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Sul problema della rieducazione del condannato a pena detentiva

2.8. La concezione polifunzionale della pena

Una delle più importanti teorizzazioni della c.d. concezione «polifunzionale» della pena risale a Vassalli146. Secondo una teoria che è stata definita sincretistico-additiva147 si sostiene che la pena abbia svariate finalità, nessuna prevalente sulle altre, poiché essa assolverebbe a più funzioni contemporaneamente: retribuzione, generalprevenzione, specialprevenzione si sommano tra loro senza alcuna gerarchia. Anche la rieducazione trova quindi spazio in questo scenario, essendo però fondamentalmente relegata al momento di esecuzione della sanzione.

La concezione polifunzionale della pena è stata condivisa a lungo dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha sostenuto tale teoria in numerose sentenze148 e che ha accordato rilevanza alla finalità rieducativa solo in relazione alla

145 NUVOLONE, Il problema della rieducazione del condannato, in AA.VV., Sul problema della

rieducazione del condannato, op. cit., pp.347 e ss. Il problema risulta quanto mai attuale alla luce dei

recenti fatti di cronaca.

146 VASSALLI, Funzioni e insufficienze della pena, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1961, pp. 296 e ss.

147

FIANDACA, &RPPHQWRDOO¶DUWFRPPDƒ&RVWin Commentario alla Costituzione, op.cit., p. 332.

148

Per esempio la sentenza 7 giugno 1962 n. 48 in Giurisprudenza costituzionale, 1962, p. 597, in tema di inapplicabilità della sospensione condizionale della pena ai reati elettorali; la sentenza 15 maggio 1963 n. 67, in Giurisprudenza costituzionale,1963, p. 575, tema di pena pecuniaria fissa; la sentenza 12 febbraio 1966 n. 12 in Giurisprudenza costituzionale, 1966, p. 143, UHVSLQJHO¶HFFH]LRQHGLLQFRVWLWX]LRQDOLWjGHOOD SHQDSHFXQLDULDULVSHWWRDOODILQDOLWjULHGXFDWLYDSUHYLVWDGDOO¶DUW 3°co. Cost. infatti nella decisione si legge che: « La rieducazione del condannato, pur nella importanza che assume in virtù del precetto

costituzionale, rimane sempre inserita nel trattamento penale vero e proprio « . Rimane in tal modo

stabilita anche la vera portata del principio rieducativo, il quale, dovendo agire in concorso delle altre funzioni della pena, non può essere inteso in senso esclusivo ed assoluto. Rieducazione del condannato, dunque, ma nell'ambito della pena, umanamente intesa ed applicata»; la sentenza 22 novembre 1974 n.

264 in Giurisprudenza costituzionale, 1974, p. 2897 in tema di ergastolo in cui si legge che il «fine della

pena non è solo il riadattamento del condannato, purtroppo non sempre conseguibile» (per un

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fase del trattamento penitenziario. La pena così ecletticamente considerata, risponde al bisogno di mediare a diverse esigenze di politica criminale, cui si presta a rispondere nei modi più svariati a seconda delle circostanze del momento149.

Il rischio è quello di un eccessivo arbitrio derivante da tale polifunzionalità e il GHPHULWRGHOOD&RQVXOWDqFRQVLVWLWRQHOO¶DYHUHGDWRXQDOHWWXUDUHVWULWWLYDGHOSULQFLSLR rieducativo, senza porsi effettivamente il problema delle «antinomie degli scopi», così come può muoversi una critica alla giurisprudenza ordinaria la quale si è orientata secondo la «tendenza a intendere i principi costituzionali nella loro dimensione minima»150.

Una svolta interpretativa in tema di valorizzazione del principio rieducativo si è avuto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 313/1990151. La pronuncia in questione riconosce che la portata del principio era stato sottovalutato dalla Consulta stessa, dovendosi considerare, citando testualmente, che afflizione e retribuzione sono:

«quelle condizioni minime, senza le quali la pena cesserebbe di essere tale. Per

altra parte, poi (reintegrazione, intimidazione, difesa sociale), si tratta bensì di valori che hanno un fondamento costituzionale, ma non tale da autorizzare il pregiudizio della finalità rieducativa espressamente consacrata dalla Costituzione nel contesto dell'istituto della pena. Se la finalizzazione venisse orientata verso quei diversi caratteri, anzichè al principio rieducativo, si correrebbe il rischio di strumentalizzare l'individuo per fini generali di politica criminale (prevenzione generale) o di privilegiare la soddisfazione di bisogni collettivi di stabilità e sicurezza (difesa sociale), sacrificando il singolo attraverso l'esemplarità della

Costituzionale, 1980 p. 1001, in cui la Corte ha ritenuto legittimi i limiti oggettivi apposti alle misure

alternative.

