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1. Il dibattito sull’identità degli albanesi nello scontro dei “padri” della nazione: Kadare e

1.3. Conclusioni: identità, nazionalismo e storicismo

In conclusione di questo capitolo riportiamo alcune analisi che a nostro parere paiono più scientifiche e distaccate dal resto delle opinioni/analisi.

Vista la natura mediatica del dibattito, nonché la natura mediatica della società con- temporanea globale (da cui il termine “società mediatica”), ci serviamo dell'analisi testuale di un critico della letteratura e dei media quale Gezim Mekuli76 che in occasione di questo

dibattito compie una analisi testuale dello scritto di Kadare L'identità europea degli Alba-

cepti, kur njëri të bën një të mirë, ky është i detyruar t’ia shpërblejë edhe sikur të shkelë të vërtetën, ndryshe quhet bukëshkalë. Më duket se Ismail Kadareja, sado që ka mbi 15 vjet që jeton në Francë, nuk është çliruar ende nga kjo normë shqiptare, e trashëguar nga e kaluara. Kjo kuptohet kur ai thotë se Rexhep Qosja, me sul- met që po i bën atij, duket se e ka harruar nderin që i ka bërë kur ka rekomanduar botimin e një shkrimi të tij. Me fjalë të tjera, për hir të kësaj mirësie, Rexhep Qosja, duhej ta mbyllte gojën. Nuk ke ç’i bën, mbasi këto janë tipare të identitetit kulturor shqiptar, të cilat nuk përbëjnë tipare të identitetit kulturor evropian».

76GEZIM MEKULI, Media dhe politika; analize e shkrimit “Identiteti Europian i Shqiptareve” te Ismail Kadarese, in: http://www.shqiperia.com/shqip/opinionart/aID/316/

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nesi.

Il metodo usato da Mekuli è quello del «raggruppamento delle parole» che si basa sulle teorie di Kenneth Burke77, che sarebbe in grado di decodificare il pensiero dell'autore.

Secondo Burke la costruzione della proposizione e l'uso delle espressioni non è una scelta spontanea e casuale. Vale a dire che se una persona X riesce a imporre la sua idea ad Y, ciò è reso possibile dall'azione del linguaggio; la visione di Y è stata influenzata dalla retorica di X. Quindi l'idea di verità non è oggettiva e stabile, ma è stata influenzata da qualcuno78.

Secondo Burke sarebbe possibile, attraverso la classificazione e l'elenco dei gruppi delle parole, arrivare a scoprire i concetti chiave e le connessioni tra le parole. In seguito Mekuli aggiunge che il criterio per trarre un elenco delle parole chiave è la frequenza con la quale vengono usate. Questo elenco viene diviso in due categorie: quella dei “concetti buoni” e quella dei “concetti diabolici”.

Così, tornando al testo di Kadare, Mekuli rileva sette concetti principali usati: “Euro- pa”, “europeo”, “albanese”, “identità”, “popolo”, “musulmano”, “cristiano”, “Occidente”, “Oriente”.

Il termine “Europa” è usato 61 volte e quello “europeo” 39; a quest'ultimo vengono raggruppate le parole con accezione positiva quali: “cattolicesimo”, “razza bianca”, “iden- tità”, “albanesi”, “continente madre”, “civiltà”, “mito, “cristianesimo”. Mentre, tra le paro- le con accezione negativa che si raggruppano con “europeo” – secondo Mekuli – ci sono “guerra” e “musulmanesimo”.

Secondo Mekuli, attraverso il raggruppamento delle parole si può notare che il ter- mine “musulmanesimo” designa una disgrazia storica che segna la fine della “grandezza” della nazione albanese79.

Mentre, fin dall'inizio del saggio Kadare usa un’espressione stilistica che metterebbe a confronto “l'Albania piccola con il grande Continente europeo”, in cui – secondo Mekuli – gli aggettivi piccolo e grande incutono nel lettore il sentimento dell'inferiorità. Di conse- guenza, l'Europa si erige come faro di illuminazione per l'Albania.

