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Conclusioni interlocutorie

L’analisi condotta finora ci permette di elaborare qualche prima, provvisoria, conclusione, che permetta di svolgere l’analisi dei prossimi capitoli all’interno di un chiaro quadro concettuale.

Procediamo a ritroso: in base a quanto esposto finora, ci sembra che le categorie del “diritto d’eccezione”, del “diritto penale del nemico” e del “diritto penale di lotta” non si pongano come strumenti efficaci di analisi rispetto agli istituti giuridici di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli. Se, infatti, sul piano descrittivo possono offrire interessanti spunti di lettura della realtà, certamente essi non rappresentano efficaci strumenti di critica del sistema: non come principi legittimanti, stante la loro contrarietà rispetto a precetti costituzionali e tutela dei diritti umani; non come strumenti di critica, stante la vaghezza dei confini che li caratterizzano, che porta sostanzialmente a spostare il problema dalla legittimità del singolo strumento alla sua qualificazione in termini di istituto ‘ordinario’ o ‘eccezionale’.

Maggiore efficacia sembra avere il meccanismo del bilanciamento sub

specie di controllo di proporzionalità – pur con i limiti che si sono sopra

esplicitati – sia in chiave di giudizio circa la legittimità degli istituti, sia in ottica di interpretazione delle norme: determinante, dunque, diviene l’individuazione, da un lato, delle garanzie applicabili – e dunque la riconducibilità o meno del singolo istituto alla “materia penale” e alle

331 M. DONINI, Mafia e terrorismo come “parte generale” del diritto penale, cit., passim, ed in particolare pp. 6-9.

garanzie ad essa connesse – e, dall’altro, del bene giuridico che si intende tutelare.

A quest’ultimo riguardo, ci sembra che in base all’analisi condotta in relazione al concetto di ‘sicurezza’, rispetto al terrorismo internazionale debba essere chiamata in gioco principalmente – per non dire esclusivamente – la sicurezza collettiva intesa in senso oggettivo332. Non pare ragionevole, infatti, ritenere che il terrorismo, pur con la sua capacità distruttiva ed intimidatrice, sia in grado di porre seriamente a rischio l’integrità territoriale o istituzionale di alcun Paese occidentale; tale eventualità avrebbe forse potuto essere presa in considerazione rispetto ai vari terrorismi eversivi o separatisti che hanno percorso l’Europa nella seconda metà del Novecento, ma non pare realisticamente sostenibile rispetto al terrorismo internazionale, rispetto al quale il tessuto sociale occidentale si pone in termini di netta contrapposizione.

A ben vedere, è legittimo chiedersi se la nostra società non sia più esposta al rischio di perdere i suoi valori fondanti per effetto delle pratiche antiterroristiche che a quello di venir annientata sotto i colpi degli attentatori. Ci sembra, inoltre, che la sicurezza in senso soggettivo non possa e non debba entrare nel gioco del bilanciamento né da parte del legislatore né da parte dei giudici, quando si tratta di valutare la legittimità di misure destinate ad incidere sui diritti fondamentali di determinati individui sospettati di essere coinvolti in attività terroristiche333; la rassicurazione della

332 Questa, d’altra parte, la definizione più volte fornita dalla Corte costituzionale: “sicurezza si ha quando il cittadino può svolgere la propria lecita attività senza essere minacciato da offese alla propria personalità fisica e morale. È l’ordinato vivere civile, che è indubbiamente la meta di uno Stato di diritto libero e democratico”, ripresa ad esempio da T. PADOVANI,

Misure di sicurezza e misure di prevenzione, cit., p. 225.

333 “L’unico, autentico profilo funzionale della c.d. legislazione penale simbolica sta infatti proprio nello scambio tra promesse di sicurezza e consenso elettorale; e un sinallagma uguale e contrario è quello che sottostà alle periodiche scervellate elargizioni di impunità”: C. FIORE, Relazione introduttiva, in A.M. Stile (a cura di), Democrazia e autoritarismo nel diritto

popolazione – compito ineludibile per lo Stato chiamato a provvedere alla sicurezza dei cittadini – non può passare attraverso la strumentalizzazione di singoli individui trasformati in capri espiatori delle paure collettive, per quanto fondate queste possano essere. Tale interesse potrà ben essere alla base di interventi di prevenzione c.d. positiva, volti a rafforzare i legami sociali e l’integrazione delle minoranze; così come, ci sembra, esso può giustificare anche manifestazioni ‘di forza’ da parte dell’autorità, fintanto che non incidano sulle libertà degli individui (anche se, rispetto all’effettiva utilità di tali interventi in termini di rassicurazione, rimane fondamentale quanto affermato da Ulrich Beck rispetto alla correlazione tra percezione del rischio, senso di insicurezza e “messa in scena globale del rischio” stesso334).

Perfino istituti incidenti sulle libertà di categorie più o meno determinate di individui ci sembra possano essere giustificati da ragioni di rassicurazione in termini di sicurezza: in questo caso, infatti, il tradeoff avviene tra interessi afferenti gli stessi soggetti, che rinunciano a determinate libertà per sentirsi più sicuri; il principio democratico pare uno strumento sufficiente a garantire le maggioranze dai potenziali abusi delle maggioranze stesse.

Non così quando in gioco entrano i diritti delle minoranze. In questo caso, non si può non condividere quanto affermato da Ahron Barak nella storica sentenza con cui la Corte Suprema di Israele ha rigettato la legittimità della tesi per cui il terrorismo giustifica l’uso di forme di tortura negli interrogatori: “siamo consapevoli che questa decisione non rende più facile affrontare la realtà. È questo il destino della democrazia, perché non tutti i mezzi sono accettabili in democrazia e non tutte le pratiche attuate dai suoi nemici possono essere utilizzate. Sebbene una democrazia debba spesso

combattere con una mano legata, avrà comunque l’altra a sua disposizione. Il mantenimento dello Stato di diritto e il riconoscimento della libertà del singolo costituiscono una componente importane nell’affrontare il problema della sicurezza.

334 U. BECK, Conditio Humana, cit., p. 70

Alla fine della giornata, sono questi gli elementi che rinsaldano lo spirito e la forza della democrazia e le consentono di superare le difficoltà”335.

335 Corte Suprema di Israele, sent. 6 settembre 1999, Public Committee Against Torture in Israel vs.

CAPITOLO II