149 In questo senso, FIANDACA, &RPPHQWR DOO¶DUW  FRPPD ƒ &RVW in Commentario alla Costituzione, op.cit., pp. 332 ± 333; FASSONE, /D SHQD GHWHQWLYD LQ ,WDOLD GDOO¶ DOOD ULIRUPD

penitenziaria, op. cit., p. 95; DOLCINI, La commisurazione della pena, op. cit., pp. 98 ± 4XHVW¶XOWLPR $VRWWROLQHDFRPHO¶DFFRJOLPHQWRGLXQDSHQD©SROLIXQ]LRQDOHªR©SROLdimensionale» permetta di evitare ©XQ¶LQWHUSUHWD]LRQH GLFKLDUDWDPHQWH DEURJDWLYD GHOOD QRUPD FRVWLWX]LRQDOHª PD DOOR VWHVVR WHPSR stabilisce «una certa continuità con una tradizione culturale». Il grosso difetto della teoria della polifunzionalità intesa nel suo aspetto sincretistico ± additivo, è quello di risolvere il problema delle «antinomie degli scopi» della pena. In tal modo «si arriva a ridurre il principio costituzionale ad una enunciazione irrilevante e pleonastica, tale da scaricare ogni scelta oggi sul giudice, domani sul legislatore, in sede di riformulazione della disciplina della commisurazione della pena».

150

DOLCINI, La commisurazione della pena, op. cit., p. 94

151 Sentenza 3 luglio 1990 n. 313 in Giurisprudenza costituzionale, 1990, p. 1981. Nel dettaglio la sentenza ha dichiarato illegittima la disciplina del patteggiamento prevista ex art. 442, 2°co. c.p.p., nella parte in cui non consentiva al giudice di verificare la congruità della pena indicata dalle parti, in relazione alla sua possibile funzione rieducativa.

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sanzione. É per questo che, in uno Stato evoluto, la finalità rieducativa non può essere ritenuta estranea alla legittimazione e alla funzione stesse della pena».

La Corte spiega che la locuzione «tendere alla rieducazione», lungi dal sancire uno scopo estrinseco ed eventuale della pena, indica semplicemente la possibilità che il programma rieducativo non vada a buon fine per la mancata condivisione dello stesso da parte del reo; allo stesso modo il legislatore ordinario, nella previsione dei diversi EHQHILFL ³SUHPLDOL´ TXDOL OLEHUazione condizionale, liberazione anticipata, semi-libertà, richiede una certa condivisione del piano rieducativo da parte del condannato. Sarebbe errato confinare la finalità rieducativa alla sola fase esecutiva, durante la quale la rieducazione del reo rischierebbe di fallire in assenza di specifiche indicazioni sul tipo e sulla misura della pena, da programmarsi già in sede normativa e commisurativa152. Per dirlo con le parole della Consulta:

«Dev'essere, dunque, esplicitamente ribadito che il precetto di cui al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione vale tanto per il legislatore quanto per i giudici della cognizione, oltre che per quelli dell'esecuzione e della sorveglianza, nonchè per le stesse autorità penitenziarie».

Così intesa la rieducazione assume tra gli scopi della pena, una rilevanza nuova e pregnante, che al di là di una gerarchia dei fini, implica una maggiore attenzione e VHQVLELOLWjQHLFRQIURQWLGHOO¶LGHDULHGXFDWLYDFKHYDROWUHODGLPHQVLRQHGHOODPHUDIDVH di esecuzione della pena153.

Non si può dire però che la giurisprudenza costituzionale, a partire da questa sentenza in poi, si sia consolidata verso la continua valorizzazione del principio rieducativo. Invero alcune sentenze successive hanno sacrificato la prevenzione speciale positiva a favore di una concezione nuovamente polifunzionale di tipo sincretistico,

152

CORBETTA, La cornice edittale della pena e il sindacato di legittimità costituzionale, in Rivista

italiana di diritto e procedura penale, 1997, pp.134 e ss.

153 FIANDACA, &RPPHQWR DOO¶DUW  ƒFR &RVW RS FLWp. 333, propende per una teoria della

polifunzionalità di tipo «associativo-dialettico», in virtù della quale, tenendo presente che a livello generale la pena deve tendere nel suo insieme sia alle finalità di prevenzione generale che a quelle di prevenzione speciale, si riconosce la rilevanza delle diverse funzioni della pena in variazione della specifica fase, legislativa, commisurativa, esecutiva, del fatto penale. Nella fase legislativa prevarranno le esigenze di prevenzione generale, nella fase commisurativa ed esecutiva si darà rilevanza alla prevenzione speciale positiva.

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proprio per le ragioni che abbiamo precedentemente addotto: rispondere a esigenze politico-FULPLQDOLYROWHVSHVVRDVRGGLVIDUHO¶RSLQLRQHSXEEOLFD