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La competizione limitata: dalla two-rating norm alle NRSRO

C APITOLO III

2. La competizione limitata: dalla two-rating norm alle NRSRO

Uno dei principali problemi sorto con riguardo al mercato del rating è l’assenza di concorrenza all’interno del medesimo. Si tratta, infatti, di un mercato molto concentrato, all’interno del quale la competizione appare assai limitata3.

Il problema involge soprattutto le agenzie di rating c.d. globali, la cui attività ha carattere transfrontaliero ed è conseguentemente capace di influenzare non soltanto il mercato nazionale del Paese in cui l’agenzia ha sede ed opera, ma anche i mercati internazionali. Il problema sembra, invece, avere una portata decisamente inferiore con riguardo alle agenzie di rating di dimensioni più contenute, le quali operano prevalentemente (se non, addirittura, esclusivamente) all’interno dei singoli mercati nazionali di appartenenza. Queste più piccole agenzie di

rating, affacciatesi sul mercato soprattutto in tempi recenti,

3

Cfr. COFFEE J.C. JR., Gatekeepers: The Professions and

Corporate Governance, cit., p. 284: «Even the market for auditing

services (dominated as it is by the Big Four) looks open and competitive in comparison to the market for credit ratings».

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hanno infatti mostrato di essere in grado di sopravvivere in un’industria (quella del rating, appunto) notoriamente caratterizzata da un livello di concorrenza molto basso, in quanto sono state capaci di ritagliarsi, all’interno dei mercati nazionali, delle nicchie, generalmente non coperte dalle agenzie di dimensioni più grandi.

Con riferimento all’industria del rating di dimensioni più considerevoli, nel corso del tempo è apparso sempre più evidente come in questo settore la concorrenza sia estremamente limitata, essendo estremamente difficile per i nuovi operatori (new-comers) che si affacciano su questo mercato riuscire realmente a competere con gli operatori storici del settore (incumbents), i quali in circa un secolo di vita hanno conquistato enormi fette di mercato costruendosi solidissime posizioni difficili da intaccare. A livello globale, la competizione tra agenzie di rating è talmente limitata che la letteratura in materia parla sovente di “oligopolio”; diverse sono le locuzioni con le quali ci si riferisce ai tre più importanti operatori del settore (rappresentati da Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch), quali le “tre sorelle” o “Big Three”. E non sono mancate voci che hanno addirittura ristretto l’oligopolio ad un duopolio, formato da Moody’s e Standard&Poor’s; la “terza sorella”, ossia Fitch, si troverebbe spesso ad operare in via residuale rispetto alle due sorelle maggiori, entrando in gioco soltanto nel caso in cui Moody’s e Standard&Poor’s esprimano giudizi discordanti tra loro (c.d. split rating). Per dare qualche dato numerico, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale nel 2010 a livello mondiale esistevano circa 79 agenzie di rating: «[d]i queste, le prime tre – le cc.dd. Big Three (S&P; Moody’s; Fitch) – detengono quasi il 95% del mercato globale dei servizi di rating con quote, rispettivamente, del 40% (S&P e Moody’s) e del 15% (Fitch). L’indice di

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concentrazione di questo mercato, dunque, si presenta assai elevato (3400 HHI), confermando l’esistenza di un oligopolio, se non addirittura di un duopolio, in capo alle principali imprese che in esso operano»4.

Alla base della mancanza di competizione tra agenzie di rating del credito globali vi sono diversi fattori, taluni endogeni (o naturali o fisiologici) talatri esogeni (od “artificiali”) all’industia del rating.

Tra i primi si possono far rientrare tutti quelli che sono naturalmente correlati all’attività di classamento del merito creditizio. Uno primo fattore è rappresentato dalla struttura stessa del mercato del rating: il percorso per affermarsi e diventare competitivi svolgendo un’attività particolare e delicata quale certamente è quella di classamento del merito creditizio può, difatti, richiedere un lungo periodo di tempo, in quanto occorrono diversi anni (si parla anche di due decadi)5 per costruirsi una solida reputazione. A ciò devono aggiungersi la presenza di economie di scala6, che favoriscono gli operatori di maggiori dimensioni, e l’elevato potere di mercato degli incumbents7

. Non va, inoltre, dimenticato che vi è chi ha affermato che quello delle agenzie di rating sarebbe un vero e proprio “oligopolio naturale”, per cui esisterebbe un limite naturale

4

OLIVIERI G., I servizi di rating tra concorrenza e regolazione, in

Anal. giur. econ. 2012, 2, p. 284. 5

Special report: Credit agencies. Who rates the raters?, in The

economist, 26 marzo 2005, disponibile all’indirizzo

http://www.economist.com/node/3786551. 6

Cfr. AMMANNATI L., op. cit., pp 6-7.

