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IL SINDACATO ISPETTIVO DELLE COMMISSIONI E L’INCHIESTA

Come si è avuto modo di accennare nella prima sezione del lavoro, il Parlamento inglese si è dotato di commissioni fin dal XIV secolo. Tali organi, però, erano, come si ricorderà, poco più che longae manus della Corona in Parlamento. Non di rado venivano ad essere unipersonali, dunque composti da un solo clerk di nomina regia. Si dovrà aspettare il XVII secolo per assistere alo strutturarsi di un qualcosa di (seppur lontanamente) simile ad un sistema di commissioni. Accanto ai comitati di nomina regia i parlamentari che intendevano sottrarsi al controllo di detti organi iniziarono a riunirsi nel cd. Committees of the Whole, istituto – oggi recessivo - che vedeva l’intera Camera dei Comuni convocata in sede di commissione per l’esame di singoli bill, aperta alla partecipazione volontaria dei parlamentari. Fin dalla sua nascita (che data al 1606), il Committees (poi divenuto Committee) of the Whole House ha trovato il suo punto di forza nell’impedire che a presiederlo fosse lo Speaker della Camera, figura che in tempi lontani rappresentava sovente il primo riferimento del Sovrano

presso l’assemblea.

Il vero momento di nascita del sistema di commissioni inglese attuale si situa, però, nella seconda metà del XX secolo. Invero, un primo tentativo, da parte della House of Commons di operare un controllo organico sull’operato del Governo si era avuto già nel 1912, quando era stata costituita la Estimates Committee, dotata di una funzione ben precisa: esaminare i programmi di spesa del Governo (estimates) al fine di realizzare economie di spesa. Com’è stato però fatto notare, questo compito si sovrapponeva con quanto già effettuato a livello governativo dal Ministero del Tesoro; si creava un sistema inutilmente duplicativo, alla base delle sempre più rare convocazioni della

74 commissione tra gli Anni Venti e gli Anni Trenta116.

Un primo miglioramento si ebbe nel 1960, quando con uno standing order ( il n. 80) si decise di rendere periodiche (e dunque obbligatorie) le convocazioni della commissione, nonché di affinarne, in un certo senso le competenze. Preso atto della farraginosità di un controllo, pressoché impossibile (e comunque poco utile) su tutti i capitoli di spesa proposti dal Governo, la House of Commons decise che la commissione si sarebbe concentrata solo sulle voci afferenti a determinati settori della Pubblica Amministrazione, i quali sarebbero stati analizzati anche nel complesso dal punto di vista dell’efficienza e dell’economicità. Un altro passo decisivo per l’evoluzione verso un sistema di commissioni governative permanenti fu la ripresa dell’articolazione della Estimates Committee in sottocommissioni, come già sperimentato dalla stessa all’inizio della sua esperienza. Se però ad inizio secolo le sottocommissioni erano state destinate ad analizzare singoli estimates, con la riforma proposta dalla Procedure Committee e attuata dal Governo Heath, tra il 1968 e il 1971 le sottocommissioni furono organizzate su base di settori dell’amministrazione. Peraltro, in questo frangente, era comunque ben evidente l’influenza dell’esecutivo, che stabilì direttamente numero delle sottocommissioni e dei membri; inoltre, ben misero fu l’impatto concreto della commissione e della sua attività conoscitiva sulle politiche pubbliche, considerato anche che raramente si ebbero momenti di vero confronto con l’esecutivo. A complicare ulteriormente le cose, oltre ai soliti lacci e lacciuoli posti dal predominio dell’esecutivo sul Parlamento in virtù dello strapotere del partito di maggioranza, vi era la continua scarsa capacità di coordinamento tra le

attività delle singole sottocommissioni.

Eppure tale passaggio costituì un diaframma necessario: nel 1979, infatti, fu approvata la proposta della Procedure Committee di istituire un sistema di commissioni, ciascuna corrispondente ad un Ministero, denominate Departmental

75 Select Committees, coordinate e monitorate da una Liaison Committee (Standing Order n. 152). Alle Departmental Select Committees della Camera dei Comuni furono affiancate alcune Select Commitees con funzioni trasversali (si pensi a alla stessa Liason Commitee), alcune Select Commitees presso la Camera dei Lord e le Joint Select Commitees, bicamerali. Punto di forza delle Select Committees, che ha determinato un vero e proprio salto di qualità nella configurazione di un sistema di commissioni parlamentari, risiede nell’aver reso tali commissioni permanenti. Peraltro, con la riforma del 1979, esse, sono state ben distinte dalle Standing Committees, le quali, in un certo senso, mantengono la struttura che avevano tipicamente le commissioni parlamentari inglesi in sede legislativa, consistendo in organi non permanenti deputati all’esame di singoli progetti di legge. È dunque del sistema di Select Commitees (e in particolare a quelle presso la Camera bassa del Parlamento inglese) che si dovrà tenere conto nell’ambito della presente analisi.

