• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: Il MODELLO DELL’EVA NELLA PROSPETTIVA DI CREAZIONE D

2.3 Il concetto di reddito residuale

Come già anticipato il modello che utilizzeremo per lo studio della creazione o distruzione di valore nel distretto cartario lucchese, sarà quello dell’Economic Value Added, più comunemente conosciuto come EVA®. Questo indicatore è un marchio registrato che è stato proposto dalla società di consulenza “Sten Stewart & Co”, ha avuto una forte diffusione intorno agli anni ‘90 e oggi risulta essere un modello innovativo di valutazione delle performance economiche-finanziarie di sicura affidabilità.

Questo modello si basa sul concetto di reddito residuale (o reddito differenziale), cioè quello che residua dal risultato economico dopo la copertura del costo del capitale. Riguardo a questo importante concetto intorno al quale ruota tutta l’analisi teorica

dell’EVA®

, dobbiamo innanzi tutto dire che esistono due modi di determinazione, entrambi validi ma che per essere utilizzati necessitano di alcune attenzioni particolari per poter rispettare il criterio della coerenza. Le formulazioni possibili secondo quanto descritto da Giannetti45, nella sua trattazione, sono le seguenti:

[Formula 6]

𝑅𝑟𝑛𝑡 = 𝑅𝑛𝑡− 𝑖𝑘∗ 𝐾𝑡−1

Dove:

Rrnt = Reddito residuale netto contabile Rnt = Reddito netto contabile al tempo t

Ik = tasso di interesse che esprime il costo del capitale proprio

Kt-1 = capitale proprio contabile al tempo t-1

In questa prima formulazione il reddito residuale viene ricavato attraverso il confronto tra il reddito netto contabile (Rnt), e il costo del capitale proprio ottenuto moltiplicando

il tasso di interesse che esprime il costo del capitale, per il capitale apportato in azienda solamente a titolo di rischio.

La seconda modalità di calcolo è quella che mette in relazione da un lato il Reddito operativo al netto delle imposte (Ront), con il costo medio ponderato del capitale

(Wacc) moltiplicato per il capitale di derivazione contabile al tempo t-1, comprensivo

45R. Giannetti, Dal Reddito al valore, analisi degli indicatori di creazione di valore basati sul reddito

54

sia di quanto apportato a titolo di capitale proprio che a titolo di debito, secondo la seguente formula:

[Formula 7]

𝑅𝑟𝑜𝑡 = 𝑅𝑜𝑛𝑡− 𝑊𝑎𝑐𝑐 ∗ 𝐶𝑡−1

Risulta essere di fondamentale importanza quindi il principio della coerenza, vale a dire che devono essere confrontate grandezze economiche simili; nella formula 6 viene confrontato il reddito netto, con il solo costo del capitale di proprietà (che poi vedremo essere assimilabile ad un costo opportunità). Nella formula 7 invece si mettono a confronto il reddito operativo con l’intero costo del capitale (proprio + debiti finanziari). Il principio sopra ricordato dovrà essere perseguito anche durante la fase di selezione dei valori dell’attivo e del passivo, perché se si considera come nozione del reddito operativo quella corrispondente alla gestione caratteristica, è logico che il capitale dovrà considerare solo le voci del patrimonio corrispondenti all’area caratteristica46

. Se invece si decide di utilizzare una nozione del reddito operativo complessiva, allora anche il capitale investito dovrà tener conto degli altri valori che esulano dall’area caratteristica. Quella appena descritta è la nozione classica di reddito residuale, occorre però a questo livello di indagine fare un cenno anche al concetto del Valore Aggiunto Sistemico. Questa seconda prospettiva procede ad una stima del reddito residuale, attraverso un confronto tra due alternative di investimento; vale a dire la decisione di effettuare l’investimento I, con il rifiuto dello svolgimento dell’investimento I mantenendo quindi il capitale proprio investito ad un costo opportunità.

