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La geografia dei primi insediamenti normanni, vedeva confinare questo complesso demaniale, a Nord con la contea di Lecce e con quella di Brindisi e di Nardò.

La signoria di Lecce fu costituita metà egli anni '50. Al 1057 risale un documento considerato attendibile da C. D. Poso, dal quale si evince che il dominio era nelle mani di Rainaldo il quale, assieme ai fratelli, Goffredo, Ruggero ed Arnaldo, a lui sottoposti, donavano a S. Andrea – una chiesa che loro avevano fondato per la redenzione futura della famiglia – delle terre ed anche la decima del pesce, oltre che riconoscerle il diritto di amministrare la giurisdizione sulle persone fisiche, popolazione locale o stranieri, abitanti nel proprio territorio140. Rainaldo si configura dunque come un vero signore pubblicamente riconosciuto, anche se in questo atto non si titola mai conte141.

Nel 1081 viene prodotto un atto di donazione nel quale si parla ufficialmente di un conte di Lecce: Goffredo fratello di Rainaldo, già menzionato nel documento del 1057 ma solo come fratello del feudatario. Nel dicembre 1081 il conte Goffredo di Lecce, donava a Pietro – abate della grande casa benedettina della SS. Trinità di Cava – la chiesa di S. Maria di Vanze e quella di S. Nicola di Lecce assieme ai possessi delle due, e per la redenzione della propria anima e di quella della moglie Gunnora e dei fratelli Arnaldo, Rainaldo e Ruggero, forse ormai tutti trapassati142.

140 «Et totas nostras decimas piscium eidem ecclesie concedimus S. Andree. Item hanc potestatem

eidem ecclesie concedimus, ut homines undecumque venerit et ibi se affidare voluerint, in ipso sacro loco ecclesie vel eius tenimentis se securiter affident, et habitent ibi et prefate ecclesie serviant; et si in aliquo delinquerint in nullam curiam iustitiam faciant nisi ad curiam predicte ecclesie»: Le carte del monastero

dei santi Niccolò e Cataldo in Lecce (secc. XI-XVII), a cura di P. De Leo, Lecce 1978, p. 128, cfr. docc. II

e IV, pp. 130-136, dai quali è difficile stabilire se la chiesa fosse urbana o extraurbana. Cfr. G. Vitolo,

Insediamenti cavesi in Puglia, in L'esperienza monastica benedettina in Puglia, Atti del convegno di

Studio, II, Galatina 1984, pp. 133-134.

141 C. D. Poso, Il Salento normanno...cit., pp. 45 ss.

142 Archivio della Badia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni, Arm. B. n. 26; G. Guerrieri, Un

diploma del primo Goffredo conte di Lecce, in «Archivio storico per le province napoletane», 20 (1895), pp. 64-71; cfr. C. D. Poso, Il Salento normanno...cit., pp. 48 ss. Nel documento si stila una genealogia dei

A Goffredo (I) successe il figlio Goffredo II che in un atto del 1092 è titolare della contea di Ostuni; nel 1120, la contea è retta da Accardo, documentato almeno fino al maggio 1137. A quest'ultimo succederà Goffredo III, conte di Lecce e Ostuni143.

L‟età di Goffredo III è per la contea l‟età dello splendore. Attestato fin dal 1133 quando, assieme al padre Accardo dona il casale di Cisterno al monastero di S. Giovanni Evangelista di Lecce, Goffredo III ospiterà nella sua corte Ruggero duca di Puglia144.

Questi ebbe una relazione con la sorella di Goffredo III, della quale non si conosce il nome, e dalla quale ebbe due figli: Tancredi, conte di Lecce e futuro erede del trono alla morte di Guglielmo II, e quindi ultimo re della dinastia normanna; e Guglielmo, del quale non si hanno ulteriori notizie.

A queste due figure si dovrà l‟intensificarsi dei rapporti tra il Salento e la corte palermitana dove i conti di Lecce, prima poco considerati, accederanno a maggiori favori.

Come ha sottolineato C. D. Poso, è in questa vicenda dinastica che si colloca anche l‟incremento dei diritti feudali di Goffredo III: fu Ruggero II a concedergli la contea siciliana di Montescaglioso alla quale afferivano anche le città di Noto, Sclàfani e Caltanissetta, vale a dire un territorio anche geopoliticamente più vicino alla corte, dove lo stesso Goffredo e quindi i nipoti Tancredi e Guglielmo sono spesso presenti145.

