PELLEGRINA VERSO L’ARMONIA
Una delle sfide più preoccupanti incontrate dall’Istituto alle sue or-gini è quella dell’unità e dell’armonia. Madre Mazzarello ripeteva in-fatti la raccomandazione a restare unite, ad avere criteri simili nelle comunità,276 a non rallegrarsi troppo nella gioia e a non rattristarsi trop-po nelle sofferenze, a coniugare lavoro e preghiera, azione e contem-plazione. Per questo vorremmo osservare la prima comunità nella sua tensione dinamica verso l’armonia mentre percorre umilmente e tena-cemente questo cammino.
Il pellegrino – non il nomade, né il turista – è una metafora molto adatta a descrivere la comunità, come d’altra parte la condizione attuale dell’umanità. Il pellegrino si lascia interrogare dalla vita. Lungo il per-corso incontra ostacoli e imprevisti, si perde, ritrova la strada, scopre sentieri che gli erano ignoti. Nulla del suo cammino è scontato: egli vi-ve la tensione tra il sogno e la realtà, il desiderio e la concretezza, l’ideale e il contingente, il progetto e l’imprevisto.277
Egli è un uomo di forte speranza. È sicuro di giungere a quella mèta verso cui tendono i suoi passi stanchi e il suo cuore vigile.
Così si può dire della prima comunità sorta intorno a suor Maria Domenica Mazzarello. Nella quotidiana fatica vive la robustezza e la genuinità della sua speranza e per questo conserva il volto gioioso e al-legro. Potremmo descriverla come una parabola di armonia. Ogni co-munità è chiamata a “generare armonia” pur nella consapevolezza che la realtà è fatta di conflitti. Essa è animata, infatti, dal desiderio di tro-vare armonia, cioè di rinvenire la soluzione migliore che tenga conto delle esigenze di tutti e delle reali possibilità delle persone.278
276 Così scriveva alle missionarie della Casa di Buenos Aires Almagro in partenza per nuove fondazioni: «Siete ancora tutte unite? Quando vi separerete, state attente che non si separi lo spirito, siate sempre unite col cuore. Ciò che si fa in una casa si faccia anche nell’altra, se volete conservare sempre lo spirito della nostra cara Congre-gazione» (L 29,3).
277 Cf MARI Giuseppe, Oltre il frammento. L’educazione della coscienza e le sfide del postmoderno = Pedagogia 2000, Brescia, La Scuola 1995, 225-226.
278 Cf PAGLIARANI Luigi, Il volontariato e il desiderio d’armonia, in Animazione sociale 26 (1996) 5, 5.
La comunità è come uno spettro di colori che abbraccia tutte le sfumature possibili. Scorgiamo in essa la molteplice gamma dei valori evangelici intrecciati con la pluralità dei sentimenti umani: lode, amo-re, fraternità, pazienza, coraggio, gioia, fiducia, semplicità, ma anche paura, dubbio, incertezze, mediocrità, infedeltà, peccato ecc.
La prima comunità, che porta il carisma in fragili vasi, si presenta infatti forte e debole al tempo stesso. Possiamo dire che una delle sue caratteristiche più affascinanti è quella dell’armonia, non intesa come assenza di contrasti, ma come integrazione dialettica di elementi ap-parentemente opposti.
Nell’ottica di don Bosco le FMA di fronte alla Chiesa dovevano es-sere “vere religiose”, ma di fronte alla società mantenevano tutti i dirit-ti civili come “altrettante libere cittadine”.279 Un’identità che sembra voler superare laceranti dicotomie presenti nell’Ottocento italiano:
Chiesa e Stato, cristiani e cittadini, anima e corpo, preghiera e lavoro, salvare le anime e dedicarsi all’educazione e all’istruzione ecc.
Lo “spirito” che permea la casa di Mornese e quindi l’Istituto fonda-to da don Bosco è spirifonda-to di armonia, di integrazione di elementi ap-parentemente inconciliabili nel clima politico e, spesso, anche ecclesia-le del tempo.
Si tratta di una comunità con le sue vicissitudini umane, intreccio di limiti e di risorse, e al tempo stesso una comunità costruita dallo Spi-rito, convocata da lui perché porti frutto, restando unita nel Signore Gesù, sotto la sicura protezione di Maria.
Niente di più falso che interpretare l’atmosfera di Mornese in termi-ni di intimismo e di pacifismo chiuso, circoscritto all’interno della casa religiosa. Il silenzio, l’isolamento geografico è piuttosto da cogliere nel suo mistero di massima concentrazione in vista di un’espansione e di uno “spaesamento” verso orizzonti più ampi, sino ad attingere l’universale. La comunità è radicata nel territorio e a servizio del terri-torio, ma essa non è prigioniera del localismo: il suo orizzonte è dilata-to su spazi sconfinati.
Le prime FMA professano il loro legame profondo, nuziale con il Signore Gesù, accogliendo i fratelli, le sorelle, i piccoli.
Nella loro specifica identità sono consacrate a Dio, “spose di Ge-sù”, che amano «con cuore indiviso», cercano di rivestirsi di Lui e del suo spirito di dedizione per gli altri. Vivono «alla sua presenza conti-nuamente».