L’autonomia delle Select Commitees dall’esecutivo è perseguita dallo S. O. n. 152, in particolar modo, attraverso il divieto di chiamare a farne parte i membri del Governo e dello shadow cabinet; in realtà, i gruppi parlamentari, dal 2010, hanno acquisito un forte peso nella nomina dei membri delle singole commissioni, tale per cui nelle stesse tendono a riprodursi gli stessi rapporti di forza presenti in Assemblea, con la possibilità per il partito di maggioranza di orientare i lavori

delle commissioni (S. O. n. 121).

Per quanto concerne la dotazione di cui sono fornite, dal punto di vista delle risorse umane e tecniche, esse hanno a disposizione anzitutto un numero preciso, per quanto basso, di funzionari parlamentari (appena due), cui però possono aggiungersi alcuni assistenti di commissione (incardinati, dal punto di vista professionale, tra il personale parlamentare), nonché specialisti per le materie di competenza della commissione contruattualizzati ad hoc dall’organo ed esperti di

76 estrazione accademica (S. O. n. 152)117. A riprova della spiccata autonomia di

queste commissioni, dunque, si privilegia la possibilità, data alle stesse, di basarsi su un apparato di supporto capace di attagliarsi alle singole evenienze, ad esse immediatamente legato e da esse pienamente disponibile anzitutto dal punto di vista delle formule d’ingaggio cui i tecnici delle commissioni possono essere sottoposti.

Il vero punto di forza delle commissioni inglesi nell’ambito delle loro attività di sindacato è però costituito dagli strumenti di cui esse dispongono per condurre concretamente le proprie attività di scrutinio. Sicuramente le commissioni inglesi dispongono dello strumento, affermatosi in via di prassi, dell’interrogazione in commissione (oggi recato, come tutti gli strumenti delle commissioni, dallo S. O. n. 152); cuore della loro incisività sono però le hearings, strumento presente, come si vedrà, anche nel sistema statunitense e che non può essere visto come una semplice audizione. Esse, infatti, si sostanziano non in un invito, bensì in un obbligo a comparire innanzi all’organo; aspetto, questo, che non di rado nell’esperienza inglese ha determinato dei contrasti anche forti tra Governo e Parlamento, nelle situazioni in cui ad essere convocati siano funzionari ministeriali. Un esecutivo come quello inglese, storicamente abituato a controllare il Parlamento, piuttosto che a farsi controllare da esso, poco ha tollerato di essere chiamato a rispondere in commissione del proprio operato, in quanto ciò rischierebbe di mettere continuamente in discussione il rapporto fiduciario (e la stessa responsabilità ministeriale, nel caso di situazioni derivanti da atti sottoposti a controfirma), facendo sì, peraltro, che ciò avvenisse in un organo diverso dall’Assemblea nel suo complesso118. Alla ritrosia dell’esecutivo, la prassi

117 Cfr. C.FASONE, op. cit., p. 262; G.RENNA, Il controllo parlamentare nel Regno Unito, in R.DICKMANN

(cur.), L’inchiesta parlamentare, p. 118-120.

118 Cfr. F. D’ONOFRIO, Le indagini conoscitive delle commissioni parlamentari: problemi e prospettive,

77 parlamentare ha rimediato adoperandosi per evitare che questi si sottraesse al

confronto in commissione.

In particolare, nell’ambito delle hearings, la commissione provvede alla convocazione della persona da ascoltare attraverso un invito formale, emesso o da un impiegato parlamentare o dal presidente della commissione. Se a questo invito segue un rifiuto, la commissione provvede a rinnovarlo con una nuova richiesta, questa volta firmata dal solo presidente della commissione. Ove anche questa richiesta dovesse rimanere inesaudita, l’inerzia del convocato viene qualificata come oltraggio alla Camera dei Comuni, e sulla base di questa condotta si procede ad un ordine di comparizione firmato, questa volta, dallo Speaker. Giunti a questo punto, la persona convocata ha dinnanzi a se due strade: ottemperare, e comparire innanzi alla commissione; oppure, persistere nel rifiuto ed essere chiamata a comparire innanzi al plenum per spiegare le ragioni del rifiuto119.

