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Prevenzione e trattamento degli alimenti contaminati

2. OCRATOSSINA A

2.12. Prevenzione e trattamento degli alimenti contaminati

Quando si parla di prevenzione delle micotossine, vengono distinti due differenti metodi, il primo che unisce metodi pre-raccolta e il secondo quelli post-raccolta (Adegoke et al., 2013).

Le prime sono misure in grado di ridurre e controllare le contaminazioni in campo comprendenti tutte quelle tecniche agronomiche, che applicate correttamente limitano o riducono il più possibile lo stress per la pianta. (Atanda et al., 2013). Nella pratica, questo si traduce in un'adeguata preparazione del terreno alla semina, una corretta gestione dell'irrigazione (evitare sia la carenza che l'eccesso, in quanto, entrambi possono determinare lo sviluppo fungino) della concimazione (equilibrare l'apporto azoto e sodio/potassio) e nell'impiego di rotazioni colturali (Jouany, 2007). Nuovi studi, invece, puntano su varietà resistenti di grano, segale ed orzo contenenti geni che conferiscono resistenza alla crescita fungina ( Varga et al., 2010).

La prevenzione post-raccolta fa riferimento alle buone pratiche di essiccazione, stoccaggio e l'eventuale impiego di agenti chimici o naturali. Tale prevenzione può essere condotta (Jouany J. P. 2007):

• durante il trasporto eseguendo una pulizia accurata dei mezzi impiegati, evitare lunghe soste, trasportare il più possibile partite omogenee ed inoltre, predisporre un efficiente piano di autocontrollo;

• nel centro di raccolta eseguendo analisi al fine di determinare la qualità del prodotto attraverso l'impiego di una lampada a ultravioletti per la contaminazione fungina; • durante l'essiccazione monitorando i parametri di processo limitando la rottura dei

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contaminazione e controllando lo stato igienico delle attrezzature attraverso prelievi rappresentativi della partita. Studi in merito hanno dimostrato che la rapida essiccazione dei prodotti agricoli con un basso tenore di umidità è fondamentale in quanto crea condizioni meno favorevoli per la crescita fungina, per l'infestazione da insetti e aiuta ad mantenere una standard ottimale a lungo termine (Lanyasunya et al., 2005);

• durante lo stoccaggio controllando l'umidità del prodotto, che deve essere omogeneae quanto più rapidamente possibile portata a livelli inferiori al 14% per i cereali e al 7-8% per il semi oleaginosi. Importante è anche mantenere un buono stato di pulizia dei locali e silos dove vengono stoccate le materie prime (Pietri A. et al., 2004).

Per quanto riguarda la decontaminazione delle derrate alimentari, questa viene messa in atto nel momento in cui sia la prevenzione pre-raccolta che quella post-raccolta non siano state eseguite in modo ottimale comportando quindi l'impiego di materiale contaminato (Atanda et al., 2013). La decontaminazione eseguita attraverso trattamenti fisici, chimici e biologici (Castells et al., 2005) ha come obbiettivo ultimo quello di prevenire un ulteriore contaminazione da micotossine ed infine anche la distruzione completa del prodotto contaminato (Atanda et al., 2013).

Nella decontaminazione fisica, i semi contaminati possono essere rimossi attraverso le operazioni di pulitura, e cernita. Il lavaggio del frumento, per esempio, può portare ad una rimozione del contenuto di OTA del 50% invece, durante la fresatura si ha un calo intorno al 65% (Osborne et al., 1996). Un altro metodo di decontaminazione efficiente è la molitura ad umido in quanto porta ad un accumulo delle micotossine nell'acqua di macerazione, con produzione di amido a bassi livelli di contaminazione (Bullerman., 1985). Altri possibili

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trattamenti fisici sfruttano il potere del calore come la cottura, l'autoclavaggio, la tostatura, la nixtamalizzazione (cottura in presenza di alcali) ed infine la cottura-estrusione (Castells et al., 2005).

I metodi di detossificazione di tipo chimico sono caratterizzati dall'uso di acidi, basi, agenti ossidanti e riducenti ed infine l'impiego di sostanze ad azione adsorbente (zeoliti, carboni attivi, bentonite, argille). L'impiego di quest'ultime, a differenza delle altre, risulta il metodo più efficace per ridurre il rischio della carry-over, ossia il trasferimento di tali tossine nei prodotti di origine animale (Gowda et al., 2013) in quanto, sono materiali inerti dal punto di vista nutrizionale e capaci di legarsi stabilmente alle micotossine riducendo così l'assorbimento al livello gastrointestinale (Visconti, 2002). Tra i trattamenti chimici, quelli con perossido di idrogeno, idrossido di sodio, monometilammina, idrossido di calcio sono stati evidenziati come metodi efficienti per la decontaminazione da OTA (Scott et al., 1996).

Un altro metodo impiegato è l' ozonizzazione che ha consentito mediante tecniche elettrochimiche la rimozione di OTA in cereali, noci e verdure fino a livelli non rilevabili in HPLC (McKenzie et al., 1997; Varga et al., 2010).

Il trattamento chimico, però, non è consentito all'interno dell'Unione Europea per le materie prime destinate al consumo umano perché sono agenti che comportano delle variazioni nella qualità nutrizionale e sensoriale del substrano trattato (Scott et al., 1996). Al contrario, l'uso appropriato di pesticidi e fungicidi (Matthies e Buchenauer, 2000; Haidukowski et al, 2004) durante il processo di produzione potrebbe ridurre al minimo la contaminazione fungina (Zain, 2011).

L'ultimo approccio per la detossificazione delle matrici alimentari è quello biologico. Di recente attuazione, rappresenta un metodo alternativo ai metodi convenzionali di

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inattivazione delle micotossine. In tale categoria ritroviamo lo sviluppo di funghi non patogeni per il controllo “ bio” nei confronti di quelli con attività patogena che entrando in competizione con essi riducono così i livelli di produzione di micotossine. A conferma di ciò, Masoud e Kaltoft (2006) hanno riportato l'azione inibente in vitro di tre lieviti (Pichia

anomala, Pichia kluyveri e Hanseniaspora uvarum) nei confronti dell'OTA prodotta da A.

ochraceus. È stato provato da diversi studi che l'impiego di ceppi fungini di Trichoderma sono in grado di controllare quelli tossigeni attraverso la competizione per nutrienti, l'azione fugistasi, il mico-parassitismo e la stimolazione dei meccanismi di difesa vegetale (Bacone et al., 2001; Benitez et al., 2004 e Luongo et al., 2005). Un altro esempio è dato dall' aggiunta di batteri produttori di acido lattico e acido propionico agli insilati (Niderkorn V. et al., 2006).

Altri studi invece, si sono indirizzati verso l'identificazione degli enzimi che hanno capacità di degradare l' OTA come per esempio la carbossipeptidasi in grado di convertire OTA in OTA alfa (Abrunhosa et al., 2006; Abrunhosa et al., 2007).

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