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Spaziando tra i più disparati settori di attività, la presentazione di pochi tra gli innumerevoli casi di aziende che fanno della Balanced Scorecard uno strumento di gestione delle performance in grado di cogliere e tenere sotto controllo la loro parte intangibile, è finalizzata a sostenere l’affermazione di partenza in base alla quale proprio l’utilizzo di questo strumento permette all’azienda di gestire il proprio successo.

Una volta individuati i fattori critici di successo, soprattutto laddove essi ruotino intorno ad una rilevante componente intangibile, la Balanced Scorecard garantisce all’azienda la gestione strategica di qualcosa che è assente in contabilità, ma che contemporaneamente le consente di rimanere in vita, di essere competitiva e di creare valore per se stessa e per tutti gli stakeholders che con essa si interfacciano.

Partendo dalla presentazione di come fosse strutturato il modello, l’obiettivo è stato quello non tanto di esplicitare indicatori da poter impiegare nelle diverse prospettive, quanto piuttosto di fare un lavoro inverso andando a vedere dove gli Intangibles trovassero una loro collocazione. Tutto questo con lo scopo di capire se realmente lo strumento avesse la capacità di racchiuderli al suo interno, consentendo al contempo una loro gestione attraverso obiettivi e misure che fossero in grado di assicurare e supportare la realizzazione della strategia aziendale.

I casi ivi proposti (reperiti da internet) sono stati solo il punto di partenza per approfondire prima di tutto il ruolo e gli obiettivi della specifica azienda andando ad effettuare una ricerca di informazioni aggiuntive anche sui siti web aziendali al fine di capire fino in fondo quale fosse la particolare mission; successivamente, scendendo più nel dettaglio, all’interno del processo di applicazione pratica della BSC ho cercato di focalizzare l’analisi sulle aree del modello in cui si andava a concentrare la gestione ed il monitoraggio del capitale intangibile. Seguendo questo iter è stata data, di conseguenza, una minore importanza dal lato della trattazione (ma non dal lato della significatività dell’analisi delle performance) alla prospettiva economico-finanziaria, che ovviamente rappresenta la cartina al tornasole per l’azienda e che le consente di verificare se il percorso intrapreso e le scelte effettuate abbiano riscosso un certo successo in termini reddituali.

È ormai opinione diffusa che il valore di un’impresa dipenda sempre meno dai suoi “tangible assets” (patrimonio iscritto a bilancio) e sempre di più, al contrario, dai suoi “intangible assets”. Nella maggior parte dei casi, prodotti e servizi vincenti derivano

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dall’acquisizione ed applicazione di informazioni e conoscenze, considerate le nuove determinanti del vantaggio competitivo. Aziende con bilanci simili possono, in realtà, avere prestazioni molto differenti: questo vuol dire che i risultati aziendali non sono più spiegabili esclusivamente attraverso poste di bilancio, ma anzi attraverso elementi che spesso sono difficilmente percepibili (soprattutto se non comunicati all’esterno) e che, però, sono in grado di generare un enorme valore soprattutto in un contesto globalizzato, qual è quello attuale, in cui le aziende sono molto più aggressive, competitive e cercano di accaparrarsi una fetta crescente di mercato con mezzi e strategie più sofisticate, in grado di offrire un quid in più al cliente, attirandolo a sé.

Considerato che una strategia aziendale è costituita dalla definizione degli obiettivi da conseguire e dall’azionamento dei mezzi e delle leve per ottenerli, la variazione nel tempo degli obiettivi aziendali determina la necessaria presenza di un’elevata flessibilità, considerata dalle aziende come una priorità da perseguire: “La competizione crescente,

che prevede mercati più volatili, cicli di vita dei prodotti più brevi e compratori più sofisticati, contribuisce a far emergere la flessibilità come un imperativo strategico”.

(Suarez et al., 1995)

Bisogna, pertanto, intendere la flessibilità in senso strategico, ossia la capacità di modificare la propria strategia aziendale in funzione delle competenze possedute e sviluppate nel corso della gestione: l’impresa deve essere in grado di modificare nel tempo il proprio profilo competitivo, cercando di adattarlo rapidamente all’evoluzione e alla dinamicità del mercato.

