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LE COMMISSIONI PARLAMENTARI PERMANENTI

Conclusa l’introduzione comune ai due istituti, si può ora cercare di tracciare le

linee di entrambi singolarmente considerati.

Anzitutto, le commissioni parlamentari permanenti. Della loro natura, e di come vadano inquadrate all’interno del Parlamento (questioni, del resto, comuni alle commissioni d’inchiesta) si è già avuto modo di dire: si tratta di comitati politici di eletti, interni al Parlamento, ma la cui attività ha sicuramente una rilevanza anche esterna nei rapporti dell’Assemblea nel suo complesso con il sistema politico. Come evincibile dal nomen, principale caratteristica dell’istituto che si associa a quella sinora sintetizzata è appunto la permanenza, qualità che questi organi hanno assunto al termine di un lungo percorso evolutivo. Le prime forme di

43 organi parlamentari ravvisabili come commissioni, infatti, possono essere datate al XIV secolo, quando nel Parlamento inglese (che all’epoca, si ricordi, aveva funzioni pressoché giurisdizionali), sotto la dinastia Tudor, furono formati dei comitati di nomina regia incaricati dalla Corona di tenere sotto controllo l’attività del Parlamento. Si trattava di organi sui generis, che avevano voce principalmente sui capitoli di spesa e che, soprattutto, costituivano una vera e propria longa manus

dell’esecutivo nelle attività parlamentari.

Organi del genere, tanto nel sistema inglese, quanto in altri - chiamati ad operare, peraltro, in un contesto di Parlamento convocato a sessioni discrezionalmente disponibili dal sovrano - per la maggior parte del tempo hanno vissuto in un contesto caratterizzato da una forte aleatorietà regolamentare e sostanziale. Solo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX i regolamenti parlamentari (e, successivamente, in sistemi diversi da quello inglese, anche le carte costituzionali) decidono di perseguire, in merito a questi organi, il carattere della permanenza, con la previsione dunque di un novero di commissioni fisse ciascuna competente per una materia diversa afferente all’operato del Governo. Del resto, all’inizio del secolo scorso era ormai chiarita la funzione basilare delle commissioni parlamentari: un sindacato costante sulle attività dell’esecutivo, diviso per rami e affidato a collegi stabili onde accrescere l’expertise degli stessi nel corso della legislatura (e di più legislature). Sarebbe però limitante ravvisare solamente in questo obiettivo il motivo che ha condotto, in passato, alla stabilizzazione delle commissioni parlamentari. Certamente è stato determinante, come ci mostrano non poche esperienze storiche (la principale delle quali resta la britannica69); ma,

come si è avuto modo di esaminare nella precedente introduzione, oggi le commissioni parlamentari hanno competenze capaci di coprire buona parte delle funzioni parlamentari individuate dalla dottrina. Sicuramente, infatti, esse

69 E lo dimostra, in particolare, la riforma operata nel 1979 sul sistema di commissioni parlamentari

44 intervengono nell’ambito della funzione legislativa, potendo financo, come nel caso italiano delle commissioni in sede deliberante, procedere all’approvazione definitiva dei progetti di legge (andando oltre, dunque, la mera attività istruttoria preparativa servente rispetto all’approvazione in aula) e, anzitutto, una penetrante attività consultiva, nell’ambito dell’iter legis verso le altre commissioni, con la formulazione di pareri per quei disegni di legge attinenti a più ambiti di governo. Alcune commissioni permanenti – tipicamente, nella stragrande maggioranza degli ordinamenti, quelle competenti per il bilancio - hanno poi assunto un importante ruolo tanto di controllo, quanto di filtro nell’ambito della funzione legislativa in virtù dei settori governativi cui sono preposte. Sempre all’ambito della funzione di controllo possono essere ricondotti i numerosi strumenti di sindacato ispettivo di cui sono fornite - in primis, lo scrutinio di nomine governative70 e le audizioni di membri del Governo -, mentre tipica espressione del

contributo alla fissazione dell’indirizzo politico è la possibilità che in sede di commissione si approvino atti di indirizzo che impegnino l’esecutivo. Non è poi difficile individuare nell’attività delle commissioni parlamentari permanenti un richiamo diretto alla funzione di garanzia costituzionale, che può ben assumere varie forme - neutralizzazione di rischi di incostituzionalità in sede di istruttoria legislativa71; verifica dei poteri e della correttezza dei procedimenti elettorali72;

70 Si pensi alla pervasività dell’advice and consent nell’esperienza statunitense, cui pure si avrà modo

di accennare nella prossima sezione.

