4. Committenza e concorrenza americana
4.1 Committenza e concorrenza centro e sudamericana
La committenza straniera, ed in particolar modo quella americana, rappresentò una consistente fonte di lavoro per i laboratori di Pietrasanta, un importante capitolo nella storia dello sviluppo della lavorazione artistica del marmo e premessa di quello che sarà il futuro di Pietrasanta come centro internazionale della scultura.
Si tratta di un periodo da esplorare in grado di fornire informazioni capaci di delineare maggiormente la storia delle esportazioni di manufatti marmorei iniziata, per quanto riguarda Pietrasanta, nell'ultimo quarto del XIX secolo e protrattasi, attraverso momenti più o meno favorevoli, fino ai giorni nostri.
Fu proprio l'apertura a questi mercati esteri, con particolare predominanza di quello americano, che permise il grande sviluppo dei laboratori del marmo pietrasantini, e l'ampliamento della loro rete commerciale internazionale.
Come già accennato in altro capitolo, Barsanti iniziò a spedire i suoi lavori in America Centrale intorno al 1892, valendosi della mediazione del cognato Quinto Sesti, stabilitosi in Guatemala 1. Era allora, per la piccola realtà pietrasantina, un'epoca pionieristica per le esportazioni oltreoceano; Pietrasanta, infatti, fino a quel periodo, non era stata coinvolta, come Carrara e Genova, in quel consistente flusso migratorio verso le Americhe che, già da qualche decennio, aveva favorito le esportazioni di scultura e con esse gli spostamenti di commercianti, artisti e maestranze provenienti da quelle città.
Tra gli impresari del marmo di Pietrasanta, Barsanti non fu comunque l'unico a vedere nel mercato centroamericano interessanti possibilità di guadagno. Dall'ultimo decennio dell'Ottocento, infatti, di questo nuovo mercato iniziarono a far parte anche i maggiori laboratori di Pietrasanta come quello di Ferdinando Palla, Luca Arrighini, Giuseppe Tomagnini, Davide Venturi. Questi ultimi
1 Sesti si trasferì in Guatemala con la famiglia, impiegandosi in un primo tempo come disegnatore presso la ditta “Durini & Felice”. Fece cosi da contatto tra l'azienda per cui lavorava e lo stesso Barsanti. In seguito Quinto Sesti rilevò la “Durini & Felice” e Martino ne divenne suo unico rappresentante e socio.
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avviarono addirittura succursali in sud America: la “Giuseppe Tomagnini, Fratello & CO”, fu aperta nel 1898 a San Paolo, in Brasile2
, sotto la direzione di Roberto Tonetti, e la “Davide Venturi & Figlio”, circa nello stesso periodo, a Caracas3
. Anche Ugo Luisi, all'inizio collaboratore di Martino Barsanti, vide nel mercato centroamericano la possibilità di fare affari, ma, a differenza degli altri imprenditori sopra citati, aprì direttamente il suo primo laboratorio in San Salvador e solo successivamente a Pietrasanta4. Tuttavia non erano però solo questi i laboratori che ebbero rapporti con il Centro America: numerose altre ditte pietrasantine di minori dimensioni utilizzarono i contatti dei laboratori più grandi per lavorare con l'estero, visti i costi e le difficoltà oggettive di gestire l'export con le Americhe.
In realtà solo le aziende maggiori riuscirono ad impiantare succursali nelle Americhe e ad ampliare ulteriormente le loro relazioni commerciali. Tale rete veniva attivata collaborando con “marmolerie” locali molto spesso aperte proprio da connazionali emigrati, contattando architetti e impresari italiani operativi in loco, rivolgendosi a consoli italiani in America a cui proporre provvigioni sulle commissioni eventualmente ottenute, interpellando presidenti di comitati per ottenere l'esecuzione di monumenti celebrativi, incaricando dei “rappresentanti” per promuovere i lavori dei laboratori italiani nel mercato americano.
