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Abbiamo già parlato del concordato in continuità aziendale affrontando la questione della delimitazione della fattispecie a cui si riferisce l’art 169-bis, approfondendo in particolare l’aspetto della continuazione del contratto.

L’art. 182-quinquies interviene sul connesso tema della regolamentazione del pagamento dei crediti anteriori al concordato: l’articolo, rubricato “disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, contiene una serie di istituti, volti ad agevolare il reperimento di risorse per la continuazione dei cicli produttivi ed il miglior soddisfacimento dei creditori, accessibili per la maggior parte sia in caso di concordato liquidatorio che in continuità aziendale. La disposizione riveste sicuramente una grande importanza se si tiene conto che non sarebbe altrimenti possibile soddisfare crediti per prestazioni anteriori ineseguite neppure in un contesto come quello del concordato con continuità aziendale, in cui la prosecuzione dei rapporti è condizionata spesso - tipicamente nei contratti di somministrazione – dal pagamento integrale dei debiti pregressi.

In particolare il quinto comma dell’articolo prevede la possibilità che l’imprenditore, esclusivamente nel concordato con continuità aziendale, richieda al Tribunale l’autorizzazione al pagamento di debiti per prestazioni anteriori non eseguite, relative a “beni e

servizi”, ove un professionista, in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, attesti che tali “beni e servizi” sono “essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la miglior soddisfazione dei creditori”.

Questa impostazione non è peraltro condivisa da coloro che distinguono in radice tra contraenti in bonis (ovvero, come già detto, coloro che hanno stipulato contratti con l’imprenditore in concordato cui non si applicherebbe la disciplina dell’art. 168 bis) e creditori concorsuali32: secondo questi la norma non

troverebbe infatti applicazione in tema di contratti pendenti, visto che in tali casi si verserebbe in una situazione di extraconcorsualità, non soggetta all’obbligo di autorizzazione per il pagamento di prestazioni anteriori inadempiute, ma soltanto al principio di continuità sancito dall’art 169-bis e 186-bis; a tali rapporti sarebbero quindi da applicarsi le norme di diritto comune, secondo le volontà originariamente pattuite, cosicché il pagamento di tali prestazioni anteriori sarebbe non solo un atto possibile, ma anzi dovuto, con possibilità del contraente in bonis di agire per la risoluzione o la sospensione dell’esecuzione qualora ciò non avvenga.

La norma troverebbe applicazione invece soltanto in caso di contratti di durata, qualora l’imprenditore con l’accesso alla procedura decida di rinegoziare i vecchi accordi stipulati con i terzi fornitori di beni e servizi, creditori del corrispettivo di

prestazioni esaurite, necessari per la prosecuzione dell’attività: l’autorizzazione del Tribunale in questo caso sarebbe da iscriversi nel generale sistema di autorizzazioni previsto dall’art 167 l. f.

Questa impostazione, pur avendo certamente il merito di essere rispettosa del principio di continuità per ciò che attiene ai rapporti pendenti, non sembra tuttavia interpretare correttamente la norma, la quale deve ritenersi piuttosto, a contrario, un limite al pagamento delle prestazioni anteriori, consentendo l’adempimento esclusivamente in una logica di specialità; limite che certamente è inconciliabile con la libertà di pagamento di tutte le prestazioni derivanti da contratti a prestazione istantanea. In questo senso l’istituto trova inoltre corretto inquadramento anche all’interno delle norme previste in tema di concordato con continuità, quale favor - necessario in una logica di risanamento dell’attività d’impresa - che non si riscontra per le altre forme di concordato, nonostante tutte siano, come più volte ripetuto, informate al medesimo principio di continuità.

L’unica spiegazione per questa scelta legislativa è da ricercarsi nell’importanza prioritaria della tutela dei creditori, tutela che ragionevolmente può essere posta in secondo piano soltanto qualora l’alternativa sia il risanamento e la continuazione dell’attività imprenditoriale, con ciò operandosi una sorta di bilanciamento tra i vari interessi di cui sono portatori tutti i soggetti della procedura.