71 Si pensi, per limitarsi al solo caso italiano, alla discussione e decisione delle questioni

pregiudiziali di costituzionalità in commissione prevista dall’art. 40, c.4 del Regolamento della Camera dei Deputati. Al Senato della Repubblica, invece, esse possono solo essere discusse in Commissione, prevedendo l’art. 43, c. 3 del Regolamento che la decisione spetti comunque all’Assemblea.

72 Si pensi, sempre facendo riferimento al sistema italiano, alle attribuzioni della Giunta delle

elezioni alla Camera dei Deputati e della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica.

45 vigilanza sul corretto comportamento dei parlamentari e di altri organi costituzionali73 -; mentre nelle esperienze parlamentari contemporanee non

mancano istituti (ove non vere e proprie commissioni ad hoc) deputati al rapporto con le autonomie regionali, al loro coordinamento e garanzia – è l’esempio delle audizioni di rappresentanti dei livelli di governo inferiori a quello nazionale e di organi quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali italiana e la Comisión General de las Comunidades Autónomas del Senato spagnolo74.

Rimandando alla prossima sezione l’analisi dei rapporti tra forme di governo e commissioni parlamentari permanenti, in questa sede merita di essere anzitutto ricordata un’interessante classificazione operata da autorevole, per quanto risalente dottrina: l’analisi dei sistemi di commissioni parlamentari. Secondo Fasone, che a sua volta riprende il già ricordato testo di Elia75, oggetto di uno

studio in tal senso sono le «norme relative alle loro interazioni reciproche e alla loro

capacità di creare un sistema coordinato e funzionale agli stessi lavori parlamentari e ai

rapporti con l’esecutivo»76.

La tassonomia dei sistemi di commissione fu operata già nel 1934 dal francese Joseph Barthélemy77. Da un lato, il sistema di commissioni può essere definito

come l’organizzazione in base alla quale ciascuna decisione importante dell’assemblea

non è assunta se non è stata esaminata prima da parte di una commissione; dall’altro, un

sistema di commissioni parlamentari, per Barthélemy, è da vedere in controluce

73 Si pensi all’esperienza statunitense rappresentata dalla Standing Commission on Standards of Official Conduct presso la House of Representatives e all’omologa Select Committee on Etichs del Senato. 74 In merito alla quale si rimanda a G.FERRAIUOLO, Le funzioni non legislative del Senato spagnolo, in

R.DICKMANN-S.STAIANO (curr.), Le funzioni parlamentari non legislative. Studi di diritto comparato, Giuffrè, Milano, 2009, pp. 176-ss.

75 Cfr. infra.

76 C.FASONE, op. cit., p. 139.

77 J.BARTHELEMY, Essai sur le travail parlamentaire et le système des commissions, Libraire Delagrave,

46 rispetto ai rapporti reciproci tra commissioni e i loro effetti sulle relazioni Parlamento-

Governo78.

Dal primo punto di vista, non si può parlare di un sistema di commissioni organizzato se non vi sono strutture idonee a garantire un coordinamento tra Assemblea e commissioni in quanto organi chiamati ad intervenire – insieme, ma in tempi diversi - nell’iter legislativo e, in generale, nelle attività parlamentari. Si è in presenza dunque di fronte ad un contesto in cui devono essere previste procedure capaci di evitare che l’attività delle commissioni, soprattutto per quanto riguarda l’iter legislativo, non sia concomitante a quella del plenum. Si potranno certamente avere situazioni in cui a lavorare in concomitanza siano più commissioni (si pensi all’istituto dell’esame per commissioni riunite, interne alla stessa Camera oppure omogenee per materia ma incardinate in diversi rami dell’organo legislativo); mentre va escluso che si possa parlare di sistema delle commissioni in situazioni analoghe al principale istituto osservato da Barthélemy nell’ambito della sua indagine, quello del Committee of the Whole House britannico, commissione provvisoria formata in base all’adesione volontaria dei parlamentari, la cui operatività blocca i lavori d’aula sostituendosi ad essi nell’esame di disegni di legge ritenuti di importante rilevanza. E inoltre, prendendo le mosse da tale istituto parlamentare e da quello delle standing committee per come a lui contemporanee (dunque deputate all’analisi dei capitoli di spesa relativi a singoli bill), lo studioso ricava un altro attributo necessario perché si possa parlare di un sistema di commissioni e di commissioni

permanenti: la specializzazione per materia.

Un altro aspetto rientrante in questo primo inquadramento dei sistemi di commissioni d’inchiesta riguarda la necessaria presenza di una consonanza politica tra Camera e commissioni, che può riassumersi come la circostanza in base alle quale chi è maggioranza o minoranza nell’una lo è anche nelle altre.