Martino stesso, così come gli imprenditori più ambiziosi, si recò di persona nelle Americhe per procurarsi direttamente commesse e intesservi rapporti commerciali5. E' da sottolineare tuttavia che Martino Barsanti fu probabilmente il primo, tra i colleghi di Pietrasanta, a fondare, in quelle lontane terre, in San Salvador, in Guatemala e in Nicaragua, succursali del laboratorio di Pietrasanta6. Era il 1895 e in quel periodo non era di certo facile intraprendere con
2 Vedi Carboncini - Migliaccio 2007, p. 267.
3 “Davide Venturi & Figlio” era una ditta bolognese che aprì una succursale a Pietrasanta negli anni 80 dell'Ottocento e a cui Barsanti affidava dei lavori. Vedi Degiovanni - Martorelli 2011 e lettera del 3 febbraio 1903, Copialettere N°43.
4 Su Luisi vedi Cap. 4.2.
5 Ferdinando Palla viaggia attraverso l'Europa e le Americhe, Raffaello Battelli apre nel 1905 un deposito di marmi a New York. Sull'argomento vedi Arte, Industria e Commercio 1907, pp. 10e 19.
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successo attività commerciali in luoghi così lontani, spesso politicamente instabili7, climaticamente inospitali e infestati da malattie tropicali8.
Partendo dalle due succursali centro americane, Barsanti riuscì ad estendere la sua rete commerciale comprendendo un po' tutti gli stati dell'America centrale: Costa Rica, Honduras, Cuba. In particolare a Cuba, fu notevole la richiesta di marmo, come risulta dalla fitta corrispondenza del laboratorio Barsanti. Martino, attraverso le sue lettere, ci informa dell'attività di più “marmolerie” locali che risultavano attive nell'isola: quella di Giovanni Vega, attiva a Sagua la Grande, la "El Cubanacan" di Gerardo Huquet e Hijos, a Santa Clara e la marmoleria "La Fé" a l'Avana.9
Barsanti si spinse ad intrattenere rapporti commerciali anche nell'America del Sud, dalla Colombia all'Ecuador, dal Perù al Cile, dal Brasile all'Argentina, senza dimenticare il Venezuela, dove l'aggancio fu, dal 1896, la “marmoleria” “Julio Roversi & Hijos” di Caracas. A testimonianza del fitto intreccio di conoscenze personali e commerciali è interessante citare proprio il caso di questa “marmoleria”, fondata dal bolognese Giulio Roversi, scultore, e frequentatore dei laboratori di Pietrasanta10 e in compagnia del quale Barsanti effettuò il suo secondo viaggio in Centroamerica11. Per la marmoleria di costui, Barsanti diceva di essere disposto ad incidere il nome della ditta dello stesso Roversi sui lavori che quest'ultimo gli avrebbe passato12.
E' interessante evidenziare poi come sempre dall'ultimo decennio dell'Ottocento, Pietrasanta diventò, oltre che centro di partenza di imprenditori locali interessati al mercato americano, anche polo stesso di richiamo per
7 Barsanti racconta di dover nuovamente mettere in lavorazione un monumento già eseguito e spedito oltreoceano, il “monumento disgraziatissimo Ezeta” perchè servì da barricata durante una rivoluzione. Lettera 7 novembre 1894, Copialettere N°23.
8 Martino, prima di partire, prese tutte le necessarie precauzioni economiche, anche stipulando un'“assicurazione” sulla vita e sui pericoli del viaggio, per salvaguardare gli interessi commerciali della ditta e della sua famiglia, visto che la traversata che, per nave durava anche più di un mese, risultava un'incognita su più punti di vista. Lettera del 29 novembre 1894, Copialettere N°24.
9 Copialettere N°57 e 63.
10 Per Roversi eseguì dei bozzetti lo scultore Antonio Bozzano, professore della scuola di Belle Arti di Pietrasanta.
11 Lettera del 29 settembre 1896, Copialettere N°27.
12 Lettera del 16 giugno 1896, Copialettere N°27. Per Roversi lavorarono anche la ditta Venturi (vedi Degiovanni - Martorelli 2011, p. 47) e il laboratorio Arrighini (lettera del 21 luglio 1896, Copialettere N°27).
