“Il quesito fondamentale con cui confrontarsi è dunque se sia veramente necessario essere simili all’uomo per meritare il rispetto. […] Su questa via, ritengo che lo sforzo e la sfida di una nuova etica interspecifica debba essere quello di superare l’umano come paradigma unico.”328
La sperimentazione animale è solo una delle forme di riduzione dell’animale a mezzo. L’animale diventa, a seconda del bisogno, una cavia, un indumento, una cena, un trofeo, una fonte di divertimento, un accompagnatore, ecc. Tutta la sofferenza animale merita di essere considerata e ogni forma di sfruttamento meriterebbe una riflessione. Tuttavia, questa particolare forma di sfruttamento che è la sperimentazione animale, si distingue dalle altre per almeno due importanti motivi. Anzitutto, si può liberamente scegliere di non mangiare carne, di non vestirsi con pelli e pellicce, di non cacciare, di non comprare animali, e oggi persino di non comprare prodotti testati sugli animali. Ma per quanto riguarda i farmaci, non c’è possibilità di scelta. Tutti i farmaci passano attraverso gli animali, perciò la scelta che resta è: o comprare un farmaco che viene dalla sperimentazione animale o non curarsi, e non credo che questa si possa definire una vera alternativa. In secondo luogo, è nella sperimentazione animale che l’uomo mostra ciò di cui è veramente capace, spingendosi oltre ogni limite, esercitando l’ingegno nella ricerca ostinata del progresso. Non si tratta più semplicemente di collaudare un farmaco o debellare una malattia, ma l’uomo gioca a fare Dio con gli esperimenti di ingegneria genetica e di clonazione, che non hanno precedenti nella storia. Certamente l’ingegneria genetica può portare benefici importanti per l’umanità, e forse per gli animali stessi, perché può permetterci di rimuovere geni difettosi responsabili di gravi e invalidanti malattie,
“ma il suo potenziale di pericolo nelle mani dei vari dottor Stranamore è altissimo: soprattutto per quello che riguarda gli animali, con i quali (la vivisezione insegna) è lecito praticamente fare qualsiasi cosa.”329 L’oncotopo è un topo il cui destino creato in laboratorio è quello di ammalarsi di tumore. Sul dorso di altri topi, è stato fatto crescere un orecchio simile a quello umano, per dimostrare che è possibile far ricrescere gli organi, e un giorno lo sarà anche sull’uomo. E poi ci sono le mucche geneticamente modificate che producono più di 100 litri di latte al giorno, un bel vantaggio economico! La pecora Dolly è nota per essere stato il primo animale clonato della storia, già nel 1996. In Cina è stato recentemente clonato un macaco330: è il primo caso di clonazione di primati. Quale sarà il prossimo passo? La clonazione di un essere umano?
La sperimentazione animale oggi viene considerata fondamentale, eppure anche quella umana è considerata imprescindibile da tutte le parti in causa. Quale soluzione allora? In fondo, non c’è modello migliore dell’essere umano che l’essere umano stesso. Tuttavia, anche questa strada solleva non pochi problemi. Oggi la sperimentazione umana è obbligatoria e severamente regolata dalla Legge. Non è previsto un compenso331, ma solo un rimborso spese, che si aggira intorno ai 200 euro al giorno. Quindi, in media il guadagno in base alla durata del test, va dai 600 euro ai 3 mila euro massimi, e ogni volontario non può sottoporsi ai test per più di due volte l’anno. Generalmente i volontari sono maschi adulti sani, perché meno soggetti a influenze ormonali, ma in alcuni casi la scelta ricade su donne o su volontari malati. Prima di iniziare, le persone coinvolte devono leggere e firmare un modulo nel quale affermano di essere a conoscenza del tipo di sperimentazione e degli eventuali rischi connessi, e tutti vengono assicurati. È vietato sperimentare su soggetti sani farmaci antitumorali o immunosoppressori. Tutte queste precauzioni rappresentano forme necessarie per evitare che si ripetano gli orrori compiuti in passato. Infatti, se vi fosse un reale guadagno, una persona povera potrebbe essere spinta dalle proprie condizioni e dal bisogno, piuttosto che dalla reale volontà. La chiarezza, e il consenso informato sono
329 S. Castignone, Povere bestie, cit., pag 86.
330 https://www.google.it/amp/s/www.ilpost.it/2018/01/24/macachi-clonati-metodo-
dolly/amp/ (10 gennaio 2019).
