CAPITOLO VI LA PERMAPICOLTURA
6.5 Permapicoltura in Italia
L’interesse per questa arnia dagli anni ’80 e con l’arrivo della Varroa è scemato essendo un’arnia non ispezionabile. Negli ultimi anni si è ridestato un interesse per questo approccio anche contestualmente alla diffusione di orti sinergici. In Italia l’arnia Perone è in fase di sperimentazione: qualche apicoltore ha deciso di abbassare l’altezza del nido portandola a 60cm: dipende dall’abbondanza delle fioriture. In zone dove il pascolo per le api è concentrato in pochi mesi è preferibile adottare un’arnia che, pur assicurando spazio alle api, non sia cosi grande da indurre le api ad immagazzinare tutto il miele nel nido. Sono diverse, in Italia, le modalità con cui gli sperimentatori si sono avvicinati alla permapicoltura. Diversi hanno “peronizzato” le proprie arnie dadant apportando modifiche, altri hanno costruito arnie Perone ex-novo. Attualmente non esistono dati od osservazioni sufficienti per poter affermare quale modello sia più giusto. Quello che è emerso in questi anni di timida sperimentazione è che è impensabile convertire il proprio apiario travasando le famiglie da un’arnia
89 convenzionale ad una Perone. Come sembra essere controproducente smettere di curare le api all’improvviso: vanno apportate gradualmente delle modifiche e puntare a recuperare sciami da inarniare nelle nuove arnie. L’obiettivo primario per chi decide di “cambiare strada” è rinunciare all’uso di medicinali e antibiotici e alle diverse tecniche oggi in uso. Personalmente ho peronizzato un’arnia dadant sovrapponendo una melario ad una cassa privata del portatelaini quindi raggiungendo un’altezza di circa 60cm. Ho costruito una griglia includi regina e cambiato le porte di ingresso chiudendo quella classica della dadant. Dopo due anni dall’inarniamento di uno sciame di buone dimensioni ho applicato 1 melario utilizzando i telai da melario classici completi di fogli cerei già lavorati da altra famiglia: il risultato ad oggi è una famiglia numericamente cresciuta che a settembre aveva riempito il melario.
“Mi piacerebbe metterla al corrente di cosa sta accadendo nella Permacoltura. Dal 2014 sono tornato in Argentina dopo aver viaggiato in Spagna e in america latina. Torno scandalizzato dalla velocità con cui gli agrotossici hanno devastato l’ambiente e da come l’agricoltura sta seminando morte e ci lascia senza api, insetti, uomini biodiversità. Cioè senza vita. In vari paesi si impollina a mano la frutta, visto fare con il lulo in Colombia. E come siano scarsi gli sciami grandi. Ci sono sciami sempre più piccoli, poco vigorosi meno vitali meno capaci di occupare i grandi spazi dell’arnia aurea. Vivo come consulente di apicoltura internazionale con conferenze e corsi e realizzando delle classi per imprese l’ho fatto in Honduras recentemente. Sono in comunicazione con i permapicoltori del mondo: insieme siamo giunti alla conclusione che le api non hanno vigore e forza di un tempo non sono più in grado di occupare i grandi spazi che gli offrivamo. Stiamo quindi preparando delle arnie di transizione (più piccole) nella speranza di poterle aiutare a tornare ad aver bisogno di spazi più grandi. Ciò che succede adesso in molti luoghi è che le api non sono in grado di popolare arnie grandi. Se sono popolate da api provenienti da arnie convenzionali quindi stressate dalla conduzione convenzionale la maggior parte delle volte occupano solo il nido(al più). Questo mi preoccupava molto. Sono tornato alla natura ad osservare nidi silvestri per chiedere alle api come poter fare, una soluzione e l’ho
90 trovata: una soluzione insperata che dimostra quanti errori ed equivoci facciamo nel disegnare le arnie, quanto distanti dal comprendere come le api possono stare bene come lo sono state per migliaia di anni. Senza l’intervento umano. Ho cosi disegnato un’arnia in Nicaragua con un gruppo di contadini: l’hanno chiamata il cacicco nicarao (capo tribù). E’ un’arnia che si basa su nuovo disegno e tecnica che facilita il fatto che possa funzionare in diversi climi, situazioni. Ci avvicina il più possibile al proposito di intervenire il meno possibile. Non ne parleremo se non dopo averla provata anche se intimamente non credo ce ne sia bisogno perché si basa sui principi che hanno portato avanti le api in milioni di anni”. Così si esprime Perone in uno degli scambi epistolari che abbiamo avuto nel 2019.
