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Tutela multilivello dei diritti umani: uno sguardo d’insieme

LE GARANZIE DI RIFERIMENTO: LO STATUTO DELLA PREVENZIONE

1. Tutela multilivello dei diritti umani: uno sguardo d’insieme

Nel capitolo precedente abbiamo cercato di tratteggiare le linee di fondo della disciplina adottata dal legislatore interno in risposta al terrorismo eversivo degli “anni di piombo” nonché i profili di compatibilità di questa con le garanzie costituzionali. Prima di passare ai giorni nostri, e delineare tanto il quadro delle garanzie quanto quello delle misure adottate, sembra necessaria una breve premessa: il terrorismo contemporaneo, infatti, si sviluppa prevalentemente in una dimensione internazionale, con

organizzazioni più o meno strutturate che agiscono in diversi paesi; dal che, l’esigenza di una risposta che non sia lasciata ai singoli Stati nazionali ma sia quanto più possibile coordinata ed integrata a livello sovranazionale1.

Tale esigenza è emersa prepotentemente a seguito degli attacchi dell’11 settembre, ma era già riconosciuta in precedenza e aveva già portato ad interventi tanto a livello di Nazioni Unite quanto di Consiglio d’Europa2. Oggi, sempre più, la risposta al terrorismo internazionale avviene per mezzo di un sistema “multilivello”, in cui l’azione autonoma dei singoli Stati si inserisce nella cornice di azione di organizzazioni internazionali globali e regionali, nonché nel contesto di vincoli convenzionali che gli Stati stessi si assumono3; inoltre gli organismi internazionali – in primis ONU e UE – hanno adottato una loro autonoma forma di prevenzione del terrorismo internazionale, che colpisce direttamente gli individui identificati come sospetti terroristi4.

Questi aspetti saranno oggetto di analisi nel prossimo capitolo, ma il quadro di insieme che emerge rende evidente come l’azione di prevenzione e contrasto al terrorismo internazionale sia sempre più articolata e complessa: da questo deriva, evidentemente, un maggiore rischio, in termini di tenuta del sistema di tutela dei diritti umani, di cui occorre farsi carico.

A tal proposito, però, è anche necessario considerare che i diritti umani e fondamentali, a loro volta, sono oggetto di tutela integrata e

1 “La globalità del crimine impone una risposta giuridica globale”, L. PASCULLI, Le misure di

prevenzione del terrorismo e dei traffici criminosi internazionali, Padova, 2012, p. 181; si veda,

però, anche C. BASSIOUNI, The future of international criminal Justice, in Pace Int. L. Rev., (11) 1999, pp. 309 ss.; M. DELMAS-MARTY, Global Crime Calls for Global Justice, in Eur. J. Crime Crim.

L. & Crim. Just., (10) 2002, pp. 286 ss.

2C. BASSIOUNI, Criminalità organizzata e terrorismo: per una strategia di interventi efficaci, in Ind.

Pen., 1990, pp. 28 ss.; su questi aspetti torneremo amplius nel cap. IV.

3 C. DI STASIO, La lotta multilivello al terrorismo internazionale. Garanzia di sicurezza versus tutela

dei diritti fondamentali, Milano, 2010, pp. 2 ss.

4 Il riferimento è, ovviamente, alle forme di listing elaborate in sede di Nazioni Unite e di Unione europea, su cui si veda infra cap. IV, par. 4.

multilivello, per cui tanto lo Stato quanto le Organizzazioni internazionali sono vincolate al rispetto di numerose convenzioni e carte dei diritti. Prima di individuare lo statuto garantistico della prevenzione, dunque, ci sembra necessario operare un breve inquadramento delle varie fonti e delle relazioni tra le stesse, che consenta di affrontare con maggiore chiarezza alcuni dei problemi che tratteremo nel prosieguo, tenendo sempre conto del fatto che si tratta di “un fenomeno assai complesso” e che “qualsiasi tentativo di sistematizzazione della prassi restituisce un’immagine sfocata di una realtà molto più articolata”5.

In particolare, considereremo i diritti sanciti, oltre che ovviamente dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei diritti umani e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea6; rimarranno dunque sullo sfondo i diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici. Questa scelta, pur riduttiva, si giustifica in quanto, ai fini del diritto nazionale, tali strumenti paiono quelli più rilevanti e significativi, anche alla luce della copiosa giurisprudenza delle rispettive Corti.