Il termine “non-europeo” viene rappresentato con una accezione negativa. È accom- pagnata maggiormente da parole quali “vergogna”, “identità”, “albanesi”, “turchi invaso- ri”, “musulmani” e “pericolo per la civiltà europea”.

I termini “cattolico” e “musulmano” sono rappresentanti di valori antitetici.

77KENNETH BURKE, Attitudes Toward History, 1937, University of California Press, cit in G Mekuli, ibidem. 78Cit in G Mekuli, art cit.

79 Ibidem, Me ndihmën e grupimit të fjalëve në kuptojmë se "myslimanizmi" është fatkeqësia unike dhe e

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Quindi, da quel che abbiamo visto lo schema sarebbe: “cattolico” = positivo, mentre “musulmano” = negativo.

Mekuli sostiene che le parole che si raggruppano intorno a questi due concetti chiave se- guono la stessa logica antitetica, ma aggiungono alla divisione di valori anche quella tem- porale, in cui si contrappone il passato e il presente, caricando di significati negativi la prima e positivi la seconda. Questo è lo schema del raggruppamento antitetico delle parole tratta da Mekuli: musulmano=passato/cattolico=presente; non-europeo/europeo; musulma- nesimo/cattolicesimo; Orientale/Occidentale; esperienza ottomana/pluralismo democratico; vestiti arabi/tradizionale; poco europeo/libero; momenti difficili/radici del Cristianesimo; Guerra/pace; altro genere/Civiltà cristiana; Terrore/madre; Moschea/cattedrale; vecchi de- moni/i Balcani europei; centro di terrorismo/identità; non ci accomuna niente/“Noi”.

Da questo ragionamento deriva la seguente equazione: «albanesi + cattolicesimo = identità europea» e «albanesi + musulmanesimo = identità non-europea»

Per farla breve, secondo Mekuli, il testo di Kadare è scritto sotto l'influenza della sin- drome del vittimismo e sostiene l'idea che il “musulmanesimo” ha distrutto l'identità e il futuro degli albanesi e, di conseguenza, la salvezza sarebbe nell’europeizzazione80.

Ricordiamo che partendo da quel che abbiamo visto durante l'esposizione delle ver- sioni dei partecipanti al dibattito, l'analisi di Mekuli vale anche per la decodificazione dei testi del dibattito in generale, vista la concordanza tra le accezioni di alcuni dei concetti chiave tra gli autori riportati sopra come: “Europa”, “europeismo”, “identità”, “musulma- nesimo”, “cristianesimo”, “noi” e “loro”, “occupazione ottomana”, “popolo” e via dicendo.

In funzione di una successiva analisi delle tematiche toccate dalle “voci” di questo dibattito riportiamo il nostro elenco delle tematiche principali che abbiamo riscontrato du- rante la nostra esposizione. Così abbiamo notato un uso dominante della storia della nazio- ne albanese.

Da quanto analizzato fin qui, abbiamo notato che i discorsi dei pensatori albanesi ri- portati prima fanno uso dei concetti di identità etnica, nazionalismo, oriente e occidente, storia, cultura, etnia, in un modo del tutto soggettivo in cui domina un approccio trascen- dentale sulla natura dell'identità etnica albanese. Kadare (insieme ai kadareiani) e Frashëri sono i rappresentanti più fedeli a questo pensiero, ma d'altronde anche Qosja non è del tut- to estraneo al nazionalismo, visto il suo atteggiamento essenzialmente «strumentalista» e

80 Ibidem, Analiza e grupimit të fjalëve zbulon një botëkuptim i cili është i ndërtuar mbi një sindromë të

viktimës dhe që nënvizon idenë se "myslimanizmi" ka shkatërruar identitetin dhe ardhmërinë e shqiptarëve. Shkrimi ndërton një botëkuptim se evropianizimi është shpëtimi i shqiptarëve.