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CAPITOLO 7
QUADRO ATTUALE DELLA PRODUZIONE DI MIELE
7.1La produzione di miele nel mondo e in Europa
- La produzione mondiale di miele nel 2018 si attesta, secondo i dati FAO, su circa 1,86 milioni di tonnellate.
- La produzione globale è in costante crescita, in 10 anni l’incremento è stato del 23%. - La produzione è concentrata prevalentemente in tre continenti: l’Asia, che da sola pesa per il 49% (con il ruolo guida della Cina), seguono l’Europa con il 21% e le Americhe con il 18% (Fonte FAO).
- I primi 6 Paesi produttori da soli garantiscono oltre la metà della produzione mondiale, spicca il primato cinese con 543 mila tonnellate e una quota del 29% della produzione mondiale, seguita dalla Turchia con 114 mila tonnellate e l’11% di quota (FAO).
- Dai dati della produzione si osserva una crescita che è passata da una media di 13,8 kg/alveare a 20,45kg/alveare nel 2017, pur subendo in alcune annate delle visibili oscillazioni.
92 - Commercio mondiale: cresce la quantità di miele scambiata nel mondo con una media annua di 9 migliaia di tonnellate. La Cina e l’Argentina sono le maggiori esportatrici. - L’Unione Europea, secondo i dati della Commissione Agricoltura, produce circa 230 mila tonnellate di miele; la produzione è concentrata in alcune nazioni ( Spagna, Romania, Ungheria cui si aggiungono Italia, Grecia e Francia) che rivestono pertanto un ruolo importante anche nel quadro degli scambi internazionali (Commissione UE). - L’Europa è il secondo produttore mondiale con un totale di circa 17,5 milioni di alveari e oltre 650 mila apicoltori. Un settore con un limitato valore economico ma di inestimabile importanza per l’agricoltura, in quanto responsabile dell’80% delle impollinazioni dei prodotti agricoli (Commissione UE).
- Secondo i dati raccolti dalla Commissione per ciascun Paese Membro, in media ciascun apicoltore europeo possiede 21 alveari, il risultato è la media di dati molto differenti fra loro: in Grecia e Spagna ciascun apicoltore ha infatti più di 100 alveari e in Inghilterra e Germania ne ha mediamente solo 6 o 7. L’Italia insieme alla Francia, ha una media di 27 alveari per apicoltore.
-La resa media di ciascun alveare è stimata in 20kg/alveare, mostra però sostanziali differenze tra Stati Membri: mentre in Germania ciascun alveare può rendere
mediamente 35 Kg/anno, in Grecia rende in media solamente 9 Kg/anno. L’Italia in questo contesto si attesta vicina alla media europea con una resa media di 25
Kg/anno.
- Valore della produzione (dati NAP, National Apicolture Programme, 2015) varia tra 7,99€/kg e 4,82€/kg a fronte di un costo medio di produzione di 4,32€/kg. Il miele immesso sul mercato infatti assume prezzi diversi a seconda che sia venduto all’ingrosso o al dettaglio ed i valori variano durante l’anno (in base al numero transazioni legate alla disponibilità di miele da parte degli apicoltori).
93 - Commercio: la produzione non soddisfa la domanda interna quindi si ricorre al mercato intra ed extraeuropeo. Il valore delle importazioni nel 2018 è di 2,17€/kg con una forbice di 1,3 €kg del miele cinese e 3,87€kg del miele turco ( Eurostat 2019) Il miele importato da Paesi extraUE è importato a prezzi inferiori rispetto a quelli del mercato comunitario: il prodotto UE spunta cioè un prezzo medio all’esportazione quasi tre volte superiore a quello dell’importazione: segno che dimostrerebbe che l’UE concentra le proprie capacità competitive sulla Qualità che appunto riesce ad avere un prezzo elevato.
7.2 La produzione di miele in Italia
-L’Italia è il quarto paese dell’Unione Europea per numero di alveari (1,4 milioni), dopo Spagna (2,9 milioni di alveari), Romania e Polonia (rispettivamente 1,8 e 1,6 milioni di alveari).
- Il numero degli alveari registrati in Italia nel 2018 si è incrementato del 7% rispetto al 2017ed il numero di alveari gestiti da ogni apicoltore è raddoppiato dal 2002 al 2017. Questo a fronte di un calo nel numero di apicoltori col risultato di un rafforzamento strutturale del settore.