Capitolo III

1 La norma.

Il vigente testo dell’art 169-bis offre al debitore uno strumento certo con cui intervenire sui rapporti negoziali che non si siano ancora cristallizzati, perché ancora in corso ed attuali, e destinati pertanto a trovare la loro conclusione in un momento successivo all’inizio della procedura di concordato, mettendo con ciò un punto fermo a molti dei dubbi che erano sorti a seguito dell’introduzione della norma nel 2012.

In particolare la normativa (primo comma dell’art. 169 bis l.f.) è intervenuta con riferimento alla possibilità del debitore di richiedere l’autorizzazione allo scioglimento od alla sospensione del contratto, non soltanto contestualmente, ma anche successivamente alla presentazione della domanda, nonché con riferimento all’ipotesi in cui la sospensione e lo scioglimento siano richiesti in caso di concordato con riserva.

Tale intervento si pone peraltro in netto contrasto con la interpretazione (e la pratica applicazione) che la giurisprudenza e la dottrina maggioritarie davano della precedente formulazione della norma: veniva infatti esclusa la possibilità che la richiesta potesse essere avanzata in un momento successivo alla presentazione della domanda, e dunque nel corso della procedura, nonostante il preciso riferimento che la norma, già nella sua

forma originaria, faceva al giudice delegato 33, ovviamente

possibile destinatario della richiesta solo dopo il decreto di ammissione.

L’intervento volto a superare tale prassi interpretativa con una espressa modifica normativa, deve essere letto pertanto come manifestazione di una precisa volontà del legislatore di rivalutare il collegamento esistente tra la sorte dei contratti pendenti e la realizzazione del piano, e dunque del concordato, restituendo altresì coerenza sistematica all’istituto con la contestuale modifica del regime delle prestazioni eseguite (legittimamente) dopo l’apertura del concordato, prestazioni che, a seguito della novella, vengono pagate in prededuzione34.

33 Così G.BOZZA, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in

Fallimento, 2013, 9 (commento a normativa). In particolare faceva leva proprio sulla

precedente formulazione, sostenendo che la richiesta “non può essere presentata successivamente al giudice delegato, che è indicato nella norma non come l’organo al quale può essere rivolta la richiesta, bensì quale l’organo che può dare l’autorizzazione una volta nominato, qualora non abbia già provveduto il tribunale al momento della decisione sul ricorso.”.

Partendo dalla medesima considerazione in merito al riferimento al giudice delegato, ma giungendo ad opposta conclusione, G.B.NARDECCHIA, in Codice Commentato

del Fallimento, 2013.

Più moderato A.PATTI, Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato, tra

prosecuzione e scioglimento, in Fallimento, 3, 2013, il quale non esclude la

possibilità che la richiesta sia presentata successivamente quando utile alla predisposizione del piano.

34 Ancora G.BOZZA, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in

Fallimento, 2013, 9, cit., per il quale il rischio che tali prestazioni adempiute

successivamente in buona fede dal contraente in bonis fossero pagate nel concordato unitamente all’indennizzo, era motivo per escludere una richiesta non contestuale alla domanda di ammissione.

La possibilità che la domanda di risoluzione o sospensione dei contratti pendenti venga proposta anche in un momento successivo alla presentazione del piano e la correlata introduzione dell’obbligo di instaurazione del contraddittorio con il contraente in bonis35 (anch’esso introdotto con la riforma in

esame), sembrano confermare anche la possibilità per il debitore di richiedere la sospensione e lo scioglimento nel caso di presentazione di domanda di concordato “in bianco”, ai sensi dell’art 161, sesto comma, della legge fallimentare, possibilità per il vero già riconosciuta da dottrina e giurisprudenza (con qualche dubbio al massimo per ciò che riguardava lo scioglimento)36 anche nella vigenza della precedente normativa. La instaurazione del contraddittorio può infatti consentire al giudice, anche in assenza del piano e della proposta, di valutare la

35 Già precedentemente alla riforma, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie si

erano espresse in favore dell’estensione del contraddittorio verso il terzo contraente; così G. MANCUSO, Concordato preventivo e contratti in corso di esecuzione. Il

contraddittorio con il contraente in bonis – Autorizzazione allo scioglimento del contratto in corso di esecuzione e principio del contraddittorio, in Fallimento, 2014,

5 (nota a sentenza); ed in giurisprudenza App. Venezia 20 novembre 2013, in

Fallimento, 2014, 5. In senso contrario invece: E. MARINUCCI, Concordato

preventivo e autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei contratti in corso: la (supposta) necessaria attuazione del contraddittorio nei confronti del contraente in bonis, in Corriere Giur., 2014, 7 (nota a sentenza).

