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Parmenide fu il primo ad indagare L’Essere ed inaugurare il filone ontologico che porterà immutata negli anni l’attenzione nei confronti dell’esistenza come modalità di vita autentica o vita inautentica. L’Essere per il pensiero è la categoria più vasta è il concetto fondativo della vita in un’accezione estesa. E’ a tutti nota il suo assioma fondamentale: “L’essere è e non è possibile che non sia” mentre “ il Non-Essere non è, e non è possibile che sia”. Questa distinzione, ribadiamo, viene presa alla lettera dal Nostro in una maniera manichea facendo ricondurre queste due alternative in una sorta di out out privo di mediazioni, inoltre è accolta in luogo dello stesso pensatore anche la massima: “lo stesso è pensare ed essere” aderendo così il pensiero alla vita concreta e all’individualità e quest’ultima alla verità ovvero aderendo appunto L’essere al pensiero della persona che pensa.

La massima parmenidea fu già a suo tempo criticata da Aristotele e Platone98 in quanto il concetto di Non-Essere è incline ad una doppia interpretazione da cui si potrebbe esser tratti in inganno. All’idea di Non-Essere infatti è stata data una duplice interpretazione ovvero quella della morte come concetto di nullità, come estromissione assoluta dalla sfera della vita ma nello stesso momento ad essa è associato quello di alterità. Se il concetto di morte in quanto nulla ed estromissione è un concetto insindacabile ed opinabile, quello di alterità resta ambiguo .Un concetto di alterità è quello per cui qualsiasi cosa altra da me non-sono io. Infatti Io non sono se sono morto o se sono un Altro. L’ Altro a sua volta può essere un altro individuo o un ente astratto (es: una paura, una chimera). Rimane dunque variegato e multiforme il campo dell’Altro. In questo caso il concetto di alterità si deduce per negazione ovvero: dove finisco io iniziano gli Altri. Similmente per Sartre l’altro non può essere conosciuto positivamente bensì solo per mezzo di una negazione dall’io, « L’altro è […] l’io che

non è me»99. Sartre similmente a Michelstaedter pone sulle modalità di conoscenza

98 «Platone per primo si è accorto, levandosi contro l’eleatismo e le sue derivazioni nella sofistica, che il

non essere si dice in due sensi, come non essere assoluto e come alterità [..], traendo la conseguenza che esso nel primo significato non è, ma è nel secondo. Così Aristotele, rimproverando agli Eleati d’intendere l’essere [..] in ciascuna delle categorie e come potenza e atto. Con questa distinzione i due pensatori hanno annientato completamente la filosofia parmenidea». ( DIELS-KRANZ,Presocratici,

testimonianze e frammenti, p.259)

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un’enfasi sulla coscienza da cui ne deduce la sua qualità puramente negativa pertanto nella designazione dell’altro “l’incontro fra due soggetti si configura all’origine come negazione reciproca che coinvolge il loro stesso essere”100. Diversamente il concetto di alterità può essere interpretato come quello di morte all’interno del campo d’esistenza, in luogo di un’esclusione, di un’estromissione, di negazione che un Altro compie rispetto a me e alla mia vita. L’altro si designa come colui il quale non sono io ma soprattutto come colui che mi priva della possibilità piena d’essere. È questo il senso del Non-Essere come alterità rispetto a ciò che si è che attanaglia il rettorico nel suo essere a metà come “cose che sono e non sono” contestualmente.

Ma la morte è morte nella vita in quanto dialettica della vita stessa, infatti “Eraclito dice che il vivere e il morire stanno nel nostro vivere e nel nostro morire” 101. La stessa morte a cui associamo il concetto di alterità, di lacuna, di manchevolezza, di vuoto è al contempo vita in quanto libertà. ( libertà che a sua volta assoggettata all’arbitrio può essere intesa come libertà o come prigione).

L’Altro diversamente può coincidere con me come la parte che mi accomuna con gli altri che afferma una verità comune. Ad esempio per Heidegger “gli altri sono piuttosto quelli dai quali per lo più non ci si distingue, tra i quali anche noi siamo”102. Heidegger a differenza di Sartre non pone un’enfasi sulla coscienza come modalità di conoscenza, per Heidegger il campo esistentivo è definito nel suo essere assieme agli altri come con-esserci. Il con-essercì però non è un fatto postumo che si verifica una volta fatto l’ingresso dell’altro bensì è congenito alla nostra esistenza come appartenenti ad un mondo. Infatti per Heidegger “Gli altri non s’incontrano in un coglimento che preventivamente distingua il soggetto proprio, in prima istanza sottomano, da tutti gli altri soggetti anch’essi occorrenti, non, cioè, in un primario guardare a se stessi, che solo può fissare il di-contro di una distinzione”103. A questo proposito Heidegger parla di proiezione che sebbene differisca per ambito di applicazione è un concetto affine a quello di identificazione in psicanalisi. Il concetto di identificazione sebbene riporti l’attenzione sul fenomeno della coscienza è uno dei concetti basilari della psicanalisi. Infatti seguendo Lacan l’unità dell’individuo viene ricercata nell’inconscio ovvero nel luogo dell’Altro, e si induce a guardare l’altro come riflesso di sé, nonché la figura

100 SERGIO MORAVIA, I filosofi, Introduzione a Sartre, Laterza, Roma-Bari, 1973 (2005), P.58. 101

MULLACH, 60.

102

M. HEIDEGGER, Essere e tempo,cit, p.174.

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dell’analista interpreta nient’altro che la persona del paziente a cui in maniera neutrale gli fa da specchio. Io dunque nell’altro sono e non sono contestualmente. Io nell’altro non sono se è colui che mi respinge da quel corso unitario che segue la mia vita. Io nell’altro sono in quanto nego la mia coscienza individualizzata affermandomi come ciò che ho in comune con l’altro (ad esempio, lo specchio: rivedo me stesso nell’altro, nel suo riflesso io mi identifico come idea unitaria, anche se il mio riflesso non sono io, ma sono io a conferire all’immagine nello specchio la mia rappresentanza).

Il concetto di alterità, a mio avviso, segna marcatamente tutto l’apparato del pensiero filosofico michelstaedteriano. Innanzitutto Il fraintendimento di Parmenide è intervenuto in maniere che il primo altro da sé sia la vita stessa. Il Non essere della vita rettorica si trova al fondo di tutte le cose tanto che l’essere, la vita autentica dev’essere riconquistata. La conquista della persuasione però è osteggiata innanzitutto dal bisogno, l’altro che scinde l’integrità del soggetto e si trova ad essere inserito in un circuito per cui anche la coscienza e la stessa soggettività non possano ritenersi compiute e valide dimostrandosi anch’esse come altro dall’integrità dell’individuo. L’altro dunque come nemico da combattere è rintracciato inizialmente all’interno di stesso creando una ferita difficile da rimarginare.