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1 Gli effetti del concordato su alcuni specifici contratti pendent

1.3 Le linee di credito autoliquidanti.

Ulteriore categoria di contratti di particolare rilievo in materia concordataria è quello dei contratti bancari, caratterizzati dall’attribuzione all’imprenditore di una disponibilità di credito di cui questo può usufruire a più riprese ed in maniera “rotativa”; essi danno pertanto all’imprenditore una strumento di risposta flessibile alle mutevoli esigenze finanziarie di breve e medio periodo necessarie all’attività d’impresa; tipicamente gli strumenti più utilizzati per raggiungere tale risultato sono l’”apertura di credito in conto corrente” e le “linee di credito auto liquidanti”.

Queste forme contrattuali, centrali nel normale esercizio dell’attività d’impresa, sono sicuramente le prime ad essere colpite allorché sopraggiunge una situazione di crisi, stante la evidente contrapposizione degli interessi coinvolti: infatti, se da una parte è evidente la necessità del debitore che il contratto bancario abbia regolare esecuzione, essendo imprescindibile per la realizzazione delle operazioni volte al riequilibrio dell’impresa o comunque per la “ottimizzazione delle condizioni di liquidazione”, dall’altra, è altrettanto evidente l’interesse della banca alla tutela del proprio credito, tutela ottenuta attraverso l’attivazione dei rimedi contrattuali previsti nei diversi tipi negoziali.

Purtroppo tale questione (di importanza sicuramente centrale) non ha ricevuto nell’originaria formulazione della legge fallimentare una chiara regolamentazione; per quanto taluno abbia affermato che in particolare la riforma del 2015 sia principalmente destinata a regolare proprio le sorti dell’esposizione creditizia quando intervenga il concordato, le modifiche legislative operate dalle riforme del 2012 e del 2015 non si presenta comunque più organico dei precedenti.

In particolare il concordato “in bianco” (art. 161, sesto comma, l.f.) consente al debitore di rispondere con tempestività ai tempi di emersione della crisi, permettendo loro di presentare un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, con l’effetto di anticipare la tutela legale che l’accesso alla procedura garantisce con il divieto di azioni esecutive e cautelari, senza il contestuale deposito del piano e della proposta da presentare ai creditori.

Tale strumento evidentemente modifica anche la situazione che si veniva a creare nella vigenza della precedente normativa, situazione nella quale il debitore, prima di richiedere l’accesso alla procedura, si doveva preoccupare di sondare i creditori, così da realizzare già un parziale accordo almeno con quelli aventi un maggior peso all’interno del piano, in particolare, e tipicamente, con il ceto bancario62.

Per valutare gli effetti conseguenti all’introduzione del concordato con riserva per quanto attiene specificamente ai contratti bancari, in mancanza di una espressa disciplina al riguardo, sarà necessario analizzare i principi e le norme che ispirano il concordato, soffermandoci in particolare su talune specifiche forme contrattuali ovvero sulle facilitazioni finanziarie aventi funzione di “smobilizzo” dei crediti dell’impresa, che hanno cioè lo scopo di consentire all’imprenditore di disporre immediatamente (di una parte) di un credito verso terzi non

62 In questa logica assumono grande importanza anche gli strumenti alternativi al

concordato, oltre che alle nuove forme di soluzione della crisi introdotte con la legge 132/2015: in particolare l’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e la convenzione moratoria, entrambe soluzioni ad hoc per gestire con maggior flessibilità quelle situazioni dove l’esposizione dell’impresa sia principalmente bancaria.

In ogni caso tutti questi strumenti si fondano proprio sul convincimento che certe forme di accordo con i maggiori creditori siano spesso la migliore soluzione della crisi: il concordato con riserva consente all'imprenditore di svolgere le attività citate in una condizione tutelata dallo spettro delle azioni cautelari ed esecutive. I due istituti sono disciplinati all'art. 182-septies, l.f., introdotto con D.L. 83/2015, conv. in L. 132/2015.

ancora scaduto e che pertanto sarebbe disponibile solo in un momento successivo rispetto ai bisogni dell’attività. 63.

