6. Il laboratorio Barsanti: collaborazioni e funzionamento 1 Il laboratorio Barsanti e le collaborazioni esterne: professor
6.2. Immagini e gessi: la ricchezza del laboratorio
Il vero punto di forza di un laboratorio e segno di distinzione rispetto agli altri atelier era, come è stato già evidenziato, la collezione di soggetti riproducibili, disponibili sotto forma di fotografie e gessi.
La fotografia risultava infatti il punto di partenza per qualsiasi lavoro, strumento essenziale perchè su di essa lo scultore si basava per trarne un modello nel caso il laboratorio ne fosse privo. Le foto dei modelli eseguiti venivano inviate ai committenti affinché essi potessero scegliere il soggetto desiderato. Gli scatti erano effettuati anche ai modelli in creta, le immagini così realizzate venivano spedite in modo che il cliente potesse verificarne la corrispondenza alla richiesta o suggerirne eventuali modifiche.
Dal carteggio Barsanti risulta anche che venivano mandate al laboratorio fotografie di personaggi da cui trarre il ritratto, alle volte immagini riprese persino da "vero cadavere".
Notevole era l'impegno economico necessario sia per realizzare gli scatti che la loro stampa1. Le numerose foto prodotte e acquisite nel tempo dal laboratorio venivano conservate e raccolte in album della cui importanza si è trattato in precedenza2. Barsanti teneva aggiornati questi album di cui aveva una copia, oltre che nel laboratorio di Pietrasanta, anche nelle sue filiali estere. Spedendo via via nuove fotografie ai suoi agenti e soci, Martino assegnava la medesima numerazione di quelle presenti nell'album della sede, in modo che per gli ordini sarebbe bastato citare il numero di catalogazione dell'immagine.
L'autore di gran parte del materiale fotografico, riproducente lavori prodotti nel laboratorio di Martino Barsanti, fu Guglielmo Della Nave, fotografo di fiducia sia di Martino che di altri laboratori di Pietrasanta. Costui, pisano con studio a Massa3, presente nel carteggio Barsanti dal 1895 al 1917 circa, frequentava Pietrasanta e i suoi laboratori abitualmente il sabato per fotografare
1 Barsanti scriveva che "per tirare una negativa con sei copie spende £ 6". Lettera a Zilocchi del 21 febbraio 1899, Copialettere N°34. A testimonianza della spesa che comportava la stampa delle foto, questa voce di spesa appare in molti preventivi relativi all'esecuzione di sculture. 2 Vedi Cap. 2.2.
3 Guglielmo Della Nave aprì il primo studio fotografico a Massa, in Via Cavour, nel 1882. Vedi Bertozzi 1985, p. 176.
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sia opere finite che in esecuzione, così come i modelli in gesso che man mano entravano a far parte della collezione dello studio. Da alcune immagini si capisce che veniva addirittura allestito una specie di set: dietro alle opere da fotografare si stendeva un panno nero in modo che potessero risaltare meglio le sculture eseguite4.
Della Nave realizzava almeno due lastre: una rimaneva a Barsanti, che la conservava nel suo archivio, l'altra restava al fotografo che ne traeva via via copie su richiesta.
Martino si rivolse spesso a Della Nave non solo per ritrarre quanto prodotto nel suo studio, ma anche per reperire altri soggetti. Il fotografo infatti, doveva essere in possesso di una rilevante collezione di lastre ritraenti opere da lui immortalate. E' da ritenersi infatti che, proprio grazie al suddetto fotografo, sia stato possibile per Pietrasanta reperire, nei primi tempi di sviluppo del settore lapideo, fotografie di modelli appartenenti ai laboratori dell'area carrarese.
La collaborazione con conoscenti, rappresentanti, galleristi, scultori attivi nei centri artistici più importanti permise dunque a Barsanti di ampliare, oltre che la rete di vendita, anche il repertorio di soggetti eseguibili5. A questo proposito è interessante quanto scriveva Barsanti a proposito di uno dei suoi primi album spediti alla succursale in Guatemala, testimonianza di una vasta circolazione e contaminazione di modelli. Martino specifica infatti a Quinto Sesti che, "per compilarlo, oltre la non indifferente spesa di circa £ 400, mi è convenuto corrompere fotografi di Carrara, Massa e Genova e ciò per avere i diversi soggetti che tutti vogliono tenere custoditi"6.