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imprenditori del settore lapideo provenienti dalle Americhe. Si trattava di scultori, architetti o semplici commercianti emigrati in America, attivi tra questa e l'Italia, professionisti con spiccate capacità imprenditoriali che erano riusciti a crearsi un'ampia rete di relazioni sia nei paesi di destinazione che nelle terre d'origine e che seppero mobilitare capitali e conoscenze per ottenere appalti e realizzare opere.
Di alcuni di questi personaggi compaiono i nomi proprio nella corrispondenza inviata dal laboratorio di Martino Barsanti: si tratta di Durini Francesco (o Francisco)13, Carlo Bernasconi14, Giocondo Granai15, imprenditori che frequentarono in prima persona e cercarono proprio in Versilia studi a cui commissionare l'esecuzione di lavori da spedire in America latina, probabilmente perchè a costo minore rispetto alla più accreditata e nota Carrara.
Durini in particolare risultò molto attivo nell'intrattenere rapporti con i laboratori di Pietrasanta. Sicuramente frequentatore della cittadina versiliese dal 189316, Francesco Durini appartenne a quella sorta di “multinazionale del marmo” rappresentata dalla sua famiglia, senz'altro l'esempio più notevole di quella migrazione specializzata di maestranze che lasciarono la loro impronta nell'ambito
13 Francesco Durini, nato a Tremona (Canton Ticino) nel 1856, emigrò negli anni Ottanta del XIX secolo a San Josè, in Costa Rica, dove fondò una società di costruzioni denominata “F. Durini y F. Tenca”. Ebbe un ruolo essenziale nella costruzione del Teatro Nazionale, una delle opere pubbliche più importanti di Sn Josè. Nel 1893, per provvedere al moltiplicarsi di contratti relativi a pavimenti, colonne, statue in marmo, si trasferisce a Genova da dove spedisce a suo fratello Lorenzo, in Costa Rica, i lavori realizzati in Italia. I due fratelli sono i titolari della società “Durini Hermanos. Escultores, Arquitectos, Empresarios, Constructortes y Negociantes de mármoles”. Vedi Gutiérrez Viñuales 2007, pp. 254-259.
14 “Carlo Bernasconi. Decoratore italiano trasferitosi in Guatemala all'epoca del presidente José M. Reina Barrios.(1892-1898). Fu architetto e marmista a Quetzaltenango. La maggior parte dei monumenti funerari del Cimitero di Quetzaltenango sono opera sua. Possiede la Compagnia Bernasconi y Cia nella Plazuela del Calvario”. Liano 2003, p.16.
15 GiocondoGranai. Nasce l'11 giugno 1860, a Napoli, da Costantino (n.a Carrara, 1822) e da Cristina Squitteri. Il padre, tecnico nell'estrazione del marmo, si trasferisce a Pietraroia, in Campania, a lavorare nelle cave di granito. In Italia Giocondo studia Architettura; lavora nei laboratori delle cave di marmo di Carrara ed in quelle di granito di Pietraroia. Nel 1895 decide di emigrare, insieme ad altri artisti e professionisti italiani, in Guatemala, dove già si trovava dal 1871 il fratello minore Umberto..che lavorava in proprio come marmista (…). In Guatemala il presidente Barrios, favoriva in quel momento diverse riforme urbanistiche, alle quali partecipa anche Giocondo (…). Tra le sue opere a Guatemala vi sono: la piazzetta di Carlo V (Plazuela España), vari quartieri residenziali realizzati con materiali e cantieri di sua proprietà a Caleras del Norte; la Cappella in marmo del Cristo Sepolto, del Tempio di San Domenico; la sede del Colegio Secretarial Bilingüe, nella zona 1. Muore a Città del Guatemala il 17 settembre 1932. Ibidem, pp. 74 -75.
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della scultura e architettura in America Latina17. Fu probabilmente proprio grazie a Durini, all'epoca in società con Edoardo Felice, che si aprì un primo sbocco in America Centrale ai marmi lavorati a Pietrasanta. Di ciò ne dà testimonianza il carteggio Barsanti, che riporta alla luce anche il nome di Antonio Grotti18 come primo titolare di laboratorio di Pietrasanta a lavorare per Durini.