È di fronte a tali esigenze che si evince il limite dei sistemi contabili, i quali forniscono essenzialmente dati di prestazioni “cost”; limiti superati da sistemi di misurazione e valutazione delle performance più evoluti, che sono in grado di mostrare e gestire anche dati “non cost”. Infatti la Balanced Scorecard porta sullo stesso livello diverse classi di prestazioni, corrispondenti a diverse ottiche (finanziaria, operativa, del cliente, dell’innovazione/apprendimento), dando una visione d’insieme delle prestazioni aziendali.

Una delle conclusioni che è possibile dedurre dallo studio condotto è prima di tutto la notevole importanza rivestita dalla distinzione tra l’esistenza economica85 di un asset

immateriale e la circostanza che questo possieda “valore economico”. L’esistenza economica di per sé non implica che vi sia anche un valore economico. Per esempio, un

85 Un bene immateriale ha “esistenza economica” se può essere identificato, può godere di protezione giuridica e può essere oggetto di un diritto di proprietà privata trasferibile. (A. Panno, 2011)

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marchio registrato86, che non viene impiegato nella produzione di reddito, esiste sotto il

profilo economico lungo la durata del periodo di validità della sua registrazione, ma non possiede valore economico e pertanto non può essere automaticamente considerato un

intangible asset. Le sue caratteristiche economiche, infatti, dovrebbero quantomeno

generare dei benefici economici misurabili, anche indiretti: potrebbe, ad esempio, essere utilizzato per aumentare la produttività piuttosto che il valore di un insieme di altri fattori della produzione, siano essi materiali o immateriali. In questa ottica, un bene immateriale come un marchio registrato che non è una fonte di reddito diretta, ma che viene utilizzato dall’azienda come una barriera all’entrata o per difendere la redditività di un intangible ad esso correlato, possiede non solo “esistenza economica” ma anche “valore economico”.

Quindi, convertire asset intangibili in risultati tangibili deve essere per l’azienda un nuovo modo di pensare il cui fine è quello di creare e conservare un vantaggio competitivo. Va fatta un’ulteriore precisazione: molte aziende sono già dotate di sistemi di misurazione delle prestazioni che incorporano dati finanziari e non; la criticità risiede nel fatto che la maggior parte di esse utilizza le misure non finanziarie per miglioramenti a livello locale (per esempio solo nelle operazioni di contatto con il cliente). In generale questi modelli di misurazione delle performance vengono impiegati esclusivamente come strumento di controllo delle operazioni a breve termine. Il punto di svolta della Balanced Scorecard consiste nel fatto che il set bilanciato di indicatori debba essere parte integrante del sistema informativo per i collaboratori a tutti i livelli dell’organizzazione consentendo, da un lato, ai dirigenti di capire quali sono i driver del successo a lungo termine e, dall’altro lato, al personale di essere consapevole delle relazioni di causa-effetto. Gli obiettivi e le misure inglobate in questo modello sono molto più di una semplice raccolta: i casi aziendali hanno infatti messo in luce come la scelta di tali obiettivi e misure sia guidata dalla mission e dalla strategia dell’azienda, riuscendo a tradurre queste ultime in qualcosa di più tangibile e controllabile.

Il successo della Balanced Scorecard nei casi di studio considerati (ma anche a livello più generale) è dovuto alla capacità delle singole aziende di riuscire a plasmare lo strumento in base alle specifiche esigenze. Basti pensare alla scelta di Informatica Trentina di inserire una quinta prospettiva riguardante il successo sociale per mettere in risalto un aspetto molto importante per l’azienda dal punto di vista strategico: l’interesse a

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contribuire alla crescita territoriale. La volontà di esplicitare questa propensione a favorire l’espansione economica locale è sicuramente parte integrante della strategia competitiva di lungo periodo, declinata in obiettivi più “semplici” posti in questa quinta area. È, infatti, molto importante mostrare all’esterno questo coinvolgimento attivo al fine di godere di un maggior favore e di una maggiore accettazione da parte degli stakeholders, migliorando così la performance aziendale che permette all’azienda di crescere. Va da sé che tutto questo discorso parte dalla mission definita molto chiaramente, in base alla quale uno degli scopi dell’azienda è proprio quello di guidare l’amministrazione pubblica verso una maggiore efficienza, velocità e trasparenza nel rispondere ai bisogni dei cittadini e delle imprese mediante l’uso intelligente delle nuove tecnologie, promuovendo la crescita del territorio.