- La produzione italiana di miele rilevata dall’ISTAT è poco meno di 8 mila tonnellate per un valore di oltre 61 milioni di euro, ma va considerato che l’ISTAT prende in considerazione l’apicoltura unicamente in occasione dei censimenti generali dell’agricoltura che, non essendo concepiti per stabilire la consistenza degli allevamenti apistici, rilevano esclusivamente parte degli allevamenti strutturati nel settore agricolo, laddove questi coincidano con la disponibilità di terreno. Rimangono pertanto esclusi i numerosi apicoltori, che a prescindere dalla loro connotazione professionale, non associano l’apicoltura ad un’attività agricola ma che pure, nel mantenere in vita l’ape, nei più disparati ambienti naturali o agricoli, assicurano di fatto
94 una indispensabile e capillare impollinazione posizionando i propri alveari su terreni altrui.
- L’effettiva produzione italiana di miele, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale sul miele, si attesterebbe su oltre 23,3 mila tonnellate, circa tre volte quella stimata dall’ISTAT. La produzione è garantita da oltre 1,4 milioni di alveari, di cui circa 390 mila stanziali e 556 mila nomadi, i restanti sono invece alveari per produzione hobbistica e autoconsumo.
Per poter confrontare le rese produttive stimate con dati veri di produzione e dunque al fine di ottenere una stima sempre più aderente alla realtà, l’Osservatorio si è avvalso della disponibilità di Conapi Soc. Coop. Agricola a mettere a disposizione i propri dati cumulativi permettendo quindi un confronto tra dati stimati (quelli dell’Osservatorio) e quelli registrati dai soci conferitori della cooperativa, un campione significativo per numero, distribuzione territoriale e professionalità. Dai dati produttivi medi per regione è emersa una resa media per alveare di:
- circa 33 kg/alveare per le regioni del Nord Ovest e Nord Est, aziende professioniste che praticano nomadismo
- 35 kg/alveare per le regioni del Centro
- 22 kg/alveare per le regioni del Sud e delle Isole
Da ciò risulta una resa media a livello nazionale di circa 30 kg/alveare.
Applicando alle rese medie per regione i correttivi che tengono conto della minore produttività dei professionisti stanziali e dei produttori in autoconsumo e moltiplicando per il numero di alveari, si è giunti ad una stima della produzione italiana di miele per l’annata apistica 2018 quantificabile in circa 23.000 tonnellate.
L’introduzione della Banca Dati Apistica, alla quale tutti gli apicoltori devono essere obbligatoriamente registrati dichiarando gli alveari detenuti e la loro posizione geografica, ha consentito di validare le stime scaturite negli anni riguardo alla consistenza degli apicoltori e degli alveari italiani, evidenziando un elevato numero di
95 apicoltori e alveari e un numero di apicoltori con partita IVA più alto del previsto. Dai dati della BDA aggiornati al 1 giugno 2019, emerge che:
- sono 51.578 gli apicoltori in Italia di cui 33.800 circa produce per autoconsumo (65%)
- 17.767 sono apicoltori con partita iva che producono per il mercato (35%).
La presenza di un numero così considerevole di apicoltori non professionisti costituisce allo stesso tempo una risorsa e un aspetto problematico. L’aspetto positivo riguarda soprattutto la funzione di impollinazione per l’agricoltura e per l’ecosistema; gli aspetti critici riguardano soprattutto l’influenza negativa sullo stato sanitario delle api, quando tali attività sono svolte al di fuori regole minime di gestione sanitaria.
- Gli apicoltori italiani detengono al 31 dicembre in totale 1.473.665 alveari e 252.848 sciami.
- Il 78% degli alveari totali (984.422), sono alveari gestiti da apicoltori commerciali che allevano le api per professione. La grande prevalenza di alveari detenuti da apicoltori con partita iva sottolinea l’elevata professionalità del settore e l’importanza del comparto nel contesto agro-economico.
- Nel 2018 sono oltre 173 mila gli alveari che producono miele biologico, mentre 1,3 milioni di alveari producono miele convenzionale.
