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2.2 Il confronto tra norme: art 648 c.p e art 648-ter c.p

2.2.2 Il reato di reimpiego

Art. 648-ter c.p. - Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648bis, impiega in attività economiche o nanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professio- nale.

La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 648. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

Il presente articolo completa il contrasto normativo contro il fenomeno del riciclaggio, colpendo l'ultima fase che lo contraddistingue, ovvero la fase di integration. Infatti, la ragione che ha portato il legislatore a inserire tale disposizione è stata l'intensicazione della lotta alla criminalità organizzata, rendendosi conto che la previsione di cui all'art. 648-bis c.p. rispondeva solo alle fasi di placement e layering.

Inoltre si può dedurre, sulla base, inoltre, della precedente descrizione sui rapporti di spe- cialità intercorrenti tra le tre norme incriminatrici49, come l'ambito di applicazione dell'art. 648-ter risulti estremamente esiguo. Inoltre, in questo caso il bene tutelato è rappresentato dall'ordine economico-nanziario e dal patrimonio, da cui la collocazione nel Titolo XIII, dovuta anche al rapporto con l'art. 648-bis c.p..

Soggetto attivo ed elemento soggettivo

Già dalla prima parola della norma si comprende come si tratta, nuovamente, di reato comune. Anche in questo caso è presente una clausola di sussidiarietà, questa volta, però, molto più stringente rispetto quelle precedenti. Infatti, oltre ad escludere tutti coloro che hanno concorso nel reato presupposto, si escludono anche i soggetti che cadono nell'ambito

47Cass. Pen., Sezioni Unite, sentena n. 35535/2007. E ancora: Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 5813/2000.

48Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 32832/2007.

49Il riferimento è rivolto nei confronti degli artt. 648, 648-bis e 648-ter c.p. e dei rapporti di specialità che li lega, i quali deniscono l'ultimo articolo come la legge più specica delle tre e, di conseguenza, anche quella con minor spazio di manovra. Rif. Ÿ1.3.

degli artt. 648 e 648-bis c.p.. Quest'ultima specicazione denota, tra l'altro, il carattere speciale del testo di legge in oggetto: infatti, in assenza della clausola di esclusione, l'art. 648-ter prevalicherebbe sui due articoli precedenti, a conferma del disposto di cui all'art. 15 c.p. A raorzare maggiormente il carattere residuo della disposizione legislativa è la cronologia degli eventi che richiede, anché possa realizzarsi l'impiego dei proventi illeciti, la ripulitura degli stessi.

Inoltre, così come per il riciclaggio, anche l'art. 648-ter c.p. richiede il dolo generico, ovvero la consapevolezza e la volontà di compiere la condotta tipica, nonché la conoscenza dell'origine delittuosa del denaro, beni o altre utilità.

Elemento materiale

Successivamente, il testo prosegue con l'enunciazione della condotta tipica che lo con- traddistingue. Il comportamento sanzionato, in questo caso, è uno solo, ovvero l'impiego di denaro, beni o altre utilità in attività economiche o nanziarie. Qualche considerazione in più necessita il verbo impiegare. È infatti possibile leggere il suddetto termine secondo un'interpretazione estensiva, ovvero una restrittiva.

La prima visione considera la nozione di impiego estremamente ampia, tanto da andar oltre alle attività di investimento e di utilizzo, nendo per includere anche quei compor- tamenti non indirizzati alla produzione di alcuna utilità. Infatti, se da un lato la norma risulterebbe incriminare l'investimento e l'utilizzo, i quali, rispettivamente, asseriscono al- l'attività di nanziamento in attività fruttifere e all'attività di impiegare i beni delittuosi con protto, dall'altro lato risulterebbe punito un atteggiamento assolutamente generico, a prescindere, cioè, dall'interesse che ne ricaverebbe il soggetto agente.

La seconda visione, invece, si limita a considerare quelle condotte di impiego nalizzate alla produzione di una qualche utilità. La riessione alla base di tale pensiero consta nella ratio della norma e, quindi, nell'eccesso della pena qualora l'azione dell'agente non sia orientata alla formazione di utile e, conseguentemente, non sia nemmeno dotata di una signicatività tale da incidere nell'equilibrio economico-nanziario, quest'ultimo rappresentante l'oggetto che la norma si pregge di tutelare.

Quest'ultima, difatti, è l'interpretazione maggiormente accettata, appunto per il disequili- brio tra azione e punizione che si creerebbe nel caso si accettasse, invece, la prima deni- zione.

