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Per quanto sopra detto, in capo alle parti del rapporto permarranno obblighi contrattuali che le stesse sono tenute ad adempiere, senza che sia necessario il rilascio di qualsivoglia autorizzazione: l’adempimento si presenta come un atto dovuto per i contraenti, secondo il programma originariamente pattuito dalle parti, con applicazione della disciplina originaria dei contratti a prestazioni corrispettive.

27 La soluzione prospettata nel testo - certamente rispettosa delle modifiche apportate

alla disciplina del concordato, sicuramente più informata ad un intervento attivo e negoziato con i creditori - non tiene tuttavia in debito conto il ruolo che l’imprenditore deve svolgere nell’arco di tutto il concordato: il suo comportamento e la sua buona fede, oltre alla sua partecipazione attiva, sembrano infatti elementi necessari per la realizzazione di qualunque piano concordato, non soltanto nell’ipotesi indicata.

A parere dello scrivente sarebbe quindi auspicabile un intervento normativo che non trascuri l’importanza che l'attività dell’imprenditore in stato di crisi comunque riveste nella realizzazione del piano.

Inoltre le prestazioni effettuate in esecuzione dei contratti pendenti dovranno essere pagate non in moneta concordataria, bensì a carico della massa dei creditori.

Gli adempimenti successivi alla presentazione della domanda di concordato non sono infatti soggetti alla falcidia concordataria in quanto atto dovuto per i contraenti: ciò in applicazione del criterio generale per cui sono assoggettati alla falcidia soltanto i crediti per prestazioni eseguite precedentemente all’apertura della procedura stessa, mentre i crediti per prestazioni legittimamente eseguite in un momento successivo – e cioè derivanti da atti della procedura - sono tipicamente prededucibili ai sensi dell’art. 111 l. fall..

Questo principio, che talvolta si è affermato essere venuto meno nel suo valore assoluto dopo le modifiche apportate alla normativa fallimentare28, trova invece ulteriori conferme nella nuova formulazione dell’art 169-bis che conferma la prededucibilità delle prestazioni effettuate (legittimamente) dopo la presentazione della domanda.

In ogni caso, ove una delle due parti del contratto non adempia regolarmente, l’altra può legittimamente rifiutare l’adempimento della propria obbligazione, a norma dell’art. 1460 c.c. oppure invocare la clausola risolutiva espressa eventualmente contenuta nel contratto, salvo il caso previsto all’art 186-bis l.fall, che

28 Nel senso che il principio sarebbe infatti ormai inflazionato, con il rischio che tale

condizione faccia venire meno gli effettivi vantaggi che la prededuzione comporta; così, M. CAMPOBASSO, Nuovi e vecchi problemi nel concordato con continuità

espressamente prevede che, nel caso di concordato in continuità aziendale, non ha effetto la clausola risolutiva espressa eventualmente inserita nel contratto.

Taluno sostiene29 che la clausola in oggetto abbia un’estensione maggiore di quello che emerge prima facie dalla norma, potendo trovare applicazione per ogni forma di concordato preventivo e non soltanto per quello in continuità. Non sembra tuttavia che possa darsi credito a tale opinione: intanto per la mancanza di espressa indicazione in tal senso nelle norme di riferimento, ed in secondo luogo per la necessità di rispettare l’autonomia negoziale che potrebbe aver volontariamente sancito tale condizione come inaccettabile. La norma trova invece la sua ragione d’essere all’interno del concordato in continuità aziendale, nel quale il cardine dell’istituto è proprio la volontà di far sopravvivere l’attività produttiva, anche a discapito del contraente.

Ciò trova la sua giustificazione nelle conseguenze che derivano dall’applicazione di una clausola risolutiva espressa, conseguenze che potrebbero incidere sulla possibilità stessa di continuare l’attività in assenza di quella rete di rapporti contrattuali con cui l’imprenditore si procura le risorse di cui necessita anche per l’attuazione del piano.

29 Secondo G.SCOGNAMIGLIO, Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in

corso di esecuzione, cit., a favore di detto assunto milita l’argomento sistematico, e

cioè la coerenza del principio, il quale precluderebbe all’autonomia negoziale delle parti dettare regole che facciano discendere lo scioglimento del contratto dall’ingresso dell’imprenditore nella procedura di concordati preventivo.

Ciascuna parte potrà quindi, sempre in riferimento alla prestazione non ancora adempiuta, domandare la risoluzione del contratto a norma dell’art 1453 c.c. e l’eventuale condanna al risarcimento dei danni (fermo restando che nel caso in cui tali azioni siano esperite con successo dal contraente in bonis, non potranno comunque essere promosse azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore, secondo quanto previsto all’art 168 l. f.).

Il riferimento è quindi agli strumenti di diritto comune normalmente utilizzabili, tra i quali la possibilità per i contraenti di sospendere l’esecuzione della propria prestazione qualora le condizioni patrimoniali della controparte siano mutate tanto da porre in evidente pericolo l’esecuzione della controprestazione, a norma dell’art 1461 c.c.

Qualora la domanda di risoluzione sia correttamente esperita, questa opererà in modo retroattivo, a norma dell’art 1458 c.c., comportando l’obbligo per parti di restituire quanto già ricevuto in esecuzione del contratto, fatti salvi i diritti dei terzi legittimamente acquisiti e fermi gli effetti della trascrizione della domanda (art. 111 cpc).

La norma distingue poi ulteriormente l’ipotesi in cui sia pronunciata la risoluzione di un contratto a prestazione continuata o periodica: in tal caso l’effetto risolutivo non si estende alle prestazioni già eseguite conformemente al contratto; ciò sull’assunto, che sarà successivamente analizzato, secondo cui i contratti a prestazione continuata e periodica possono essere scissi nella loro integrità in coppie di sinallagmi, in cui cioè si può trovare una corrispondenza tra le successive prestazioni

rispettivamente effettuate dalle parti: non troviamo quindi un unico sinallagma che guida l’intero rapporto, ma è la natura del rapporto ed il ruolo che la durata svolge all’interno della fattispecie a delineare quali siano le conseguenze per le parti della domanda di risoluzione.