3. La sperimentazione animale e il termine «vivisezione»
3.6 Primi passi
Il dottor Christopher Smith, medico chirurgo nello stato della California, testimonia che i risultati dei test di tossicità non vengono quasi mai presi in considerazione:
“Per quanto sia un medico con un diploma di specializzazione in pronto soccorso e con oltre diciassette anni di esperienza nel trattamento di avvelenamenti e contaminazioni tossiche accidentali, io non so di nessun caso in cui nel corso di interventi d’emergenza ci si avvalga dei risultati del test di Draize per curare lesioni oculari. Personalmente non ho mai utilizzato i risultati di test su animali per trattare casi di avvelenamento accidentale. Quando devono scegliere la cura ottimale per i loro pazienti, i medici di pronto soccorso si basano sui rapporti dei colleghi, sulla loro esperienza clinica e sui dati sperimentali ricavati dalle prove cliniche su umani.”77
75 AA. VV., Un’altra ricerca è possibile. Metodi sostitutivi alla sperimentazione animale,
dossier pubblicato in Impronte, n. 2, marzo 2007, pag. 32.
76 Ibidem.
77 Physicians Committeee for Responsible Medicine, The Development of Laboratory
Animal Science and Animal Care of Legislation and the Consummation in «PCRM
News», Washington, luglio-agosto 1988, pag. 4, in P. Singer Liberazione animale, cit., pag. 80.
A causa dell’insorgere delle associazioni animaliste e allo sdegno seguito alla pubblicazione di alcuni di questi test, diverse aziende si sono impegnate e ridurre il numero di animali utilizzati nel settore cosmetico. Negli Stati Uniti, una coalizione per l’abolizione del test di Draize iniziò chiedendo alla Revlon, prima società cosmetica nazionale, di investire un decimo dell’uno per cento dei propri profitti nella ricerca di metodi alternativi. Quando la Revlon rifiutò, comparvero sul New York Times titoli provocatori come “Quanti conigli acceca la Revlon in nome della bellezza?”78. Seguirono altre forme di protesta, ad esempio durante una assemblea dei soci dell’azienda, si presentarono diverse persone travestite da coniglio, la specie più utilizzata nei test sui cosmetici. La società si sentì costretta a rivedere le proprie posizioni e stanziò i fondi necessari. Altre note ditte come Avon seguirono l’esempio. Nel 1988 una protesta guidata dall’associazione People for Ethical Treatment of Animals (PETA) indusse il marchio Benetton a rinunciare ai test sugli animali nel settore cosmetico. Nel 1989 Avon annunciò di esser pronta a utilizzare un materiale sintetico chiamato Eytex in sostituzione di metodi cruenti. Tuttavia, negli Stati Uniti l’unica legge federale in materia resta l’Animal Welfare Act che regola il trasporto, l’alloggiamento e il trattamento degli animali destinati alla vendita a privati, utilizzati negli spettacoli o nella ricerca. Ma per quanto riguarda la sperimentazione, i ricercatori godono di assoluta libertà. Un paragrafo della legge, ad esempio, impone che qualora vengano condotti esperimenti invasivi senza l’uso di anestetici, si dichiari che ciò era necessario per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla ricerca.79 La legge però non prevede alcun modo per valutare se questi obiettivi giustifichino il ricorso a tali pratiche, o se i risultati potevano essere ottenuti in altro modo. Non è previsto il controllo da parte di alcun comitato etico.
Rispetto al procedimento classico della prova DL 50 (che prevede la somministrazione a circa 60 animali di dosi quasi casuali di sostanza), ultimamente si preferisce utilizzare un metodo per dosi fisse usando circa 20 animali per volta. In questo modo, sono al massimo necessarie tre prove: si parte da una quantità fissa e, se la sostanza non uccide la metà degli animali, si alza la dose ed, eventualmente, la si alza una seconda
78 The New York Times, 15 aprile 1980.
volta. Poiché la quantità massima consentita per ogni somministrazione è 2000 mg per chilogrammo corporeo, si può iniziare il test con questa quantità: se non uccide gli animali è inutile fare altre prove perché la sostanza si dimostra innocua.80
In Italia e nel resto dell’Unione europea, i test tossicologici restano obbligatori per legge. È una convinzione diffusa che con la direttiva europea 2010/63, i test sugli animali per i cosmetici siano stati aboliti. Ciò è vero solo in parte. È corretto dire che dal 2013 esiste una normativa che vieta la commercializzazione di prodotti cosmetici che contengano nuovi ingredienti provenienti dai test sugli animali. Ma questi stessi ingredienti che non vengono testi come cosmetici, vengono sperimentati, con le stesse modalità, come ingredienti parte di altri prodotti industriali e di consumo.
“Gli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici saranno in genere soggetti anche agli obblighi orizzontali previsti dal regolamento REACH21 e la sperimentazione animale può, in ultima istanza, essere necessaria per completare i rispettivi dati. Spetta quindi agli Stati membri valutare e decidere se la sperimentazione prevista conformemente ad altri quadri normativi vada considerata rientrante nel campo di applicazione del divieto di immissione sul mercato applicabile dal 2013.”81
Che il test sia effettuato da una casa farmaceutica o da una ditta di cosmetici, in questo caso non fa alcuna differenza. La maggior parte dei nuovi cosmetici lanciati sul mercato, fa uso anche indirettamente della sperimentazione animale.
Oggi i test di tossicità orale, cutanea e oculare, non “nonostante”, ma “grazie” alla direttiva 2010/63, restano metodi ancora ampiamente utilizzati. La normativa europea vigente prevede infatti l’uso del ratto per la LD50 orale, mentre per la LD50 cutanea è previsto soprattutto l’impiego del coniglio. Per quanto riguarda la LC50, è previsto l’utilizzo del ratto con un tempo di esposizione di quattro ore.
80 Stanza 101, cit., pag. 32.
81 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul divieto
della sperimentazione animale e di immissione sul mercato e sullo stato dei metodi alternativi nel settore dei prodotti cosmetici, del 11-03-2013, pag. 9.