La contestualizzazione dello strumento si è vista anche nel caso KappAhl, un’azienda operante in un settore completamente diverso dal precedente ma che ha dimostrato come la Balanced Scorecard possa essere applicata indipendentemente dall’area di business. Ugualmente KappAhl ha inserito una quinta prospettiva relativa al personale. Qui l’attenzione è stata posta su un aspetto differente rispetto ad Informatica Trentina perché diversi sono i fattori critici di successo, diversa è la mission e diversa è la strategia. Uno degli elementi su cui si fonda il successo di KappAhl è il capitale umano: da qui l’interesse a gestire strategicamente, mediante la Balanced Scorecard, questo intangible in grado appunto di garantire il successo all’azienda.

Si evince chiaramente, quindi, la possibilità attraverso la Balanced Scorecard di porre l’attenzione sugli elementi strategici per l’impresa su cui essa basa il proprio vantaggio competitivo.

Oltre a quello dell’adattamento in funzione dei fattori critici di successo, bisogna sottolineare anche un altro aspetto cruciale per la corretta applicazione e per il successo di questo strumento: il ruolo della leadership. La leadership è un requisito necessario innanzitutto per attuare la strategia con successo. Gestire una strategia significa gestire il cambiamento e senza una forte leadership non è possibile realizzare un cambiamento che sia costruttivo e volto alla crescita dell’azienda. Il ruolo giocato dalla leadership è funzionale a garantire l’allineamento e l’interazione tra capitale umano (dipendenti), capitale strutturale e strategia, guidando l’azienda verso il miglioramento continuo. Uno dei principi-base della Balanced Scorecard è proprio la forte sponsorizzazione del modello da parte dei vertici aziendali: da loro deve partire il cambiamento in una logica top-down e devono essere i primi a far proprio il linguaggio dello strumento. Solo in

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questo modo vi sarà una propensione da parte di tutti gli attori aziendali all’accettazione, in quanto spesso una delle ragioni per cui la Balanced Scorecard non viene utilizzata o non riscuote successo, è proprio la reticenza, la paura di impiegare uno strumento apparentemente difficile per la selezione di obiettivi ed indicatori adatti.

Ulteriore conclusione da poter derivare da tutta l’analisi condotta è che l’aspetto intangibile concentrato nella prospettiva dell’apprendimento e della crescita è alla base di tutto il modello. (Figura 20)

(Figura 20)

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Notes: H1: Learning and growth → financial;

H2: learning and growth → internal processes → financial; H3: learning and growth → customer → financial;

H4: learning and growth → internal processes → customer → financial

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Fonte: Research Model (articolo presente su Emerald Insight)87

Sono gli obiettivi e quindi gli investimenti volti a potenziare la dimensione dell’apprendimento e della crescita a costituire le fondamenta di tutto modello, le quali saranno tanto più solide quanto più cospicua è l’entità di tali investimenti in quanto maggiormente capaci di generare innovazione. Come si evince dallo schema di sintesi (Figura 20), la prospettiva “Learning and growth” (apprendimento e crescita) ha uno stretto legame con tutte le altre prospettive, andando a costituire la causa di quelli che saranno i risultati economico-finanziari. È per questo motivo che si può arrivare alla

87 Tratto dall’articolo: "Creating value through the balanced scorecard: how does it work?"- J. Llach, L.Bagur, J. Perramon, F. Marimon, (2017), Management Decision (Vol. 55 Issue: 10, pp.2181-2199)

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conclusione che l’area economico-finanziaria sia l’effetto di tutto l’iter di implementazione, in grado di dire se tutto funziona bene.

Come si è avuto modo di constatare, gli obiettivi presenti nella dimensione dell’apprendimento e della crescita sono quelli più strettamente legati al capitale intangibile, caratteristica che consente di collegare i due punti cardine dello studio: la Balanced Scorecard e gli intangible assets.