36 In giurisprudenza, ha ritenuto possibile la sospensione, ma non lo scioglimento:

Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012, in Fallimento, 2013, I; hanno invece ritenuto possibile anche lo scioglimento: Trib. Genova, 4 novembre 2013, Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, in Fallimento, 2013, 1. Nell’ultima sentenza richiamata la possibilità di presentare la richiesta ex art 169-bis, nonostante la proposizione di un concordato con riserva, è fondata sulla mancanza di un criterio cui il giudice possa attenersi, risultando dunque irrilevante la mancanza di piano e proposta. In dottrina L.STANGHELLINI, il concordato con continuità aziendale, in

convenienza che il rapporto negoziale in esame avrà sul futuro piano concordato37.

Una ulteriore modifica apportata dalla novella del 2015 all’articolo in esame, attiene alla diversa formulazione della norma con riguardo alla richiesta di scioglimento e di sospensione38: maggiori cautele appaiono riservate infatti alla

richiesta di autorizzazione allo scioglimento, visto che solo tale ipotesi prevede l’obbligo di estendere il contraddittorio nei confronti del terzo contraente, mentre non detta una analoga disposizione per la sospensione, limitandosi a affermare al riguardo che “Su richiesta del debitore può essere autorizzata la

sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.”

Tuttavia, il fatto che la norma continui affermando che l’effetto sospensivo o risolutorio decorre soltanto dalla comunicazione del

37 Differente, in ogni caso, sarà il tipo di giudizio che il giudice dovrà svolgere per

quanto riguarda la sospensione - in quanto atto che non comporta effetti definitivi - e lo scioglimento, per il quale l'analisi della convenienza sarà caratterizzata da maggior rigidità nella prospettiva del piano ancora non presentato, dovendosi analizzare in logica futura l’impatto che il contratto potrebbe avere sul piano stesso.

provvedimento del giudice all’altro contraente39, fa ritenere che

anche per la richiesta di sospensione valgano le disposizioni contenute nella prima parte del I comma dell’art 169-bis l.f. relative alla domanda di scioglimento40 e che la disposizione sopra citata costituisca semplicemente una specifica prescrizione relativa solo al tempo massimo per il quale può essere disposta la richiesta di sospensione.

In conclusione, dunque, sebbene la norma sembri orientata a distinguere i due provvedimenti autorizzativi, appare logico estendere la disciplina dettata per lo scioglimento all’istituto della sospensione, sulla base della considerazione che, se così non fosse, mancherebbe ogni linea direttrice in merito all’applicazione della fattispecie in esame.

Perché possa usufruire degli effetti previsti dalla norma il debitore dovrà fare richiesta al Tribunale, o al giudice delegato nel caso in cui la richiesta sia presentata dopo il decreto di

39 Viene dunque sancita implicitamente la non automatica decorrenza degli effetti.

Tale tema è stato peraltro oggetto, nel silenzio della norma precedente alla riforma, di ampio dibattito, tra chi riteneva che il provvedimento del giudice dovesse avere efficacia immediata e chi invece ricollegava l’effetto sospensivo alla comunicazione del provvedimento autorizzatorio all’altro contraente. In giurisprudenza, a favore di tale ultima posizione, Trib. Venezia, 20 gennaio 2015; in dottrina successivamente alla riforma, S. AMBROSINI, Il nuovo concordato preventivo alla luce della

“miniriforma” del 2015, in Fallimento, 2015, 5, cit., che sottolineando la natura di

diritto relativamente potestativo, ritiene il debitore libero di scegliere se utilizzare o meno il provvedimento.

40 Nella stessa direzione, successivamente alla riforma, sebbene non ritenga tali

adempimenti obbligatori per concedere l'autorizzazione, Trib. Bolzano, 05 aprile 2016;

ammissione alla procedura, contestualmente alla domanda di ammissione ovvero, come visto, successivamente (e disgiuntamente dal ricorso), indicando il contratto o i contratti di cui voglia richiedere la sospensione o lo scioglimento.

