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CAPITOLO II – GLI INTANGIBLE ASSETS

2.5. Il capitale relazionale

Il capitale relazionale è legato alla dimensione esterna all’azienda: esso ricomprende le relazioni con gli stakeholder, l’immagine e la reputazione aziendale, la soddisfazione e la fedeltà dei clienti, l’integrazione dei fornitori nei processi aziendali, il grado di diffusione del marchio.

Questa tipologia di capitale avrà un valore tanto maggiore quanto più l’azienda sarà capace di valorizzare, coltivare e migliorare le relazioni con l’esterno e la sua immagine/reputazione.

Per “soddisfazione del cliente” si intende il giudizio sull’azienda che il cliente stesso ha dopo che ha acquistato un prodotto/servizio. Se l’azienda è in grado di fornire un prodotto/servizio che risponde alle aspettative del cliente, quest’ultimo sarà pienamente soddisfatto e continuerà a rivolgersi alla stessa azienda: è in tal caso che si può parlare di fedeltà. Se l’azienda continua ad attendere, o meglio ancora, ad andare oltre le aspettative dei suoi clienti è chiaro che il suo capitale relazionale tende a crescere, traducendosi in risultati economici sicuramente superiori, che possono dipendere anche dal passaparola positivo da parte del cliente soddisfatto.

La soddisfazione del cliente, così come quella del fornitore, può derivare dal loro coinvolgimento nei processi di realizzazione del prodotto/servizio: più il cliente o il fornitore si sentono realmente coinvolti, tanto più migliora il loro rapporto con l’azienda. Tale relazione, però, genera valore in ambo i sensi: da un lato il contributo, l’integrazione del cliente/fornitore nei processi aziendali riesce a migliorare la relazione azienda-cliente o azienda-fornitore; dall’altro lato tale contributo va a migliorare concretamente il prodotto/servizio offerto che diventa plasmato sulle necessità e richieste del cliente oppure arriva ad avere un contenuto innovativo molto importante grazie a nuove tecniche, nuovi materiali o nuovi metodi di produzione apportati dal fornitore. Chiaramente questo aspetto diventa cruciale per l’azienda, la quale riesce in questo modo a collocare sul mercato prodotti o servizi molto spesso più competitivi rispetto a quelli già presenti. A tal proposito si parla sovente di “co-creazione di valore”, visto come un cambiamento radicale all’interno della cultura aziendale: il mercato diventa un luogo dove i vari attori (aziende, clienti, fornitori e anche dipendenti) condividono, combinano, rinnovano risorse e capacità per creare valore attraverso nuove forme di interazione.

In questo senso le relazioni non rimangono più arroccate al mero concetto di sfruttamento: sfruttare il cliente ricevendo un prezzo a fronte della vendita di un prodotto; sfruttare il

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fornitore ricevendo semplicemente una fornitura di materie prime, prodotti o servizi sostenendo un costo. Le relazioni sono finalizzate a favorire una crescita reciproca, bidirezionale in cui tutte le parti coinvolte devono trarne benefici: solo così si riesce a creare un maggior valore e quindi ad accrescere il capitale relazione dell’azienda.

Le aziende, quindi, devono investire nei clienti così come investono nei dipendenti e nelle strutture37. Lo stesso Stewart sottolinea come rivesta un’importanza rilevante per

l’azienda: lavorare insieme al cliente, dargli potere, concentrarsi sul cliente come individuo e non solo come fonte di guadagno, facendo in modo che egli si rivolga sempre più spesso all’azienda. È necessario inoltre che l’azienda conosca l’attività del cliente e che gli spieghi la propria: l’idea di base è stimolare una conversazione che consenta di capire anche quali sono le esigenze inespresse dei clienti, in modo da creare prodotti atti a soddisfarle. “Se lasciate il rapporto in mano ai rappresentanti o agli addetti dell’ufficio acquisti, non poterete imparare insieme ai vostri clienti, cioè aumentare il capitale cliente. Specie con i grandi clienti, è opportuno schierare una squadra che comprenda addetti del ramo logistica, marketing, contabilità, ma anche tecnici e altri”. (Stewart, 1999)

Proprio in virtù di un maggior sviluppo del capitale relazionale, dove prima c’erano piramidi, capi, dipartimenti, ora esistono reti, nodi: l’organizzazione di rete è lo sviluppo più importante della gestione aziendale. La rete tecnologica rende possibili le reti sociali e diventa lo strumento grazie al quale l’azienda può funzionare ed essere competitiva. La rete, sebbene costosa da creare, è però veloce e poco costosa da utilizzare; è accessibile da tutti in qualsiasi momento ed è idonea a valorizzare il capitale intellettuale poiché consente la condivisione della conoscenza e l’influenza reciproca attraverso flussi continui di dati, informazioni, esperienze, idee.

