6. Il laboratorio Barsanti: collaborazioni e funzionamento 1 Il laboratorio Barsanti e le collaborazioni esterne: professor
6.3. Strategie di promozione pubblicitaria
Martino Barsanti fu un imprenditore che precorreva i tempi, un antesignano della filosofia secondo cui "la pubblicità è l'anima del commercio". Come tale, comprese che la produzione del suo laboratorio dovesse essere opportunamente pubblicizzata, fatta conoscere non solo in ambito nazionale, ma anche internazionale. Diverse, in questo senso, furono le idee messe in atto da Martino nell'ambito della promozione della sua attività. Oltre ad affidare alla stampa dei cataloghi la divulgazione di quanto prodotto, Martino si premurò di utilizzare la sua rete di conoscenze altolocate per pubblicizzare in modo mirato il nome della propria attività. Ad esempio inviò nel 1910 otto copie del suo catalogo tascabile a Ramon Zelaya, console generale di Costa Rica, affinché costui, approfittando delle sue "numerose relazioni" e "imprendendo un'intensa reclame" a favore di Barsanti, li portasse con sé in Centro America. Quanto Martino tenesse a questo aggancio, lo dimostra il fatto che riconoscesse al console addirittura il venticinque per cento di provvigione sui lavori commissionatigli1.
Comunque, già agli inizi della sua attività, Martino cercò di ampliare il suo portafoglio clienti, utilizzando la sua rete di conoscenze, come emerge nel 1891 da una lettera da lui inviata ad un direttore di banca di Milano, tale Guido Colusso, in cui Martino si accorda per l'invio a pagamento di un elenco di indirizzi di scultori, negozianti in marmo e proprietari di negozi o gallerie di sculture "riguardanti capitali di diversi stati" presso cui avrebbe potuto promuoversi2.
Barsanti aveva ben presente l'importanza di pubblicizzare la ditta anche tramite l'invio di lettere standard di tipo promozionale a persone che operavano variamente nell'ambito artistico. In tali missive Martino presentava al meglio la propria azienda nella sua capacità produttiva e garantiva, rispetto ai concorrenti di "questa regione marmifera", un ottimo rapporto qualità-prezzo.
1 Lettera del 13 luglio 1910, Copialettere N°57.
2Lettera del 27 dicembre 1891, Copialettere N°18. Nella missiva Martino contratta il prezzo di tali informazioni e risponde al direttore, con cui aveva avuto contatti in precedenza, che "il prezzo di cent. 50 per ogni indirizzo mi sembra alquanto caro".
100
Il buon nome della ditta passava anche attraverso biglietti da visita, carta intestata dell'azienda, locandine e cartoline opportunamente realizzate per valorizzare le qualità artistiche dell'attività.
Il carteggio dà testimonianza dell'impegno profuso dal titolare nell'elaborazione e stampa di questo tipo di materiali. Una di queste lettere riporta i dettagli grafici con cui Barsanti voleva caratterizzare l'operato della sua azienda. E' di grande interesse, a questo riguardo, la missiva con cui, nel 1894, Barsanti ordinava dei biglietti da visita alla tipografia "F.lli Sensi" di Milano. In essa Martino precisava di aver valutato il progetto che gli era stato spedito e, proponendo delle varianti, scriveva: "la figura desidero che rappresenti la Scultura o l'Architettura, anzi penso di unirvi una fotografia che presso a poco mi piacerebbe che Voi vi ci ispiraste, imprimendo nel medaglione che porta, lo stemma italiano, come reclame potete apporvi le medaglie dell'Esposizione Vaticana e quella di Parigi. Faccio eseguire tali indirizzi per la mia succursale del Guatemala"3.
