza una ripresa della propensione a investire, anche se in misura meno intensa rispetto all’andamento generale dell’industria. Nella percentuale di imprese che hanno investito nel 2011, l’80 per cento ha effettuato spese superiori a quelle sostenute nel 2010, a fronte del 3 per cento che le ha invece ridotte. Di ben altro tono era apparsa la situazione del 2010, con una percentuale di imprese in crescita pari al 27 per cento, contro il 13 per cento che aveva invece dichiarato un calo.

La destinazione maggiore degli investimenti effettuati nel 2011 è stata rappresentata dall’introduzione di nuovi impianti e/o macchinari innovativi (49 per cento), ribaltando quanto emerso nell’anno precedente, quando la destinazione maggiore era stata rappresentata dall’acquisto di impianti e/o macchinari uguali a quelli esistenti (52 per cento). Seguono l’apertura di nuova sede o rinnovo della stessa (24 per cento) e l’acquisto di impianti e/o macchinari uguali a quelli esistenti (10 per cento). Di fronte al perdurare della crisi, chi ha avuto il coraggio di investire ha pertanto privilegiato l’innovazione, piuttosto che la mera sostituzione degli impianti e macchinari divenuti obsoleti, in linea con quanto avvenuto nell’industria.

Le stime dell’Ance sugli investimenti in edilizia, contenute nel tradizionale rapporto congiunturale, hanno evidenziato una situazione di basso profilo, che si collega a quanto emerso dalle indagini del sistema camerale.

Nel 2011 gli investimenti in costruzioni40 dell’Emilia-Romagna hanno accusato una flessione in termini reali pari al 5,1 per cento, che ha consolidato la fase negativa emersa nel triennio 2008-2010, rappresentata da decrementi rispettivamente pari al 2,3, 10,5 e 6,0 per cento. Il calo reale degli investimenti in costruzioni è stato determinato dalla quasi totalità dei comparti, con l’unica eccezione, e non è una novità, della voce delle “manutenzioni straordinarie e recupero”, il cui aumento dello 0,8 per cento, ha consolidato la fase moderatamente virtuosa del triennio 2008-2010.

Il comparto abitativo, che ha rappresentato il 55,3 per cento degli investimenti in costruzioni, ha fatto registrare una diminuzione del 2,9 per cento, che ha consolidato la fase negativa del triennio precedente, che ha avuto il suo culmine nel 2009 (-9,7 per cento). Sul nuovo riflusso delle abitazioni ha pesato soprattutto la flessione dell’8,2 per cento accusata dalle nuove costruzioni, a fronte del moderato aumento, come descritto precedentemente, dello 0,8 per cento evidenziato dagli

40 Trattasi di dati al netto dei costi per trasferimento di proprietà.

interventi destinati a manutenzioni straordinarie e riqualificazione del patrimonio abitativo.

Nell’ambito delle costruzioni non residenziali private la diminuzione quantitativa si è attestata al 4,9 per cento, e anche in questo caso dobbiamo annotare la prosecuzione della fase negativa emersa nei tre anni precedenti. Un analogo andamento ha riguardato le costruzioni non residenziali pubbliche che sono apparse in diminuzione dell’11,2 per cento, acuendo la fase di basso profilo emersa nel triennio 2008-2010. Il monitoraggio condotto dall’Ance sui dati Infoplus ha messo in luce il progressivo disimpegno degli enti pubblici appaltanti. Nel periodo 2003 – 2011 il valore dei bandi posti in gara per lavori pubblici ha mostrato un andamento irregolare caratterizzato dall’alternarsi di forti variazioni in positivo e in negativo degli importi annuali, a seguito della pubblicazione di maxi-appalti (Alta velocità, Cispadana, ecc.). Nel 2011 l’Ance ha ravvisato un ridimensionamento delle risorse complessivamente messe in campo per l’attivazione di opere pubbliche prossimo al 40 per cento rispetto all’anno precedente. Dai bilanci di previsione delle Amministrazioni locali emiliano romagnole emergono consistenti riduzioni della spesa per investimenti. In particolare le previsioni di spesa per l’acquisizione di beni immobili (acquisto, costruzione, manutenzione straordinaria o rifacimento di opere e di beni immobili) si riducono nel 2011 del 24,4 per cento, in misura più sostenuta rispetto alla diminuzione del 4,6 per cento rilevata nel 2010. Le risorse stanziate dalle Amministrazioni comunali per tali finalità hanno presentato, negli ultimi sette anni, continue riduzioni e l’ammontare del 2011 è risultato inferiore del 63,2 per cento rispetto a quello del 2004.