7.3 L’apicoltura italiana in calo
Coldiretti, a inizio settembre scorso, ha elaborato i dati Istat e ha comunicato che in Italia nel 2019 la raccolta di miele si è dimezzata. “L’annata 2019 – continua la Coldiretti – sta prospettandosi per l’intera apicoltura nazionale come la più critica e problematica di sempre a causa dell’andamento climatico anomalo”. Il calo della produttività del 41% produrrà, secondo le previsioni, quantità di miele molto al di sotto dei 23 milioni di chili del 2018. Lo stato di criticità del settore apistico è riconducibile a due sfere di problemi:
96 1) L’impatto degli eventi meteo avversi che determinano la perdita delle
produzioni (come avvenuto per il miele di acacia nel 2019)
La produzione di miele è concentrata in una fascia molto ristretta di tempo, ciò espone l’apicoltura al rischio meteorologico di più rispetto alle altre attività agricole. Se poi gli effetti degli eventi meteorologici si sommano all’inquinamento spesso derivante da pratiche agricole scorrette e a patologie delle api allora si giustificano le cadute della produzione. Dalla seconda metà di aprile il maltempo ha investito il Paese e si è avuto un danneggiamento alle fioriture con conseguente carenza di nutrimento per le api nel momento del loro massimo sviluppo. Ciò ha reso necessario ricorrere all’alimentazione di soccorso e a frequenti spostamenti che hanno dilatato i costi di produzione che si sono sommati al danno economico derivante dalle perdite produttive. Le regole del libero mercato teoricamente prevedono un aumento dei prezzi al diminuire dell’offerta. Al contrario nel 2019 si registra un’associazione tra scarsa produzione con un abbassamento dei prezzi e difficoltà a collocare il prodotto sul mercato.
2) Diminuzione dei prezzi dei mieli di produzione nazionale e difficoltà di collocazione sul mercato attribuibile all’importazione di mieli a basso prezzo L’andamento del mercato attuale potrebbe assumere prospettive di crisi strutturale dovuta alla concorrenza estera, generando una serie di effetti quali:
- Difficoltà di assorbimento del mercato della produzione annuale principalmente dovuta a:
• Mancato ritiro del prodotto da parte degli abituali commercianti; • Cessione del prodotto a prezzi molto bassi
• Ritiro di tipologie di mieli diverse ad un unico prezzo, facendo venir meno il riconoscimento economico legato alla diversa varietà
97 • Scarse transazioni di miele in confezioni usuali per la fase
all’ingrosso (fusti da 3 quintali) sostituite da confezioni di ridotte dimensioni (latte da 25kg)
La mancata capacità di collocazione sul mercato del prodotto, nonostante gli scarsi volumi produttivi, esprime la difficoltà attuale delle aziende apistiche alcune delle quali rischiano la chiusura.
Possibili concause della criticità del mercato:
- Frodi relative al miele: condotte illecite quali la adulterazione, l’alterazione delle informazioni in etichetta al fine di ottenere un maggior ritorno
economico. Recentemente è stata messa in discussione la qualità del miele importato soprattutto dalla Cina e da altri paesi come Ucraina e altri paesi dell’est Europa verso Europa centrale e occidentale: il sospetto nasce perché il risutato del valore di export di questi Paesi non è supportato da un
parallelo aumento degli alveari.
La Cina è il primo produttore di miele al mondo (29% della produzione mondiale) ed è il paese con i prezzi di vendita più bassi.
E’ il primo paese esportatore per un valore di 211 milioni di euro seguito da Nuova Zelanda e Argentina.
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7.4 Frodi relative al miele: cenni sull’ adulterazione del miele
Cosa si intende legalmente per miele?
Secondo la Direttiva europea 2001/110/CE, concernente la produzione e la commercializzazione del miele, per miele si intende “la sostanza dolce naturale che le api producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze escrete da insetti succhiatori che si trovano sulle parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano o lasciano maturare nei favi dell’alveare”. Il DL.vo n.179/04, recependo ed attuando la direttiva ha stabilito le caratteristiche
99 compositive del miele. In particolare, è stato fissato il tenore in zuccheri fruttosio e glucosio (non meno di 60g/100 g di prodotto) nel miele di nettare ed in quello di melata e il tenore in saccarosio (non superiore a 5g/100g). Stabilisce anche la concentrazione in sostanze insolubili in acqua e la concentrazione in acqua parametri importanti ai fini dell’idoneità al consumo ovvero correlati allo sviluppo batterico (Manuela Martano, Paola Maiolino, Karen Power 2019: p.109). Inoltre in Italia è vietata l’aggiunta di qualunque ingrediente diverso da miele (conservanti, coloranti, aromatizzanti). L’adulterazione del miele è stata negli ultimi anni argomento di molte pubblicazioni scientifiche.