Caratteristiche analoghe si ritrovano in una carta intestata realizzata per la filiale di San Salvador di cui, tra le pagine del carteggio, è pervenuta copia. Oltre alle personificazioni della Scultura e dell'Architettura, in essa sono presenti gli stemmi del Regno d'Italia e della Repubblica del Salvador, come richiesto da Giuseppe Giunta, socio della succursale salvadoregna di Barsanti4. Martino, nella stessa missiva, rassicurava comunque il destinatario che la carta intestata, riportante esclusivamente la sede italiana da cui vengono "sfogati gli ordini", è di per sé garanzia di qualità. (Fig. 41)
L'attenzione per l'immagine grafica da proporre al pubblico è visibile anche nell'idea di Barsanti di appendere locandine pubblicizzanti l' azienda nelle principali stazioni ferroviarie come risulta dalla lettera datata 25 aprile 1900 inviata alla filiale di San Salvador: "E' mia intenzione di fare grandi fotografie del mio stabilimento e sezioni, giacchè voglio farlo mettere nelle primarie stazioni ferroviarie d'Italia, Francia etc".5
3 Lettera del 13 dicembre 1894, Copialettere N°24. 4 Lettera del 15 aprile 1896, Copialettere N°27 . 5 Copialettere N°33.
101
Consapevole dell'importanza della stazione anche come possibile vetrina, Martino pensò addirittura di allestire una grande esposizione delle sue opere migliori sulla terrazza sovrastante il suo laboratorio che, prospiciente la stazione stessa di Pietrasanta, si sarebbe mostrato nella sua imponenza anche a chi era di passaggio. Le lettere riportano le trattative di Barsanti con un artigiano vetraio di Milano per allestire una vetrata di protezione: "(...) queste verande che verrebbero a tramutarsi in gran saloni, ne vorrei fare una specie di galleria dei miei lavori artistici di marmo, che dovrebbero essere visibili anche da coloro che passano in ferrovia"6.
La pubblicità a mezzo stampa fu un'altra delle strategie promozionali che, utilizzate da Barsanti, accompagnò l'attività dell'azienda fin dagli esordi. Nel 1894, ad esempio, Martino, dopo la morte del socio Sesti, pubblicò un inserto sui quotidiani locali per comunicare che l'azienda avrebbe proseguito l'attività con il suo nome7. Successivamente numerose furono le citazioni e gli articoli sulla stampa nazionale ed estera. Significativa, a questo riguardo, la lettera con cui, nel 1886, Barsanti si informa su prezzi e modalità per pubblicizzare la sua ditta in un giornale di Buenos Aires8 o quella con cui, dodici anni dopo, riporta le critiche positive al monumento di M. Villavicencio, realizzato dal laboratorio Barsanti per il cimitero locale, apparse sul giornale salvadoregno "El Aviso". Dalla stessa lettera emerge inoltre come Barsanti ritenesse opportuno utilizzare le copie di tale articolo ridistribuendole ad alcuni clienti americani9.
Altri esempi interessanti di promozione, emersi dal carteggio, furono quelli comparsi negli Annuari Generali d'Italia nelle edizioni del 1903-1904. Tali inserzioni costarono a Barsanti sessanta lire, malgrado la contrarietà di Martino, poichè, a suo dire, il testo pubblicato riguardante la sua attività, differiva da quanto da lui indicato10.
Di questo tipo di promozione è stato poi possibile recuperare una pregevole testimonianza all'interno di una pubblicazione italiana del 1906 sui rapporti industriali tra Italia e America Latina. In essa viene fatta una storia
6 Lettera del 23 giugno 1906, Copialettere N°49. 7 Vedi Cap. 3.
8 Lettera del 21 ottobre 1886, Copialettere N°6. 9 Lettera del luglio 1898, Copialettere N°30. 10 Lettera del 1 agosto 1904, Copialettere N°45.
102
dettagliata della ditta Barsanti ed elogiato il coraggio imprenditoriale di Martino, vero e proprio "pioniere" dell'esportazione di marmi in America Latina11. (Fig. 48 e 49)
11Vedi Trevisani 1906, pp. 58-60.
