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La Convenzione di Strasburgo del 1990

A distanza di dieci anni dalla raccomandazione R 80/10, il Consiglio d'Europa adotta l'8 novembre 1990 la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la consca dei proventi di reato, nota come Convenzione di Strasburgo.

Dal nome stesso del suddetto atto si estrae la duplice nalità del documento. La prima tra queste è la penalizzazione del riciclaggio non solo limitatamente ai reati connessi al mondo del narcotraco, ma anche con riguardo ad ogni altra fattispecie atta alla generazione di ingenti protti. Seppur sembra una ripetizione con le suindicate 40 Raccomandazioni, si rammenta che la tipologia del documento di cui ora trattasi presenta una rilevanza, ma so- prattutto un potere, dierente da quello precedente, in quanto la sottoscrizione dello stesso comporta la cogenza in capo al Paese sottoscrittore. Fatta tale specicazione, il secondo obiettivo consta, invece, nell'appianamento delle discrepanze tra gli ordinamenti delle varie giurisdizioni, in modo da raggiungere, tramite un'eciente cooperazione internazionale, un eettivo contrasto al fenomeno del riciclaggio. Al ne di facilitare tale scopo, l'art. 6 della convenzione propone una nuova denizione di riciclaggio molto più articolata rispetto la precedente della Convenzione di Vienna. L'articolo sancisce quanto segue:

1. Ciascuna Parte prende le misure legislative e di altra natura eventualmente necessa- rie per prevedere come reato secondo la propria legge interna, quando il fatto è commesso intenzionalmente:

a. conversione o il trasferimento di valori patrimoniali, sapendo che essi sono pro- venti, allo scopo di occultare o dissimulare l'illecita provenienza dei valori patrimoniali stessi o aiutare persone coinvolte nella commissione del reato principale a sottrarsi alle conseguenze giuridiche dei loro atti;

b. l'occultamento o la dissimulazione della natura, dell'origine, dell'ubicazione, di atti di disposizione o del movimento di valori patrimoniali, nonché dei diritti di proprietà e degli altri diritti ad essi relativi, sapendo che detti valori patrimoniali sono proventi;

e, fatti salvi i suoi principi costituzionali e i concetti fondamentali del suo ordinamento giuridico:

c. l'acquisizione, il possesso o l'uso di valori patrimoniali sapendo, nel momento in cui sono ricevuti, che essi sono proventi;

presente articolo, l'associazione o il complotto, allo scopo di commettere tali reati, il ten- tativo di commetterli, nonché l'assistenza, l'istigazione, il favoreggiamento e la prestazione di consigli per la loro commissione.

Interessante nella lettura di tale testo è l'esplicitazione dell'oggetto materiale della con- dotta in termini di provento e valori patrimoniali. Mentre con il primo vocabolo si intende qualsiasi vantaggio economico derivante da reato, con il secondo si intende qual- siasi elemento materiale o immateriale, mobile o immobile, nonché ogni altro documento legale o qualsivoglia strumento che comprovi un diritto sui beni in questione. Con questa previsione, la disciplina antiriciclaggio si avvicina ad una conformazione tale da ricoprire ogni ipotetica situazione che si possa prestare a tecniche dissimulatorie della provenienza del bene illecito, proiettandosi quindi verso una struttura omnicomprensiva atta a investi- re anche quelle condotte che il sistema criminale non ha ancora posto in essere. In altre parole, come vedremo più dettagliatamente nel secondo capitolo, il reato di riciclaggio sta giungendo ora, agli inizi degli anni novanta, a mutare la propria forma no a raggiungere un prolo talmente malleabile da adattarsi alle evoluzioni dell'apparato criminoso. Sulla scorta della denizione succitata, l'Italia con L. n. 328/1993 ha modicato la fattispecie di cui all'art. 648-bis c.p., estendendo la cerchia dei reati presupposto ad ogni delitto non colposo. Dopo tale legge il suddetto articolo non ha più subìto alterazioni, giungendo quindi alla congurazione che tutt'ora troviamo all'interno del codice penale, a riprova dell'adattabilità della norma.

Nel proseguo della lettura dell'art. 6, al par. 2, lett. b) si lascia libertà agli Stati aderenti di escludere o meno dall'incriminazione per riciclaggio l'autore del reato fonte. Se da un lato la Convenzione di Vienna del 1988 ha confermato a livello mondiale il problema del riciclaggio, la Convenzione di Strasburgo del 1990 è stato il primo documento ad avanzare l'ipotesi di autoriciclaggio, ovverosia la commissione da parte dello stesso soggetto sia del reato base sia del reato di riciclaggio. Tra l'altro, se sinora abbiamo sempre elogiato il legi- slatore italiano, altrettanto non possiamo fare ora. Infatti la suddetta fattispecie prenderà vita all'interno del nostro ordinamento a distanza di anni con Legge 15 dicembre 2014, n. 186.

Da ultimo, con riguardo invece alla sua seconda nalità, la convenzione sviluppa il tema della cooperazione internazionale su tre livelli. I primi due attengono sempre alla fase delle indagini, con la dierenza che nel primo caso le investigazioni sono ad uno stadio preliminare, mentre nel secondo le inchieste sono già ad una fase avanzata. Il terzo livel- lo di cooperazione, invece, si estende sul piano giudiziale e quindi sul sostegno reciproco nell'esecuzione dei provvedimenti in materia antiriciclaggio. A tal riguardo, vale la pena sottolineare l'impegno dettato dall'art. 13 in materia di consca. La disposizione, infatti, impone l'obbligo a ciascun Stato sottoscrittore di dare esecuzione all'ordine di consca proveniente da un altro Stato sottoscrittore ovvero, in alternativa, di emettere a sua volta un ordine di consca al ne di soddisfare la richiesta dell'altra Parte.