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Contaminazione da OTA in materie prime destinate alla formulazione di mangimi e in

3. CONTAMINAZIONE DA OTA NEI MANGIMI

3.1. Contaminazione da OTA in materie prime destinate alla formulazione di mangimi e in

mangimi e in mangimi composti per suini e avicoli

La formulazione dei mangimi consiste, in generale, nel calcolo di diverse quantità di materie prime necessarie alla formulazione di una dieta equilibrata che fornisca tutte le sostanze nutritive richieste per un animale. La formulazione dei mangimi varia con la specie animale, l’età, lo stadio di produzione e la composizione, in energia, proteine, minerali e vitamine, delle materie prime disponibili. Poiché i costi di alimentazione rappresentano due terzi o più dei costi totali vivi nella produzione di suini e pollame (le specie considerate più sensibili alla maggior parte delle micotossine tra cui OTA) particolare attenzione è rivolta alla formulazione dei loro mangimi (Bryden e Li, 2010).

Cereali come mais, sorgo, frumento, riso e avena sono la principale fonte d’energia sia per i suini che per le specie avicole ma il tipo utilizzato per la formulazione di mangimi dipende in gran parte dal costo e dalla disponibilità locale per la dieta animale. Sottoprodotti dei cereali (crusca di riso, glutine di mais, frumento, sottoprodotti di distilleria, e altri) sono sempre più utilizzati nei mangimi per animali (Ravindran, 2016;Tokach, 2016 ).

Farina di soia, sottoprodotti di estrazione di olio da semi di girasole e di colza, o semi di cotone vengono utilizzati come principale fonte proteica per suini e avicoli (Lawrence, 1995).

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Tra i fattori che sono noti, infatti, per avere un impatto sulla contaminazione da micotossine, il substrato, cioè la materia prima su cui cresce il fungo, è probabilmente il più importante. Studi sulla contaminazione da OTA delle materie prime utilizzate per l’alimentazione animale sono stati condotti in tutto il mondo già a partire degli anni ‘60/’70. In un’indagine effettuata in Inghilterra dal 1976 al 1979, in cui sono stati analizzati più di 500 campioni di orzo, avena e grano, l’OTA è risultata la micotossina più frequentemente isolata con il 12,8% di campioni positivi (Buckle, 1983).

Scudamore e collaboratori (1997), in uno studio condotto su più di 350 campioni provenienti dall’ Inghilterra, hanno evidenziato che orzo e grano rappresentavano le materie prime maggiormente contaminate da OTA (rispettivamente il 60% e il 40% dei campioni positivi). In uno studio condotto in Ungheria su campioni di cereali e come semi di soia, mais, riso, grano, orzo, avena e semi di girasole raccolti in, sono stati riscontati concentrazioni di OTA per i campioni di mais, soia e riso rispettivamente pari a 350 μg/kg, 320 μg/kg, 250 μg/kg; mentre altre materie prime come grano, orzo, avena e semi di girasole presentavano concentrazioni di OTA inferiori a 220 μg/kg (Rafai et al., 2000).

In un recente studio sono stati analizzati, per un periodo di 8 anni, campioni di mais, orzo, grano e insilato, sottoprodotti come farina di soia e di distillati, semi di cotone, riso e sorgo provenienti da Asia, Europa e in minima parte da Africa e Medio Oriente per la ricerca di micotossine tra cui l’OTA (Streit et al., 2013). A livello globale circa il 25% dei campioni è risultato positivo all’OTA con valori più o meno stabili durante tutto il periodo; di questi, il 99% presentava valori entro i limiti raccomandati per questa micotossina dall’Unione Europea.

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Un precedente studio condotto su campioni di mais, farina di soia e grano di varie parti del mondo ha riportato i seguenti risultati relativi al contenuto di OTA nei campioni positivi:

Tab. 3 Valori espressi: in % di campioni positivi e valori medi nei campioni positivi (Streit et al., 2012).

L’OTA è stata ritrovata in campioni di mais, grano e farina di soia con valori più elevati di 250 μg/kg in un recente studio condotto su campioni provenienti principalmente da Sud America, Sud Asia, Europa Centrale e Africa; mentre è risultata assente in altre materie prime (miglio, sorgo, orzo, avena) ad eccezione del riso i cui valori erano comunque al di sotto di25μg/kg (Guerre, 2016).