103
6.4. Spazi e organizzazione del lavoro
A seguito del grande sviluppo del settore marmifero, a Pietrasanta, a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, si assistette ad un vero e proprio proliferare di laboratori che, nel giro di pochi anni, impressero un aspetto del tutto particolare al piccolo centro urbano. Modeste realtà artigianali si modificarono, ampliandosi nelle dimensioni delle strutture, degli ambienti di lavoro e nell'impiego di un numero sempre maggiore di maestranze.
Parte integrante di questa nuova realtà produttiva fu lo stesso laboratorio Barsanti. Martino, infatti, nell'ultimo decennio dell'Ottocento, visti i buoni risultati commerciali, abbandonò la vecchia struttura aziendale, ubicata nella zona di Porta a Lucca, vicino a Palazzo Sesti1, per costruire il nuovo laboratorio su un terreno di sua proprietà presso la "Madonnina"2.
L'azienda, posta sul lato mare della stazione ferroviaria, dimostra quanto Barsanti avesse ben chiara l'importanza logistica della localizzazione della ditta nei pressi dei binari per il trasporto dei suoi marmi lavorati. In alcune lettere si capisce addirittura che Martino ha anche una convenzione con le Ferrovie per utilizzare un binario morto adiacente al laboratorio3.
La nuova struttura, a differenza della precedente di minori dimensioni, dislocata in più ambienti e meno efficiente dal punto di vista produttivo, era caratterizzata da ampi locali ben organizzati, suddivisi in reparti in base alle varie mansioni produttive.
Lo spazio totale della ditta aveva un'estensione di circa dodicimila metri quadri, di cui seimila destinati al laboratorio vero e proprio, al cui interno erano
1 Lettere del 6 maggio e del 17 luglio 1897, Copialettere N°29.
2 Si tratta sempre di una località nelle immediate vicinanze del centro storico di Pietrasanta. 3 In una lettera del 19 marzo 1901, Copialettere N°37 indirizzata all'Onorevole Ispettorato
Ferroviario del Movimento e Traffico di Genova si legge "Con convenzione 30 giugno 1899 l'Amministrazione delle ferrovie mi concedeva in affitto una zona di terreno parallela al binario morto in prolungamentodella 3° linea all'estremo Pisa di questa stazione di Pietrasanta, con obbligo di costruire alla distanza di metri 2 dal bordo interno della rotaia a mare del binario stesso un imbarcadero alto metri 1,05 con sovrastante cancellata fissa a specchi di legno e colonnini di marmo. Per tale convenzione da me adempiuta in tutte le regole e per la quale corrispondo all'Amministrazione il non lieve canone di £ 45 annue di affitto; il mio laboratorio di marmi viene a trovarsi così vicino al binario morto cui sopra che mi sarebbe utile, se mi se ne manifesta il bisogno, di poter caricare su esso i carri che spedisco e scaricare quelli che mi arrivano".
104
compresi il piazzale e gli uffici amministrativi. Sugli altri seimila si trovava la villa della famiglia con un grande giardino in cui facevano bella mostra i lavori in marmo.
Il grandioso laboratorio, che nei primi anni del Novecento dette lavoro fino a duecentocinquanta maestranze, era attrezzato con tutti i macchinari disponibili all'epoca. La parte principale dell'attrezzatura era per i lavori di architettura, vi erano torni, frese, il filo per tagliare i blocchi e poi tutta l'utensileria per il lavoro manuale degli scultori.
In una lettera del 20 gennaio 1897, Barsanti, scrivendo al dipendente della filiale di San Salvador, parlava con orgoglio del suo nuovo laboratorio "che dovrà primeggiare per la novità del disegno e per l'ambiente capace di contenere moltissimi operai"4.
In un'altra, inviata al medesimo destinatario tre anni dopo, Barsanti allegò delle foto riproducenti alcuni interni del laboratorio, tenendo a precisare che lo "studio" misurava oltre settanta metri5.
