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CAPITOLO IX COMMERCIALIZZZIONE E MARKETING DEL MIELE

9.4 Conclusioni

Secondo gli studi (Cembalo L., Migliore G., Schifan G. 2012) degli ultimi anni riguardo l’atteggiamento del consumatore nei paesi più sviluppati, le scelte di consumo sono cambiate e sempre più sono influenzate da elementi di carattere extra-economico caratterizzati da aspetti ambientali e sociali riconducibili alla sfera etica. Il prodotto è percepito non più come un insieme di caratteristiche tangibili e funzionali (colore, gusto, forma, consistenza) ma ad esso si associano elementi intangibili che fanno riferimento all’impatto sull’ambiente dei processi produttivi, il riciclo di materiali e delle confezioni, le ricadute sulla crescita economica locale, la sicurezza alimentare, la solidarietà con i produttori. Queste caratteristiche soggettive arricchiscono il prodotto di attributi di qualità che hanno un ruolo importante nella scelta del consumatore che diventa consapevole del proprio ruolo nella società e degli effetti sociali ed ambientali dei propri comportamenti. I comportamenti virtuosi riguardano però una nicchia dei consumi, a fronte di un largo consumo regolato dalle tradizionali logiche di prezzo sebbene questo può divenire poco influente quando il livello di motivazione del consumatore è alto (Romeo 2016). Quello che si evidenzia dalle ultime indagini riguardo il consumo di miele è che il legame con il territorio rappresenta un vantaggio che si concretizza con la possibilità di avvicinare il consumatore con strategie di marketing e che potenzialmente può diventare un elemento di riqualificazione dell’intero settore agricolo. L’origine del prodotto che sta acquisendo sempre più importanza può rappresentare un fattore in grado di indurre la preferenza di un consumatore sempre più attento a caratteristiche quali la naturalità oltre che richiamare l’attenzione di mercati stranieri che già riconoscono un valore aggiunto ad altre produzioni agroalimentari italiane. E’ necessaria una maggiore valorizzazione del prodotto al fine di educare al gusto il consumatore in modo da valorizzare, anche a livello di prezzo, la qualità e la variabilità geografica del miele italiano utilizzando la leva della differenziazione del prodotto. In Italia tra i diversi mezzi consentiti dalla legislazione per la differenziazione qualitativa, l’uso delle denominazioni botaniche uniflorali è di gran lunga quello più utilizzato. Si stima infatti che il 60% del miele

151 italiano venga commercializzato con denominazione uniflorale e il maggior valore sul mercato di tali mieli è un dato consolidato, nonostante le fluttuazioni annuali del prezzo medio del miele. Anche il miele da apicoltura biologica occupa uno spazio importante, mentre le denominazioni locali (regionali e topografiche) pur essendo ampiamente utilizzate sia dai produttori che dai maggiori marchi commerciali per completare la denominazione del miele, non sono ancora da considerarsi affermate e non determinano, salvo alcuni casi, un diverso valore di mercato a seconda della provenienza. Dall’ultimo Congresso dell’Apicoltura Professionale Italiana (Grosseto- 29/1-2/2 2020) il presidente di Unaapi sottolinea che il decennio finisce drammaticamente per il miele italiano ed inizia con previsioni non buone. Per cui le associazioni stanno pensando ad una campagna mediatica a sostegno e per la promozione del prodotto nazionale, come alimento naturale, nutrizionale, legato ai territori di origine. Continua il presidente di Conapi che l’Italia è il Paese con più varietà al mondo ed il più controllato per cui al consumatore è chiesto di sostenere il settore, scegliendo il prodotto italiano: un prodotto fatto con standard qualitativi rigorosi e la cui qualità ripaga di un prezzo maggiore. Inoltre, quando si parla di miele, l’acquisto consapevole conta più che mai perché vuol dire anche dare “una mano” alle api.

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