7

Secondo OLIVIERI G., op. cit., p. 285, «[s]e quote di mercato elevate e stabili nel tempo sono sicuramente indice di un significativo potere di mercato (SMP), ciò ancora non significa che la competizione tra le imprese che quella posizione detengono sia impedita o, addirittura, assente».

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al numero di agenzie che possono sopravvivere e prosperare nel mercato del rating del credito, limite che sarebbe legato al numero dei rating che gli emittenti sono disposti a richiedere ed a pagare8.

La preoccupazione circa la limitata competizione all’interno dell’industria del rating è acuita da altri fattori, che si possono definire esogeni, che paiono aver ulteriormente aggravato, foraggiandola, questa (più o meno naturale) situazione di competizione limitata.

Il primo è costituito da una sorta di prassi diffusasi nel tempo e comunemente conosciuta con la locuzione

“two-rating norm” (o “two-“two-rating rule”), che consiste nella

pratica diffusa tra gli emittenti di richiedere due

8

Cfr. Special report: Credit agencies. Who rates the raters?, in

The economist, 26 marzo 2005, disponibile all’indirizzo http://www.economist.com/node/3786551.

Cfr. altresì HILL C.A., op. cit., p. 63: «However, a good argument can be made that the market may not be able to accommodate many general-purpose agencies. Pre-NRSRO history provides some support for this argument. Moreover, consider the information the rating agencies are providing: a comparison of a great many bond issues (or companies) along one quality metric. Lawrence White compares ratings with the Scholastic Achievement Test (SAT) used by colleges in their admissions processes. The greater the number of bond issues or companies, the more useful the comparison is, and the more difficult it is for any company other than a very large one, preferably with an established reputation, to make». L’A. indica poi una serie di «non-regulatory reason why entry into the credit-rating industry has thus far been difficult» (p. 64), anche in assenza di barriere regolamentari all’ingresso.

Secondo COFFEE J.C. JR., Gatekeepers: The Professions and

Corporate Governance, cit., p. 284 «[t]his level of concentration

suggests that high natural barriers exists to entry into this market. Logic suggests that there should be a significant barrier, because reputational capital cannot be acquired overnight».

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valutazioni alle due maggiori agenzie, ossia Moody’s e Standard&Poor’s9

. Al di là delle prescrizioni normative che in taluni casi impongono all’emittente di dotarsi di due

rating rilasciati da due diverse agenzie, anche ove nessuna

prescrizione in tal senso esista è divenuta consuetudine tra gli emittenti (soprattutto quelli di maggiori dimensioni) richiedere ad entrambe le maggiori “sorelle” di valutare sé e/o i propri prodotti, in virtù del vantaggio che la presenza di un doppio rating offre, in termini di maggiore attrattiva che il prodotto o l’emittente dotato di una doppia valutazione (per di più fornita da quelli che l’opinione comune considera i due maggiori raters) ha nei confronti del mercato: «negli Stati Uniti tutti gli strumenti che hanno il doppio rating incontrano maggiormente il favore degli investitori. Una delle possibili ragioni di questa consuetudine è che gli investitori ritengono che il secondo

rating possa fornire informazioni aggiuntive»10. Il secondo

rating, affiancandosi al primo di segno equivalente, lo

conferma, conferendo maggiore credibilità all’entità oggetto della valutazione, che sarà percepita come particolarmente affidabile11. Dal momento che entrambe le

9

La two-rating rule riguarda soprattutto il mercato tradizionale statunitense, meno i mercati non tradizionali (ad esempio, il mercato dei prodotti strutturati) ed i mercati al di fuori degli Stati Uniti (cfr. HILL C.A., op. cit., p. 64).