E' dunque ovvio come il carteggio Barsanti metta in evidenza l'indispensabilità della collezione iconografica e le continue pratiche da parte del titolare per incrementarla.
A questo proposito sono svariate le lettere che riportano l'impegno continuo di Martino nella ricerca di nuovo materiale; tra queste singolari sono
4 In alcune immagini si nota anche il personale del laboratorio che amava essere ripreso insieme all'opera fotografata. (Fig. 26)
5 E' ad esempio interessante come il laboratorio Barsanti conservi materiale fotografico Alinari, riproducente i più famosi monumenti italiani, pervenuto attraverso la galleria Bazzanti di Firenze. Da Roma è grazie a Zilocchi che Barsanti ottiene foto e addirittura gessi di opere, da Parigi il suo tramite è invece Andrea Barsotti.
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alcune missive in cui Barsanti suggeriva ai collaboratori astuti escamotage per battere la concorrenza. Ad esempio Martino ad Andrea Barsotti scrisse: "Mi sarebbero di massima utilità per un affare due Album che posseggono i sig.ri Molfino & Penny di Genova e siccome questi signori trafficano di lavori in marmo, sarebbe a me impossibile averli domandandoglieli direttamente, per cui penso di figurare una lettera che parta da un signore americano che si trova costì, come potrete intendere dalla bozza che qui unisco. Questa la farete tradurre e scrivere in buon francese da qualche vs conoscente"7.
Stesso modus operandi si ritrova, qualche anno dopo, nella lettera che Martino inviò a Dati. Nella missiva in questione Barsanti suggeriva al suo dipendente di scrivere, per conto di nomi di possibili clienti americani, ad una lista di laboratori pietrasantini, da lui stesso preparata, per incoraggiarli a mandare fotografie, nello specifico di "antichità", in vista di futuri lavori, Martino aggiungeva, in modo scaltro, i dettagli con cui procedere nei confronti dei singoli laboratori: "Quelli segnati con x in lingua inglese, gli altri in cattivo italiano. Possibilmente in differenti carte. Scrivete pure al Palla Arturo in inglese e fategli sperare che facilmente potrà avere la rappresentanza, che mandi e cerchi molte fotografie e che in novembre sarà in Italia per dare forti ordini"8.
Altro sistema con cui Barsanti ampliava il suo ventaglio di proposte artistiche era quello di procurarsi immagini attraverso periodici specializzati, tramite i quali Martino si teneva pure aggiornato sulle dinamiche del settore, su bandi e concorsi in atto9.
Ricercati con grande attenzione erano pure i cataloghi di altre ditte, magari non più esistenti, nei quali erano contenuti repertori scultorei molto sfruttati e di moda all'epoca.
Oltre al catalogo Durini, di cui si è trattato in precedenza10, altri campionari di immagini, utilizzati dal laboratorio Barsanti, e molto diffusi nei laboratori di Pietrasanta, furono quelli della società genovese "Molfino & Penny"
7 Lettera del 18 febbraio 1898,Copialettere N°31.
8 Lettera del 6 agosto 1903, Copialettere N°43. Nella missiva Martino invita Dati a scrivere a "Palla Ferdinando, Amedeo Barsanti, Bibolotti & C Scultori, Raffaello Battelli, Moriglioni Scultore, Ferruccio Pesetti, Bacci Vincenzo".
9 Un esempio di questi periodici era "Lo scultore in marmo". Lettera dell'11 gennaio 1918, Copialettere N°82.
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e quello dello scultore Federico Fabiani11, particolarmente richiesti per i lavori da eseguirsi per il Centro America12.
"Molfino & Penny" era il nome che faceva capo ad una ditta di spedizionieri genovese, di cui lo stesso Barsanti si avvaleva per le spedizioni oltreoceano. Il fatto che costoro si occupassero di commerci in marmo, non essendo né scultori né possessori di laboratori (come specifica lo stesso Barsanti in una lettera13) testimonia come fosse fiorente l'export di marmi grezzi e lavorati.
