• Non ci sono risultati.

2.3 Il reato di autoriciclaggio

2.3.5 Concorso di persone

In prima battuta abbiamo sottolineato come il reato di autoriciclaggio sia da congu- rare come reato proprio, ovvero commettibile esclusivamente da quel soggetto in possesso di determinati requisiti che, nel caso in oggetto, si sostanziano nel concorso al reato pre- supposto. Molti altri sono i reati che, insieme all'autoriciclaggio, rientrano nella categoria dei reati propri. Alcuni esempi sono il reato di falsa perizia, il quale richiede la qualica di perito o di interprete, ovvero il reato di peculato, commettibile da un pubblico uciale o da un incaricato ad un pubblico servizio. Peraltro, peculiarità dei reati propri è la di- stinzione tra le gure dell'intraneus e dell'extraneus. Il primo corrisponde a colui che è in possesso di quelle qualiche tali da farlo rientrare tra i possibili autori di reato. Traslan- do tale denizione agli esempi precedenti, l'intraneus del reato di falsa perizia sarebbe il perito (o l'interprete), mentre quello del reato di peculato sarebbe il pubblico uciale (o l'incaricato al pubblico servizio). L'extraneus, invece, corrisponde al soggetto che, pur non essendo, all'uopo, perito ovvero pubblico uciale, agevola tali soggetti alla commissione, rispettivamente, del reato di falsa perizia ovvero di peculato.

Inoltre tutti questi reati sono accumunati anche dal fatto di essere monosoggettivi66, cioè possono essere ipoteticamente commessi da un'unica persona. Ciò non vuol dire che ob- bligatoriamente il reato deve essere compiuto da un unico soggetto, ma semplicemente che non è impossibile ciò avvenga. È comunque congurabile l'ipotesi in cui l'autore del delitto venga aiutato da altri individui, i quali, agevolandolo, concorrono con lui al reato in questione, da cui il dualismo tra intraneus ed extraneus. Ed è proprio sul concorso di persone che si vuole dedicare il presente paragrafo poiché, come si avrà modo di constatare, la tematica è di particolare delicatezza e per nulla agevole.

Per comprendere il fulcro del problema è necessario prima imbastire il contesto di riferimen- to. A tal ne, immaginiamo un soggetto commettere un delitto doloso, per esempio traco di sostanze stupefacenti, che successivamente decida di ripulire in prima persona i proventi derivanti dalla sua attività. È probabile che per tale operazione si servirà dell'ausilio di terzi soggetti, questi ultimi identicabili, per esempio, nelle gure dei prestanomi ovvero, più in generale, in coloro che facilitano l'attività di riciclaggio senza aver prima commes- so anche il delitto presupposto. Ebbene, se è alquanto scontato collocare il tracante di sostanze stupefacenti nella fattispecie di cui all'art. 648-ter.1, egualmente scontata non è invece la fattispecie riconducibile ai concorrenti all'attività di ripulitura. Il dilemma della questione si sostanzia dunque nel trattamento dell'aiutante, cioè se incriminarlo ai sensi dell'art. 648-ter.1 ovvero ai sensi dell'art. 648-bis o dell'art. 648-ter.

La dottrina maggioritaria ha proposto come soluzione alla diatriba tramite la classica- zione del reato di autoriciclaggio come reato di mano propria67. Per cui, assecondando questa visione, chi potrà commettere tale reato sarà solo colui che ha commesso anche il reato fonte, in quanto il concorso nel reato presupposto rappresenta la qualica richiesta dall'art. 648-ter.1. Di conseguenza il terzo soggetto che ha aiutato a riciclare i proventi il- leciti del soggetto intraneus non potrà essere ascritto all'art. 648-ter.1 poiché in mancanza del requisito invocato dalla norma. Ragionando per esclusione, non rimane che far ricadere la condotta dell'extraneus nella fattispecie di riciclaggio o di reimpiego indipendentemente, quindi, dal reato di autoriciclaggio. Nonostante questa rappresenti la teoria di maggioran- za, è stato sollevato come la catalogazione dell'art. 648-ter.1 tra i reati propri esclusivi sia dettata soltanto da una scelta di politica criminale e non da una vera impossibilità in capo ad un soggetto diverso dall'intraneus di commettere il reato. Solitamente, al ne di accentuare l'esasperazione di tale scelta, si contrappone l'esclusività del reato di autorici-

66A tale classe di reati si contrappongono i c.d. reati plurisoggettivi, nei quali è richiesto obbligatoria- mente il concorso di più persone. Banalmente, il sopranominato art. 416 c.p. condanna le associazioni per delinquere, le quali possono considerarsi tali solo in presenza di almeno tre soggetti.