In sintesi c’è stato in Emilia-Romagna un nuovo e pressoché generale ridimensionamento degli investimenti in costruzioni, che si protrarrà anche nel 2012, sia pure in misura più attenuata (-3,8 per cento), a meno che la ricostruzione legata al terremoto che ha colpito le province di Bologna, Ferrara e Modena non dia fiato al settore.

L’andamento dell’Emilia-Romagna si è collocato un quadro nazionale dello stesso segno. Secondo le elaborazioni di Ance su dati Istat, il 2011 si è chiuso per l’Italia con un decremento reale del 5,4 per cento, destinato a protrarsi, anche se in misura più attenuata, nel 2012 (-3,8 per cento). In linea con quanto osservato per l’Emilia-Romagna, è stato il comparto delle costruzioni non residenziali pubbliche a subire la riduzione reale più accentuata (-10,5 per cento), mentre l’unico segno positivo ha riguardato la manutenzione straordinaria delle abitazioni (+0,5 per cento), che ha fatto seguito ai moderati aumenti rilevati nel triennio 2008-2010.

Nel quadriennio 2008-2011 il settore delle costruzioni ha perduto il 21,1 per cento degli investimenti. I risultati più negativi riguarderanno soprattutto il comparto delle nuove abitazioni, che ha perso in quattro anni il 36,6 per cento del volume degli investimenti. Forti perdite sono previste anche nell’ambito delle costruzioni non residenziali pubbliche (-31,7 per cento). Per questo comparto, che risente delle restrizioni imposte dal Patto di stabilità interno, il ridimensionamento dei volumi produttivi è in atto ormai da otto anni, con una flessione complessiva del 44,5 per cento.

Secondo quanto contenuto nel Rapporto Ance, nel 2010, a livello nazionale, l’irrigidimento del Patto di stabilità ha provocato una riduzione di circa 7 miliardi di euro della spesa in conto capitale degli enti locali rispetto all’anno precedente (-18,5 per cento). Nel 2011 c’è stata una ulteriore stretta pari a 7,6 miliardi di euro rispetto al 2010, destinata a salire nel 2012 a 9,2 miliardi di euro, per un complesso di 32 miliardi di euro nel triennio 2012-2014.

Un ulteriore, anche se ristretto, contributo all’analisi degli investimenti del settore edile proviene dall’indagine dell’Osservatorio congiunturale sulla micro e piccola impresa (da 1 a 19 addetti). In questo ambito è stata rilevata una situazione di appiattimento segno negativo, in quanto gli investimenti totali sono diminuiti nel 2011 del 10,3 per cento rispetto all’anno precedente, annullando la timida ripresa osservata nel 2010 (+1,0 per cento). Nell’ambito delle immobilizzazioni materiali la diminuzione è stata la stessa del totale degli investimenti, e anche in questo caso è stato completamente annullato il lieve aumento rilevato nel 2010 (+0,2 per cento). La piccola impresa ha in sostanza segnato il passo, evidenziando un livello degli investimenti largamente inferiore ai volumi del passato, soprattutto se si considera che nel 2009 c’è stata una flessione del 16,3 per cento. Una certa cautela deve tuttavia sussistere poiché l’indagine sulla micro

e piccola impresa si basa su dati raccolti per fini contabili. Per questo motivo, in taluni casi, una corretta registrazione contabile potrebbe non riflettere l’andamento reale. Per quanto concerne gli investimenti, possono presentarsi scritture di rettifica, che in alcuni casi possono determinare valori negativi.

L’occupazione.

L’indagine sulle forze di lavoro. La diminuzione del volume di affari evidenziata dall’indagine del Sistema camerale si è associata al calo dell’occupazione, replicando l’andamento del 2010. Secondo l’indagine continua sulle forze lavoro, nel 2011 è stata registrata in Emilia-Romagna una flessione degli occupati dell’11,0 per cento rispetto all’anno precedente, equivalente in termini assoluti a circa 15.000 addetti, largamente superiore a quella registrata sia nel Nord-Est (-2,9 per cento), che in Italia (-5,3 per cento). Siamo di fronte a numeri spiccatamente negativi, testimoni di una crisi che perdura e che in regione appare più accentuata rispetto ad altre realtà.

A far pendere la bilancia del mercato del lavoro in senso negativo sono state entrambe le posizioni professionali: per i dipendenti il calo è stato del 10,9 per cento, per gli autonomi dell’11,2 per cento.

La diminuzione di questi ultimi si è associata al calo dello 0,4 per cento accusata dalle imprese attive artigiane. Nel Paese è stato registrato un andamento simile a quello regionale, ma in termini più sfumati. Al calo del 6,2 per cento dell’occupazione dipendente si è associata la diminuzione del 3,6 per cento degli autonomi. Anche Nel Nord-Est è stato registrato un andamento in linea con la tendenza emersa in Emilia-Romagna, ma anche in questo caso in misura meno accentuata: -4,3 per cento i dipendenti; -1,0 per cento gli autonomi.