Le hearings, per la loro incisività nello scrutinio circa l’operato del Governo, sono contornate di una serie di garanzie non irrilevanti, tanto per la commissione, quanto per l’audito. La commissione ha certamente larghi margini di manovra nel condurre l’audizione, fissandone il tema e le singole domande. L’audito non può, da parte sua, rifiutarsi di rispondere, né, tantomeno, intralciare le attività della commissione ricorrendo ad atteggiamenti deprecabili come la presentazione di prove o documenti falsi, casi, questi, puniti con la conduzione coatta innanzi all’Assemblea perché assuma immediati provvedimenti ove non, se il testimone ha prestato giuramento, con l’immediato arresto e con la reclusione, che precede l’accertamento dell’effettiva falsità, ai sensi del Perjury Act del 1911. Le commissioni possono altresì convocare come testimoni persone sottoposte a limitazioni della libertà personale per tramite di un mandato emesso dallo Speaker della Camera, nonché invitare a comparire persone dall’estero e funzionari dell’Unione Europea, per quanto in questo caso non siano previste sanzioni contro

78 il rifiuto a comparire. Non possono mai essere chiamati a comparire Ministri e parlamentari, per quanto sui primi, in qualità di responsabili dell’amministrazione pubblica, debba essere ricordato come le commissioni possano chiedere che a sottoporsi all’hearing sia un funzionario ministeriale. In questo caso, l’individuazione della persona che dovrà comparire innanzi all’organo spetta al dipartimento ministeriale; tale individuazione è però subordinata al permesso a comparire in commissione, che per lunga tradizione può ben essere negato dal Ministro competente120. Inoltre, il funzionario deve attenersi scrupolosamente alle

indicazioni impartite dal Ministro e, privilegio destinato solo a questa categoria particolare di testimoni, può rifiutarsi di rispondere alle domande della commissione. Infine, una serie di informazioni inerenti l’attività in concreto del singolo dipartimento ministeriale (consulenze in essere, accordi interministeriali di natura politica, attività di organi intranei all’organizzazione governativa quali il gabinetto ministeriale e commissioni interne) sono comunque inaccessibili allo scrutinio parlamentare, e dunque su di esse il funzionario non potrà mai essere chiamato a testimoniare. Il particolare regime delle audizioni dei funzionari parlamentari si basa sulle previsioni affermatesi in via di prassi e raccolte dalle previsioni contenute nelle Osmotherly Rules, vero e proprio codice deontologico sull’argomento121. Tuttavia, interventi legislativi relativamente recenti (si pensi al

Freedom of Information Act del 2000) hanno in parte mitigato questa tendenziale impossibilità a conoscere da parte delle commissioni. Guarentigia generalmente riconosciuta ai testimoni innanzi alle commissioni è quella dell’immunità per le dichiarazioni rese, parificata a quella riconosciuta ai parlamentari, tale per cui non potranno essere sottoposti a procedimento

120 A proposito di tale contropotere ministeriale, la possibilità per il Governo di negare a propri

funzionari di comparire in commissioni fu affrontato dall’Assemblea Costituente italiana in sede di redazione dell’attuale art. 82 Cost. Cfr. S.FURLANI, Le commissioni parlamentari d’inchiesta, Giuffrè, Milano, 1954, pp. 60-62.

79 (giudiziario o disciplinare) sulla base di esse. In particolare a proteggere i testimoni presso le commissioni sono le norme previste dal Witnesses (Public

Inquiries) Protection Act del 1892122.

Accanto alle hearings, sempre ai sensi del già menzionato S. O. n. 152, le commissioni parlamentari permanenti inglesi si avvalgono dell’acquisizione di atti e documenti, comprese le memorie, che possono essere richieste anche a persone fisiche e giuridiche di diritto privato, purché confacenti all’ambito della commissione e della singola indagine; l’unica categoria esclusa da tale obbligo di presentazione, anche richiesta, sono i Segretari di Stato, come ricordato dal più autorevole testo in materia di procedure parlamentari britanniche, la raccolta curata da Thomas Erskine May e costantemente aggiornata123. Inoltre, nell’ambito

della propria autonomia, possono organizzarsi in sottocommissioni deputate allo scrutinio di specifiche aree di competenza e ricorrere a forme di ampia collaborazione con altri organi pressoché a trecentosessanta gradi, rivolgendosi non solo all’Assemblea nel complesso, ma anche ad altre Select committees, ad altre sottocommissioni (ricadenti, o meno, presso la stessa commissione) e alle assemblee legislative di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, ai senso dello S. O. n. 137A. Quest’ultima disposizione fa sì che, accanto alle Joint Committees formate da membri di ambo i rami del Parlamento, non manchi la possibilità di riunione congiunta con altre Select Committees – e congiunto sarà l’atto finale dell’inchiesta.

