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Tom Regan: oltre l’utilitarismo

7. Le ragioni dei contrari

7.3 Tom Regan: oltre l’utilitarismo

“Il compito che gli ARA devono fronteggiare è enorme: dobbiamo svuotare le gabbie, non renderle più grandi.”196

Tom Regan (1938 - 2017) è stato un filosofo americano che ha dato un forte impulso alla causa animalista, sostenendo che gli animali sono «soggetti-di-una- vita» e in quanto tali sono soggetti portatori di diritti, non diversamente dagli esseri umani, indipendentemente dal loro grado di razionalità. Da ciò emerge già la distanza con Peter Singer, il quale non ha mai parlato di diritto in relazione agli animali, scegliendo la nozione di «preferenza» o «interesse». I diritti animali, non diversamente dai diritti umani, hanno un valore fondamentale e sono pertanto antecedenti ad ogni calcolo di tipo utilitaristico. Ecco perché Regan supera la posizione di Singer e degli utilitaristi in generale, per cui l’uso degli animali a scopo scientifico può essere in taluni casi moralmente giustificato. Per Regan, al contrario, ogni qualvolta ci troviamo di fronte ad una violazione del diritto, non c’è alcuna giustificazione possibile, non c’è difesa, non c’è alcun calcolo utilitaristico che conti.

Il contributo degli utilitaristi classici alla causa del benessere animale costituisce un grande titolo di merito ed è motivo di riconoscenza da parte di tutti coloro che operano per migliorare il trattamento degli animali. Ma […] gli utilitaristi edonisti vanno incontro a obiezioni insormontabili.197

Gli utilitaristi classici sono definiti «edonisti» perché sostengono che il piacere sia in sé sempre positivo, e il dolore sia in sé sempre negativo. La natura dell’utilitarismo è di tipo aggregativo: il saldo che conta non è personale ma riguarda tutti i soggetti coinvolti. Piaceri e dolori devono essere equamente

196 T. Regan, Gabbie vuote, cit., pag. 103. 197 T. Regan, I diritti animali, cit., pag. 279.

considerati, sia che si tratti di agenti morali che di pazienti morali. Il che significa che ai piaceri e ai dolori degli animali, va riconosciuto lo stesso valore che al piacere e al dolore degli esseri umani. Per «agente morale», Regan intende ogni individuo capace di scegliere i propri principi morali e di agire in conseguenza di essi. Un agente morale può sempre essere ritenuto responsabile del proprio agire a meno che non sia stato costretto a fare qualcosa. Esempi tipici di agenti morali sono gli esseri umani adulti normali. Diversamente, i pazienti morali mancano della capacità di controllare il proprio comportamento e non possono essere considerati responsabili del proprio agire. “I pazienti morali non possono fare né ciò che è giusto, né ciò che è sbagliato” ovvero l’azione di un paziente morale non può essere valutata con criteri morali. Un paziente morale può causare un danno ad altri, ma non può mai fare qualcosa di moralmente sbagliato. Solo gli agenti morali possono farlo. Tra i pazienti morali troviamo i neonati, i bambini molto piccoli o i membri della specie umana con deficit mentali. A questo punto può essere interessante notare che tutte le teorie dei doveri indiretti limitano l’appartenenza alla comunità morale agli agenti morali, ecco perché gli animali restano tagliati fuori dalla sfera dei diritti. Questo non vuol dire che secondo le teorie dei doveri indiretti sia lecito maltrattare gli animali, ma che quando stabiliamo ciò che possiamo fare o non fare, le ragioni non vanno ricercate in ciò che provocano agli animali ma in come influiscono sugli agenti morali. “Solo se, o solo nella misura in cui, ciò che facciamo loro influisce sugli agenti morali, possiamo avere una base morale per stabilire che certi modi di trattare gli animali solo leciti, mentre altri non lo sono.”198

Fin qui dunque, l’utilitarismo, equiparando piaceri e dolori tra pazienti e agenti morali, compie un importante avanzamento rispetto la teoria dei doveri indiretti. Ma lo fa esponendosi a forti obiezioni. Ad esempio, l’utilitarista classico non è in grado di rispondere all’obiezione sull’uccisione degli agenti morali. Infatti, se come abbiamo detto, la moralità dell’azione deriva da un puro calcolo tra piacere e dolore, l’uccisione di una persona il cui saldo resti positivo, sarebbe non solo giustificabile ma anche moralmente giusta. “Se, uccidendo l’agente morale in questione, si consegue il saldo aggregativo ottimale di piaceri e dolori,

198 Ivi, pag. 218.

l’utilitarista edonista riterrà non solo che non ci sia nulla da ridire sulla sua uccisione, ma che tale uccisione gli sia stata imposta dalla sua teoria.”199

Abbiamo anche già visto che l’utilitarista classico basa la sua difesa sugli effetti collaterali, ossia su tutti i soggetti coinvolti come parenti, amici e altre persone che hanno ragione di temere la stessa sorte. “Paradossalmente, insomma, la ragione principale per cui è moralmente sbagliato uccidere un agente morale non consiste nel danno arrecato alla vittima, bensì, prioritariamente, nel danno arrecato ai superstiti.”200 Una difesa che però non convince fino in fondo Regan: “un modo per diagnosticare il suo punto debole fondamentale è il seguente: esso presuppone che agenti e pazienti morali siano, per usare l’efficace espressione di Singer, meri ricettacoli di ciò che ha valore positivo (il piacere) o negativo (il dolore). In sé, essi non hanno alcun valore; valore ne ha invece quello che contengono (cioè che sperimentano).”201

Per superare queste implicazioni è necessario abbandonare l’edonismo che ci ha indotti a pensare agli individui come contenitori piuttosto che come aventi valore in sé. Infatti, la versione dell’utilitarismo elaborata da Singer, poiché non prevede il riconoscimento di alcun diritto fondamentale, ma solo la concessione di una sorta di “diritto della preferenza”, non può che lasciare Regan insoddisfatto.