Questo ultimo elemento non è per il vero espressamente previsto dalla norma, lasciando il dubbio sulla possibilità che il debitore possa limitarsi semplicemente a presentare una richiesta di generica sospensione di tutti i rapporti pendenti, senza cioè individuare singolarmente quelli su cui chiede di intervenire. Dubbio che comunque sembra potersi risolvere analizzando la fattispecie nella logica sistematica del concordato: la possibilità di una richiesta generale male si adatta infatti al provvedimento, emesso dal giudice in sede di autorizzazione, che deve contenere la quantificazione dell’indennizzo spettante a ciascun singolo contraente e che deve essere comunicato a ciascuna delle controparti.

La norma non interviene poi nel definire quale sia il momento ultimo entro il quale può essere presentata la richiesta, rimettendo ad un’analisi di sistema tale termine finale: punto di partenza per individuare tale momento non può che essere quella parte della dottrina e della giurisprudenza precedente alla riforma del 2015 che già riconosceva in capo all’imprenditore il potere di

presentare la richiesta successivamente, e non soltanto contestualmente, alla domanda di cui all’art 161 l. f.41

La soluzione proposta faceva riferimento al momento ultimo in cui è possibile intervenire sul piano, poiché anche l’indennizzo derivante dall’accoglimento della domanda di risoluzione, quale credito chirografario con diritto di voto, dovrà trovare spazio e soddisfazione nel piano stesso: il termine massimo per avanzare la richiesta può essere fatto coincidere dunque con la votazione dei crediti, prima cioè che intervenga l’omologazione del giudice, la quale dovrà essere pronunciata in merito ad una situazione necessariamente definita per ciò che attiene all’individuazione dei rapporti su cui la procedura andrà ad incidere42.

La norma in esame incontra, infine, limiti applicativi relativamente a certe forme contrattuali espressamente indicate all’art 169-bis, quarto comma, ovvero relativamente ai contratti di lavoro subordinato, oltre che, tramite la tecnica del richiamo, ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, 72-ter e 80, primo comma, della legge fallimentare, rispettivamente aventi ad oggetto il contratto preliminare di vendita di un immobile ad uso

41 In particolare, G.B.NARDECCHIA, in Codice Commentato del Fallimento, 2013.

42 Tale conclusione trova oggi riscontro nelle modifiche intervenute dopo la riforma

del 2015, che sancisce una generale apertura verso le offerte concorrenti, rendendo quindi più flessibile e negoziata con i creditori la scelta del percorso migliore. In tale prospettiva, riveste un'importanza centrale l'art. 175, l.f., che già prima della riforma permetteva la modifica della proposta fino all'inizio delle operazioni di voto; il legislatore nel 2015 interviene abrogando anche questo limite, rendendo di fatto possibile in sede di voto ulteriori modifiche, anche successive alla prima votazione, magari al fine di riuscire a pervenire ad un accordo con i creditori in quella sede. In giurisprudenza, Tribunale Ravenna, 27 ottobre 2015.

abitativo, trascritto ai sensi dell’art. 2645bis, c.c., i finanziamenti destinati ad uno specifico affare ex art. 2447-bis ed il contratto di locazione di immobili, sia pure limitatamente al caso in cui si abbia l’ammissione del locatore alla procedura.

Appare evidente che l'esclusione di tali contratti è determinata dall'opportunità che le fattispecie richiamate, a causa della loro specialità, siano regolate in modo specifico. E’ tuttavia altrettanto evidente che tali fattispecie non presentano in alcun modo caratteri comuni che giustifichino il loro accorpamento da parte del legislatore: deve pertanto ritenersi che tale modus operandi sia dettato da criteri diversi da una ratio comune, la cui individuazione possa consentire di estendere l’applicazione analogica della norma ad ulteriori forme negoziali.