Con l'espressione "novità del disegno", Martino probabilmente si riferiva alle due cupole di coronamento poste alle estremità della nuova struttura, che conferivano all'edificio un aspetto in linea con il gusto liberty, singolare se rapportato alla fisionomia architettonico-urbanistica del centro urbano. L'immagine di modernità che Barsanti voleva conferire al laboratorio si sposava perfettamente con l'esigenza funzionale di ottenere una maggiore altezza per la messa in prova di maestosi lavori architettonici6.
Caratteristiche simili ebbe il laboratorio posto nei pressi dell'ex ospedale Lucchesi, che si estendeva su circa quattromila metri quadri di terreno ed eretto, agli inizi degli anni Venti del Novecento, da Martino e da suo figlio Amerigo.
Come si può notare da alcune immagini rimaste il laboratorio prevedeva un'entrata con una palazzina-ufficio sul lato Viareggio, una sorta di galleria- vetrina sul lato opposto e il grande piazzale intorno al quale si snodavano, a ferro di cavallo, gli ambienti di lavoro. (Fig. 5 e 6)
4 Copialettere N°27.
5 Lettera del 25 aprile 1900, Copialettere N°33. Delle foto citate non è rimasta alcuna copia. 6 Questa osservazione è stata suggerita da Gino Barsanti, nipote di Martino.
105
Non distante da questa struttura, venne eretta, negli stessi anni, la grande e signorile villa di famiglia.
Alle notevoli dimensioni di questi laboratori corrispondeva un gran numero di maestranze impiegate. Le risorse umane restavano dunque ancora essenziali e la modernizzazione consisteva non tanto nell'uso delle macchine, quanto nell'ottimizzazione delle fasi esecutive, nell'impiego efficiente di uomini, tempi e spazi in grado di rispondere rapidamente alle richieste nazionali e internazionali procurate dall'abilità imprenditoriale di Barsanti7.
Il lavoro era infatti organizzato come una vera e propria "catena di montaggio artistica" in cui ogni artigiano aveva una propria specializzazione. Del resto, già nella locale Scuola di Belle Arti, i giovani venivano indirizzati ad un particolare settore8, poi, impiegati all'interno dei laboratori in un determinato reparto, si impratichivano progressivamente specializzandosi in una mansione ben definita.
Le qualifiche che compaiono nel Copialettere sono svariate e denotano una notevole suddivisione del lavoro: vengono infatti citati scultori, sbozzatori, smodellatori, scalpellini, raspatori, lustratori, ornatisti, tornitori, giratori di tornio, incassatori, montatori, carratori, fabbri, apprendisti tra i quindici e i diciasette anni, facchini, uomo di studio (segretario) e disegnatori9. Tra questi coloro che guadagnavano di più erano gli scultori e gli ornatisti.
Riportando alla luce mansioni di cui si è persa memoria, si ricorda anche quella del "tiratore di violino", riassorbita successivamente nella figura più generica dell'ornatista10. Si tratta di qualifiche che, dopo la seconda guerra
7 L'energia elettrica ai macchinari in sostituzione di quella idraulica avvenne per il laboratorio Barsanti nel 1903, come testimoniato da una lettera del 7 ottobre presente nel Copialettere N°43. Tale applicazione riguardò però i macchinari per la segatura, lucidatura e fresatura.