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Nella maggior parte degli studi condotti in Europa negli ultimi anni, solo relativamente pochi campioni di cereali destinati all’alimentazione animale presentano tenori di OTA al di sopra di 1 μg/kg con percentuali di positività del 15% (Scudamore et al., 1999), e 11% (MacDonald et al., 2004); ad eccezione di alcuni stati come Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca e Austria dove sono stati riscontrati elevati livelli di OTA in campioni di mais, grano, segale e fagioli con valori superiori a 1 μg/kg (Van Egmond e Speijers, 1994).

Un’indagine condotta in Brasile su 144 campioni di mangime destinato a scrofe ha riportato la contaminazione di tutti i campioni analizzati con concentrazioni di OTA comprese tra 28 e 135 μg/kg (Rosa et al., 2007). OTA al di sopra di 50 μg/kg di mangime è stata riscontrata in mangimi destinati ai suini pesanti e a scrofe provenienti dal Sud America (Guerre, 2016). L’OTA è considerata, dopo le aflatossine, la seconda più importante micotossina in termini di perdite economiche e una tra le più tossiche per le specie avicole (Indresh e Umakanth, 2013). L’OTA induce infatti una diminuzione delle performance riscontrata in allevamenti di polli da carne, con accumulo della tossina principalmente in reni e fegato (Resanovic et al., 2009). Studi sulle galline ovaiole hanno ugualmente riportato una diminuzione della produzione di uova, performance ridotte e perdita di peso in seguito alla somministrazione di mangime contaminato da OTA (Hassan et al., 2012).

In un’indagine eseguita su 30 campioni di mangime completo per avicoli (sia per polli da carne che per ovaiole) prelevati in differenti fattorie in Serbia. Le analisi micologiche hanno evidenziato la presenza di funghi del genere Aspergillus (21%) e Penicillium (42%) e altri generi (50%) nella maggior parte dei campioni mentre analisi micotossicologiche hanno rivelato la presenza di OTA nel 100% dei campioni con concentrazioni medie pari a 34,40 μg/kg per i mangimi destinati ai polli e 43,89 μg/kg in quelli destinati alle ovaiole (Krnjaja,

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2014). Precedentemente, Radulovic e collaboratori (2013) avevano riscontrato concentrazioni di OTA comprese tra 2 e 650 μg/kg e tra 4 e 100 μg/kg in campioni di mangimi per broiler e ovaiole, rispettivamente.

Un ambiente caldo e umido favorisce lo sviluppo di funghi ocratossigeni (Paterson e Lima 2011). Il Pakistan è situato nel sud-est asiatico dove le condizioni ambientali permettono la crescita di funghi e la produzione di micotossine (Alam et al., 2012; Farhat Zafar et al., 2001; Iqbal et al., 2014), soprattutto se a ciò si aggiungono metodi errati di raccolta e stoccaggio associate a cattive condizioni igieniche sia di produzione che di consumo degli alimenti. A tal proposito,indagini sul contenuto di OTA sono state effettuate su campioni di mangimi per pollame da allevamenti situati in regioni umide del Pakistan. In una di queste, l’incidenza del contenuto di OTA registrata in mangimi completi era del 29,17% con concentrazioni medie e massime pari a 7μg/kg e 23μg/kg rispettivamente (Ghulam, 2014). In un altro lavoro che prendeva in considerazione diversi tipi di mangimi (per contenuto e tipo di materie prime) per broiler è stata evidenziata una maggiore concentrazione di OTA in pellettati o sbriciolati probabilmente dovuto al fatto che i processi di produzione di tali prodotti richiedono più tempo e l’aggiunta di acqua. Nei prodotti frantumati le concentrazioni di OTA erano comprese tra 50 e 70μg/kg, mentre negli sbriciolati tali valori erano compresi tra 70 e 85 μg/kg (Sherazi e Shar, 2015).

Il 30% dei campioni di mangimi per avicoli raccolti in Rabat, regione del Marocco, sono risultati positivi ad OTA con valori compresi tra 0,024μg/kg e 0,268μg/kg, in ogni caso al di sotto dei limiti stabiliti dalle Raccomandazioni UE per questi prodotti (Sifou, 2016). Infine, in uno studio condotto in Europa su campioni di mangimi destinati a diverse specie animali (suini, polli e ovaiole, bovini, uccelli), per la ricerca di più di 300 micotossine, solo

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pochi campioni hanno rivelato positività ad OTA e solo un campione (tra quelli destinati ai suini) con concentrazione pari a 65 μg/kg, maggiore ai limiti di 50 μg/kg raccomandati dall’UE (Zachariasova, 2014).