Durini e gli altri imprenditori sopra citati funzionarono da mediatori tra i laboratori di Pietrasanta e la committenza estera, ma per Barsanti rappresentarono la concorrenza alle sue succursali di San Salvador e di Guatemala, essendo anche loro operativi su quelle piazze. Nel frattempo la ditta "Durini & Felice", rilevata da Quinto Sesti, socio di Barsanti, continuava infatti ad operare in Centro America sotto diversa ragione sociale.
Dalle lettere di Martino si capisce che questi imprenditori ottenevano in quegli stati commissioni di opere alle quali era interessato lo stesso Barsanti, opere che poi avrebbero fatto eseguire a laboratori di Pietrasanta. In particolar modo Durini e Bernasconi predilessero il laboratorio di Ferdinando Palla. Si può sostenere quindi, che molti dei lavori e dei marmi, attribuiti oltreoceano a questi nomi, sono usciti proprio dal laboratorio di quest'ultimo.
Questi mediatori possedevano dei cataloghi con il loro repertorio di opere sulla base dei quali i clienti potevano scegliere ciò che desideravano. Queste raccolte di immagini risultarono un importante strumento di diffusione di modelli e gusti italiani all'estero.
Soprattutto quello appartenuto a Francesco Durini è molto citato nella corrispondenza di Barsanti, poiché frequentemente i suoi agenti e soci in America richiedevano lavori a Martino sulla base di quello stesso catalogo.
Barsanti stesso ne fu possessore (se ne ha notizia in alcune lettere) così come Palla, tant' è vero che una di queste pubblicazioni curate da Durini è oggi conservata dagli eredi nei locali del laboratorio19.
17 L'attività della famiglia Durini, a partire da Francesco e da suo fratello Lorenzo, estese il suo raggio d'azione a diversi paesi dell'America Centrale e all'Ecuador. Vedi Gutiérrez Viñuales 2007, pp. 254-259.
18 Nella corrispondenza si parla di Grotti come “agente” della ditta "Durini & Felice". Lettera del 15 febbraio 1892, Copialettere N°18.
19 E' un catalogo di grandi dimensioni con la dicitura “Genova/Italia propriedad Francisco Durini Arquitecto Guatemala Centro America”.
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Non è possibile oggi elencare tutti i numerosi lavori che, usciti dai laboratori di Pietrasanta, andarono ad arredare dimore, strade, piazze e cimiteri dell'America latina.
Del resto il clima sociale e culturale che caratterizzava l'America latina tra l'ultimo quarto del XIX secolo e i primi decenni del XX fu decisamente favorevole al commercio ed all'esportazione di marmi dalla zona apuana.
La raggiunta indipendenza di molti Stati del Centro America, l'affermarsi di governi liberali e dittature “progressiste”, seguiti da momenti di particolare sviluppo economico e sociale, fecero sorgere nuove classi e nuove ricchezze. Si generò dunque in questi paesi una forte esigenza di celebrazione di una propria identità nazionale e una volontà di autorappresentazione da parte dei nuovi governi e dei nuovi ceti emergenti20 .
Un'ansia di “europeizzazione,” e di “monumentalizzazione” in campo socio-culturale invase quindi questi paesi, imprimendo una nuova immagine a città, piazze, giardini, viali e cimiteri21.
Il bisogno di “sacralizzare” la memoria e celebrare l'identità nazionale trovarono nel marmo il materiale idoneo, portatore di per sé di significati simbolici storici e classici, di grandezza, prestigio ed eternità. Il marmo venne quindi utilizzato in gran quantità per la costruzione e la decorazione di nuovi palazzi sia pubblici che privati così come per la realizzazione di monumenti celebrativi che, collocati nelle zone nevralgiche delle città, furono il simbolo palpabile di una nuova classe dirigente.
