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3. eventuale confezionamento e stoccaggio refrigerato.

3.1.5 Confezionamento, trattamento post-packaging e stoccaggio

Il processo produttivo si conclude con il confezionamento ed il trattamento post-packaging (pastorizzazione e raffreddamento del prodotto confezionato).

Il confezionamento ha lo scopo di mantenere il prodotto isolato dall’ambiente esterno per il maggior tempo possibile, proteggendolo meccanicamente e consentendone la visione al potenziale acquirente.

Il Food Protection Committee della National Academy of Science indica come scopo primario del confezionamento la “protezione dalla contaminazione da parte di sporcizia, di materiali estranei, di insetti, di roditori, di microrganismi e della perdita o acquisto di umidità, odori e sapori” (Domenichini, 1996).

Il prodotto sfuso viene portato al confezionamento, raffreddato già nei limiti di sicurezza ed in tali limiti deve rimanere fino a confezionamento concluso.

La tipologia di confezionamento inizialmente adottata era il sottovuoto; ben presto, tuttavia, si è potuto notare che tale confezionamento causava deformazione della confezione del prodotto, motivo per il quale questa tipologia è stata abbandonata.

A partire dalla fine degli anni ’70 e con massimo impulso negli anni ’80 si sono sviluppate e perfezionate varie tecniche impiantistiche di conservazione della pasta fresca, in particolare nuovi sistemi di pastorizzazione, sia primaria che secondaria, e la sostituzione del sottovuoto con il confezionamento in atmosfera di gas inerti come azoto e CO2, la cosiddetta “atmosfera protettiva” (Castelvetri, 2005).

La tecnologia di confezionamento in atmosfera protettiva (MAP-Modified Atmosphere Packaging) si basa sulla sostituzione della miscela gassosa che circonda l’alimento all’interno della confezione con un altro gas (Zardetto, 2005).

Vengono utilizzate a tal fine speciali miscele di gas, contenenti prevalentemente azoto ed anidride carbonica. In particolare, l’anidride carbonica rappresenta il gas più importante all’interno delle miscele; essa svolge azione sia batteriostatica che fungistatica (Daniels et al., 1985).

Il confezionamento in atmosfera protettiva prevede in sintesi:

 eliminazione o drastica riduzione dell’ossigeno ambientale, principale responsabile delle alterazioni;

 confezionamento in imballaggi adeguati a permeabilità nota (molto bassa all’ossigeno);

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I microrganismi inibiti dall’anidride carbonica sono, in primo luogo, le muffe, Salmonella spp ed i batteri aerobi, in particolare del genere Pseudomonas e Bacillus. Meno o poco inibiti sono, invece, i batteri lattici, mentre non sono inibiti i batteri Gram-positivi, per lo più anaerobi, come i Clostridi. Inoltre, il MAP non offre di per sé alcun effetto inibitorio nei confronti dei lieviti e dei patogeni più comuni e/o pericolosi, come, ad esempio, Clostridium botulinum e Listeria, nei confronti dei quali la protezione del prodotto deve essere ottenuta con altri fattori sinergici (temperatura, pH, aw).

A differenza del confezionamento sottovuoto, quello in atmosfera protettiva consente una migliore presentazione visiva del prodotto al consumatore, non essendovi alcun aspetto di “maltrattamento” o schiacciamento del prodotto oltre, naturalmente, alla possibilità di escludere dalla formulazione del prodotto additivi e conservanti.

Riassumendo, il confezionamento in atmosfera protettiva rappresenta la fase finale per la pasta pastorizzata e confezionata. L’atmosfera protettiva, sostituendo all’interno della confezione aria ed ossigeno a contatto con la pasta, produce chiari vantaggi in termini di mantenimento della freschezza del prodotto. Ha, inoltre, come noto, un effetto secondario che spesso è ancora più importante: inibisce lo sviluppo delle muffe. Le muffe, infatti, sono i ricontaminanti più probabili nel percorso dalla pastorizzazione al confezionamento. Per contro, è bene ricordare che, a differenza di quanto a volte ritenuto, l’atmosfera protettiva non ha influenza nel rallentamento delle cariche microbiche ed anzi può favorire lo sviluppo di sporigeni anaerobi stretti, quali i Clostridi solfito-riduttori (Castelvetri, 2005).