Tale risultato è perseguito nella prassi attraverso svariate forme contrattuali, tra le quali saranno analizzate soltanto le c.d. linee di credito da smobilizzo, maggiormente diffuse nella prassi, in virtù delle quali il cliente ha diritto ad ottenere in via continuativa, entro un “range” determinato, l’erogazione o la messa a disposizione di una somma a titolo di “anticipo”, dietro presentazione di uno o più crediti, risultanti da idonea documentazione, salva in ogni caso la facoltà della banca di accettare o rifiutare di volta in volta la anticipazione in funzione del nominativo del debitore ceduto.

Più esattamente, l’operatività segue due distinti e diversi schemi negoziali, l’uno incentrato sulla cessione dei crediti che costituiranno l’oggetto stesso dell’anticipo, l’altro sul conferimento alla banca di un mandato all’incasso dei crediti. A seguito della cessione di credito (pro solvendo) il pagamento da parte del terzo (debitore dell’imprenditore) è effettuato direttamente alla banca che è divenuta titolare del credito (salvo l’obbligo di restituzione al cedente dell’eccedenza rispetto all’anticipo concesso); ove siano state regolarmente eseguite le formalità di legge (artt. 1260 e segg. c.c.) per effetto dell’art 169 l.f., che richiama ed estende al concordato la previsione dell’art

63 In dottrina A. Patti, Contratti bancari nel concordato preventivo tra bilateralità ed

unilateralità di inesecuzione, in Fallimento, 5, 557 (nota a sentenza), 2015; in

particolare viene evidenziata la natura di durata di tali contratti, rientranti così nella fattispecie dell'art. 169-bis anche qualora la banca avesse già erogato interamente l'anticipo, non ritenendo "corretta la disaggregazione di un'operazione strutturalmente articolata in una pluralità di strumenti negoziali ma funzionalmente unitaria".

45 l.f., la cessione è opponibile alla procedura, con la conseguenza che deve escludersi che possa essere avanzata una pretesa restitutoria delle somme così ricevute dalla banca cessionaria.

Nella ipotesi di anticipi di smobilizzo che operano sulla base di un mandato all’incasso concesso alla banca, questa ha invece l’incarico di incassare il credito, su cui si fonda l’anticipo concesso, in qualità di semplice legittimata a riceverlo, e non anche quale titolare di una pretesa sulla somma in questione64, con la conseguenza che non potrà vantare alcuna pretesa di pagamento nei confronti del debitore terzo; dunque l’effetto di garanzia, che nel caso della cessione è consacrato giuridicamente ed opponibile, per quanto riguarda il mandato all’incasso si realizza solo in via di fatto.

Qualora il concordato intervenga nella pendenza di una di queste linee di “smobilizzo” al diverso schema contrattuale faranno seguito effetti diversi ma, sia per ciò che attiene alle linee autoliquidanti, sia per ciò che attiene ai mandati all’incasso conferiti alla banca, troverà applicazione il principio di continuazione dei contratti: le parti saranno quindi tenute a dare

64 A questa impostazione di base si associa spesso la previsione di un diritto in capo

alla banca di trattenere, a soddisfazione del credito erogato, le somme così ottenute; tale clausola prende il nome di clausola “di elisione” o “di annotazione”.

attuazione agli adempimenti a cui erano vincolate secondo l’originale pattuizione prevista nel contratto65.

Ferma questa premessa di carattere generale, passiamo ad analizzare quale sia il regime applicabile alle prestazioni precedenti al concordato, in particolare nel caso in cui la banca conceda un “anticipo” in un momento precedente alla domanda di concordato, utilizzando poi le somme incassate successivamente a tale momento per rientrare della sua esposizione verso l'imprenditore, distinguendo a seconda del diverso schema con cui viene realizzato tra le parti lo smobilizzo, ovvero, come visto, per tramite di cessione di un credito o con mandato all’incasso conferito alla banca.

65 Merita dare atto delle controversie che si sono accese riguardo alla classificazione

di tali forme contrattuali: il dubbio nasce tra chi individua la causa di tali rapporti nel finanziamento e chi invece riconosce a tali negozi un più specifico e limitato ambito di intervento, come contratti liquidatori, contratti cioè in cui la causa fondante sia da riscontrarsi nella necessità da parte del cliente di anticipare un futuro incasso per rispondere a bisogni finanziari di breve e medio periodo; in questo caso la banca si assumerebbe un rischio differente rispetto a quello insito nei contratti di finanziamento, essendo in questi casi modulato di volta in volta in base ai documenti che il cliente presenterà all’istituto.