Il carteggio testimonia anche la presenza nel laboratorio di repertori "tematici", album dedicati specificamente a raccogliere immagini riproducenti altari, statue o cappelle. Fra questi quello siglato "M", ad esempio, conteneva fotografie di lavori architettonici del cimitero monumentale di Milano, continuo punto di riferimento, quest'ultimo, insieme a quello genovese di Staglieno, per molti lavori.
Oltre alla collezione di immagini, di vitale importanza risultava per il laboratorio il corredo di modelli in gesso, utili per l'immediata traduzione in marmo. La gipsoteca rappresentava la reale capacità produttiva e competitiva del laboratorio e anche in questo caso sono frequenti nella corrispondenza le citazioni che testimoniano la sua importanza e le pratiche del titolare per incrementarla.
L'essere già in possesso del modello di un'opera richiesta era un vantaggio commerciale in quanto permetteva di velocizzarne l'esecuzione e di abbassarne il prezzo. Se, invece, il modello non era disponibile, bisognava procedere alla sua realizzazione e ciò costituiva una voce di spesa ulteriore sul preventivo.
Per questo motivo, Barsanti, soprattutto per la produzione più standardizzata, preferiva, quando possibile, eseguire lavori da modelli già a disposizione dello studio.
11 Di lui Panzetta scrive: “Fabiani F. Genova, 1835; ivi, 1914. Allievo di Santo Varni e di Isola a Genova. Attivo anche in altri Paesi d' Europa e in America del Sud, esegue un “San Giovanni” (ante 1875) per la facciata della chiesa dell'Immacolata a Genova. Espone ritratti, opere di genere e narrative alla Promotrice di Belle Arti di Genova fino al 1892 (...)”. Panzetta 2003, p. 360. Su F. Fabiani e la diffusione dei suoi soggetti vedi anche Sborgi 1997, p. 325.
12 Vedi lettera dell'8 agosto 1898 a Zilocchi a Genova in cui Barsanti scrive "Ho bisogno da lei di un favore (...) Per una mia casa del centro America vorrei acquistare 2 o 3 copie in litografia di monumenti sepolcrali del Prof. Comm. Fabiani di costì, poichè mi scrive la succitata che assolutamente non può farne a meno. Tale album è composto di tavole con relativa nota prezzi ed è stato riprodotto in litografia costì in Genova da Carlo Cabello Litografo Vico Berrettieri 3, presso il quale sono persuaso si dovrebbe trovare." Copialettere N°32.
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La collezione negli anni, aumentando di numero, richiedeva grandi spazi per la sua sistemazione così che venivano sfruttate le pareti dei locali con mensole posizionate a varie altezze e allestendo specifici depositi.
I soggetti erano i più disparati: modelli di angeli, madonne e santi, soggetti di genere, busti di personaggi famosi, putti e calchi dai classici, ever green come veneri, pietà, ultime cene e vie crucis.
Si trattava di repertori comuni a tutti i laboratori, ma erano anche presenti soggetti realizzati appositamente, tra i quali il laboratorio Barsanti deteneva i modelli delle creazioni di Zilocchi e di Bozzano. Di costui la corrispondenza riporta in particolar modo una serie di varianti iconografiche riguardanti la figura dell'angelo14.
Come le fotografie, i disegni e i progetti, anche i gessi viaggiavano. A quei committenti a cui non bastava l'immagine fotografica, il laboratorio spediva infatti i modelli in gesso per ottenerne l'approvazione prima di procedere alla loro traduzione in marmo. Succedeva anche il contrario, ossia che i clienti stessi mandassero i modelli da trasporre in marmo, ciò succedeva ad esempio quando gli scultori commissionavano loro opere al laboratorio. Casse di gessi, ad esempio, giungevano anche dall'estero, come nel caso dei Daprato che spedivano a Barsanti, per l'esecuzione in marmo, modelli di soggetti sacri dalla loro manifattura americana.
