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7. Le ragioni dei contrari

7.7 I test tossicologici

“L’alternativa non è tra questi test e l’immissione sul mercato di prodotti non testati. C’è una terza possibilità: non consentire l’accesso al mercato ai prodotti la cui tossicità sia stata pre-testata sugli animali.”234

Gli animali vengono comunemente usati per verificare gli effetti tossici della maggior parte dei prodotti commerciali destinati ad uso umano. Le sostanze sottoposte a verifica possono essere terapeutiche, cioè principalmente medicinali, e non terapeutiche, una lista infinita di prodotti che vanno dai pesticidi ai cosmetici, dai conservanti ai prodotti per la pulizia della casa, e comprendono articoli vari tra cui candele, inchiostro, liquidi per estintori, vernici, smalti, liquidi per i freni, ecc. I test di tossicità si dividono in tre livelli: acuta, subacuta e cronica. Se i test di tossicità acuta sono piuttosto brevi perché si risolvono spesso con la morte delle cavie, i test di tossicità cronica mediamente durano circa due anni. Tra questi rientrano ad esempio i test di cancerogenicità. Abbiamo già visto uno dei più comuni test di tossicità, il LD50, dose letale al 50%, che ha l’obiettivo di determinare il dosaggio che provocherà la morte del 50% delle cavie. Si sa già in principio che questi animali moriranno. Non c’è rischio che le cavie sopravvivano: anche se la sostanza fosse ritenuta innocua, queste moriranno per la concentrazione o le quantità enormi che assumeranno forzatamente. Inoltre, durante questi test viene quasi sempre evitato il ricorso all’anestesia o all’eutanasia, poiché è interessante per i ricercatori valutare l’intero processo di avvelenamento, fino alla morte. L’attenzione è per i risultati, non certo per le cavie. Le critiche che normalmente vengono mosse contro questi test, ossia che riportare i risultati dagli animali non umani agli umani sia problematico - è già accaduto che questi test abbiano dato falsi positivi - e il fatto che comunque possediamo già sufficienti informazioni sulla tossicità dei prodotti che non vi è

234 Ivi, pag. 502.

alcun bisogno di crearne di nuovi, o di sottoporre a verifica componenti già testate, non sono critiche soddisfacenti per un sostenitore della teoria dei diritti come Regan.

Questi due modi di criticare i test tossicologici a cui vengono sottoposti i prodotti possono dare l’impressione non voluta, e dal punto di vista della teoria dei diritti, non giustificata che i test tossicologici sarebbero moralmente accettabili a patto di eliminare quelli non necessari e di

risolvere il problema dell’estrapolazione.235

Non ci si può limitare a denunciarne limiti o inutilità, ma è la stessa pratica a dover essere attaccata dalle fondamenta. Se, per ipotesi, si ammettessero sul mercato dei prodotti nuovi ma non testati sugli animali, aumenterebbe il rischio che gli uomini ne siano danneggiati e questi danni sarebbero maggiori di quelli che coinvolgerebbero le cavie animali. L’essere umano sembrerebbe essere il più svantaggiato, perciò per minimizzare il rischio non ci resta che sperimentare sugli animali. Praticamente, osserva Regan, stiamo giustificando il danno arrecato agli animali mediante test tossicologici per prodotti non ancora immessi sul mercato, in previsione di un danno futuro. Ma da ciò non ne consegue che è giustificabile né realizzare né commercializzare quel prodotto. Non ci si può appellare ad un danno presunto. La vera decisione non è se si debba o meno sperimentare il nuovo prodotto, ma se si debba o meno realizzarlo. Ce ne è davvero bisogno? Abbiamo davvero bisogno di nuovi rossetti, mascara, ciprie, dentifrici, bagnoschiuma, saponette, ecc.? Anche ammettendo che non avere nuovi prodotti sia per gli esseri umani un danno, “non danneggia nessun individuo particolare in una misura che sia prima facie equiparabile al danno arrecato agli animali di laboratorio.”236 Il principio del più svantaggio prima applicato all’uomo, ne ribalta così le sorti: i più svantaggiati sono certamente gli animali. “Nessun consumatore verrà a trovarsi in una condizione peggiore di quella di un qualsiasi animale da laboratorio se non si introdurranno sul mercato prodotti nuovi.”237

235 Ivi, pp. 497-498.

236 Ivi, pag. 500. 237 Ibidem.

Qualcuno potrebbe dire che non introdurre sul mercato prodotti nuovi potrebbe danneggiare le aziende e le industrie coinvolte. Per la teoria dei diritti e quindi per Regan, questa non può essere in alcun modo una obiezione valida poiché i diritti sono antecedenti a qualsiasi utile. Anche se i profitti di queste persone subissero realmente un calo, questo non sarebbe equiparabile al danno subito dagli animali impiegati nei test, danno che implica quasi sempre la morte. Inoltre, aggiunge Regan, una persona che decide volontariamente di dedicarsi agli affari, deve mettere già in conto che potrà subire un peggioramento delle proprie condizioni economiche, a causa di un contraccolpo o di un fallimento. Così, anche se fosse vero che la sospensione dei test tossicologici sugli animali causerebbe uno svantaggio economico alle persone impegnate in questa industria, ciò non sarebbe ancora una giustificazione valida per la loro continuazione. “La teoria dei diritti si oppone, invece, alle pratiche che violano i diritti fondamentali degli individui in nome del «pubblico interesse».” I test tossicologici rientrano in queste pratiche ma poiché violano i diritti fondamentali di altri, anche se non umani, sono moralmente indifendibili. Se si potesse dimostrare che questi test sono in qualche modo utili, e quindi il danno vale il beneficio, anche Singer che in Liberazione Animale comunque li condanna, dovrebbe ammetterne la liceità. Ciò resta invece impensabile per Regan, per il quale i diritti dei singoli vengono sempre prima degli interessi collettivi. Nessuno chiede che i prodotti già testati vengano tolti dagli scaffali, dice Regan, perché non si può rimediare al male fatto in passato. Ma dobbiamo impedire, abbiamo il dovere morale di farlo, che altra sofferenza venga inflitta. Soprattutto tenuto conto che da anni esistono valide alternative cruelty free per molti prodotti, ad esempio i cosmetici, i detersivi, i saponi. E per tutti quei settori dove non sono disponibili test non animali, questo non deve essere un freno ma un incentivo a scoprirli. “Sostenere in anticipo che non sono possibili significa assumere un atteggiamento non meno antiscientifico di quello di cui danno prova certi critici dei test tossicologici su animali.”238

238 Ivi, pag. 503.