Cerchiamo, dunque, di delineare brevemente i rapporti tra questi tre livelli, consci del fatto che si tratta di questioni assai complesse che non è possibile qui affrontare se non in via schematica. In particolare, posta l’ovvia cogenza della Costituzione rispetto a qualsiasi norma nazionale, i problemi maggiori si pongono rispetto alle relazioni tra CEDU e CDFUE, nonché, per quanto riguarda gli atti dell’Unione europea o degli Stati che rappresentino attuazione di obblighi internazionali, la soluzione al cortocircuito che si crea nell’ipotesi in cui tali obblighi internazionali si pongano in contrasto con il

5 L. PINESCHI, Diritti umani (protezione internazionale dei) (voce), in Enc. dir., Annali V, 2012, §1, cui si rinvia per una trattazione più approfondita del tema.

6 Sul tema si veda per un inquadramento generale dal punto di vista di un costituzionalista, ex multis, V. SCIARABBA, La tutela dei diritti fondamentali nella Costituzione, nella Convenzione

generale dovere di rispettare e garantire i diritti fondamentali7.

Con riguardo alle relazioni tra CEDU, CDFUE e Costituzione nazionale, le questioni ancora aperte sono assai numerose, ma il “dialogo tra le Corti” sembra aver posto sempre più punti fermi nella ricostruzione di tale complesso rapporto8. È acquisizione ormai pacifica il fatto che la CEDU costituisca – rispetto al diritto nazionale – parametro interposto di costituzionalità, ai sensi dell’art. 117, c. 1, Cost.; allo stesso modo, continua a prevalere la tesi per cui, a fronte di una disciplina contrastante con un diritto da essa riconosciuta, il giudice interno debba seguire la strada della questione di legittimità costituzionale, rivolgendosi alla Consulta9.

Con riguardo alla Carta dei diritti fondamentali, invece, le questioni sono più complesse: innanzi tutto, questa si applica solo “alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà,

7 Una premessa terminologica: pur consapevoli della differenza che intercorre tra il concetto di “diritti umani” e quello di “diritti fondamentali” – per cui, in via assai semplicistica, i secondi rappresenterebbero la trasposizione dei primi in diritto positivo – faremo riferimento ai due concetti come sinonimi, in quanto entrambi assai diffusi nella terminologia delle Corti; in questo senso, S. PRADUROUX, Diritti dell’uomo(voce), in Dig. disc.

pen., agg. I, 2012. Sulla distinzione, si veda V. BALDINI, La classificazione dei diritti fondamentali.

Profili storico-teorico-positivi, in dirittifondamentali.it, 2016, fasc. 1, p. 5, secondo cui i diritti

fondamentali si configurano “come esito ultimo di un processo di positivizzazione” dei diritti umani.

8 Un quadro, sintetico ma efficace, delle relazioni tra tali settori, si rinviene in F. VIGANÒ,

L’adeguamento del sistema penale italiano al “diritto europeo” tra giurisdizione ordinaria e costituzionale. Piccolo vademecum per giudici e avvocati penalisti, in Dir. Pen. Cont. – Riv. Trim.,

2014, fasc. 2.

9 Il sistema si fonda sulle c.d. sentenze gemelle del 2007, C. Cost., sent. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, che per prime hanno riconosciuto alla CEDU il ruolo di parametro interposto di costituzionalità, nell’interpretazione di questa fornita dalla Corte di Strasburgo; tale ricostruzione è stata poi integrata da C. Cost., sent. 14 gennaio 2015 (dep. 26 marzo 2015), n. 49, Pres. Criscuolo, Red. Lattanzi, che ha affermato: “è, pertanto, solo un «diritto consolidato», generato dalla giurisprudenza europea, che il giudice interno è tenuto a porre a fondamento del proprio processo interpretativo, mentre nessun obbligo esiste in tal senso, a fronte di pronunce che non siano espressive di un orientamento oramai divenuto definitivo”. Per una più diffusa trattazione del tema si veda V. ZAGREBELSKY – R. CHENAL – L. TOMASI, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, II ed. Bologna, Il Mulino, 2019, pp. 57-60 e 63-72.

come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto

dell’Unione”10. L’importanza del principio di attribuzione è ribadita anche laddove si afferma chiaramente che “la presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati”11.