La rivolta de baroni contro Guglielmo II e Maione, lo vede protagonista in Sicilia a fianco di Simone di Sangro, Ruggero di Riccardo di Aquila e Bartolomeo di

Gunnora e ha come figli Goffredo, Rainaldo, Roberto e Sarlo. Non si sa se Goffredo (I) sia succeduto direttamente al Rainaldo o ad un altro dei fratelli. Risulta conte prima del 1075: Ivi, p. 51.

143 Ivi, pp. 52-53 passim. Cfr. Id. Ostuni nel Medioevo. Lo sviluppo urbano dall'XI alla metà del

XIII secolo, Galatina 1997, pp. 32 ss. Goffredo III è titolare anche della contea di Montescaglioso, così

come si rileva da Ugo Falcando e dal Catalogus Baronum. Vedi: G. A. Garufi, Per la storia dei secc. XI e

XII. Miscellanea diplomatica, II, I conti di Montescaglioso, I, Goffredo di Lecce signor di Noto, Sclafani e Caltanissetta, in «Archivio storico per la Sicilia orientale», 9 (1912), pp. 324-341; cfr. G. Antonucci,

Goffredo conte di Lecce e Montescaglioso, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania», 3 (1933), pp. 449-459.

144 Ruggero duca di Puglia e figlio di re Ruggero II di Sicilia, morirà prima del padre nel 1149.

Viene citato col nome Roberto in Andreae Dandoli, Chronica per extensum descripta, ed. E. Pastorello, RIS, 12, I, Bologna 1938-1958, p. 269.

145 Estintasi la precendente dinastia feudale di Montescaglioso con la morte del conte Roberto nel

1138, la contea era rientrata nei possessi demaniali della corona. G. A. Garufi, Per la storia dei secc. XI e

Garsiliato, mentre in Puglia dovette sostenere la fazione capeggiata da Roberto di Conversano e Loritello.

Una volta sedate le resistenze, dopo la resa di Butera – città dove Goffredo dovette cedere a Maione nell‟aprile del 1156 - Guglielmo II lo privò presto dei feudi e incamerò le contee di Goffredo direttamente al demanio regio146.

Nel 1169, Goffredo riconobbe il titolo di conte di Lecce di cui fu investito il nipote Tancredi, al quale dichiarò gli obblighi comitali del feudo di Lecce e di quello di Ostuni147. Nonostante l‟asprezza delle decisione del re, Goffredo III non fu giustiziato e morì l‟8 aprile 1174148

.

Tancredi, ultimo conte effettivo di Lecce, fu implicato già nella sedizione degli anni ‟50. Nel 1161 lo troviamo ancora coinvolto nella ennesima rivolta ai danni della Corona che questa volta vedeva protagonista Matteo Bonello, intenzionato a togliere il trono a Guglielmo I e a permettere l‟incoronazione del figlio minorenne di questi, Ruggero: Gugliemo I fu arrestato e imprigionato.

Alla successiva riappacificazione e quindi al ritorno del re al potere, Tancredi – alleatosi con Ruggero Sclaro – continuò comunque la resistenza, occupando Butera e Piazza Armerina, presto soffocata con la presa delle città da parte delle truppe reali e con l‟esilio in cambio della incolumità.

Dopo un breve periodo in Oriente, come riferisce Enrico Dandolo, Tancredi de Romania venne richiamato in patria dove il cugino Guglielmo II gli avrebbe concesso la contea leccese149, che egli mantenne anche dopo l‟elezione a re del gennaio 1190 e fino alla morte avvenuta il 20 febbraio 1194.

Poi, associata alla corona, anche la contea leccese passò al figlio minorenne Guglielmo III, sotto la reggenza della regina Sibilla, la quale, pressata dalle pretese di

146

La vicenda è narrata in Ugo Falcando, La Historia o Liber de Regno Sicilie e la Epistola ad

Petrum Panormitane Ecclesie thesaurarium, ed. G. B. Siragusa, Roma 1897 (FSI – Scrittori secolo XII,

22), pp. 14 ss.; cfr. E. Jamison, The Norman administration of Apulia and Capua more especially under

Roger II and William I, in «Papers of the British School at Rome», VI, 6 (1913), p. 262. La contea di

Montescaglioso venne ceduta nel 1167 ad Enrico di Navarra, fratello della regina Margherita.

147

Catalogus Baronum, ed. E. Jamison, Roma 1972 (FSI, 101), p. 28, c. 155.

148 G. A. Garufi, Per la storia dei secc. XI e XII…cit., pp.339-340; cfr. C. D. Poso, Il Salento

normanno..cit., p. 57, n. 66.