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funzionalista all'unità nazionale. Ma bisogna sottolineare che, diversamente dai suoi detrat- tori, riconosce il carattere “fittizio” dell'identità e della cultura nazionale. Anche la maggior parte degli interlocutori del dibattito ha dimostrato un attaccamento alla concezione storici- stica dello sviluppo culturale etnocentrico seguendo uno schema lineare che parte dai tempi oscuri dell'antichità, degli antenati Illiri, per arrivare all'epoca presente in cui pare che per colpa di qualche «incidente storico», identificato con l'arrivo dei Turchi e l'islam, il “treno” della storia sia deragliato dalla sua destinazione naturale; l'Europa e la sua cultura. A dire il vero la destinazione Europa è una nuova tappa dello storicismo albanese del periodo che nel linguaggio e nell'opinione sociale è chiamato post-comunista. Ma il post-comunismo albanese mette in evidenza in modo netto anche l'epoca della post-modernità albanese, per- ché solo con la caduta del regime comunista si sono create le condizioni di quella che – se- condo Zygmunt Bauman – sarebbe una delle caratteristiche principali della post-modernità; la «deregolamentazione»81. Quindi l’«incertezza» - per usare un altro termine di Bauman –

causata dalla «deregolamentazione» determina la necessità di una nuova regolamentazione o certezza, situazioni che in questa fase richiedono un progetto riguardante il futuro, una nuova destinazione; l'Europa, appunto. Il dibattito ci mette d'avanti un esempio di Storia condizionata dall'imperativo politico presente. Come ebbe a dire in occasione del dibattito un giovane studioso albanese di scienze politiche, Enis Sulstarova, questo è scaturito pro- prio in concomitanza con la stipulazione del Patto di Associazioniste e Stabilizzazione del- le Relazioni tra Albania e Comunità Europa82. O meglio, Kadare, si “irritò” per la riabilita-

zione della realtà sociale albanese costituita da identità cristiane e musulmane fatta da Qosja (ricordiamo che le due identità erano subordinate all'identità principale, l'albanità) e dopo di lui anche la maggior parte del pubblico intellettuale albanese che trovava la certez- za del suo futuro solo in direzione dell'entità politico-sociale chiamata Europa.

Abbiamo visto che i termini usati da scienziati sociali o semplicemente “intellettuali” per corroborare la loro definizione sull'Identità albanese sono, prima di tutto, quello di “storia” e poi quelli di “geografia”, “geografia storica”, “cristianesimo”, “musulmanesi- mo”, “laicismo” e via dicendo. Anzi, il problema dell'identità sembra inseparabile da quel- lo di Storia. Identità e Storia in questo caso sono complementari. Da questa preliminare os-

81ZYGMUNT BAUMAN, La Società Sotto Assedio, Laterza, Roma-Bari, 2003, p, X.

82 ENIS SULSTAROVA, Provincializimi i Evropes dhe Debati Publik mbi Integrimin Evropian, (La pro-

vincializzazione dell'Europa e il dibattito pubblico sull'integrazione europea) in «Polis» (rivista scentifica dell'Università Europea di Tirana); «Në prag të nënshkrimit të Asociim Stabilizimit me Bashkimin Evropian, në shtypin shqiptar nisën replikat e ashpra midis Ismail Kadaresë dhe Rexhep Qoses, jehona e të cilit vazh- don edhe sot. Prej këtij debati, ku u përshinë gati të gjithë intelektualët dhe opinionbërësit më në zë brenda dhe jashtë kufirit shtetëror (deri te arbëreshët, shih Mandala & Marku, 2006), si edhe prejdebateve të tjerë të ngjashëm që janë shfaqur më parë dhe herë pas here në shtypin shqiptar,

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servazione sembra che il destino della storia del popolo albanese sia l'esistenza della sua identità, una identità ormai multiforme per quanto riguarda i suoi aggettivi, ma che vuole essere sempre distinta etnicamente da qualcos'altro che gli si avvicina e che secondo le esi- genze esistenziali legate a valori politico-morali sono fonti di disagio sociale. Il problema che si riscontra nelle opinioni riportate sopra è che, nonostante una maggioranza filo euro- pea e filo-cattolica, le attese sul futuro sono multiformi. E a questa multiformità del pensie- ro intellettuale dobbiamo aggiungere quello della pratica sociale degli albanesi, le manife- stazioni culturali della gente comune, che in questo caso acquisisce un ruolo importante nell'analisi delle trasformazioni sociali della post-modernità.