Evidente l’intento del legislatore eurounitario di non trasformare l’Unione in un guardiano dei diritti fondamentali rispetto agli Stati membri12; lo scopo della Carta, infatti, era quello di cristallizzare e rinforzare la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione che, sin dalla fine degli anni Sessanta, aveva riconosciuto il ruolo dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario13. Ai fini della nostra indagine, peraltro, tale

10 Art. 51, par. 1, CDFUE, enfasi aggiunta.

11 Art. 51, par. 2, CDFUE; una norma analoga si ritrova anche nell’art. 6 TUE, ove, subito dopo aver affermato la forza vincolante della Carta “che ha lo stesso valore giuridico dei trattati” (par. 1), si afferma: “le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati” (par. 2).

12 F. DI MAJO – A. RIZZO, Carta dei diritti fondamentali, in A. Tizzano (a cura di), Trattati

dell'Unione europea, II ed., Milano, 2014, p. 2615-2616, i quali evidenziano come tale principio

sia il portato della giurisprudenza della Corte di giustizia precedente l’adozione della Carta e rimarcano la “singolare insistenza” con cui il legislatore eurounitario ha ribadito tale principio.

13 Il riferimento è alla prima sent. CGUE, 12 novembre 1969, 29/69, Stauder, che, per la prima volta, in chiusura di motivazione ed in via di obiter dictum afferma che “i diritti fondamentali della persona […] fanno parte dei principi generali del diritto comunitario, di cui la Corte garantisce l’osservanza” (§7). La ragione per cui la Corte di giustizia opera tale riconoscimento si fonda su esigenze “difensive”, ossia, evitare che i giudici nazionali potessero sindacare la legittimità degli atti del diritto (all’epoca) comunitario al metro dei diritti fondamentali. Come scrive l’Avv. Gen. Capotorti nelle sue conclusioni in causa 44/79,

Hauer, §7: “spetta esclusivamente al giudice comunitario garantire [la] tutela [dei diritti

fondamentali], nel quadro delle sue competenze: l’uniformità di applicazione del diritto

comunitario e la sua priorità rispetto agli ordinamenti degli Stati membri non devono essere messe a repentaglio dall’intervento di giudici nazionali, quando si tratta di stabilire la conformità

o meno di norme comunitarie ai princìpi relativi ai diritti dell’uomo” [enfasi aggiunte]. Si vedano, al riguardo, C. SOTIS, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e diritto comunitario, in V. Manes – V. Zagrebelsky (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell’uomo

disposizione non sembra porre particolari problemi: come avremo modo di vedere, infatti, pressoché l’intero sistema di prevenzione e punizione del terrorismo rappresenta “attuazione del diritto dell’Unione”, quando non è disciplinato direttamente da quest’ultimo14.

Il ruolo della Carta dei diritti fondamentali all’interno dell’ordinamento eurounitario, poi, è certamente più chiaro dopo che l’art. 6 del Trattato sull’Unione europea (d’ora in poi TUE) le ha riconosciuto lo “stesso valore giuridico dei trattati”. Maggiormente discusso è, invece, il ruolo della Carta rispetto all’ordinamento interno15: certamente essa vincola il legislatore nazionale al pari di quello europeo, ma in passato si è revocato in dubbio che il giudice interno possa farne diretta applicazione, giungendo a disapplicare la normativa nazionale contrastante16; allo stesso modo, si pongono questioni circa l’ordine di prevalenza dei rimedi in caso di c.d. “doppia pregiudizialità”17.

Union as a Human Rights Organization? Human Rights and the Core of the European Union, in CMLR, 2000, pp. 1307 ss.

14 Sul punto, si veda infra, cap. 4, par. 3.

15 In dottrina, si è recentemente evidenziata una “tendenziale ritrosia” della Corte di giustizia a “valorizzare la portata” della Carta dei diritti fondamentali in ambito penalistico, a fronte, invece, di un “crescente ricorso alla stessa in chiave ‘parametrica’” da parte della Corte costituzionale; si veda l’ampio lavoro di S. MANACORDA, “Doppia pregiudizialità” e carta

dei diritti fondamentali: il sistema penale al cospetto del diritto dell’unione europea nell’era del disincanto, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, fasc. 2, passim ed in particolare pp. 599 e 609, da cui

sono tratti i virgolettati.