2 La sospensione.

L’imprenditore ammesso alla procedura può chiedere la sospensione dei rapporti ancora non esauriti, alla data del deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, sospensione che può essere autorizzata dal giudice per un massimo di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

Come già anticipato, la sospensione nel fallimento costituisce regola generale, a norma dell’art 72, primo comma, l.f., coerentemente con la natura liquidatoria della procedura, orientata esclusivamente alla cristallizzazione delle posizioni creditorie in funzione di conservazione del patrimonio assoggettato: la sospensione risponde quindi all’esigenza di

interrompere il sinallagma funzionale che ancora lega i contraenti, per la prioritaria necessità di tutelare la massa creditoria da un depauperamento patrimoniale derivante da vincoli obbligatori assunti dal debitore dichiarato fallito, il quale, proprio per tale motivo, è inoltre privato della disponibilità dell’impresa e del patrimonio per effetto dello spossessamento disposto dall’art 42, I comma, l.f.: da ciò discende la mancanza del riconoscimento di un credito risarcitorio in capo al contraente

in bonis (art 72, quarto comma, ult. parte, l.fall.), sull’assunto che

la logica liquidatoria della procedura comporti una deviazione radicale rispetto al normale regime di diritto comune, ispirato, a norma degli artt. 146043 e 146144, alla tutela del contraente non insolvente.

Al contrario, in ambito concordatario, non esiste una corrispondente norma che comporti lo spossessamento dell’impresa del debitore, il quale resta anzi titolare e responsabile del patrimonio su cui dovranno soddisfarsi i creditori concorsuali: nel concordato, inoltre, la sospensione è

43 Art. 1460, c.c.; Eccezione d’inadempimento: “Nei contratti con prestazioni

corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua

obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.

Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.”

44 Art. 1461, c.c.; Mutamenti nelle condizioni patrimoniali dei contraenti: “Ciascun

contraente può sospendere l’esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia.”

subordinata alla richiesta del debitore, non intervenendo come criterio generale, ma piuttosto in funzione del superamento di difficoltà momentanee che possono incidere sul corretto adempimento delle prestazioni, attraverso l’instaurazione di una temporanea quiescenza del rapporto, al cui termine si avrà il ripristino della normale esecuzione contrattuale.

Il riferimento generico operato dalla norma alla sospensione “del contratto”, fa inoltre ritenere che, ancorché derivi dall'esercizio da parte del debitore di una facoltà riconosciuta dalla legge ed autorizzata dal giudice, l’effetto sospensivo operi per entrambe le parti e non sia pertanto solo il debitore-imprenditore a poter legittimamente rifiutare il regolare adempimento della prestazione; parallelamente, porta ad escludere che il contraente

in bonis sia tenuto a dare esecuzione alla propria prestazione.

Tali considerazioni fanno ritenere che la sospensione del contratto consenta al debitore di differire l’adempimento della propria prestazione senza che si producano a suo carico interessi di mora o responsabilità per il ritardo a norma dell’art. 1256, secondo comma, c.c.: la sospensione non produce quindi effetti pregiudizievoli in capo ai soggetti coinvolti, per il periodo in cui ha vigore il provvedimento del giudice, fatto salvo l’indennizzo di cui sopra.

Una ulteriore questione si presentava nell’applicazione della disciplina in oggetto, ovvero se, nella presentazione del piano, fosse possibile cumulare la domanda di sospensione con quella di scioglimento del rapporto: prima che sulla norma intervenisse la

legge 132 del 2015, da più parti45 si riteneva infatti che non fosse

possibile includere nella domanda di sospensione l’alternativa domanda di scioglimento, in base alla considerazione che il debitore, nella redazione del piano, dovesse tener conto anche della convenienza tra sospensione e scioglimento, nell’ottica di miglior soddisfazione dei creditori e del contraente in bonis. Anche nella formulazione precedente alla riforma tuttavia, tramite una analisi di sistema delle norme concordatarie, taluno aveva riconosciuto la possibilità per il debitore di richiedere cumulativamente con il ricorso entrambi i rimedi46: si faceva

presente a tale riguardo che la modulazione del rimedio, se già programmata e definita nel ricorso, avrebbe consentito una soluzione tendenzialmente aperta, in cui la previa concessione di un periodo di sospensione da utilizzare come temporaneo arresto all’esecuzione e tramite per la scelta della miglior determinazione del rapporto, avrebbe potuto avere effetti positivi sulla stessa realizzazione del piano, eventualmente fornendo al debitore un