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1. Introduzione al contesto balcanico

1.2. Nazioni e nazionalismi secondo le principali teorie

1.2.7. L’ultima ondata, il nazionalismo dei paesi post-comunisti

Dopo un periodo abbastanza tranquillo, che va dalla fine della seconda Guerra Mon- diale fino all’ultimo decennio del secolo XX, l’Europa, quella orientale specialmente, rie- sperimenta di nuovo il movimento nazionalista. Il fenomeno del nazionalismo è ben pre- sente, seppur in forme differenti, in tutte le realtà dell’Est europeo: e tanto per specificare, il fenomeno, assume la forma più eclatante in quella zona balcanica che oggi, in ambito geo-politico, si usa chiamare Balcani sud-occidentali. Ciò che caratterizza il nazionalismo

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europeo-orientale, quale che possa essere il merito delle rivendicazioni di cui si fa portavo- ce, è la crescente aggressività, che dimostra in tutti i suoi aspetti – politico, militare, eco- nomico e culturale. D’altronde questo suo carattere aggressivo lo ha distinto fin dall’inizio, cioè durante l’età delle “rinascite nazionali” nel XIX secolo. Per quanto riguarda il destino del nazionalismo sotto i regimi guidati dall’ideologia comunista, la maggior parte degli studiosi dell’Europa orientale concordano sulla tolleranza riservata dalla classe politica al nazionalismo e che, a volte, si verifica, addirittura, un connubio tra le due ideologie appa- rentemente contrapposte168.

Ciò che ci interessa in questa sede, è dimostrare quali sono le differenze e le analogie tra il nazionalismo “contemporaneo” e quello “moderno”. Il fine è di dimostrare, in segui- to, la persistenza della logica esclusivista del nuovo nazionalismo “contemporaneo”, eredi- tata dal nazionalismo “moderno” (o classico), del quale i popoli balcanici, incluso la mag- gior parte dei propri intellettuali, stentano a sensibilizzarsi. Un’interessante analisi, che ri- guarda le caratteristiche del nazionalismo tra il suo passato e il presente, si trova in un bre- ve articolo di Miroslav Hroch169. Egli pensa che entrambi i processi, quelli del nazionali-

smo “classico” e “contemporaneo”, siano comparabili tra loro.

I punti di partenza dei due processi sembrano analoghi, così anche le loro mete che possono essere divise in tre gruppi:

1. Richieste politiche che nei movimenti nazionali contemporanei sono concentrate prevalentemente verso l’indipendenza, mentre nel diciannovesimo secolo nella mag- gior parte dei casi preferivano solo una autonomia amministrativa.

2. Richieste culturali che tentarono di formare e consolidare una cultura indipendente e una lingua letteraria nazionale.

3. Richieste sociali che chiesero una giusta retribuzione delle risorse nazionali e tenta- rono di consolidare una nuova struttura sociale, parallelamente allo sviluppo del capi- talismo presso gli Stati multietnici.

Comparando, il processo evolutivo del nazionalismo “classico” con lo sviluppo del “con- temporaneo”, Hroch riesce a evidenziare le analogie e le differenze che intercorrono tra i

168 Su questo argomento vedi F.PRIVITERA (a cura di), L’Europa Orientale e la Rinascita dei Nazionalismi,

Guerini Studio, Milano, 1999.

169 Siamo profondamente debitori nei confronti di questo lavoro; M. HROCH, Nationalism and national movements: comparing the past and the present of Central and Eastern Europe, in Nations and Nationalism,

123 due processi170.

Così la maggiore e più importante analogia è che ambo i movimenti nazionali emer- sero come risultato della (e come risposta alla) crisi causata dalla disintegrazione di un vecchio regime e il suo sistema di valori. Sotto le condizioni dell’incertezza, il nazionali- smo offriva la sua forza collante sulla società. In ambo i casi si osserva un livello molto basso di partecipazione politica della popolazione, lo stereotipo di una nazione personaliz- zata e di una posizione difensiva. La storia gloriosa di questa nazione “personalizzata” è vista come il passato personale di ognuno dei suoi membri. In entrambi i casi, il conflitto di interesse nazionale occupa un ruolo importante. Le sconfitte della nazione sono viste come sconfitte personali.

Similmente ambo i movimenti definiscono il loro confine nazionale in base ai confini etnici e storici. Entrambi hanno bisogno di una comunità etnica personale e con uno spazio distinto. Questo spazio era – ed è anche oggi – definito in due modi diversi e controversi. Primo: si definiva in termini di omogeneità etnica, un’omogeneità culturale, linguistica o religiosa, concepita come uno spazio limitato. Mentre nel secondo caso, definendosi in ba- se ad uno storico territorio nazionale, includeva anche altri gruppi etnici, considerate “mi- noranze”.