10

FERRI G. e LACITIGNOLA P., Concorrenza e agenzie di rating: il

dibattito economico, cit., p. 303. 11

Molteplici sono le ragioni che spingono gli emittenti a richiedere un doppio rating. Sul punto, cfr. FERRI G. e LACITIGNOLA P., Le

agenzie di rating, cit., pp. 108-110: «La regola del doppio rating

non fa che incrementare la domanda e può essere attribuita a una serie di fattori. La ragione più semplice è quella che gli investitori ritengono che il secondo rating possa fornire informazioni aggiuntive: due rating forniscono più informazione di un solo rating e gli investitori preferiscono gli strumenti che hanno un

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maggiori agenzie sono chiamate dall’emittente ad esprimere la propria valutazione, le stesse non avranno alcun interesse né alcuna convenienza a competere tra di loro12.

doppio rating. (…) Dalla prospettiva dell’emittente, questi sarà disponibile ad acquistare il secondo rating solo se il risparmio derivante dall’abbassamento del tasso di interesse al quale collocherà i suoi titoli è superiore al costo derivante dal richiedere il secondo rating. A onor del vero, l’ulteriore contributo informativo del secondo rating non sembra essere l’unica ragione sottesa alla richiesta, specie se si considera che il più grosso contributo informativo deriva dal primo. Un altro fattore determinante la richiesta del secondo rating è sicuramente la regolamentazione. Infatti, una parte della regolamentazione richiede almeno due rating (…). Un’altra ragione potrebbe essere il valore di segnalazione e reputazione del secondo rating. Alcuni emittenti richiedono il secondo rating per sottoporsi a un secondo scrutinio; se pure il contenuto informativo aggiuntivo del secondo rating è limitato, con tale richiesta l’emittente rafforza il segnale che non ha nulla da nascondere. (…) Ma perché di solito i due rating richiesti dagli emittenti sono quelli di Moody’s e S&P? Una motivazione potrebbe essere quella della comparabilità tra i rating emessi da queste due agenzie; la metodologia applicata da Moody’s è percepita come equivalente a quella di S&P. Un’altra motivazione ancora più forte è quella legata alla reputazione: Moody’s e S&P sono percepite dal mercato come le più affidabili; la reputazione è collegata alla percezione dell’affidabilità [Ellis 1998, 41]. Rari sono i casi in cui viene richiesto un terzo rating: ciò accade in caso di divergenza dei rating emessi da Moody’s e S&P, cioè in caso di split ratings».

12

Cfr. HUNT J.P., op. cit., pp. 18-19: «The concern is exacerbated by the “two-rating norm”, the practice of receiving ratings from two different firms on each issue. Arguing that this practice means that the first two rating firms don’t have to compete at all, some have described the credit-rating market as effectively a “partner monopoly” shared by Moody’s and S&P».

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La letteratura che ha analizzato la questione ha posto in luce aspetti positivi e negativi di questa curiosa

two-rating norm: «[b]ecause of this well-established norm that

two ratings are necessary, issuers cannot play one agency against the other, and the principal two credit-rating agencies probably feel little, if any, pressure to inflate ratings for a client for a fear that it will instead hire their rival. Although this nearly uniform practice eliminates the danger of a race to the bottom, it also reduces active competition between the principal two agencies and instead allows them to enjoy the advantages of the quiet life»13. Da un lato, le maggiori agenzie di rating, sicure che riceveranno l’incarico, non saranno soggette ad eventuali pressioni da parte dei clienti ed effettueranno la propria valutazione in totale autonomia ed indipendenza, scongiurando in tal modo il rischio di una pericolosa corsa al ribasso (race to the bottom) dei giudizi per accaparrarsi clienti; al tempo stesso, però, ciò riduce la competizione tra le agenzie che beneficiano di questo meccanismo, le quali non hanno alcun incentivo a migliorare le proprie prestazioni.