Il materiale di confezionamento deve essere robusto, resistente ad un eventuale trattamento termico successivo e, soprattutto, impermeabile all’umidità ed ai gas. Queste caratteristiche non si trovano in un unico materiale e per tale motivo si impiegano film multistrato. Bisogna, inoltre, tenere presente che durante la termoformatura il film può diventare molto sottile in alcune zone, creando punti più fragili e facilmente permeabili.

La pastorizzazione del prodotto confezionato ricalca il principio classico del trattamento finale di un prodotto in confezione ermetica, comune a molte conserve alimentari. Anche in questo caso valgono le criticità base previste per la pastorizzazione della pasta sfusa:

 raggiungimento di temperature efficaci nel punto più freddo della confezione;  raffreddamento immediato rapido ed uniforme (Castelvetri, 2005).

La pastorizzazione finale avviene trattando le confezioni con aria calda alla temperatura di 92- 95°C, in modo da portare il cuore del prodotto alla temperatura di 84°C, mantenendola per almeno 10-15 minuti. In un tempo analogo si provvede, poi, a riportare il prodotto a temperature di 10-15°C.

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Il trattamento termico post-packaging può essere effettuato anche mediante l’impiego delle microonde.

L’azione delle microonde sviluppa calore direttamente nel prodotto trattato, in seguito agli attriti generati dal movimento oscillante delle molecole di acqua in esso presenti.

Per le paste fresche, che hanno mediamente un discreto contenuto d’acqua, il rendimento termico delle microonde è molto buono: in pochi secondi si possono, infatti, ottenere, sia alla superficie che all’interno del prodotto, temperature molto elevate, tali da provocare la distruzione dei microrganismi.

Il principale vantaggio di questa tecnica consiste proprio nel fatto che le microonde attraversano la pellicola della confezione, senza riscaldarla in quanto priva di acqua libera, raggiungono il prodotto all’interno della confezione, provocano l’oscillazione delle molecole di acqua libera e gli attriti di cui si è detto e generano calore direttamente nel prodotto stesso. Questa tecnica, pertanto, consente di non alterare il film della confezione ed allo stesso tempo di generare calore nella pasta, pastorizzandola.

Un limite delle microonde, oltre al costo eccessivo sia dell’impianto che della sua gestione, è quello di risentire delle caratteristiche del prodotto, non solo chimico-fisiche, ma anche strutturali, come, ad esempio, la forma della pasta, lo stato della sua superficie e l’eterogeneità della stessa.

Le ultime fasi della produzione di pasta fresca prevedono l’introduzione delle confezioni in cartoni, successivamente trasferiti nelle celle frigorifere di stoccaggio, dove la temperatura deve essere mantenuta costantemente a 4 ± 2°C (DPR 187/2001) per rallentare lo sviluppo della microflora sopravvissuta alla pastorizzazione durante la vita residua del prodotto.

La refrigerazione della pasta fresca è fondamentale per limitare la proliferazione microbica e le attività enzimatiche che, inevitabilmente, determinano la degradazione del prodotto, fino alla completa alterazione delle sue caratteristiche organolettiche.

Dal punto di vista commerciale, la refrigerazione della pasta fresca ha grande importanza perché ne prolunga non solo la durata, ma anche l’aspetto e la qualità organolettica originaria. Comunque, la refrigerazione da sola non sembra garantire la sicurezza delle paste fresche sia per l’emergenza di patogeni in grado di crescere a basse temperature (psicrofili) sia, più frequentemente, perché gli alimenti refrigerati vengono sottoposti a sbalzi di temperatura durante la commercializzazione mantenuta a temperature superiori a quelle previste. Si rende, dunque, necessaria l’associazione di più barriere, in modo che sia possibile prevenire la crescita di germi patogeni anche in condizioni di conservazione non ottimali (Lucisano, 1993).

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In conclusione, possiamo dire che la produzione di pasta fresca confezionata avviene tramite una serie di processi complessi ed irti di criticità. Le criticità sono sostanzialmente univoche, ma molto influenzate dagli impianti utilizzati, dal loro assemblaggio in filiera e dalle caratteristiche chimico-fisiche del prodotto finale.

Le pastorizzazioni, il confezionamento in atmosfera protettiva, la bassa temperatura, sono le “risorse” disponibili con cui ottenere sicurezza sanitaria e la durata prevista. Queste ultime, tuttavia, saranno garantite se le predette risorse saranno correttamente gestite ed applicate (Castelvetri, 2005).