279 Cf Lettera di don Bosco a madre Enrichetta Dominici, (Torino 24-4-1871), Or-me di vita D 3.
Al tempo stesso le prime FMA sono «sempre a contatto con la gio-ventù» e «anche con persone esterne»,280 in quanto educatrici e maestre.
La loro casa, infatti, è «un buon istituto per le ragazze» appunto in for-za del suo essere “casa dell’amore di Dio”. L’opzione per Cristo è sem-pre sorgente di comunione e di responsabilità sociale.
Non si tratta di una vita monastica a cui si aggiunge un’attività edu-cativa, ma si tratta di un’identità nuova secondo cui l’azione non è e-stranea alla contemplazione, ma vi è totalmente penetrata. Nelle FMA, precisa don Bosco nella Regola, «deve andare di pari passo la vita at-tiva e contemplaat-tiva», Marta e Maria, la vita degli apostoli che evange-lizzano e quella degli angeli che incessantemente contemplano il volto di Dio.281
Possiamo applicare anche alla prima comunità delle FMA quello che don Francesia scriveva di Valdocco e dei primi giovani salesiani:
«Lo spirito di preghiera era allora grande e vigoroso».282 Era uno spirito contemplativo che animava la vita di instancabile operosità.
Costatiamo infatti a Mornese un concentrato di fiducia in Dio e di consegna filiale a Maria, vera Superiora della casa e dell’Istituto e, al tempo stesso, intraprendenza, determinazione, valorizzazione di ogni mezzo e di tutte le risorse umane necessarie all’opera educativa.
Molte delle prime FMA per la giovane età sono giudicate masnà,283 cioè non mature, incapaci di scelte responsabili. Gli stessi direttori spi-rituali però sono meravigliati dell’eroica santità della loro vita e del co-raggio che le spinge, non ancora ventenni, a partire per le missioni e a dare la vita per le anime da salvare.
Sanno coniugare la scelta radicale e sponsale di Gesù con un’inde-fessa azione apostolica, l’ascesi e la mortificazione con la gioia e la gratificazione di vedere assecondate le loro inclinazioni nel lavoro e nella missione educativa.284
Sono realmente immerse nella storia e nel mondo, ma vivono libere di fronte alle sue insidie. Lo sforzo di mostrarsi significative agli occhi
280 Cronistoria II 149.
281 Cf Regole 1885; don Carlo Colli afferma che questa puntualizzazione è «un re-galo prezioso che don Bosco fa solo alle sue figlie spirituali» (COLLI Carlo, Contributo di don Bosco e di madre Mazzarello al carisma di fondazione dell’Istituto delle FMA, Roma, Istituto FMA 1978, 41); cf ID., Lo “spirito di Mornese”. L’eredità spirituale di S. M. D. Mazzarello, Roma, Istituto FMA 1981, 28-29.
282 FRANCESIA, Don Bosco e le sue passeggiate 30.
283 Termine piemontese per dire bambine.
284 Cf Cronistoria II 98.
del pubblico laico (e laicista!) è attestato sia dall’impegno nel formarsi un carattere allegro, sincero, aperto, quale requisito necessario per «in-spirare alle giovanette e alle persone del secolo stima e amore alla pietà e alla Religione»,285 sia dalla terminologia adottata, ad esempio, per de-signare l’autorità religiosa nell’Istituto. Anziché superiora e pro-vinciale, don Bosco usa gli appellativi di direttrice e ispettrice mutuan-doli dal contesto scolastico del tempo.286
Le prime FMA sono parte viva di un Istituto che è stato sempre ga-rantito dal rapporto con la storia, con il mondo, con i giovani, quasi mi-surato dalle loro sensibilità e dalle varie spinte di modernità e di in-novazione. Al tempo stesso, la comunità vive la lontananza evangelica dal mondo, si distanzia dalla sua logica di potenza, di ambizione, di benessere. Situata nel cuore della storia, non si immedesima con il si-stema dei valori imperanti, né si lascia afferrare dalle sue trappole insi-diose.
Nella vita delle FMA si integrano realtà in apparenza antitetiche: la-voro e preghiera, comunicazione e interiorità, serenità e austerità di vi-ta, partecipazione e solitudine, consacrazione a Dio e dedizione costan-te alle ragazze. Da una parcostan-te si è fedeli ai valori della tradizione, quasi scrupolose nell’osservanza della Regola e al tempo stesso ci si apre, con una nota di creatività e di giovanile freschezza, alle situazioni nuo-ve che richiedono risposte imprenuo-vedibili. In ogni cosa si tengono pre-senti i criteri operativi dati da suor Maria D. Mazzarello: «Con corag-gio, senza paura andate avanti»287 e «Fate con libertà tutto ciò che ri-chiede la carità».288
Anche lo stile pedagogico che anima il rapporto educativo è con-temporaneamente metodologia e spiritualità. Ciò postula un’armonia di maternità accogliente e di opportuna inflessibilità, di applicazione di norme pedagogiche, e ricchezza di intuizione e profondità spirituale.