Intanto bisogna accettare che senza nessun dubbio il “dibattito sull'identità degli al- banesi” ci ha introdotto anche nel “dibattito” della “storia degli albanesi” o dell'Albania. Perché come abbiamo notato, il discorso storicistico riferito alla storia della nazione alba- nese è il più dominante negli scritti e in tutti dibattiti in generale che hanno come scopo la definizione della realtà culturale. Inoltre, i punti di riferimento, destinazioni, come «Euro- pa» e «Occidente» sono determinanti anche nel caso delle dissertazioni storiciste. Così an- che Sulstarova ha descritto, nella sua analisi del dibattito, la tendenza storicistica notando che:

“Nel periodo post-comunista lo storicismo fiorisce quando gli intellettuali albanesi cominciano a reinterpretare la storia albanese intorno ad una unità chiama «Europa» o «Occidente», che sarà il soggetto principale del discorso. Ad esso sono legati i con- cetti di sviluppo, avanzamento, civilizzazione, sapere ecc.. Gli intellettuali tracciano la storia con lo scopo di identificare gli avvenimenti e le cause che ci hanno avvicina- to o che ci hanno allontanato dall’“Europa” e anche per trovare un motivo, che sia una spinta lineare o ciclica, che determini l'atteggiamento degli albanesi nei confronti dell'Europa e ci offrono argomenti post hoc propter hoc. Il periodo storico che predili- gono è quello pre-ottomano che va all'indietro nel tempo fino ai Pelasgi! Per alcuni è la lingua albanese che ci colloca nelle fondamenta dell'Europa, per altri bisogna risco- prire le radici dell'Albania pre-ottomana per ristabilire i legami con l'Occidente (Mi- sha, 1997), per altri ancora è la traumatica Linea di Teodosio che da circa duemila an- ni ha diviso gli albanesi e, addirittura, anche oggigiorno continua a spaccargli il cer- vello in due (Plasari, 1992). Inevitabilmente, il dominio ottomano durato cinque- cent'anni è interpretato in toto come antitesi di tutto ciò che rappresenta l'Europa o l'Occidente. Qualche volta è ignorato totalmente, come se gli albanesi dell'epoca non esistessero storicamente, quindi il periodo ottomano non è un periodo storico. Qual-

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che volta questo è visto come un tunnel dal quale gli albanesi uscirono trasformati, sfigurati, quindi in questo senso l'epoca ottomana è antistorica”83.

Siccome abbiamo avuto l'occasione di riscontrare in modo più dettagliato la concezione storicista diffusa tra gli intellettuali albanesi così come nelle opere storiche menzionate nelle osservazioni di Sulstarova, pare necessario anche un affronto di questo novo trend di interpretazione storica dell'epoca post-comunista o post-moderna. L'analisi di queste inter- pretazioni sarà utile prima del tentativo di “addentrarci” nella Storia moderna albanese in modo critico per offrire un'analisi comparativa tra queste nuove interpretazioni storiche della modernità e la costruzione più pluralistica dei fatti storici, nonché l'elenco dei fattori che hanno determinato le interpretazioni precedenti, cosi come abbiamo dimostrato i nessi tra contesto politico-sociale e le posizioni politico-culturali già incontrate.

In questo caso è necessaria l’esposizione dell’ideologia che caratterizza queste nuove tendenze dello storicismo albanese dell’epoca post-comunista.