8 Vedi Flora - Paoli 1976.
9 Numerosi sono i fogli-elenco delle maestranze contenuti nel Copialettere. Vedi ad esempio Copialettere N°32. Per un'analisi delle mansioni svolte all'interno dei laboratori vedi Celli 2012. 10 Il tiratore di violino era la figura addetta all'utilizzo di un particolare trapano che veniva
chiamato violino. " Trapano ad arco o violino. La parte fondamentale di questo strumento è una punta tipo scalpello o ferrotondo con un bordo da taglio a forma di V o arrotondato (...) il movimento viene prodotto arrotolando una corda una o due volte intorno all'asta e muovendola avanti e indietro. I due capi della corda sono fissati a un arco [per questo si chiama anche trapano ad arco] in modo che muovendolo avanti e indietro (come un archetto di violino) faccia girare l'asta (...). Questo trapano è molto utile in scultura per portare a termine rilievi o decorazioni in profondità. E' eccellente per lavori delicati nei quali un colpo di martello potrebbe danneggiare la pietra". Rockwell 1989, p.33.
106
mondiale, vuoi per il ridimensionamento degli stessi laboratori vuoi per il cambiamento del mercato, subirono una drastica riduzione. Venne diminuito il numero delle maestranze e le varie mansioni furono riassunte in poche figure professionali.
Nell'epoca d'oro del laboratorio Barsanti, tra fine Ottocento e inizio Novecento, il numero maggiore di addetti era impiegato come scalpellini, smodellatori e ornatisti. Gli scultori erano in misura decisamente minore rispetto agli altri perché figure più qualificate, addette alla creazione di un modello da cui trarre infinite copie. Era poi necessario il loro intervento solo nella fase finale del processo produttivo, visto il progressivo standardizzarsi del lavoro11.
La suddivisione del processo artistico in più mansioni è confermata anche dalla difficoltà di reperire un'unica figura professionale da inviare all'estero in grado di seguire nella sua totalità l'esecuzione di un'opera. Barsanti lo scriveva chiaramente in una lettera del 10 febbraio 1897, rispondendo a Giuseppe Giunta che, dalla filiale del Salvador, gli chiedeva un uomo in grado di affiancarlo.
Martino chiariva che non era facile "trovare un onesto e serio uomo educato e relativamente istruito" e in grado di "conoscere bene, e se non bene, un po' di tutto, disegno, plasticare, lavorare il marmo tanto di scalpellino che ornato e qualcosa di scultura". Barsanti inoltre motivava tale difficoltà, aggiungendo che "data l'educazione che ricevono qui i giovani difficilmente, anzi è impossibile trovarne uno che possa fare al caso nostro e voi ben dovete sapere che qui potrete trovare un buon specialista per una data cosa, ma ignorante affatto in tutte le altre, per cui cercar qui ritengo tempo perso. Vedrò anche verso Lucca o Barga, paesi ove con più facilità si trova chi voglia tentare"12.
La situazione veniva ribadita da Barsanti qualche anno dopo. Nel 1903, rispondendo alla richiesta di un conoscente da Stoccolma, Martino scriveva che "qui da noi troverete un buonissimo scalpellino come un buonissimo ornatista, lustratore o scultore, ma non troverete nessuno che sappia fare l'uno e l'altro. Nei nostri laboratori ognuno ha la sua specialità e non riesce a fare che una data cosa
11 Nel 1895 nel laboratorio Barsanti era impiegato un solo scultore, due anni dopo gli scultori sono due, Stefano Galeotti di 36 anni e Carlo Genovesi di 18, nel 1898 risultano 3. Vedi, ad esempio, lettere del 4 giugno 1895, Copialettere N°25, del 3 giugno 1897, Copialettere N°29 e 6 giugno 1898, Copialettere N°32.
107
(...) troverete questa classe di operai a Milano o in altre città perchè occupati in piccoli laboratori, occorre sappiano fare un po' di tutto ma non certamente qui ove ogni sezione trova lavoro"13. Alla stessa persona pochi giorni dopo, Barsanti sottolineava di nuovo che "non è tanto facile trovare chi voglia espatriare e tanto più gli ornatisti i quali guadagnano qui bene e senza sudare (...) vi manderò due dei miei ornatisti che sono per indole meno esigenti. Questi verrebbero volentieri più allo scopo di vedere un pò di mondo che dal bisogno"14. Questo spiega anche il perché Pietrasanta, tra Otto-Novecento, non fu interessata da quel forte flusso migratorio di lavoratori che invece riguardò altre zone della Lucchesia.