16 Il principio, affermato in modo incondizionato da CGUE, g.s., sent. 26 febbraio 2013, C-617/10, Åklagaren c. Hans Åkerberg Fransson, §45 e ribadito più di recente in CGUE, g.s., sent. 20 marzo 2018, C-537/16, Garlsson Real Estate ed al. c. Consob, §67-68. In tal senso, F. VIGANÒ,

Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione dell’art. 50 della Carta?, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2014, fasc. 3-4, pp. 322 ss. Sul punto, però, è stato

precisato che le disposizioni della Carta sono idonee a produrre effetto diretto, con primazia sul diritto interno contrastante, solo ove presentino carattere chiaro, preciso ed incondizionato; tale carattere, certamente da riconoscersi all’art. 50 in materia di ne bis in

idem, non sarebbe proprio di tutte le disposizioni della Carta: si veda, al riguardo, V.

ZAGREBELSKY – R. CHENAL – L. TOMASI, Manuale dei diritti fondamentali in Europa, cit., p. 114.

17 La giurisprudenza costituzionale, al riguardo, sembra indirizzata nel senso di una precedenza da accordarsi al controllo accentrato di costituzionalità, rispetto alla

Un’ulteriore questione che si pone, poi, nel complesso sistema di rapporti tra fonti, riguarda l’ipotesi di contrasto tra atti nazionali o europei adottati in ottemperanza ad obblighi internazionali e diritti fondamentali posti da Costituzione, CEDU e CDFUE. Su questi problemi torneremo nei prossimi paragrafi, in quanto questioni che sono state oggetto della giurisprudenza tanto di Strasburgo quanto di Lussemburgo in vicende relative alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU in materia di contrasto al terrorismo18.

Non ci sembra, invece, necessario soffermarci sulle questioni relative ai rapporti reciproci tra CEDU e CDFUE19; da un lato, infatti, il progressivo riconoscimento da parte della Corte di giustizia, di standard di tutela analoghi a quelli adottati dalla Corte edu, anche in virtù del richiamo contenuto nell’art. 52, par. 3, CDFUE e, dall’altro, il self restraint adottato dalla Corte di Strasburgo nel giudicare il rispetto dei diritti umani da parte degli Stati rispetto ad atti adottati in esecuzione vincolata di norme europee (c.d. giurisprudenza Bosphorus20) ci sembra che consentano di non dedicare alla questione ulteriori approfondimenti.

Avendo brevemente inquadrato il sistema delle fonti da considerare, possiamo dunque delineare lo statuto giuridico della prevenzione, tanto nel

disapplicazione diretta da parte del giudice comune; si vedano C. Cost., sent. 7 novembre 2017 (dep. 14 dicembre), n. 269, pres. Grossi, red. Cartabia, §5.2 del considerato in diritto, nonché, in dottrina, V. ZAGREBELSKY – R. CHENAL – L. TOMASI, Manuale dei diritti fondamentali

in Europa, cit., pp. 116 ss.; G. MARRA – R. VIOLA, La doppia pregiudizialità in materia di diritti

fondamentali, in Sist. pen., 2019, fasc. 7-8, pp. 143 ss.; S. MANACORDA, “Doppia pregiudizialità” e

carta dei diritti fondamentali, cit.

18 Si veda infra, par. 4, per i profili dei rapporti tra CEDU, CDFUE e Risoluzioni ONU.

19 Per approfondimenti, anche con riguardo al travagliato percorso di adesione dell’UE alla CEDU, si rinvia a K. Ambos, European Criminal Law, cit. pp. 74 ss.; .

20 Corte edu, g.c., sent. 30 giugno 2005, Bosphorus c. Irlanda, ric. 45036/98, su cui si veda, ex

multis, A.BULTRINI, I rapporti tra Carta dei diritti fondamentali e Convenzione europea dei diritti

dell’uomo dopo Lisbona: potenzialità straordinarie per lo sviluppo della tutela dei diritti umani in Europa, in Dir. Un. eur., 2009, n. 3, in particolare la bibliografia di cui a p. 702, nt. 192.

sistema costituzionale nazionale quanto in quello sovranazionale. Tratteremo dapprima lo statuto costituzionale e convenzionale, elaborati dalla Corte costituzionale e dalla Corte edu – oltre che dalla dottrina – con riferimento alle misure di prevenzione nazionali, per concentrarci, in un secondo momento, sullo statuto eurounitario e convenzionale elaborato con riguardo alla prevenzione internazionale ed all’istituto del listing.