Mentre l'oggetto della condotta, costituito dal denaro, dai beni e dalle altre utilità, è stato argomento già trattato in tema di reato di riciclaggio, ci si soerma ora sull'accezione da conferire alle attività economiche e a quelle nanziarie. Ai ni dell'identicazione dei con- ni della attività economica, è necessario richiamare gli artt. 2082, 2135 e 2195 c.c.50. Il primo tra questi ne rappresenta il fulcro poiché, oltre a rappresentare la base per la deni- zione della gura dell'imprenditore e per l'ambito di applicazione della relativa disciplina,

ci fornisce anche la denizione di attività economica, intesa come quell'attività svolta in maniera organizzata al ne non solo di produrre, ma anche di scambiare beni e servizi. In- teressante a tal proposito è una sentenza della Cassazione, la quale ha precisato come non sia necessario che il reimpiego del danaro o degli altri beni provenienti da delitto avvenga in attività lecite, né che tali attività siano svolte professionalmente51. In tale pronuncia trova riconferma la nalità del testo di legge, quale la tutela dell'ordine economico e - nanziario, poiché quest'ultimo verrebbe egualmente colpito anche qualora l'investimento fosse rivolto nei confronti di attività illecite. Inoltre il carattere della professionalità, che emerge anche dall'art. 2082 c.c., ai ni dell'incriminazione ai sensi dell'art. 648-ter c.p. non rileva poiché, qualora la condotta fosse contraddistinta dal carattere dell'occasionalità, comporterebbe comunque un danno all'ordine sociale. I successivi due articoli nominati vanno a delimitare ulteriormente la materia in quanto da un lato l'art. 2135 c.c., fornendo la denizione di imprenditore agricolo, denisce in negativo i conni dell'imprenditore com- merciale, e dall'altro l'art. 2195 c.c., enunciando coloro soggetti all'obbligo di iscrizione sul registro delle imprese, denisce le attività commerciali. Per quanto concerne il concetto di attività nanziaria il richiamo va, invece, all'art. 106 del D. Lgs. n. 385/1993 (TUB)52 che include tra le suddette i nanziamenti sotto qualsiasi forma, nonché l'emissione di moneta elettronica e le prestazioni di servizi di pagamento.

Reati presupposto e consumazione

Per quanto concerne i reati fonte, essi vengono ricollegati alla categoria dei delitti, includendovi quindi sia quelli dolosi sia quelli colposi. Ciò che sorprende è la considerazione di quest'ultima ipotesi, in quanto si presta ad essere pressoché irrealizzabile. È piuttosto inverosimile, infatti, che i proventi, i quali successivamente verranno impiegati nell'attività di impiego, derivino da un delitto colposo.

Il reato si intende consumato nel momento in cui avviene l'impiego del denaro, beni o altre utilità in attività economiche o nanziarie. Pur consumandosi in un'unica operazione, il delitto in questione non può considerarsi istantaneo. Lo stesso investimento in una società si conclude a seguito, per esempio, dell'acquisto di azioni, ma i dividendi continuano ad essere percepiti dal detentore della partecipazione azionaria n quando il possessore decide di mantenerla. Il medesimo principio si applica anche all'attività di impiego di cui l'art. 648-ter c.p., con l'unica eccezione che il denaro utilizzato per la sottoscrizione deriva da delitto. Proprio per questo motivo la fattispecie si congura come reato a consumazione prolungata, perché i suoi eetti si prolungano nel tempo.

51Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 9026/2014. 52Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 33074/2016.

Sanzioni

L'art. 648-ter c.p. prevede la pena della reclusione da quattro a dodici anni e una multa da euro 5.000 a euro 25.000. Al secondo comma è presente la medesima aggravante prevista dall'art. 648-bis c.p., la quale prevede l'aumento della pena qualora la condotta sia compiuta durante lo svolgimento di un'attività professionale. Per quanto concerne la diminuzione della pena stessa, l'articolo richiama le ipotesi di particolare tenuità di cui all'art. 648 c.p., con le problematiche annesse per l'individuazione di tali casistiche. Inne, l'ultimo comma conclude con un altro richiamo, sempre all'art. 648 c.p., in riferimento all'operatività della norma anche quando siano assenti condizioni di procedibilità, ovvero quando l'autore del delitto presupposto non sia imputabili o non punibile.