La corrispondenza Barsanti, tuttavia, testimonia i viaggi di lavoro di impresari e di alcuni dei loro uomini, in particolar modo"montatori", inviati fuori d'Italia, specialmente negli Stati Uniti, per seguire la delicata fase della messa in opera delle commesse. Era infatti necessario, nel caso di opere di particolare grandezza, procedere suddividendo la realizzazione in parti che sarebbero state accuratamente riassemblate al momento della loro collocazione definitiva. Per questo motivo veniva fatta una "messa in prova" dell'opera completa in laboratorio, opera di cui poi erano smontate le varie parti, successivamente numerate e imballate con grande attenzione dagli "incassatori", figure addette a questa specifica e delicata mansione.
L'America del Nord era in quel periodo la maggiore committente di altari e arredi sacri in genere e questo tipo di richieste necessitava di figure specializzate per il loro posizionamento, meglio se dipendenti della stessa ditta produttrice.
E' questo il caso di operai come Ribecchini15, a cui Barsanti pagò le trasferte e l'abbigliamento adeguato per partire, Pasquinucci e Silicani16. In queste dinamiche lavorative, Martino passava una parte dello stipendio, ogni quindici giorni, alle famiglie dei suoi dipendenti, dimostrando un atteggiamento di tipo paternalista.
13 Lettera dell'8 agosto 1903 a Curzio Carmignani, Copialettere N°42. 14 Lettera del 31 agosto 1903 a Curzio Carmignani, ibidem.
15Ribecchini fu inviato per la prima volta da Barsanti negli Stati Uniti nel 1904 e ripetutamente mandato in America. Vedi ad esempio lettere del 13 dicembre 1904, Copialettere N°47 e quella del 20 febbraio 1906, Copialettere N°48.
16 Su di loro vedi lettere del 30 maggio 1904, Copialettere N°45 e 21 agosto 1907, Copialettere N°50.
108
Dal Copialettere possono essere desunte quindi informazioni anche sui rapporti personali che legavano Martino imprenditore ai suoi dipendenti17.
Tali missive offrono inoltre una preziosa testimonianza di un contesto storico e sociale in profondo mutamento. Si tratta di lettere che riportano i cambiamenti socio-economici avvenuti agli inizi del Novecento, le idee socialiste che, sulla scia della vicina Carrara, circolarono anche fra gli operai di Pietrasanta, modificando rapporti di lavoro consolidati da tempo18. Il Copialettere documenta infatti il progressivo prendere consapevolezza da parte degli operai della loro importanza nella crescita industriale i loro scioperi e, da parte di Martino, l'inevitabile adeguamento alle richieste operaie.
A questo riguardo due lettere di Martino offrono il "polso" della situazione, una è del 30 maggio 1900, l'altra è di appena un anno successiva. Nella prima Barsanti, aggiornando Giunta a San Salvador, scriveva: "I prezzi dei blocchi sono cresciuti di un 10 o 12 % (...) e anche l'elemento operaio si è fatto di un esigenza straordinaria. Le teorie socialistiche qui si sono talmente radicate nella massa operaia che a mala pena si va avanti. Infatti sia per questo, sia per il grande movimento che ha preso qui la lavorazione del marmo, le paghe sono raddoppiate. Un ornatistuccio che ai tempi nostri aveva 2,50 o 3 lire il giorno, calcola che occorre dargli 6 o 6,50 al giorno. Il vizio qui si è fatto così largo che alcuni, anzi i più ritornano a lavorare il mercoledì ed il giovedì e se azzardi qualche osservazione ci è da vederseli andare da altri" 19.
Nell'altra missiva Martino scriveva alla filiale newyorkese, giustificando l'aumento di prezzo delle sue opere con queste parole: "Abbiamo avuto anche qui