Le ricaduta effettiva dell’attività conoscitiva svolta dalle Select committees trova la sua sede nei report, relazioni finali stilate dalla commissione e regolate dallo S. O. n. 155. La redazione del report segue un iter che parte da una prima bozza proposta dal presidente di commissione e, previa discussione interna, giunge

122 Ibidem.

123 Cfr. G.RENNA, op. cit., passim. Per la raccolta delle procedure parlamentari, vd. M.JACK (cur.), Erskine May Parliamentary Practice, LexisNexis, Londra, 201124.

80 all’elaborazione del testo finale. L’approvazione tende ad essere all’unanimità, ma, ove questa non venga raggiunta, non sono previsti né documenti paragonabili alla relazione di minoranza del diritto parlamentare italiano, né la menzione di dissenting opinions. Questo non impedisce, comunque, che la relazione commissariale si presenti come un documento tutt’altro che neutro, le cui osservazioni precise e puntuali possono far bene emergere mancanze rilevanti nell’azione governativa. La relazione, quindi, è fatta pervenire dalla Select Committee al dipartimento ministeriale competente, che può esprimere valutazioni circa i rilievi avanzati dalla commissione per tramite di documenti denominati “command paper” o “memorandum”. A sua volta, la Select Committee interessata non di rado provvede a controrepliche rispetto alle osservazioni governative. Il report può altresì diventare oggetto di discussione presso il plenum assembleare, pratica, quest’ultima, che è stata rilanciata negli ultimi due decenni. La relazione finale viene così ad essere un importante strumento a disposizione delle commissioni e del Parlamento per conquistare importanti porzioni di influenza nella determinazione dell’indirizzo politico124.

Un momento interessante a proposito dei rapporti tra Governo e Parlamento circa le attività di sindacato ispettivo condotte da quest’ultimo è rappresentato dal cd. Scott Report. Pubblicato nel 1996, lo Scott Report è il risultato di un’indagine giudiziaria condotta da Sir Richard Scott dal 1992, relativamente al traffico d’armi duali tra Regno Unito e Iraq. Il rapporto scaturito dall’inchiesta è passato alla Storia, prima che per la vicenda in sé, per le reticenze riscontrate dall’autorità giudiziaria e dai parlamentari da parte di membri dell’esecutivo inglese (che, nell’intera vicenda, hanno scaricato le proprie responsabilità su singoli settori dell’amministrazione statale, senza assumersene di proprie), le quali, come ha ben descritto Francesca Rosa, hanno restituito un quadro caratterizzato da «forti limiti

del controllo parlamentare sul Governo: la continuità esistente tra l’esecutivo e la

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maggioranza parlamentare, il quasi-monopolio governativo delle informazioni tramite le quali il Parlamento esercita il controllo dell’esecutivo, l’insufficienza degli strumenti conoscitivi a disposizione delle Camere»125. Rimandando al testo completo del

rapporto e alle numerose analisi su di esso compiute126, basti dire che la vicenda da

esso tracciata è stata vista come la cartina tornasole della necessità di rilanciare, per tramite di una riorganizzazione generale del sindacato ispettivo del Parlamento, il ruolo stesso dell’assemblea di Westminster in un sistema dove le contingenze storico-politiche rischiano di porre in mano della forza politica più forte il Governo e, tramite esso, il Parlamento. Oltre che sul controllo dell’attività governativa nelle materie di competenza delle singole Select Committees, va ricordato come le commissioni permanenti del Parlamento inglese possano intervenire in materia di nomine governative. A differenza di altre esperienze (si pensi a quella statunitense e, in misura minore, a quella italiana), la tradizionale diffidenza dell’esecutivo nei confronti dell’intervento parlamentare sulle attività governative ha fatto sì che solo in anni recenti, a partire da un libro verde del 2008127, si sia cominciata ad affermare la

prassi di audizioni preventive in commissione dei nominandi finalizzate all’elaborazione di pareri non vincolanti. Storicamente importante, e dunque meritoria di essere accennata, è invece l’attività di controllo delle commissioni parlamentari permanenti in materia di bilancio. Del resto, l’esperienza delle Estimates Committees ha lasciato tracce anche nell’assetto parlamentare inglese contemporaneo, in cui, da un lato, le commissioni continuano ad avere ben pochi margini di intervento sulla determinazione del ciclo delle entrate finanziarie, stante la inemendabilità, da parte del Parlamento, della proposta di budget