Non è mancato poi chi, soprattutto tra la giurisprudenza, ha tentato di estendere la previsione dell’art 169-bis l.f. anche ai contratti in cui una delle due parti abbia già adempiuto interamente la propria obbligazione: in altre parole in ambito di contratti bancari la possibilità di sciogliere i contratti pendenti è stata spesso utilizzata dai giudici di merito - in modo poco rispettoso soprattutto del principio della "pendenza" che informa l'istituto concordatario - ben oltre i confini che per tale istituto sono individuati dalla norma. Così anche P. BONTEMPI, I contratti bancari

"autoliquidanti" nel concordato preventivo: tra scioglimento e retrocessione delle somme incassate dalla banca, in Nuova Giur. Civ., 2015, 4 (nota a sentenza).

In giurisprudenza: App. Genova, 10 febbraio 2014; Trib. Pavia, 24 novembre 2014, che in particolare individua una causa ed una struttura autonome, svincolate dal quadro complessivo del contratto.

Nel caso della cessione di credito, non si pongono dubbi in merito alla possibilità della banca di far valere un’autonoma pretesa al pagamento nei confronti del terzo ceduto: in questo caso la cessione fissa infatti un momento nel tempo nel quale si verifica il trasferimento del diritto che rende il negozio opponibile alla procedura.

Risulta dunque certo il diritto che la banca trovi soddisfazione del proprio credito nell’adempimento che il terzo debitore, in virtù della precedente cessione, effettui nei confronti dell’istituto stesso anche successivamente alla presentazione della domanda di concordato.

Diversa e più articolata si presenta la disciplina applicabile qualora gli anticipi siano concessi a fronte del rilascio di un mandato all’incasso: in questo caso l’estinzione dell’anticipo concesso, oltre che della espressa pattuizione tra le parti del diritto, da parte della banca, di trattenere le somme incamerate, è conseguenza di un più articolato regolamento negoziale predisposto nel contratto di smobilizzo.

A tale riguardo, la giurisprudenza antecedente alla riforma del 2012, sulla base di una applicazione dell’art 56 l.f. 66 al

concordato, già richiamato dall’art 169 l.f., configurava l’ipotesi

66 Art. 56, l.f.; Compensazione in sede di fallimento: "I creditori hanno diritto di

compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento.

Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore".

La norma non richiede espressamente la coesistenza dei debiti e crediti reciproci precedentemente alla dichiarazione di fallimento; tuttavia è pacifico in dottrina e giurisprudenza, poiché il credito deve essere dotato necessariamente del carattere della concorsualità.

come un caso di compensazione, escludendo che questa potesse essere validamente effettuata 67; infatti, la compensazione è

limitata a quelle situazioni in cui entrambe le controprestazioni hanno la loro genesi in un momento antecedente alla dichiarazione di fallimento, laddove, nel caso di specie, il credito relativo all’anticipo è in effetti precedente al concordato, mentre il pagamento da parte del terzo, nonostante abbia origine nel rapporto di mandato, avviene in un momento successivo al concordato stesso.

Tuttavia parte della giurisprudenza anche dopo la riforma del 2012, stante il principio negoziale che informa l’intero istituto concordatario, riconosceva alla clausola “di elisione” piena operatività, differenziando tale situazione da quella verificabile in sede fallimentare68, in base alla considerazione che il principio di

continuità non può non intervenire anche con riferimento al mandato69, quale elemento essenziale del contratto finanziario,

contratto cui deve essere data pertanto piena attuazione secondo quello che era lo schema originale, consentendo quindi alla banca di trattenere le somme incassate dal terzo anche successivamente all’ingresso nella procedura di concordato.

Più correttamente, quindi, l’utilizzo da parte della banca delle somme versate dai terzi per rientrare della propria esposizione, va

67 Cass., 7 maggio 2009, n. 10548; Cass., 23 luglio 1994; App. Milano, 2 marzo

2001.