Il miele può essere adulterato:
- per aggiunta di sciroppi zuccherini: può avvenire direttamente per aggiunta nel miele per aumentarne il volume o indirettamente attraverso un’alimentazione integrativa delle api. L’utilizzo di sciroppi, ottenuti da colture come mais e riso o canna da zucchero è favorito dal basso costo rispetto al miele e dal fatto che la loro individuazione rimane una questione complessa anche con sofisticati metodi di analisi. L’utilizzo di alimentazione integrata risulta necessaria in alcuni periodi dell’anno ma deve essere evitata nel periodo di flusso nettarifero nell’alveare perché molto facilmente si avrà contaminazione tra nettare e prodotti zuccherini ed il prodotto estratto dai favi non risulterebbe essere più miele.
- per un’erronea descrizione dell’origine botanica o geografica. (Gallina in Api e apicoltura, 2020: p.82-83)
I prodotti dell’alveare sono di elevato valore e richiedono costi di produzione notevoli, per praticare prezzi molto bassi occorre far ricorso a tecniche che prevedono “diluizioni”: mieli non rispondenti agli standard europei di mercato poiché sottoposti a miscelazione, diluizione con sciroppi zuccherini quindi non qualificabili come “miele” secondo la normativa europea. Inoltre le tecniche produttive cinesi sono diverse dagli standard europei, il 90% del miele viene smielato immaturo (con elevato contenuto di acqua) e conferito a stabilimenti industriali che provvedono ad una
100 lavorazione per renderlo commerciabile. Il prodotto ottenuto non rispondè né al Codex Alimentarius né alla vigente normativa UE. Il problema delle adulterazioni assume dimensioni sempre più importanti ad oggi inadeguatamente fronteggiate con le tecniche analitiche disponibile e con gli elevati costi di analisi.
A tal proposito riportiamo uno studio effettuato da JRC (Joint Research Centre) nel 2016 per conto della Commissione fatto raccogliendo oltre 2000 campioni di miele nei 28 Stati Membri con l’intento di verificare la diffusione del problema nel mercato europeo. Il 14.2% del totale sono stati definiti come sospetto adulterato.
Una prima serie di controlli è stata fatta controllando l’origine botanica, geografica e le proprietà chimico-fisiche: il 19% dei mieli presentava una non conformità.
Il report divide i campioni in due categorie: mieli non miscelati e miscele di mieli. In entrambe le categorie, quelli riconosciuti come adulterati erano rappresentati dal 19% circa da mieli di origine UE. Tra i miscelati il 10% degli adulterati è di provenienza extraUE, tra i non miscelati la % sale al 20%. Questo testimonia che le frodi non siano attribuibili esclusivamente ai Paesi orientali.
La Commissione però ha evidenziato che i metodi sono poco efficaci per dimostrare la presenza di zuccheri estranei: difficoltà dovuta al fatto che il miele è un prodotto che per sua natura è difficilmente analizzabile da questo punto di vista. Conclude che per poter valutare l’eventuale additivazione si devono utilizzare metodi analitici complessi che richiedono strumentazioni costose e poco diffuse. (Gallina 2020)
Per fronteggiare le adulterazioni sono necessari: controllo e l’introduzione di norme europee di salvaguardia.
Sul territorio italiano il Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi (ICQRF) ha il compito di prevenire e reprimere le frodi agro-alimentari, tutelare i marchi di qualità e prevenire una sleale concorrenza tra Paesi.
101 Nel caso del miele sono stati riscontrati, sui campioni analizzati in laboratorio, diversi illeciti tra cui: adulterazione per aggiunta di zuccheri e origine botanica contraffatta. Le frodi riscontrabili dalle ispezioni esterne al prodotto hanno riguardato i difetti di etichettatura, il packaging e l’impiego indebito di marchi di qualità.
E’ necessario mettere in atto strategie per valorizzare e rilanciare il prodotto italiano sul mercato nonché facilitare la scelta consapevole del consumatore attraverso norme sull’indicazione di origine che obblighi a esprimere in etichetta la percentuale dei mieli che compongono le miscele.
7.5 Potenzialità e fattori limitanti dell’apicoltura in Italia
Le potenzialità raggiunte in questi anni dall’apicoltura italiana sono considerevoli, sia sul piano della quantità, sia dal punto di vista della qualità dei mieli e della loro caratterizzazione identitaria. Lo testimonia:
● il numero degli apicoltori
● il numero crescente degli apicoltori con Partita IVA ● il numero di alveari
● la grande prevalenza degli alveari detenuti da apicoltori con partita IVA ● la produzione di miele, sia pure con oscillazioni importanti
● il regime dei prezzi