125 F.ROSA, op. cit., pp. 217-218.

126 Oltre al più volte citato contributo di Rosa, vd., più diffusamente, D. BUTLER, Ministerial Accountability: Lessons of the Scott Report, in Papers on Parliament, n. 29/1997.

82 presentata dal Governo (che peraltro gode dell’esclusività dell’iniziativa legislativa in materia); dal punto di vista delle uscite, invece, ancora oggi le Select Committees provvedono all’esame dei già menzionati estimates (dunque, delle previsioni di spesa ministeriali per capi di finanziamento), provvedendo, in particolare, ad audire, ciascuna per la propria competenza, il ministro interessato. Al termine dell’audizione, si hanno dei pareri sugli estimates esaminati, solo alcuni dei quali saranno effettivamente analizzati dall’Assemblea previa selezione

da parte della Liaison Commitee128.

Per quanto riguarda l’inchiesta parlamentare, nella scorsa sezione si è ricordato come sovente essa sia condotta direttamente dalle commissioni senza l’adozione di particolari atti normativi o regolamentari, venendo dunque a rientrare direttamente nelle attività delle singole Select Committees. Tuttavia, la prassi parlamentare inglese –basata, come si ricorderà, sul continuo tentativo di Governo e Parlamento di difendersi l’uno dal controllo dell’altro - ha conosciuto anzitutto l’istituto delle Select Parliamentary Committees of Inquiry, comitati di parlamentari che tra il XIV e il XX secolo hanno acquisito via via poteri sempre più penetranti di informazione presso il Governo in materia di rilevanza pubblica, quando col Tribunals of Inquiry (Evidence) Act del 1921 furono fissati i poteri di organi commissariali denominati Tribunals of Inquiry appositamente dedicati all’inchiesta parlamentare; e proprio nell’ambito dell’inchiesta condotta con specifici strumenti da un Parlamento alla continua ricerca di un’emancipazione della interferenze dell’esecutivo sono, nei secoli, emerse le funzioni e le garanzie di cui sono dotate le attuali commissioni parlamentari permanenti inglesi in tema di inchiesta129. Questo potere, dunque, è allo stato attuale - e vieppiù dal 2005,

128 Cfr. C.FASONE, op. cit., p. 585-ss. Le disposizioni in materia sono recate dal Parliamen Act del

1911.

83 quando è stato sottoposta a repeal la legge del 1921130 - strumento precipuo delle

Select Commitees. Va peraltro notato come l’architettura cristallizzata nell’Act del 1921, con la presenza, dunque, di Tribunals of Inquiry costituiti ad hoc sia ad oggi pienamente in vigore nella Repubblica d’Irlanda131.

CAPITOLO III – IL SINDACATO ISPETTIVO DELLE COMMISSIONI E L’INCHIESTA PARLAMENTARE NEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Le funzioni di controllo di cui è titolare il Congresso statunitense, in ambo i suoi rami, sono sovente indicate come un importante esempio delle potenzialità che un organo parlamentare può assumere in tale sede, e ad esse numerose esperienze hanno guardato come un modello da cui attingere. Del resto, un assetto dei poteri come quello statunitense trova la sua origine nella necessità, per l’organo elettivo, di mantenere una necessaria autonomia da un Capo dello Stato che gode di una fortissima legittimità politica derivantegli dall’investitura popolare diretta. I poteri conoscitivi del Parlamento statunitense, che restano comunque concepiti, come si avrà modo di vedere, anzitutto come serventi rispetto alla funzione legislativa, sono l’espressione, come scrive Antonio D’Aloia, dei «tratti più autentici di una

forma di governo in cui separazione e imbricazione dei poteri coesistono in una sintesi tanto complicata teoricamente quanto misteriosamente fluida nella pratica delle relazioni

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