Potrebbe essere azzardata l’affermazione per cui gli intangibili siano la vera chiave di lettura del modello; in realtà se la Balanced Scorecard viene implementata in azienda è solo perché vi è in essa una rilevante presenza di elementi intangibili che spiegano e sostengono il suo successo sul mercato. Porsi, dunque, degli obiettivi da raggiungere, individuare degli indicatori che possano monitorarli e fissare dei target da raggiungere, vuole essere un modo per gestire concretamente qualcosa che concreto non è.

Affinché si generino benefici, le misure ed il valore del capitale intellettuale88 devono

essere comunicati all’esterno o quantomeno essere inseriti nel sistema di reporting: in questo modo il capitale intellettuale da invisibile diventa visibile.

È proprio con tale intento che molte aziende adottano il cosiddetto “bilancio del capitale intellettuale” (o “bilancio dell’intangibile”), ossia un report in cui viene fornita una descrizione esaustiva degli elementi intangibili dell’impresa, del loro sviluppo nel tempo e della loro relazione con il business d’impresa, affiancandoli ai valori contabili. L’importanza di questa tipologia di bilancio può essere compresa se, per esempio, si considera il fatto che sta diventando uno degli elementi di valutazione necessari per ottenere finanziamenti nell’ottica della direttiva europea Basilea II, la nuova regolamentazione bancaria sui requisiti patrimoniali delle aziende. In questa ottica il rapporto del capitale intellettuale diventa un metodo innovativo per rendere trasparenti le informazioni e facilitare l’accesso al credito. Dal punto di vista finanziario, l’azienda comunicando all’esterno i propri intangibles, può riuscire a migliorare il proprio rating e quindi avere accesso al credito ad un costo più contenuto: infatti, diversi modelli di rating bancari già tengono in considerazione la qualità del management, della clientela o il grado di strutturazione ed innovazione.

La Balanced Scorecard rappresenta comunque una valida alternativa al “bilancio dell’intangibile” per una comunicazione esterna che sia efficace. Le aziende che vantano una maggiore innovatività da un punto di vista manageriale, oltre a dotarsi della BSC

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come strumento di reporting ad uso interno, hanno iniziato a rendere pubbliche le informazioni prodotte da un sistema di questo tipo per fornire, anche ad osservatori esterni, un quadro sintetico, ma sufficientemente esaustivo, delle proprie prestazioni. Ma l’aspetto da sottolineare è che questo interesse verso la trasparenza e la disponibilità a rendere note tali informazioni non deriva da meri obblighi ma, piuttosto, dalla volontà di farlo. Si è visto, infatti, come anche aziende non quotate (Informatica Trentina) abbiano la propensione verso l’esplicitazione di informazioni nonostante esse non debbano tener conto di alcun obbligo informativo da rispettare.

Le aziende oggi non si limitano più soltanto ad applicare la Balanced Scorecard così come concepita; al contrario, cercano di espandere il suo impiego per utilizzarla come base di un sistema integrato ed iterativo di management strategico. La adottano, infatti, per: chiarire e aggiornare la strategia; comunicare la strategia a tutta la struttura; armonizzare gli obiettivi divisionali e individuali con la strategia; legare gli obiettivi strategici ai target di lungo termine e ai budget annuali; identificare e allineare le iniziative strategiche; effettuare analisi periodiche della performance per valutare e migliorare la strategia. Dunque grazie alla Balanced Scorecard, partendo dall’esplicitazione della strategia, si riesce ad arrivare all’attuazione e alla verifica della stessa, coinvolgendo l’intera organizzazione. Ne consegue anche il ruolo sempre più centrale nei sistemi di controllo ricoperto dalle risorse umane, che diventano un vero e proprio fattore chiave sul quale investire per riuscire a creare in azienda una condizione di dinamicità, flessibilità e per generare innovazione.

Non a caso nel Capitolo II è stato proposto un modello molto interessante, riguardante la necessità di una formazione continua per sviluppare a pieno tutte le potenzialità del capitale umano e per rilevare informazioni utili a supportare processi decisionali a vari livelli. Si tratta di un modello gerarchico composto da quattro livelli ideato da D. Kirkpatrick in riferimento al monitoraggio e valutazione della formazione del capitale umano. La proposta di una modello del genere ha come fine principale quello di dimostrare come sia estremamente cruciale porre un focus particolare sul capitale umano e sulla necessità di investire sulla sua formazione, sull’addestramento e sulla soddisfazione. Tutto questo partendo dalla consapevolezza che il capitale umano rappresenta le radici su cui si erge l’azienda: pur non essendo visibili, devono in realtà essere adeguatamente e costantemente curate affinché possano essere rigogliose e sostenere la crescita. Solo operando in questo modo l’azienda può quindi garantirsi livelli

