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CONCLUSIONI

L’OTA è una delle micotossine più comuni e diffuse, della quale è ormai provato il potere nefrotossico, cancerogeno, teratogeno, mutageno ed immunotossico (Kuiper-Goodman, 1996).

Il rischio di contaminazione OTA è elevato per i cereali, legato anche alle condizioni ambientali delle colture e dello stoccaggio, mentre sembra essere più limitato in tutti i tipi di foraggi (Driehuis, 2008). In pratica, però, tutti i substrati organici possono, con varia specificità, permettere lo sviluppo di muffe produttrici di OTA: cereali (segale, mais, orzo, frumento, riso, miglio; farine e derivati fermentati); frutta (pistacchi, fichi secchi, arachidi, mandorle, uva, mele; succhi, vino); altri vegetali (caffè, cacao, erbe infusionali, spezie) (EFSA, 2006).

Una dieta contaminata da OTA si ripercuote negativamente sulla salute degli animali anche se nella pratica gli effetti di una dieta naturalmente contaminata sulle prestazioni produttive e riproduttive sono meno intensi rispetto a quanto osservato in studi con mangime contaminano sperimentalmente. La scelta delle materie prime usate durante la formulazione dei mangimi ha conseguenze importanti sull’esposizione all’OTA e dovrebbe essere analizzato con attenzione, specialmente se destinati ai suini o alle specie avicole. La suscettibilità nei riguardi dell’OTA, infatti, è molto differenziata in funzione della specie e del momento fisiologico. Tra le specie d’interesse zootecnico, i monogastrici sono più suscettibili agli effetti dell’OTA rispetto ai poligastrici a causa dell'effetto combinato della maggiore esposizione a mangimi contaminati (dieta costituita prevalentemente da cereali) e dell’assenza di disintossicazione da parte del rumine (Özpinar et al., 1999).

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I suini mostrano una riduzione significativa dell’incremento ponderale giornaliero con dosi sempre maggiori di OTA. Inoltre in questa specie, l’OTA tende ad accumularsi in reni e, in misura minore, nel fegato rappresentando un potenziale pericolo per l’uomo, se a ciò si aggiunge che il ritrovamento di OTA anche in grasso e muscolo è stato ampiamente documentato (Jorgensen, 1998; Gareis et al., 2000; Chiavaro et al., 2002). Tuttavia, le concentrazioni della tossina riscontrate nelle parti edibili del suino sono generalmente basse rispetto ad altre fonti alimentari e non rappresentano ad oggi un pericolo per la salute dei consumatori: il livello di contaminazione da OTA di un particolare prodotto a base di carne è direttamente dipendente dal contenuto di materie prime utilizzate per la sua produzione (sangue, frattaglie). Nei prodotti trasformati sono possibili anche contaminazioni dirette durante le fasi di lavorazione, stagionatura e conservazione (Pietri, 2006).

In ogni caso, l’EFSA ha descritto come trascurabile il rischio associato al consumo di prodotti derivati da animali alimentati con mangimi contaminati (EFSA, 2006). Sono infatti necessari alti livelli di contaminazione dei mangimi o dei foraggi per avere il passaggio della tossina nei tessuti animali. Tuttavia i dati ricavati da numerosi studi condotti su questi prodotti, pur mostrando valori di presenza di OTA generalmente inferiori ai limiti di legge stabiliti, mettono in evidenza quanto questa contaminazione sia ormai un fenomeno comune (Gareis et al., 2000).

Il pollame è meno sensibile all'OTA rispetto ai suini a causa della loro maggiore efficienza escretoria della tossina; ciònonostante diversi esperimenti mostrano una riduzione delle prestazioni conseguente all'azione negativa dell’OTA su molteplici vie metaboliche (Stoev et al., 2000). Ciò si può tradurre in diminuzione della crescita giornaliera nei polli da carne e riduzione della produzione e del peso delle uova nelle galline ovaiole (Kumar et al., 2004). Le specie avicole, però, possono accumulare OTA nelle carni e nelle uova in quantità

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rilevanti soltanto se esposte ad elevati livelli di contaminazione con la dieta, cosa attualmente difficile in campo.

Bovini, ovini e caprini, al contrario, sono in grado di degradare l'OTA nel rumine, rappresentando quest’ultimo una barriera al passaggio della tossina nel flusso sanguigno (Hult, 1976). Allo stesso modo, la concentrazione di OTA nei loro prodotti rimane sia al di sotto dei limiti di rilevazione/quantificazione che sotto la soglia di rischio per la salute dei consumatori (Youany e Diaz, 2005).

Di conseguenza la contaminazione da OTA è un problema quasi esclusivamente delle specie monogastriche viste le possibili perdite economiche causate dalla riduzione delle performance produttive, l'impatto negativo sulla salute e il benessere degli animali e sulla possibilità di trasferimento della tossina nei tessuti degli animali intossicati.

In considerazione dell'esposizione cronica a cui un animale domestico è potenzialmente sottoposto quando riceve lo stesso cibo potenzialmente contaminato da OTA per un lungo periodo di tempo, si percepisce il bisogno di incentivare i produttori di pet food a sottoporre le materie prime ai test per il tenore di micotossine (Leung e Boermans, 2007; Gazzotti et al., 2015). Ciò è stato ampiamente condiviso dai legislatori europei i quali tenendo conto del parere EFSA sull’OTA nei mangimi e della tossicità di questa micotossina nei mangimi per cani e gatti, hanno modificato la Raccomandazione 2006/576 con la Raccomandazione UE 2016/1319 che estende i limiti di OTA anche ai mangimi composti per queste specie.