Il reddito residuale in questa seconda prospettiva potrà essere calcolato attraverso la seguente formula :

[Formula 8]

𝑉𝑎𝑠𝑡= 𝑅𝑛𝑡− 𝑖𝑘∗ (𝐾𝐼𝑡−1− 𝐾𝐼 𝑡−1)

Dove:

Rnt= reddito netto al tempo t prodotto dall’investimento I;

46

R. Giannetti, Dal Reddito al valore, analisi degli indicatori di creazione di valore basati sul reddito residuale, 2° edizione rivista e ampliata, Giuffrè Editore, Milano, 2013. Pag. 112.

55

i k= tasso che esprime il costo opportunità del capitale proprio;

KI t-1= ricchezza dell’investitore al tempo t-1 se non avesse compiuto l’investimento I; KI t-1= ricchezza dell’investitore al tempo t-1 se avesse effettuato l’investimento I ;

La relazione appena descritta rappresenta il caso in cui l’investimento sia stato effettuato solo con capitale proprio, quindi il reddito che viene preso in considerazione è un reddito netto e il costo del capitale è un costo opportunità.

Se invece l’investimento fosse finanziato sia con capitale proprio che con capitale di debito, la formula sarebbe:

[Formula 9 ]

𝑉𝑎𝑠 = 𝑅𝑜𝑛𝑡− 𝐶𝑚𝑝𝑐 ∗ (𝐾𝐼𝑡−1− 𝐾𝐼

𝑡−1+ 𝐷𝑡−1)

Dove:

Dt-1= Debiti finanziari al tempo t-1;

Ront = Reddito operativo netto generato dall’investimento;

Cmpc = costo medio ponderato del capitale.

L’utilizzo del metodo del Vas dimostra che la definizione di reddito residuale non è univoca; se consideriamo il finanziamento con solo capitale proprio poniamo a confronto il medesimo rendimento del capitale investito, con il minore guadagno che l’investitore ha avuto a causa dello svolgimento dell’investimento.

Nel caso del reddito residuale utilizziamo sempre il valore del capitale proprio al tempo t-1, mentre nel calcolo del Vas si fa una differenza tra la ricchezza dell’investitore se non avesse compiuto l’investimento I e la ricchezza dell’investitore nel caso di svolgimento dell’investimento I.

Il secondo aspetto va a mettere in evidenza che nel calcolo del Valore aggiunto sistemico sarà calcolato un costo opportunità che tiene conto della storia passata dell’investimento, mentre invece con il metodo classico il costo viene calcolato senza tener conto del mancato guadagno nei periodi passati. Per spiegare questo ci basti evidenziare alcune formule:

56

[Formula 10]

𝐸𝑉𝐴 = 𝑥 ∗ 𝐶𝐼𝑠−1(𝑥) − 𝑖 ∗ 𝐶𝐼𝑠−1(𝑥)

i = costo opportunità del capitale

Quello che cambia con la proposta del Vas, è la sostituzione del secondo addendo: -i*CIs-1(x), con –i*CIs-1(i), e cosi avremo :

[Formula 11]

𝑉𝐴𝑆 = 𝑥 ∗ 𝐶𝐼𝑠−1(𝑥) − 𝑖 ∗ 𝐶𝐼𝑠−1(𝑖)

Quindi la proposta del VAS cosi formulata tende a specificare che con il concetto di reddito residuale si intende quel valore derivante dai profitti di due iniziative finanziarie diverse, facenti riferimento a corsi di azione diversi. Si confronta quindi la decisione di investire un certo ammontare di capitale CI (x) al tasso x, con la decisione di investirne un’altra somma CI (i) al tasso i. L’ EVA invece, come vedremo, fa una considerazione diversa nel senso che considera il sovra-profitto come un valore derivante dalla differenza nella scelta di investire sempre la stessa quantità di capitale; quello che cambia sono solo i tassi con cui viene impiegata tale somma47.

La scelta di quale dei due modelli utilizzare non è sicuramente facile, e dipende soprattutto dagli obiettivi informativi che rispondono in maniera più corretta alle esigenze di colui che deve prendere una decisione di investimento; quello che è certo è che entrambi i modelli tendono ad arrivare ad una definizione del reddito residuale. Varia solo il concetto di investimento alternativo.