Tutto ciò che appartiene al bene delle ragazze interessa l’educatrice
285 Cf Regole 1885, Titolo IX, art. 5.
286 Egli stesso giustificò questa terminologia in uno scritto indirizzato alla Congre-gazione del Vescovi e Regolari il 12-1-1880: «Il nome di Provincia e Provinciale in questi calamitosi tempi ci getterebbero in mezzo ai lupi, da cui saremmo o divorati o dispersi. Questa nomenclatura fu proposta dallo stesso Pio IX di sempre cara e grata memoria. Qualora poi si volessero assolutamente gli antichi nomi, supplico che tale ob-bligazione sia almeno limitata nel trattare colla Santa Sede, con libertà di usare nel se-colo quei modi e quei vocaboli che sono possibili in questi tempi» (E III 542).
287 L 66,4.
288 L 35,3.
e la coinvolge: la salute, la professione, lo studio, le relazioni, il lavoro.
Eppure la missione si realizza entro un orizzonte più vasto: la finalità dell’opera educativa consiste in ultima analisi nell’aiutare le ragazze a
“conoscere e ad amare Dio” e a raggiungere la piena maturità in Cristo.
L’identità delle educatrici è dunque una realtà di armonia dalla qua-le vengono bandite frammentazioni e dicotomie che potrebbero svi-gorire la forza carismatica delle origini.
A Mornese Dio lo si è realmente incontrato, eppure Dio lo si sta sempre gioiosamente aspettando, impazienti di vederlo e di abbracciar-lo. La prima comunità appare come la sposa davanti allo Sposo, parte-cipe del suo mistero di luce e di bellezza.
Le prime FMA non cessano di «rendere visibili le meraviglie che Dio opera nella fragile umanità delle persone chiamate. Più che con le parole esse testimoniano tali meraviglie con il linguaggio eloquente di un’esistenza trasfigurata, capace di sorprendere il mondo. Allo stupore degli uomini esse rispondono con l’annuncio dei prodigi di grazia che il Signore compie in coloro che ama».289
289 Vita consecrata 20.
OMELIE PRONUNCIATE
DURANTE GLI ESERCIZI SPIRITUALI
Josep COLOMER1
Introduzione
La proposta di meditazione per l’inizio degli Esercizi Spirituali in preparazione al XX Capitolo Generale [CG] e le omelie pronunciate a Mornese durante la celebrazione dell’Eucaristia costituiscono i conte-nuti di questa ultima parte del libro.
Disporre tutta la persona – mente, cuore e volontà – ad un profondo incontro con Dio per renderla strumento adeguato nella ricerca della volontà di Dio sull’Istituto è l’obiettivo della prima meditazione. Le sue tre parti: Credere nello Spirito, collaborare con lo Spirito, lasciarsi condurre dallo Spirito riguardano tre atteggiamenti spirituali di base assolutamente imprescindibili perché l’azione divina possa operare ef-ficacemente in noi. Sono tre atteggiamenti fondamentali la cui necessi-tà per la crescita nella vita cristiana e religiosa salesiana va oltre il tempo degli Esercizi e coinvolge tutta l’esistenza. La meditazione, dun-que, potrà essere di utilità spirituale anche per ogni comunità e per ogni singola FMA.
Le omelie pronunciate durante le celebrazioni eucaristiche sono col-legate alle letture bibliche proposte dal calendario liturgico per il tem-po ordinario.2 In questo modo, da una parte, sono un invito a meditare il quotidiano dall’ottica della Parola di Dio offerta dalla Chiesa e, dal-l’altra, sono in sintonia con le precedenti meditazioni sulla vita della
1 Docente di Teologia dogmatica, di Teologia spirituale e di Spiritualità salesiana nel Centro Teologico Salesiano “Martí-Codolar” di Barcelona (Spagna).
2 Le corrispondenti citazioni bibliche sono riportate subito dopo il titolo di ogni omelia.
prima comunità cristiana e sulla prima comunità di Mornese.
Ogni omelia prende lo spunto da uno dei messaggi delle letture bi-bliche e, in base soprattutto alle lettere di Maria Domenica Mazzarello, considera come è stato vissuto dalla Madre e come lei lo proponeva e raccomandava alle FMA delle prime comunità. Inoltre, alla luce del Nuovo Testamento e dell’esperienza cristiana di madre Mazzarello, vengono offerte alcune riflessioni e orientamenti operativi per vivere oggi la forza contemplativa delle prime Sorelle di Mornese, obiettivo del XX CG.
Un breve, ma fondamentale riferimento a Maria al termine di ogni omelia intende far memoria della sua presenza nella vita di Gesù Cristo e della Chiesa e sottolineare il carattere mariano dell’Istituto delle FMA.
Fugaci riferimenti a don Bosco e alla preparazione al terzo millen-nio allacciano l’Istituto con l’esperienza carismatica del Fondatore e lo orientano decisamente verso la novità del 2000.
È evidente che le omelie risentono dell’ambiente in cui sono state pronunciate, tuttavia, esse possono offrire validi spunti di meditazione e di riflessione per tutte le FMA.
1. CREDERE NELLO SPIRITO,