68 In giurisprudenza, Cass., 23 luglio 1994, n. 6870.

69 Non vi è tuttavia unanimità di opinioni sulla centralità che deve essere riconosciuta

al mandato (anche se rafforzato) all'interno del contratto con la banca; così, P. BONTEMPI, che, nonostante giunga a conclusioni diverse riguardo la possibilità della banca di trattenere le somme in forza di un contratto di mandato, correttamente afferma che "il mandato assume una rilevanza essenziale nello schema causale della figura negoziale" e "si affianca alla funzione finanziaria".

inquadrato in termini di attuazione del programma negoziale prefigurato dalle parti: ove nel contratto con cui viene regolata l’operatività autoliquidante di tali linee di credito sia riscontrabile un collegamento funzionale tra il diritto della banca ad incassare le somme e l’anticipo concesso, non ci sono pertanto dubbi riguardo alla possibilità di adempiere a tali obbligazioni precedenti, (dovendosi escludere che l’effetto estintivo possa realizzarsi in forza di una compensazione).

Diversa si presenta la situazione qualora si faccia riferimento ad un rapporto, tra banca ed imprenditore ammesso alla procedura, che prosegua dopo la presentazione della domanda di concordato: in questa ipotesi, infatti, sarà da verificare come debba essere regolato l’utilizzo delle facilitazioni finanziarie ancora vigenti, nel caso di presentazione di nuova “carta commerciale”70 da

scontare.

Queste operazioni vengono a configurarsi infatti come specifici atti di smobilizzo che, sebbene disciplinati nella loro attuazione dal contratto relativo alle linee di credito, possono presentare un grado di autonomia sufficiente a far ritenere opportuno valutarne singolarmente la legittimità.

70 La convenienza del concordato in bianco, come strumento di pronta emersione

della crisi, dovrà essere valutata facendo sempre riferimento alle conseguenze che la continuazione di questi contratti potrebbe avere sul piano concordatario. In particolare, il riferimento è alla possibilità della banca di rientrare delle somme ponendo fine al contratto; così anche A.PATTI, Contratti bancari nel concordato

preventivo tra bilateralità ed unilateralità di inesecuzione, 2015,5, cit., che, sebbene

limiti l'applicazione degli artt. 1186 e 1845, c.c., riconosce la validità di un eventuale clausola risolutiva espressa contenuta nell'accordo.

A tal fine sarà necessario far riferimento alle norme che trovano (o potrebbero trovare) applicazione nel caso di specie: in particolare, è dubbio se la questione sia regolamentata dai predetti artt. 161 e 167 l.f. o se sia da preferire la applicazione del più generale principio di continuità.

Se prima della riforma la giurisprudenza si era espressa in favore dell’applicazione al caso degli articoli 161 e 167 l.f., (salvo poi considerare la continuazione degli stessi come atti di ordinaria amministrazione)71 dopo la novella del 2015 la questione merita una diversa considerazione: oggi infatti l’art. 182-quinquies l.f. fa espresso riferimento alle linee di credito autoliquidanti, sancendo che la richiesta a norma del terzo comma dello stesso articolo possa avere ad oggetto anche la continuazione di detti rapporti, qualora essi siano “in essere al momento del deposito della

domanda”.

In realtà il comma in questione si inserisce all’interno di un più vasto quadro normativo orientato al reperimento di nuova finanza successivamente alla presentazione di una domanda di concordato o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, ed è comunque applicabile solo in caso di domande di concordato in bianco.

La norma limita inoltre il reperimento della ulteriore finanza alla necessità di rispondere ad urgenti necessità connesse all’esercizio dell’attività, nel periodo che va dalla richiesta di concordato

71 Così, Trib. Milano, 11 dicembre 2012, che fa ampio riferimento all’elaborazione

presentata in bianco al termine del periodo concesso dal tribunale, a norma dell’art 161 l.f., per la presentazione del piano. Ne consegue che l’ipotesi in esame si distingue dalle altre previste dallo stesso articolo, sia con riguardo ai requisiti, sia riguardo alle finalità da perseguire.

Il richiamo operato nel comma in esame alla continuazione delle linee di credito autoliquidanti conferma inoltre che, anche in una fase pre concordataria, il debitore può, con le garanzie previste, ottenere nuova liquidità che favorisca (od almeno non escluda a priori) possibili ipotesi di continuazione dell'attività.