Il secondo fattore che ha concorso ad aggravare la situazione di mancanza di competizione tra agenzie di

rating affonda le proprie radici non in una prassi, ma in un

vero e proprio ostacolo normativo che è stato posto all’ingresso nel mercato del rating nel sistema statunitense. Si tratta dell’istituzione da parte della SEC, negli anni ‘70 del secolo scorso, della categoria delle NRSRO, acronimo che sta per Nationally Recognized Statistical Rating

Organizations (“Organizzazioni di rating riconosciute a

livello nazionale”). Le NRSRO sono una particolare

13

COFFEE J.C. JR., Gatekeepers: The Professions and Corporate

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categoria di agenzie di rating, i cui rating possono essere utilizzati a fini regolamentari negli Stati Uniti. Come gli studi hanno evidenziato, l’istituzione di tale categoria sembra aver posto importanti barriere all’ingresso di nuove agenzie nel mercato del rating. Ottenere la designazione quale NRSRO è, difatti, di fondamentale importanza per le società di rating che operano nel mercato statunitense, in quanto la legislazione degli Stati Uniti prescrive che possano essere utilizzati a fini regolamentari esclusivamente i ratings emessi da NRSROs: «[t]he NRSRO designation arguably is a barrier because only NRSROs can issue ratings that carry official weight under SEC and other agency rules. Moreover, some users might view the NRSRO designation as the mark of a “real” rating agency»14. L’ottenimento di tale qualifica comporta, pertanto, inevitabili vantaggi dal punto di vista concorrenziale, dal momento che, a prescindere dall’accuratezza e dal valore informativo del rating emesso da una NRSRO, lo stesso verrà comunque acquistato al fine di ottemperare agli obblighi posti dal legislatore e dal regolatore statunitensi15.

Se, da un lato, non si può certo biasimare la scelta (al contrario apprezzabile) del regolatore statunitense di limitare il numero dei soggetti i giudizi dei quali possono assolvere ad un così alto compito quale è quello di assumere valore regolamentare all’interno dei mercati finanziari, controllando che gli stessi siano dotati della struttura, dell’integrità e delle competenze necessarie ad

14

HUNT,JOHN P., HUNT J.P., op. cit., p. 19.

15

Cfr. OLIVIERI G., op. cit., p. 287: «Dal punto di vista concorrenziale, i rating investment grade delle Big Three diventano così lo strumento per soddisfare i requisiti legali imposti dal re-golatore ed acquistano un valore “di per sé”, in tutto o in parte svincolato dalle informazioni che essi incorporano».

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emettere valutazioni attendibili, dall’altro lato occorre sincerarsi che il procedimento di attribuzione della tanto ambita qualifica di NRSRO sia chiaro e trasparente, volto effettivamente ad accertare se il rater instante abbia le fondamentali doti di competenza, professionalità ed indipendenza necessarie a garantire il rilascio di valutazioni affidabili, in modo tale da permettere a qualunque operatore che soddisfi i requisiti richiesti di potersi fregiare dello status di NRSRO. Proprio su questo secondo punto, ossia il procedimento attraverso il quale la SEC designa le NRSRO, si sono concentrate le critiche degli studiosi. Tale procedimento è apparso, difatti, per lungo tempo nebuloso; e la opacità del procedimento si è tradotta nella penalizzazione delle agenzie più giovani, a tutto vantaggio degli operatori storici del settore (le “tre sorelle”, appunto).

In quale misura l’introduzione della categoria delle NRSRO abbia contribuito a limitare il numero dei

competitors del mercato del rating è questione aperta. Da

un lato, infatti, parte della dottrina rileva come «[t]he regulatory barrier to entry may or may not have been the cause of high market concentration. There apparently was no significant market entry between the 1920s and the 1970s despite the absence of the NRSRO designation»16: il fatto che anche nel periodo antecedente l’introduzione della categoria in questione il numero degli operatori del settore non abbia subito variaziono significative potrebbe indurre a ritenere che l’attribuzione della qualifica di NRSRO non costituisca in realtà una barriera all’ingresso nell’industria del rating.

16

124

Dall’altro lato, però, si è affermato che «[i]f there is a lack of competition, the SEC is largely to blame»17. La mancata divulgazione da parte della SEC dei criteri necessari per ottenere la designazione a NRSRO ha avuto come conseguenza che dal 1975, quando la categoria delle NRSRO è stata creata, sino a tempi recenti «the chosen few have thrived in their protected market – and taken over any newcomers that achieved NRSRO status»18.