Fra le differenze notiamo: sul piano sociale, nei movimenti del ventesimo secolo, un livello estremamente alto di comunicazione sociale, insieme ad una “aspirazione verso l’alto” (il bisogno di nuove élites) ed una profonda depressione economica. Nuove élites, istruite sotto il vecchio regime, ma appartenenti ai nuovi movimenti, stanno cercando di realizzare con successo il loro status di élite dominanti. Ma, se nei movimenti “classici” le

élites nazionali si contrapponevano a una classe dominante facendo leva su un precedente

sistema di valori, nei movimenti “contemporanei” le élites emergenti non sono influenzate da alcun sistema tradizionale, eccetto un individualismo e un egoismo nazionale.

170 Riportiamo l’introduzione dell’articolo in lingua originale: Most important analogies are: both national movements emerged as a result of (and as an answer to) the crisis and disintegration of an old regime and its value system; in both cases we observe a low level of political experience among the population, the stereotype of a personalised nation, and of a defensive position. Similarly both movements define their na- tional border by both ethnic and historical borders: in both cases, the nationally relevant conflict of interests plays a decisive role. Among the differences are: the extremely high level of social communication in the twentieth-century movements, combined with a ‘vacuum at the top’ (the need for new elites) and with deep economic depression. The ‘contemporary’ national movements fought for the political rights of undoubtedly pre-existing nations (above all, for full independence), while the ‘classical’ ones fought for the concept of a nation-to-be, whose existence was not generally accepted. Nevertheless, in both cases, similar specifics of the nation-forming process under conditions of a ‘small nation’ can be observed. The author does not view na- tionalism as a ‘diseare’ or external force: but rather as an answer given by some members of the nation to new challenges and unexpected conflicts of interests, which could be interpreted as national one.

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Sul piano politico, i movimenti nazionali “contemporanei” si battono per i diritti po- litici di nazioni indubbiamente preesistenti (soprattutto, indipendenti), mentre quelli “clas- sici” si battevano per il concetto di una nazione da creare, l’esistenza della quale in alcuni casi non fu accettata. Così i movimenti contemporanei si battono non per creare un’entità nuova ma per ripristinare una preesistente.

Per quanto riguarda la mentalità collettiva, la manipolazione delle masse da parte dei mass-media è ancora più efficace di prima. Oggi l’opinione pubblica può essere distorta o consolidata secondo gli interessi di chi controlla l’informazione pubblica e che, di solito, rispecchia gli interessi della classe politica; così si può promuovere ma anche diminuire il nazionalismo aggressivo, in base all’interesse ricorrente. A prova di questa nostra conclu- sione sembra esserci l’affermazione di Hroch, secondo cui, una volta raggiunto lo scopo socio-politico del movimento nazionale (espressione delle richieste delle “aspiranti élites”), il nazionalismo tende ad attenuarsi.

Alla fine della sua analisi Hroch non vede il nazionalismo come una malattia, curabi- le una volta per tutte, ma come un prodotto di potente funzionalità della persistente identità nazionale. Finché esistono le nazioni, il nazionalismo rimarrà una risposta latente a pro- blemi e sfide nazionali. In questo senso può essere considerato un pericolo latente per tutta l’Europa171.

Alla fine di questo capitolo siamo arrivati alla conclusione che il nazionalismo è or- mai diventato, a partire da quella fase che per gli studiosi è segnata dall’interiorizzazione dell’ideologia nazionalista da parte delle masse, una potente ideologia da sfruttare da parte dell’élite o dei governanti, in occasione di disagi nazionali come un’arma per consolidare il proprio status e le proprie posizioni governative. Rallegrarsi riguardo alla speranza che queste classi dominanti possano in un futuro cambiare strategia – non facendo più ricorso all’odio interetnico e al nazionalismo aggressivo, per appropriarsi del potere – sarebbe un po’ pessimistico (se non vogliamo considerarlo realistico). Ma è sempre meglio che gli in- tellettuali, come categoria interpartes, ammoniscano la società riguardo ai pericoli ai quali vengono indotte. Il campo dove bisogna intervenire e dove sicuramente si può migliorare la percezione del nazionalismo è quello della cultura.

Dopo questa esposizione delle teorie e dei principali studi riguardo all’aspetto ideo-

171 Ibidem, p. 43: Nationalism - this has to be stressed once more - is not a malady, not a virus which could be exterminated forever by an appropriate treatment. Nationalism is a potential function and product of actually existing national identities. As long as nations exist, nationalism will remain as a latent answer to problems and challenges. In this sense, it can be regarded as a latent danger - not only in Eastern Europe, but also in Western Europe.

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logico e sociale del nazionalismo, ci rivolgiamo, nel prossimo capitolo, all’aspetto educati- vo, attraverso il quale il nazionalismo riesce a consolidarsi e conquistare le masse, forman- do o manipolando l’identità etnica, il sentimento su cui si basa la solidarietà popolare.