Dall'esame del Copialettere emerge come, perlomeno fino a tutto l'ultimo decennio dell'Ottocento, Barsanti si rivolgesse alla zona di Barga, famosa per i suoi "figurinai", e a Firenze per farsi realizzare modelli in gesso da suoi soggetti in creta e per procurarsene di nuovi. E' dunque molto probabile che a Pietrasanta, in quel periodo, non vi fossero ancora abili "formatori", cioè artigiani specializzati nella lavorazione artistica del gesso. Ciò è confermato da una lettera del 1897 in cui Martino scrive che "un bozzetto ben tirato non è cosa da poco e occorre ch'io lo faccia fare a Firenze ove si trovano stucchinari pratici di tale partita, mancando qui di operai di tal genere"15.
14 "Angelo gettafiori", "Angelo con croce" "Angelo Preghiera" "Angelo dal velo con croce" un "Bacio degli Angeli".
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Più di una lettera fu poi spedita da Martino ad artigiani del gesso come Giocondo Molinari di Coreglia Antelminelli16, Antonio Castelvecchi di Barga e Francesco Dinucci, originario di Corsagna, un paesino della Media Valle del Serchio. Ai primi due Martino scrisse a distanza di pochi giorni per ricevere due modelli di S. Michele, conformi alla fotografia allegata17. Al Molinari, già nel 1890, Barsanti si rivolse per prendere accordi per l'esecuzione di un gesso. Martino gli scrisse: "Avrei da far formare due bozzetti di circa cm 75 a forma buona, se mi convenisse il prezzo li farei volentieri, caso diverso li farò a forma persa. Vi prego dirmi se poteste qui recarvi a fare tale lavoro e quanto ci può andare di spesa (...) potrò magari rilasciarvene una o due copie". A Dinucci Barsanti inviava lettere a Parigi dove quest'ultimo aveva impiantato una grande attività come figurinaio18. Fra queste è significativa la missiva del 19 aprile del 1895 in cui Barsanti chiedeva a Dinucci se nella sua "assortita collezione di modelli in gesso" avesse avuto anche "quelli dei 4 evangelisti, generi discreti e d'effetto". Nella stessa lettera Martino aggiungeva che "se i vostri prezzi saranno per me convenienti, all'ordinazione vedrò di farvene aggiungere altri, se avrete come spero dei generi nuovi per il mio laboratorio"19.
Barsanti, nel suo Copialettere, fa spesso riferimento ai modelli e ne parla caratterizzandoli con gli aggettivi di "buoni o andanti" o "di forma fresca o stanca" a seconda del grado di finitezza, aspetti che ne condizionavano anche il prezzo di acquisto.
16 “Enrico Dario Giocondo Molinari (1854-1906) era figlio di Giovanni Molinari che emigrò in Germania ove a Lauberg istituì un laboratorio destinato alla realizzazione e alla vendita di figurine di gesso. Giocondo intraprese dapprima gli studi a Lucca ed a Firenze e, divenuto presto scultore peritissimo, si dedicò alla riproduzione di soggetti d'arte greco- romana nel Museo Nazionale di Napoli e nei Musei di Villa Albani, Capitolino e Vaticani di Roma. Nella seconda metà del secolo scorso si stabilì definitivamente a Coreglia ed aprì una bottega ove, con l'aiuto di valenti artigiani, mise a disposizione di moltissime compagnie che si recavano periodicamente all'estero, un'indefinita gamma di modelli e di stampi (...). Quando il barone Carlo Vanni istituì la scuola di Disegno e Plastica, offrì generosamente la sua disponibilità di esperto e di maestro”. Tagliasacchi 1990, pp. 158 e 159.
17 Lettera a G. Molinari del 29 settembre 1897 e lettera ad A. Castelvecchi del 1 ottobre 1897, Copialettere N°31.
18 Su F. Dinucci vedi Movimenti migratori legati alla diffusione del Made in Italy. Il contributo degli italiani nell'arte e in alcune forme di artigianato all'estero da www.globusetlocus.org/ImagePub.aspx?id...
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