L’ultima delle tesi testé esposte (ossia la considerazione secondo cui l’introduzione della categoria delle NRSRO ed il relativo processo di designazione stabilito dalla SEC affinché le agenzie di rating possano fregiarsi di tale qualificazione hanno comportato seri problemi in punto competizione) pare ora suffragata dall’iniziativa del legislatore statunitense del 2006, concretatasi nell’emanazione del Credit Rating Agency

Reform Act of 2006 (CRARA)19. Il CRARA reca la seguente intitolazione: «An Act To improve ratings quality for the protection of investors and in the public interest by fostering accountability, transparency, and competition in the credit rating agency industry» [corsivo di chi scrive]. Respinta dalla SEC l’idea di eliminare la categoria delle NRSRO20, il Congresso ha deciso di ridurre le barriere

17

THE ECONOMIST, Exclusion zone: Regulators promise a belated

review of the ratings oligopoly, 6 febbraio 2003, disponibile

all’indirizzo http://www.economist.com/node/1564776.

18

THE ECONOMIST, Exclusion zone: Regulators promise a belated

review of the ratings oligopoly, 6 febbraio 2003, disponibile

all’indirizzo http://www.economist.com/node/1564776.

19 Il testo completo è disponibile all’indirizzo

http://www.sec.gov/divisions/marketreg/ratingagency/cra-reform-act-2006.pdf.

20

Cfr. HUNT J.P., op. cit., p. 20: «After the corporate scandals of the early 2000s, the SEC considered and rejected elimination of the

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regolamentari all’accesso al mercato del rating. In particolare, la legge del 2006, al fine di semplificare l’ingresso delle nuove agenzie nel mercato del rating, ha rivisto i criteri per ottenere la registrazione come NRSRO e ha vincolato la SEC a rispettare un rigoroso calendario per la concessione del riconoscimento a NRSRO; la SEC ha adottato regole rispettose delle predette direttive nel giugno 200721.

Il carattere chiuso del mercato del rating è, dunque, effetto sia della presenza di barriere regolamentari all’ingresso, sia di altri fattori che naturalmente connotano l’attività di classamento del merito creditizio22

.

Volendo fornire un quadro riassuntivo, tra le cause che hanno contribuito a ridurre la concorrenza nell’industria del rating si possono ricordare almeno le seguenti23: i) il fatto che la domanda di rating si basa su un meccanismo relazionale imperniato sul c.d. capitale di reputazione24; ii)

category, apparently because of a belief that rating-dependent regulation could not function without a regulatory process for keeping out “fly-by-night” rating agencies».

21

HUNT J.P., op. cit., pp. 20-21.

22

Tanto che il carattere chiuso di questo mercato era una costante negli Stati Uniti già prima che venisse introdotta la categoria delle NRSRO (e dove, anche dopo l’emanazione del CRARA, la situazione non sembra essere fondamentalmente mutata), ed in Europa, ove una tale barriera non è mai esistita (lo rileva PRESTI G.,

Take the «AAA» train: note introduttive sul rating, cit., p. 268). 23

Cfr. OLIVIERI G., op. cit., pp. 285 ss..

24

In particolare, OLIVIERI G., op. cit., p. 285 pone in evidenza come «la domanda di rating si basi su un meccanismo relazionale – tipico dei cc.dd. experience goods – che induce a selezionare a tal fine solo le imprese che abbiano alle spalle una solida reputazione di serietà e d’indipendenza. Una siffatta reputazione si costruisce, a sua volta, solo attraverso una lunga e consolidata esperienza di rating accurati. Ciò si traduce, però, in una barriera all’ingresso per

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il modello di business adottato dalle Big Three (ossia il modello issuer pays); iii) la pratica di emettere unsolicited

ratings per finalità anticoncorrenziali; iv) la regolazione

del settore finanziario (dalle NRSRO a Basilea II); v) la mancanza di adeguati meccanismi sanzionatori; vi) l’esistenza di barriere all’ingresso di tipo economico, quali «economie di scala, tempo necessario per crearsi una reputazione, disponibilità di dati storici sufficientemente robusta, esigenza di presenza capillare su tutti i principali mercati finanziari, clausole contrattuali degli operatori che si riferiscono non genericamente a un rating, ma al rating di quella determinata agenzia»25.

Una volta poste in evidenza le cause della mancanza di concorrenza tra agenzie di rating del credito, resta da esaminare un ultimo aspetto di tale tematica, ossia il dibattito sorto intorno alla questione se l’esistenza di un oligopolio (o duopolio) delle agenzie di rating debba essere necessariamente considerata un male da estirpare oppure, al contrario, se possa rappresentare un fattore positivo, in considerazione delle peculiarità che caratterizzano il mercato del rating.