67I reati propri si possono distinguere in reati propri esclusivi (o di mano propria) e in reati propri non esclusivi. I primi corrispondono a quei reati che possono essere commessi esclusivamente dal soggetto intra- neus, ovvero dal soggetto in possesso delle qualiche richieste dalla norma. I secondi, invece, rappresentano quei reati che, qualora vengano commessi da un soggetto extraneus, ovvero da un soggetto povero delle qualiche soggettive richieste, muteranno solamente titolo di reato. Un esempio a riguardo è l'appropria- zione indebita (reato comune) che, qualora venga commessa da un pubblico uciale, si trasforma, per così dire, in reato di peculato (reato proprio non esclusivo).

claggio con quella del reato di incesto. È noto come quest'ultimo punisca colui che instauri un rapporto carnale con un discendente, un ascendente, un ane in linea retta ovvero con una sorella o un fratello. È noto anche come non esista incesto qualora il rapporto si instauri tra persone fra le quali non sussista uno dei legami sopranominati. Quindi una persona che non presenti vincoli di parentela con il proprio amante non può oggettivamen- te compiere delitto di incesto, ergo la denizione siologica di reato di mano propria. Da tale digressione discende la critica circa l'innaturale connotazione dell'autoriciclaggio come reato esclusivo, da cui la precarietà di tale classicazione.

In aggiunta a ciò, si ricorda peraltro che l'art. 648-ter.1 prevede una pena della reclusione dai due agli otto anni, mentre l'art. 648-bis (o l'art. 648-ter) sanziona con la reclusione dai quattro ai dodici anni. Se è vero quanto appena detto, ovvero che l'intraneus sarà respon- sabile di autoriciclaggio mentre l'extraneus di riciclaggio (o di reimpiego), contradittorio sembra l'accanimento nei confronti di quest'ultimo a favore, invece, dell'autore del delitto presupposto che viene in tal modo premiato tramite una minor pena. Un'incongruenza voluta e confermata anche dalla Suprema Corte la quale sottolinea come l'extraneus che presta un contributo causale alla commissione del reato di autoriciclaggio di cui all'art. 648-ter.1 c.p. [. . . ] deve rispondere del diverso e più grave reato di riciclaggio di cui all'art. 648-bis c.p. o di rimpiego di cui all'art. 648-ter c.p.68. Inoltre, a sostegno di tale imposta- zione, la Corte ha sottolineato come l'autoriciclaggio non rappresenti un unicum all'interno dell'ordinamento italiano, bensì vi siano più fattispecie in cui la condotta dell'extraneus è punita più severamente rispetto quella dell'intraneus69.

A insinuare il dubbio sulla congurabilità del reato come esclusivo è, anche, la previsione di cui al comma 5. Quest'ultimo impone, infatti, un'aggravante nei confronti di coloro che commettono la condotta illecita nell'esercizio di un'attività professionale, bancaria o nanziaria. Ciò a riprova del fatto che il legislatore non avesse ignorato la possibilità di concorso di persone, ma, anzi, avesse compreso come fosse verosimile che chi avesse pro- venti illeciti da riciclare usufruisse dei servigi di terzi professionisti. La stessa ratio, tra l'altro, si riscontra nella pressoché identica previsione di cui all'art. 648-bis, comma 2. Ciononostante, l'ipotesi più valida rimane pur sempre quella maggioritaria, cioè la conside- razione dell'autoriciclaggio come reato di mano propria. Essa, però, non nasce tanto come frutto delle svariate argomentazioni portate a suo supporto, quanto invece dalla scelta di mantenersi il più attaccato possibile all'intentio legis e, quindi, di adottare quella linea di pensiero che fosse più repressiva nei confronti delle azioni atte a contaminare l'economica legale.

68Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 17235/2018.

69La Cassazione riporta, infatti, i casi di delitto di evasione, ex art. 385 c.p., di infanticidio, ex art. 578 c.p., e di interruzione volontaria della gravidanza in violazione dei limiti di liceità, ex art. 17 della L. n. 194/1978 come esempi di reati in cui la sanzione dell'intraneus è più lieve rispetto quella destinata all'extraneus (Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 17235/2018).