L’OTA è stata ritrovata anche nelle materie prime e nei mangimi finiti destinati a specie d’acquacoltura, dimostrando che queste rappresentano un rischio anche per questo settore. Una delle principali ragioni all'origine del problema è la qualità delle materie prime impiegate. A ciò si aggiunge il fatto che i segni clinici delle micotossicosi nelle specie

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dell'acquacoltura sono aspecifici o non riconoscibili, rendendo la gestione del rischio un tema difficile da affrontare (Gonçalves, 2016). È importante, quindi, aumentare la conoscenza sugli effetti delle micotossine in queste specie per definire dei livelli comuni di accettazione nei mangimi finiti.

Nonostante nella maggior parte dei lavori effettuati le concentrazioni di OTA non siano in genere allarmanti dal punto di vista legislativo, il suo frequente ritrovamento nelle materie prime e/o nei mangimi composti potrebbe costituire, un rischio tossicologico sottovalutato. Si rende necessario un continuo monitoraggio micologico e micotossicologico per garantire mangimi sicuri da destinare alle specie zootecniche, e approfondire i dati relativi alle interazioni tra OTA altre micotossine, sempre più spesso presenti simultaneamente in una stessa matrice. La contaminazione da micotossine, infatti, è un fenomeno sempre più diffuso e influenzato da molteplici fattori, difficilmente controllabili, di tipo ambientale e agronomico. Le micotossine sono presenti, in generale, in una vasta gamma di mangimi e di alimenti, in tutto il mondo, in diversi concentrazioni e l'esposizione simultanea degli animali a più di una micotossina è preoccupante e richiede più ricerche. Gli effetti sinergici possono, però, spiegare perché gli animali a volte rispondono negativamente a livelli di micotossine molto più bassi di quelli in grado di causare micotossicosi. Spesso le concentrazioni delle singole tossine sono talmente basse da non permetterne la rilevazione con le procedure analitiche convenzionali. Sebbene alcune combinazioni di micotossine siano ampiamente conosciute, per il loro frequente ritrovamento nei mangimi (AFs e OTA, AFs e FUM o DON e ZEA), si possono ritrovare un'infinità di miscele per cui la loro tossicità combinata e i possibili effetti sono difficili da prevedere (Streit et. al, 2012); ciò rappresenta una minaccia ulteriore per la salute umana e animale. Purtroppo mancano dati recenti relativi ad esposizioni croniche a concentrazioni sub-tossiche di micotossine, condizione che più si

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avvicina alle reali abitudini alimentari (umane e animali). Il problema dell’azione combinata delle micotossine dovrebbe essere preso in considerazione anche dalla normativa vigente, in quanto le linee guida o i livelli massimi dovrebbero essere impostati non solo per ogni micotossina in maniera individuale ma anche per quelle combinazioni che richiederebbero più dati riguardo all'impatto esercitato sulle diverse specie animali.

L'OTA è una molecola abbastanza stabile al calore e difficile da rimuovere (Monaci et al. 2005). Trattamenti fisici abbastanza energici possono avere un certo effetto di abbattimento analitico, ma le caratteristiche dell'alimento risultano fortemente compromesse. Trattamenti chimici possono pure consentire di ottenere risultati interessanti, ma anche in questo caso generalmente sono compromesse le caratteristiche del prodotto (Huwig et al., 2001). Un settore promettente e in via di sviluppo riguarda l'impiego di trattamenti biologici.

Il modo migliore per controllare la formazione di questa micotossina è quella di prevenire la crescita di funghi nei cereali, componente principale dei mangimi per pollame e suini. Si dovrebbe agire in fase di pre-raccolto (magari con fungicidi), riducendo il contenuto di umidità del raccolto ad un livello sicuro; mentre ottimizzazione delle operazioni di raccolta, miglioramento della gestione post-raccolta, in particolare essiccazione e stoccaggio, attuazione di procedure addizionali di controllo e valutazione di trattamenti fisici e chimici per la detossificazione, rappresentano gli elementi fondamentali di prevenzione nella fase di post-raccolta delle materie prime (Verderio, 2001).

Nonostante gli sforzi dedicati alla prevenzione dello sviluppo di specie fungine produttrici di OTA, contaminazioni si verificano ancora. Quindi strategie sicure di riduzione dovrebbero essere sviluppate e riconosciute in larga scala. Le analisi per quantificare le contaminazioni, inoltre, sono costose, tanto più quanto più è accurato e preciso il metodo impiegato.

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L'accertamento del livello di contaminazione è poi reso problematico dal fatto che di norma la presenza dei miceti ha distribuzione puntiforme, quindi il campionamento assume un'importanza fondamentale.

È infine necessario aumentare la consapevolezza degli allevatori di specie zootecniche sul problema della contaminazione da OTA dei mangimi e sulla necessità di attuare piani di autocontrollo che limitino il rischio potenziale di questa micotossina.

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