Tutto ciò dette vita ad un vivace mercato artistico in cui il marmo apuano ed i laboratori di Pietrasanta e di Carrara furono protagonisti, anche perché il marmo bianco apuano era il materiale più pregiato e adeguato alla retorica celebrativa della committenza centroamericana, senza contare che oltreoceano non esistevano maestranze specializzate nella lavorazione di quest'ultimo22.
Oltre alla committenza pubblica, di grande rilievo fu la richiesta ai laboratori apuani di scultura e architettura funeraria.
20 Sull'argomento vedi Sborgi 2007, pp. 248-253.
21 Sull'argomento vedi Gutiérrez Viñuales 2007, pp. 254-259.
22 Furono molti i concorsi banditi dai governi centroamericani per scegliere a chi affidare appalti relativi a costruzione di edifici e monumenti pubblici. Ad alcuni di questi concorsi partecipò anche Martino Barsanti.
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Anche i cimiteri di quei lontani paesi, infatti, furono coinvolti in quel processo di monumentalizzazione che già aveva riguardato i cimiteri europei ed è proprio ai gusti e ai canoni della scultura europea, ed in particolare a quella italiana, a cui i committenti della borghesia emergente centroamericana si rivolgono, desiderosi di autocelebrarsi anche attraverso la sacralizzazione della memoria privata.
E' alla luce di questo contesto storico-sociale che si possono comprendere le relazioni che un laboratorio di Pietrasanta, come quello appunto di Martino Barsanti, ma non solo il suo, cercò di intrattenere con quel mercato in fermento che era il Centro America. Tuttavia è da sottolineare che, nonostante i concorsi banditi dai quei governi per scegliere a chi affidare la realizzazione di edifici e monumenti celebrativi, non furono i risultati di questi a determinare il successo commerciale dei laboratori apuani.
Dalla corrispondenza uscita dal laboratorio Barsanti emerge nettamente come fosse difficile partecipare a questi concorsi e, ancor di più, ottenerne committenze.
L'impegno che richiedevano era sia logistico che economico: viste le distanze, infatti, occorreva appoggiarsi a qualcuno in loco che rappresentasse e tenesse informato il concorrente su modalità, regolamenti e termini di scadenza.
In certi casi bisognava favorire documenti (come ad esempio certificati dell'Accademia) che attestassero l'idoneità dell'interessato alla partecipazione, raccogliere informazioni e biografie sul soggetto da “monumentalizzare”, preparare progetti in disegni e bozzetti ben elaborati, spedirli in tempi congrui affinchè fossero ammessi a concorrere.
Tutto ciò comportava un impegno economico.
Spesso poi questi concorsi risultavano poco regolari in termini di “trasparenza”, condizionati nello svolgimento e nell'esito da interessi politici e campanilistici.
Nonostante tutto, comunque, sembravano essere molto ambiti, anche dallo stesso Barsanti, che concorse per svariati monumenti celebrativi. Martino era in realtà motivato più da un rientro in termini di visibilità, che il suo nome avrebbe
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potuto avere in caso di aggiudicazione, che non da un rientro in termini economici.
Ad esempio, nel 1895, Barsanti risultava impegnato, con la collaborazione di Antonio Bozzano, che gliene eseguì il bozzetto, nell'elaborazione di un progetto per il “Monumento per l'Indipendenza” da erigersi sulla Piazza d'Armi di San Salvador23.
Sempre dal 1895, per alcuni anni, e sempre con la collaborazione di Bozzano24, Martino progetta un Monumento a Cristoforo Colombo per il Guatemala, progetto che sembra essere andato a buon fine, visto l'utilizzo che poi nel 1906 Barsanti ne farà, pubblicandone l'immagine su una rivista specializzata, a corredo dell'articolo pubblicizzante la sua attività25.
Nel 1906 Barsanti faceva pratiche per partecipare anche al concorso indetto dalla colonia italiana di Lima in Perù per l'erezione di un monumento allo scienziato italiano Raimondi26.
Dal 1910 Martino si interessò e partecipò a più di un bando pubblico riguardante monumenti per l'isola di Cuba, come ad esempio quello per il monumento al Generale José Luis Robau, al patriota Francesco Vincenzo Aguilera (per il quale venne smarrito il bozzetto mandato da Barsanti), ai monumenti celebranti otto generali da collocarsi in pubbliche piazze e a quello per il Generale Maximio Gomez27.