La percentuale di dipendenti sul totale dell’occupazione è stata del 54,9 per cento, in crescita rispetto alla quota del 52,6 per cento rilevata nel 2008, ultimo anno con il quale è possibile effettuare un confronto omogeneo dopo l’adozione della codifica Ateco-2007. Sembra pertanto essersi arrestata la tendenza di lungo periodo che vedeva aumentare il peso del lavoro autonomo, a scapito di quello alle dipendenze. Secondo la vecchia codifica Ateco-2002 in Emilia-Romagna nel 1993 i dipendenti rappresentavano il 62,5 per cento degli addetti. Nel 2000 la percentuale scende al 55,1 per cento, per ridursi nel 2008 al 54,9 per cento. Resta da chiedersi quanto possa avere inciso in passato, sul fenomeno del maggiore peso del lavoro autonomo, il processo di destrutturazione del mercato del lavoro edile. Talune imprese hanno incoraggiato i propri dipendenti ad assumere la partita Iva, in quanto è più conveniente avere rapporti con soggetti autonomi, anziché alle dipendenze. Di fatto, si tratta di rapporti di dipendenza mascherati da lavoro autonomo, che consentono vantaggi fiscali, aumentano la flessibilità del lavoro, con conseguenti risparmi sui compensi a causa dell’accresciuta concorrenza. Questa pratica sembra particolarmente diffusa nell’ambito della manodopera extracomunitaria. A fine 2011 sono state registrate 13.088 imprese straniere con un solo addetto sulle 16.589 complessive controllate da stranieri, per una incidenza del 78,9 per cento, ben al di sopra della quota delle corrispondenti imprese italiane (55,7 per cento).

Sotto l’aspetto delle unità di lavoro che misurano l’intensità del volume di lavoro effettivamente svolto, lo scenario predisposto a fine maggio 2012 da Unioncamere Emilia-Romagna e Prometeia ha registrato una situazione in linea con quella negativa evidenziata dalle indagini sulle forze di lavoro. Per il 2011 è stata rilevata una flessione del 9,0 per cento, che si è aggiunta ai cali del 2,6 e 9,3 per cento registrati rispettivamente nel 2009 e 2010. A pesare sul decremento è stata soprattutto la scarsa intonazione dell’occupazione alle dipendenze, che è apparsa in calo del 9,4 per cento, mentre per gli autonomi c’è stata una riduzione dell’8,7 per cento.

L’indagine Smail. L’indagine condotta dal Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro relativa alla situazione in essere a fine giugno 2011 nelle unità locali con addetti situate in Emilia-Romagna, ha registrato una diminuzione della consistenza dell’occupazione (sono esclusi gli interinali) pari allo 0,9 per cento rispetto all’analogo periodo del 2010, equivalente a circa 1.400 addetti. L’indagine Istat sulle forze di lavoro relativa alla prima metà del 2011 ha registrato una analoga tendenza rappresentata da una diminuzione media rispetto allo stesso periodo del 2010 prossima al 2 per cento.

Secondo quanto emerso dall’indagine Smail, il calo è stato determinato dalla componente alle dipendenze (-2,6 per cento), a fronte del leggero aumento degli imprenditori (+0,8 per cento), che hanno rappresentato il 51,8 per cento del totale degli occupati. Più segnatamente il calo complessivo dell’occupazione edile è stato essenzialmente determinato dal comparto della costruzione di edifici (-4,0 per cento), con una punta del 6,0 per cento relativa ai dipendenti.

Nell’ambito dell’ingegneria civile è stato rilevato un decremento del 2,5 per cento, mentre è apparso in leggero aumento il comparto dei lavori di costruzione specializzati (+0,8 per cento), nel quale sono preponderanti le attività artigianali. La lieve diminuzione dei relativi dipendenti (-0,3 per cento) è stata annullata dalla crescita dell’1,6 per cento degli imprenditori, e non è da escludere che taluni addetti che hanno perso l’occupazione abbiano dato vita a forme di autoimpiego.

Nell’ambito dell’ingegneria civile è stato rilevato un decremento del 2,5 per cento, mentre è apparso in leggero aumento il comparto dei lavori di costruzione specializzati (+0,8 per cento), nel quale sono preponderanti le attività artigianali. La lieve diminuzione dei relativi dipendenti (-0,3 per cento) è stata annullata dalla crescita dell’1,6 per cento degli imprenditori, e non è da escludere che taluni addetti che hanno perso l’occupazione abbiano dato vita a forme di autoimpiego.

Nel documento Consuntivo 2011 (1.3mb) (pagine 141-165)

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