47 Questo dato può essere ricollegato ad alcuni dei fenomeni che si è già avuto modo di vedere nell’introduzione: certamente, quello della proporzionalità, tale per cui i gruppi parlamentari presenti nelle commissioni rispecchiano, dal punto di vista numerico, quelli dell’organo nel complesso; la replicabilità, in sede di commissioni permanenti, della stessa dialettica maggioranza-opposizione propria dell'assise nel complesso, per quanto meno concitata di quella generale propria dell’aula e votata ad un maggiore e più riuscito raggiungimento di un consenso comune su determinati aspetti; le rilevazioni circa l’importanza, ai fini dei lavori delle commissioni, della presenza di una più o meno forte disciplina di gruppo, con le ricadute che si sono già esaminate circa la loro autonomia. Secondariamente, si è detto come un sistema di commissioni parlamentari vada visto in relazione ai rapporti reciproci tra Governo e Parlamento. In particolare, sarà necessario che nei confronti dell’esecutivo le commissioni permanenti pongano «un controllo parlamentare metodico, organico, organizzato ed effettivo»79.

Secondo Barthélemy, potevano ravvisarsi alcuni punti critici capaci di indebolire le possibilità, per le commissioni, di intervenire attivamente nello scrutinio delle attività preposte alla determinazione dell’indirizzo politico. Bisognava, ad esempio, evitare non tanto che un parlamentare potesse sedere in più commissioni permanenti contemporaneamente, quanto che ciò fosse evitato (almeno in via tendenziale) per quelle che lo studioso definiva «commissioni-perno». Come si è già avuto modo di rilevare, infatti, talune commissioni permanenti, per l’importanza dell’ambito settoriale sottoposto al loro scrutinio, hanno teso ad acquisire un’autonoma importanza rispetto alle altre; orbene, secondo Barthélemy, un sistema di commissioni parlamentari che voglia conseguire un effettivo controllo sulle attività dell’esecutivo dovrebbe garantire una sorta di esclusività dei membri di tali commissioni, riducendo al minimo i casi di compresenza in

altre dei loro membri.

48 Altri strumenti utili ai fini di questo secondo aspetto enucleato da Barthélemy dovrebbero essere la valorizzazione della sede consultiva delle commissioni parlamentari permanenti, il ricorso all’istituto dell’esame per commissioni riunite, la strutturazione di spazi di collaborazione tra le commissioni mediante la creazione di intercommissioni e, infine, una regolamentazione delle commissioni miste nei sistemi bicamerali onde garantire un maggior coordinamento tra commissioni permanenti appartenenti ai diversi rami dei Parlamenti. Accanto alle osservazioni di Barthélemy, valgono comunque i contributi posti in argomento da dottrina più recente; in particolare, nessun sistema di commissioni permanenti potrà dirsi esistente, o compiutamente realizzato, ove manchi una vera e propria interdipendenza tra di esse80. L’influenza sulle attività parlamentari nel

loro complesso deve cioè derivare da una effettiva messa a sistema delle commissioni per via regolamentare che ne garantisca il coordinamento dei lavori, e non da una mera, confusionaria giustapposizione dei lavori commissariali. Ancora, non si potrà parlare di sistema di commissioni permanenti nel momento in cui queste non risultino specializzate per materia, e, soprattutto, laddove accanto a questo dato – già noto, del resto, allo studioso francese – non vi siano meccanismi capaci di dirimere eventuali conflitti di competenza che riescano ad informare il sistema nel complesso a principî di coordinamento e integrazione. Infine, grande rilevanza nella configurazione di un sistema di commissioni parlamentari permanenti ha l’ambiente in cui esso viene a trovarsi, dovendosi dunque contemplare tutta una serie di variabili (disciplina regolamentare, sistema dei partiti, rapporti con organi interni ed esterni all’assemblea legislativa) tali da rendere conto di una vera e propria capacità adattiva dei sistemi di commissione al

contesto in cui sono chiamate ad operare81.

In conclusione, pare opportuno sposare, quale definizione di sistema di

80 C.FASONE, op. cit., p. 145. 81 C.FASONE, op. cit., p. 146.

49 commissioni parlamentari permanenti, quella posta da Fasone:

«organizzazione coerente e razionale dell’insieme delle commissioni

parlamentari permanenti specializzate nei loro rapporti reciproci, nei rapporti con gli organi parlamentari e con il Governo»82.

Nozione, questa, che si dovrà tener presente nell’analisi dei rapporti tra commissioni parlamentari e forme di governo.

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