23 In una lettera che accompagnava la fotografia del bozzetto, spedita in Salvador, c'è una descrizione del progetto: il gruppo centrale all'estremità del basamento rappresentava la figura, che sarebbe stata eseguita in bronzo, di un'india americana, vestita in costume e reggente le catene appena spezzate, affiancata dalla figura di un angelo indicante con la mano destra il cielo, fonte di libertà; sotto ci sarebbe stato il motto “surge” con 4 festoni di alloro, lo stemma della nazione in bronzo. Nel basamento, a 4 facciate, ci sarebbe stato un bassorilievo rappresentante la scoperta dell'America e i nomi dei patrioti che formarono in San Salvador la prima giunta del governo, e quelli dei guerrieri insigni ispanoamericani che si distinsero per l'Indipendenza. Nei 4 “corpi” avanzati siedono 4 figure (geni) sostenenti ognuno un ritratto a medaglione rappresentanti Washington, Hidalgo, Bolivar, Morazan. Lettera del 29 gennaio 1896, Copialettere N°23.
24 “Fare dei progetti che escano dall'ordinario non è cosa tanto facile e occorre studio e provetti artisti (…) In plico raccomandato vi ho spedito quattro grandi fotografie di un progetto per Monumento a Colombo che il Bozzano da tempo stava studiando. Vedete non se ne faccia riproduzione”. Lettera del 13 luglio 1903 a Giunta in San Salvador, Copialettere N°43.
25 Vedi Trevisani 1906.
26 Lettera del 13 marzo 1906, Copialettere N°47.
27 Lettera del 18 gennaio 1910, Copialettere N°57, lettera del 26 settembre 1911 e lettera del 17 settembre 1912, Copialettere N°63, lettera del 13 marzo 1917, Copialettere N°79.
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Proprio in alcune lettere, che si riferiscono ai lavori sopra citati, emergono le dinamiche poco chiare dello svolgimento di questi concorsi, sui quali il Barsanti esprimeva dubbi e manifestava la sua delusione.
In una lettera del 17 settembre 1912 indirizzata al Signor R. S. O' Fallon, Ingegnere dei Lavori Pubblici a Santiago di Cuba, in merito al concorso indetto dal Governo Provinciale, per l'esecuzione dei monumenti agli otto generali, Barsanti scriveva, che, mentre stava attendendo particolari per realizzare i progetti dei vari monumenti, a Pietrasanta “semplici commercianti di poca entità, erano già bene informati su questo affare avendo pure ottenuto le corrispondenti fotografie e credo che abbian già rimesso alcuni progetti e relative proposte”.
Il che provava, secondo Barsanti, che i rappresentanti a Cuba dei suoi colleghi pietrasantini godevano di molta influenza presso le locali istituzioni per poter conoscere i particolari del bando, prima che fosse pubblicato sul “Boletin Oficial” ottenendone quindi un vantaggio. Sempre Barsanti, amareggiato da tale situazione, scriveva: “Cosicchè gli artisti desiderosi di presentare i loro progetti in buona fede restano ingannati e ciò che è peggio da persone che non videro mai la Scuola di Belle Arti”28
. La medesima cosa, diceva Barsanti, era successa anche per il monumento “Aguilera”. Martino scriveva allo stesso ingegnere di essere “molto curioso di conoscere i documenti di competenza artistica dei vincitori di detto concorso, Signor Del Bianco, primo premio e Luisi, secondo premio. Nessuno di questi due signori conosce il disegno e molto meno sanno di architettura e di scultura”29
.
In questo concorso risultò vincitore Luisi, l'ex collaboratore dello stesso Martino30.
In realtà furono l'architettura e la scultura propriamente funeraria che rappresentarono una rilevante fonte di sostentamento un po' per tutti i laboratori apuani. Se ne ha riscontro anche dalla corrispondenza del laboratorio Barsanti,