Possiamo quindi escludere, sulla base di questa premessa che la continuazione di questi rapporti, pendenti quando si incorra nel concordato, sia sottoposta alle cautele indicate all’art 182- quinquies l.f., salvo che l’anticipo sia richiesto prima che sia presentato il piano, ex art 161, sesto comma, l.f.: in questa situazione l’estrema precarietà e il rischio di abuso a cui si espone la procedura sono correttamente contrastati dall’intervento sia del tribunale che dei creditori, in grado di valutare la correttezza ed opportunità delle scelte del debitore. Una volta correttamente inquadrata la portata della nuova norma, sembrano ancora poter trovare spazio gli artt. 161 e 167 l.f., per ciò che riguarda la continuazione dei rapporti bancari di smobilizzo: tuttavia, sebbene l’erogazione di un nuovo anticipo, e la corrispondente cessione o conferimento di mandato, abbiano effettivamente una portata autonoma, sembra da preferire un’interpretazione che preveda la semplice continuazione di tali contratti, in quanto successivi al concordato ma eseguiti sulla base di un contratto precedente ed opponibile alla procedura.

L’art. 167 l.f. dovrebbe trovare applicazione dunque soltanto per quei contratti che siano stipulati dall’imprenditore in un momento successivo all’ammissione alla procedura; ricadranno invece nel disposto dell’art 182-quinquies l.f. (che permette e garantisce la prededuzione) qualora si voglia guardare alla disciplina dei finanziamenti intervenuti in occasione della crisi per far fronte alla situazione di difficoltà e favorire il miglior soddisfacimento dei creditori.

Questa ultima considerazione porta con sé un ulteriore dubbio, se sia cioè possibile, una volta che sia data continuazione al contratto di smobilizzo, che l’anticipo sia concesso tramite cessione di un credito che l’imprenditore vanta in virtù di un rapporto esaurito prima che intervenisse il concordato, non trasferito e quindi non opponibile a norma dell’art 45: qualora infatti il credito venga a formarsi in un momento successivo quale effetto della continuazione non si pongono dubbi che possa essere ceduto quale “corrispettivo” per lo smobilizzo; per ciò che attiene al credito precedente, invece, sarà da chiedersi se sia ormai vincolato alla soddisfazione dei creditori della procedura, e se dunque sia escluso che possa essere posto a fondamento dell’esborso che la banca presti al cliente- imprenditore dopo la presentazione della domanda.

Una risposta a tale interrogativo può essere trovata analizzando quello che è il meccanismo con il quale agiscono tali forme contrattuali: viene infatti consentito al debitore di disporre in anticipo di somme di cui avrebbe potuto godere successivamente, con una corrispettività tra cessione ed esborso della banca, salva la riduzione dovuta al costo della facilitazione finanziaria

prescelta (e qualora tale corrispettività venisse meno, infatti, si dovrebbe considerare come mutuo o diversa forma di finanziamento, come tali sottoposti ad una diversa normativa). Da ciò consegue che al diritto di credito ceduto si sostituisce la liquidità fornita dalla banca cosicché non si verifica alcun depauperamento del patrimonio concordatario (o violazione della

par condicio): l’operazione deve pertanto ritenersi ammissibile.

Il rischio che viene a prodursi in capo ai creditori dall’utilizzo di dette forme contrattuali è dunque legato, più che all’abuso che la banca possa farne per rientrare della propria esposizione, alla destinazione che a tale liquidità possa dare il debitore, escludendola dall'attivo concordatario.

Nel caso in cui il debitore in concordato richieda la sospensione o lo scioglimento del rapporto pendente 72, la giurisprudenza

instauratasi successivamente alla riforma, nel concedere lo scioglimento di tali rapporti, affermava anche l’obbligo di restituire all'imprenditore (e quindi ai creditori concorsuali) le somme incamerate dalla banca a titolo di rimborso: dubbia è tuttavia la possibilità di ricondurre un effetto simile all’articolo 169-bis, in quanto lo stesso è diretto a far cessare il rapporto tra

72 Questa soluzione in precedenza tipicamente perseguita dagli istituti bancari in base

alla considerazione che le difficoltà mettono in pericolo la possibilità di rientro dell’imprenditore, dopo la novella che ha introdotto l’art 169-bis l.f., ha visto una progressiva inversione di tendenza, con un aumento esponenziale delle richieste da parte degli stessi debitori.