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sempre migliori di performance, soprattutto se è in grado di accompagnare la crescita del capitale umano mediante la crescita contestuale del capitale strutturale e relazionale. La natura rischiosa insita nel concetto stesso di azienda, rende quasi fisiologico che essa nasca (nella maggior parte dei casi da un’idea imprenditoriale innovativa e creativa), viva un periodo di espansione, sviluppo e prosperità, per poi morire.

Il fallimento di un’azienda può scaturire da diversi fattori, più o meno controllabili direttamente dall’azienda: una cattiva economia, turbolenze di mercato, fenomeni ambientali come alluvioni, terremoti; ma anche forze competitive avverse che spingono l’azienda ad uscire dal mercato perché troppo debole rispetto alle concorrenti. Proprio per questo motivo diventa essenziale riuscire a garantirsi un certo livello di innovazione, competenze, un’adeguata struttura organizzativa nonché una rete nevralgica di relazioni, tutti elementi questi che possano fare in modo che l’azienda riesca ad evitare l’espulsione dal mercato. L’abilità dell’azienda deve essere quella di anticipare le forze negative, non indugiare restando in una situazione di stallo, bloccata dai propri punti di debolezza e dalle proprie criticità; piuttosto deve fare di queste negatività il punto di partenza per migliorarsi e crescere.

Molto spesso le aziende falliscono per errori gestionali, proprio perché i vertici, offuscati da risultati ed obiettivi di breve periodo, accompagnati da una scarsa comunicazione, negligenza, avidità, finalismi egoistici, non riescono a guardare oltre e a capire che c’è qualcosa nella gestione che non va affatto bene e che deve essere corretta, pena la morte. Molto spesso anche periodi prolungati di successo inibiscono la lucidità con cui dovrebbero essere effettuate le scelte strategiche future.

Gli errori gestionali si concretizzano anche nel fatto che il vertice aziendale non riceve le informazioni di cui ha bisogno per prendere decisioni informate. La ragione principale è che i subordinati hanno paura di dire la verità, di comunicare malcontenti o insoddisfazioni: per questo motivo diventa importante riuscire a dotarsi di indicatori attraverso i quali monitorare la soddisfazione dei propri dipendenti, il loro coinvolgimento attivo nella gestione e la loro piena condivisione di obiettivi e valori. Questo interesse è stato messo in luce in più di un caso aziendale esaminato: sia la

Southwest Airlines, che Sediin o anche KappAhl hanno cercato di porre l’attenzione su questi aspetti. Particolare la scelta di Southwest Airlines di inserire nella prospettiva dell’apprendimento e sviluppo un indicatore (% dipendenti azionisti) che potesse in qualche modo controllare il coinvolgimento nella gestione da parte dei propri dipendenti.

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Chiaramente se la percentuale risulta elevata, diventa un dato significativo perché identifica la volontà dei dipendenti di sopportare insieme all’azienda il rischio sia di successo che di fallimento: questo è possibile solo quando alla base di tutto vi è una forte condivisione ed accettazione della strategia, dei valori, della mission.

A livello globale, risulta impossibile o quantomeno dispendioso (sia dal punto di vista economico che dal punto di vista del tempo speso) monitorare le azioni di ogni singolo dipendente. Ecco che in modo implicito e/o esplicito, il codice culturale di un'azienda diventa la chiave per fornire ai dipendenti la capacità di prendere le decisioni giuste senza il bisogno di una supervisione “asfissiante”. Trasmettere al dipendente (a tutti i livelli organizzativi) un modus pensandi perfettamente in linea e coerente con quello dell’azienda, è la soluzione strategica più idonea per consentire un risparmio di costi legati alla supervisione continua, la minimizzazione di errori scaturenti dalla negligenza con cui vengono realizzate le mansioni oppure dalla non totale consapevolezza e chiarezza dei propri compiti e di quali siano le relazioni di causa-effetto. La cultura aziendale assume, quindi, un ruolo strategico di fondamentale importanza: di qui

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