331 Questa, e tutte le altre informazioni sulla sperimentazione umana sono tratte da
http://www.ilgiornale.it/news/politica/rimborsi-e-consenso-cos-funzionano-italia-i-test- sulle-1488473.html (20 gennaio 2019).
aspetti fondamentali per evitare di essere ingannati e portati a fare qualcosa contro la propria volontà. L’assicurazione rappresenta una forma di tutela per entrambe le parti. Queste precauzioni sono, in altre parole, una risposta ai dilemmi etici sollevati dalla sperimentazione umana. Naturalmente anche la sperimentazione animale è regolata dalla Legge, ma accanto ai tentativi di salvaguardare l’animale, c’è un numero considerevole di deroghe e casi particolari che finiscono per consentire anche i trattamenti più crudeli. Questo perché gli animali non godono di diritti. Perciò, il discorso del diritto esasperato da Tom Regan, ha al fondo un valore fortemente simbolico, perché l’unico modo di garantire una vera tutela per gli animali sembra essere quello di elevare il loro status morale a quello degli esseri umani.
In tutta onestà, credo che ben pochi sarebbero disposti a lasciare che si sperimenti sul proprio animale domestico. Neanche assicurando il ricorso all’anestesia. E allora perché ammettere la sperimentazione sugli altri animali? Oggi nelle case si stanno diffondendo sempre più animali non convenzionali, tra cui cavie, topi e conigli, gli stessi animali che poi ritroviamo in laboratorio. Posso ragionevolmente credere che nessun proprietario affiderebbe il proprio coniglio ad un laboratorio, anche se con le migliori promesse, eppure migliaia di conigli sono usati nella ricerca. Si potrebbe obiettare che al proprio animale ci si affeziona, mentre è più difficile empatizzare con un animale che non è presente fisicamente. Se la risposta fosse veramente questa, se la condizione discriminante fosse l’affetto, la stessa persona dovrebbe in linea di principio dire che è lecito, o per lo meno che gli è indifferente, che si sperimenti su una persona che non conosce. Se non che l’uomo, profondamente egoista, finirebbe per temere di cadere nello stesso circolo: ognuno di noi è potenzialmente un estraneo per qualcun altro. E poi c’è la morale. La nostra moralità ci impedisce di sperimentare sugli altri esseri umani, ci impedisce cioè di fare ai membri della nostra stessa specie ciò che facciamo ai membri delle altre specie. Così, sembra che le strade possibili siano due: o l’umanizzazione del non umano, o la sua riduzione a cosa. Ma è davvero possibile che l’unico modo per evitare la riduzione dell’animale a mezzo, sia quella di renderlo simile all’uomo? In verità, siamo spesso portati a considerare
«oggetto» tutto ciò che è altro dall’uomo: tutta la filosofia morale e politica è centrata sul concetto di «persona».332
A ben riflettere, rispettare qualcuno solo nella misura in cui è simile a noi è una concezione ben misera del rispetto. Quello dovuto ai non umani dovrebbe pertanto fondarsi su una filosofia della diversità che riconosca il valore e garantisca i diritti dei non umani in quanto tali e non in quanto umanizzabili, o aspiranti all’umanità.333
La strada individuata da Luisella Battaglia334 ci porta al recupero dell’etica della cura all’interno di quello che, si auspica, sia un umanesimo illuminato335. L’asimmetricità della relazione di cura esprime l’autenticità del rapporto, che non è un rapporto di reciprocità. Ma è proprio a partire dal riconoscimento della diversità che le parti acquistano un valore per ciò che sono, e questo tipo di relazione esige che l’essere più forte, cioè l’uomo, riconosca il valore del diverso e lo protegga. L’invito è a rinunciare di rendere umano ciò che non è umano, nell’assurda pretesa che solo l’umano meriti considerazione, e a leggere l’asimmetricità non come relazione di dominio – così come si è andata sviluppando nel tempo – ma come relazione di riconoscimento della specificità delle parti. Credo che questo sia il nostro punto di arrivo e di partenza, per cominciare a vedere e riconoscere il valore dell’altro da sè, anche quando non si esprime in forma umana, e la cui condizione risente inevitabilmente delle nostre scelte.
332L. Battaglia, Etica e diritti degli animali, cit., pag. 56. 333 Ivi, pag. 57.
334 Per un approfondimento si veda in particolare i paragrafi «Etica della liberazione
animale ed etica della responsabilità umana» e «Diritti animali e nuovo umanesimo» contenuti nel capitolo II «La questione dei diritti animali», in L. Battaglia, Etica e diritti
degli animali, cit.
335 Riportato in B. de Mori, Che cos’è la bioetica animale, cit., pag 60, in riferimento alle