Le gerarchie tendono spesso a filtrare le informazioni, le quali vengono corrette, trattenute, politicizzate e talvolta distrutte; invece, più ricco e rapido è il flusso d’informazioni all’interno di una rete, più i suoi partecipanti sapranno cogliere nuove opportunità, rendendo più attraente per i clienti la proposta complessiva.

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(Figura 8) – Trend di crescita dei contratti di rete 2010-2013 (con ultimo aggiornamento 1° luglio 2014)

Fonte: InfoCamere

Il grafico evidenzia il trend crescente che ha caratterizzato e caratterizza tutt’oggi l’adesione allo strumento giuridico del contratto di rete nel lasso di tempo di circa 4 anni dalla nascita della normativa al luglio 201438. In Italia il fenomeno dell’aggregazione fra

aziende per condividere le risorse, le criticità e soprattutto i costi è consolidato da anni.

La rete deve quindi essere vista come un’innovativa forma di organizzazione in grado di conciliare l’opportunità, per le singole unità aderenti, di mantenere la propria indipendenza ed autonomia aziendale con la possibilità di acquisire un bagaglio importante di nuove risorse finanziarie e Know-how, lasciandosi travolgere dal senso di fiducia reciproca. Si può quindi dedurre che è dalla quantità e dalla qualità delle relazioni intrattenute dall’azienda che dipende il suo valore attuale e quello futuro39.

All’interno del capitale relazionale non godono di minore importanza l’immagine e la reputazione aziendale, importanza spesso sottovalutata dalle piccole e medie imprese. Basti pensare al ruolo della reputazione commerciale nell’ambito della strategia di comunicazione aziendale: essa permette al brand di avere un posizionamento del tutto

38 “Le reti d’impresa come nuovo modello di governance” – R.Provasi, A.Monti

Tratto da: Economia Aziendale Online. Business and Management Sciences International Quarterly Review

Pavia, Maggio 2015 (Vol. 6 - N. 1/2015)

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particolare nella mente del consumatore, favorendo la differenziazione dai concorrenti e l’acquisizione di un numero sempre maggiore di clienti. Infatti, la forza competitiva di un’azienda si misura attraverso la capacità non solo di conferire al prodotto o a al servizio caratteristiche uniche ed esclusive, ma anche attraverso un’efficace comunicazione di queste caratteristiche all’esterno.

In realtà c’è una differenza tra immagine aziendale e reputazione: “l’immagine

rappresenta come un’organizzazione viene percepita dai suoi stakeholder ed è costituita dalle opinioni (i sentimenti e le convinzioni) che si sono create nella mente delle parti interessate; la reputazione di un’azienda (e dei suoi prodotti) dipende dal grado di rispetto e di credibilità che gli stakeholder hanno circa l’organizzazione; è, pertanto, il risultato di un giudizio condiviso socialmente espresso dalle parti interessate che si basa sulle azioni della società, sui risultati precedenti e sulla sua capacità di soddisfare le

aspettative e creare valore40”.

L’immagine aziendale, quindi, si lega alla percezione soggettiva che un individuo (stakeholder) ha dell’azienda, anche solo in un certo istante temporale: rappresenta come l’azienda appare.

La reputazione, invece, è un qualcosa che si forma su un arco temporale più lungo e fa riferimento alle sue performance passate, alle iniziative intraprese nel passato, al livello di responsabilità sociale dimostrato in un dato periodo di tempo ed è alimentata da una serie di comportamenti ripetuti da parte di tutti i componenti dell’azienda: il background, il passato dell’azienda spiega come essa possa risultare affidabile anche nel futuro per le varie categorie di stakeholders.

Pertanto adottare una strategia che metta al centro il capitale relazionale è, per l’azienda, un investimento e soprattutto un impegno di lungo termine, che ripaga con la fedeltà di clienti e fornitori, nonché con un consolidamento di un’immagine positiva del Brand: se tutto questo è gestito bene ed in maniera continuativa nel corso degli esercizi amministrativi, non può che tradursi in risultati reddituali certamente positivi e addirittura superiori sia rispetto al passato sia rispetto alle altre aziende concorrenti che magari non hanno questa particolare propensione ad investire sulle relazioni.

40 “La reputazione aziendale come leva competitiva” – V. Falco, V. Carboniero Micro & Macro Marketing, Fascicolo 2, Agosto 2012 (pag. 382)

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CAPITOLO III – BALANCED SCORECARD ED INTANGIBLES:

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