Come ha citato Sulstarova, l’opera di Aurel Plasari è una delle più rappresentative per quanto riguarda le rappresentazioni culturali della nuova epoca della società albanese. Questa opera è una sorta di dissertazione sulle nuove aspettative politiche e culturali della società albanese. Il suo status rappresentativo della nuova epoca dell’autoidentità albanese è confermato anche dalla considerazione che ha avuto su alcune opere analitiche di stampo sociologico che si sono impegnate nell’esposizione delle caratteristiche della suddetta so- cietà. Un’analisi molto approfondita e critica nei confronti delle rappresentazioni socio- culturali della società albanese è quella di Fabio Martelli; Capire l’Albania84. Come si

evince dalla nota di copertina del libro quest’autore è storico e antropologo allo steso tem- po. Quindi, Capire l’Albania è un’analisi che possiamo considerare sociologica ma che fa

83 SULSTAROVA, Provincializimi...op., cit, pp, 4-5; «Në periudhën paskomuniste, historicizmi gjallon kur

intelektualët shqiptarë, e riinterpretojnë historinë shqiptare rrotull një njësie të quajtur “Evropë” apo “Pe- rëndim”, që është nyja që përcakton pozitën e shënuesve të tjerë në ligjërim. Me të janë të lidhura zhvillimi, përparimi, qytetërimi, dija etj. Intelektualët gjurmojnë historinë shqiptare për të identifikuar ngjarjet dhe mo- tivet që na kanë afruar apo larguar prej “Evropës” dhe për të gjetur një motiv, a impuls linear apo ciklik qoftë, që përcakton marrëdhëniet e shqiptarëve kundrejt Evropës dhe na ofrojnë argumente post hoc propter hoc. Parapëlqimi i tyre është për periudhën paraosmane, që shkon mbrapsht në kohë deri te pellazgët! Për dikë është gjuha shqipe që na vendos në themel të Evropës, për një tjetër janë rrënjët e Arbërit paraosman që du- hen rizbuluar për t’u lidhur sërish me perëndimin (Misha, 1997), për një tjetër është Vija traumatike e Teodo- sit, që prej gati dymijë vjetësh i ka ndarë shqiptarët, madje edhe sot u çan më dysh trutë atyre (Plasari, 1992). Pashmangshmërisht periudha pesëqind vjeçare osmane shihet in toto si një kundërtezë e gjithçkaje që përfa- qëson Evropa apo Perëndimi. Ndonjëherë anashkalohet tërësisht, thuajse se arbër-shqiptarët kanë qenë jashtë historisë gjatë kësaj kohe, pra periudha osmane nuk është një kohë historike. Ndonjëherë ajo shihet si një tu- nel, në fund të të cilit shqiptarët dolën të shfytyruar, pra në këtë rast periudha osmane është një kohë kundë- rhistorike».

81 un uso chiaro delle logiche antropologiche.

L’ultimo capitolo di quest’opera si concentra sulla descrizione degli atteggiamenti culturali derivanti dal nuovo contesto politico-economico dell’epoca post-comunista;

Frammenti d’identità: dall’esodo alle ipotesi di secessione85. Dove appunto «esodo» sta ad

indicare l’anno 1991, famoso per il pubblico occidentale e italiano in particolare, quando avvenne la massiccia emigrazione degli albanesi verso l’occidente. Mentre con «ipotesi di secessione» Martelli vuole indicare una serie di atteggiamenti politico-culturali che si col- locano in un contesto sociale precario che si trova in fase di transizione politica. In questo contesto le esigenze meramente concernenti il campo politico, che in quel momento si tro- vava in fase di ricomposizione e di allineamento internazionale (si tratta del periodo del post-Guerra fredda in cui sparisce la vecchia divisione e allineamento politico Est vs Ovest) si traducono anche nel campo della cultura in cui l’opera più rappresentativa sareb- be quella di Aurel Plasari86 pubblicata nel 1992, che fu addirittura tradotto anche in italiano

con il titolo; La linea di Teodosio torna a dividere87. Così Martelli dedica una lunga analisi

a quest’opera nel paragrafo dal titolo molto significativo; La linea di Teodosio: un modello

di scomposizione dell’identità squipetara88. Per mantenere le «distanze» da qualsiasi coin-

volgimento emotivo durante l’interpretazione della «realtà dei fatti», riportiamo qui per esteso l’interpretazione di Martelli, che si situa in una posizione oggettiva e motivata solo dall'interesse accademico:

Nonostante l’identità albanese negli schemi percettivi locali e nelle proiezioni in- terpretative degli occidentali sia caratterizzata in primo luogo dall’unitarietà, a partire dal 1992 sono stati elaborati i presupposti per l’individuazione di due realtà etno-cul- turali subregionali, distinte e antitetiche.

Lentamente, tuttavia, si comincia a «pensare» due Albanie geograficamente se- parate dal fiume Scumbini89, elevato a frontiera tra due differenti «filosofie di vita»: è

interessante rilevare che questa mitopoiesi identitaria dicotomica non nasce, almeno in termini teoretici, nella madrepatria, bensì presso le Comunità italo-albanesi che, per prime, riformulano il mito del Settentrione cattolico e occidentale come centro di una

85Ibidem, pp. 177-233.

86PLASARI, Vija e Teodosit rishfaqet nga do t’ja mbajne shqiptaret, Tirana, 1993. 87 Casa editrice Besa, Bari 1998.

88 A.PLASARI, La linea di Teodosio… op., cit, p. 214; dove il termine squipetari è la traslitterazione italiana

del termine shqipëtarë=albanesi.

89 Nella percezione sociale albanese il fiume Shkumbin è il confine “naturale” che divide le due regioni

culturali che compongono l'etnia albanese; la parte del Nord si chiama Gegëria e quella del Sud, Toskëria. Le differenze tra queste entità sono per lo più concepite di carattere dialettale, anche se c'è chi sostiene una differenziazione estesa anche ad altri elementi della cultura materiale e spirituale.

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autentica e incontaminata «albanità». Il pretesto per tali meditazioni rinasce con le ri- flessioni sulla dittatura che sarebbe stata, infatti, il frutto del retaggio delle antiche dominazioni «orientali» e, dunque, l’esempio estremo sul piano storico della «conta- minazione» subita ad opera di turchi e slavi.

L’ideologia comunista divenne così sinonimo di «barbarie orientale» ed è su tali basi che questa rilettura politica si saldò con quella di Berisha90 che identificava nei

suoi avversari gli eredi del comunismo e, dunque, le regioni meridionali, feudo eletto- rale dei socialisti, sillogisticamente divennero il «rifugio» di quanto restava della «ci- viltà orientale» degli antichi invasori, mentre il Nord, schierato con Berisha, si tra- sformava nella roccaforte della vera identità albanese, occidentale, liberale e aperta all’Europa,

Berisha, almeno sino [alla crisi economica del 1997], non insistette tuttavia troppo su questa propaganda «antitosca», cercando piuttosto di conquistare il consenso dell’elettorato meridionale, mentre questa tematica fu radicalizzata ed elevata a ideo- logia da alcune Comunità arberesh91 e da quelle degli albanesi d’America, sostenitrici

della crociata anticomunista del Partito Democratico e che guardavano con interesse alle forme culturali, oltre che politiche, dell’esperienza secessionista croata.

Molti segnali politici sembrano indicare che il progetto di una divisione dell’Albania in due Stati indipendenti, pur ancora oggi evocato da Berisha92 (non di-

sposto a riconoscere la sconfitta e sempre pronto a cercare di arrogarsi poteri semipre- sidenziali o a stimolare isolati colpi di mano nel Settentrione), è stato ormai abbando- nato dai «grandi protettori» stranieri dell’ex Presidente, in particolare da quei politici statunitensi che ne avevano appoggiato l’egemonia.

Tuttavia, ancorché effimera, questa ipotesi secessionista deve indurre a riflette- re: l’uso di una ricostruzione arbitraria del passato mostra ancora di essere un efficace