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Enrico VI di Svevia, con il trattato di Caltabellotta dell‟autunno del 1194, si vide costretta a cedere il diritto regale allo Svevo, ottenendo però da questi il riconoscimento di specifici diritti per il figlio, al quale fu garantita la signoria di Lecce e sul principato di Taranto, ovvero tutto il Salento.

Come per il caso della contea di Lecce e di Ostuni, anche per quanto riguarda la creazione del distretto comitale di Brindisi-Oria si procedette tenendo conto dell‟estensione della diocesi.

La sede vescovile si trovava ad Oria fin dal IX secolo, quando incombendo il pericolo saraceno proveniente dalle coste, si decise di trasferirla da Brindisi verso l‟entroterra150

. In età bizantina qui fu mantenuto il rito latino, e la cosa sembra si possa evincere dall‟assenza di presuli brindisini dalle liste delle Notitiae greche, oltre che da altre testimonianze documentali151, come quei canoni prodotti al sinodo oritano dell‟887-888 sotto il vescovo Teodosio contro un certo decadimento della vita ecclesiastica latina152.

Nel 981 la giurisdizione diocesana si estendeva anche sulle sedi di Ostuni e Monopoli; due anni dopo il vescovo Pavo era titolare anche della chiesa di Canosa. Nel 995-996 è attestato Giovanni quale primo arcivescovo brindisino fino al 1032, titolare – in un documento del 1010 – della nuova arcidiocesi di Oria-Brindisi. Nel 1051 veniva consacrato arcivescovo Eustazio, ultimo presule dell‟età greca e ancora in sede agli inizi degli anni Settanta153. Nel 1073 fu la cattedra passò l‟arcivescovo Gregorio154, quando

150 T. Pedio, La Chiesa di Brindisi dai Longobardi ai Normanni, in «ASP», 29 (1976), pp. 10-17. 151

Cfr. con quanto affermato invece da Nilo Doxopatres nella sua Taxis dei sogli patriarcali, ordinatagli da Ruggero II e composta nel 1143. Qui egli afferma che sia a Taranto che a Brindisi, il patriarca di Costantinopoli inviava suoi preti o vescovi: Hieroclis Synecdemus et Notitiae Graecae Episcopatum.

Accedunt Nili Doxopatrii Notitia Patriarchatuum et Locorum nomina immutata, ed. G. Parthey, Berolini

1866, p. 195. cfr. A. Guillou, Geografia amministrativa del katepanato…cit., pp.125-126; V. von Falkenhausen, Taranto in epoca bizantina…cit., pp.152-153; Id., La dominazione bizantina…cit., p. 167; C. D. Poso, Il Salento normanno…cit., p. 75.

152 IP, IX, pp. 386-387, nn. 4-5; A. Pertusi, Rapporti tra il monachesimo italo-greco e il monachesimo

bizantino nell‟alto Medioevo, in La Chiesa greca in Italia dall‟VIII al XVI secolo…cit., II, pp. 510-511.

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ormai Oria da qualche anno era divenuta contea normanna a seguito della conquista del 1062.

Fino agli anni Ottanta la signoria fu retta dal dominator Riccardo (m. 1081), per poi passare al figlio di questi, Roberto, il quale la resse anche dopo l‟annessione della contea al dominio di Boemondo I del marzo 1086.

Le scarne notizie in possesso non confermano se fu Roberto o un suo successore a ribellarsi a Boemondo nell‟autunno del 1091: in seguito alla rivolta il principe decise di affidare la contea oritana al fedele stratega Goffredo di Blois, punendo così il ribelle del quale non si conosce il destino155.

Nel 1071 Roberto il Guiscardo prendeva Brindisi ma solo al febbraio 1097 risale la prima menzione conosciuta di un signore brindisino, Goffredo conte di Conversano – omnipotentis Dei nutu Brundusine Civitatis dominatur – noto dall‟atto di donazione del casale di Turturano al monastero brindisino di S. Maria Veterana156.

Fin dal 1072 Goffredo di Conversano risulta titolare della contea di Brindisi e di quella di Nardò. Questi era figlio di Ruggero e di una anonima sorella di Roberto il Guiscardo, a seguito del quale, verso la fine degli anni ‟40, giunse in Italia Meridionale dove, fin da subito, dovette impegnarsi nelle operazioni di conquista ai danni dei Bizantini157.

154 IP, IX, pp. 384, 388, n. 12; p. 401, n. 1. 155

Lupi Protospatarii Annales …cit., a. 1092 (= 1091), p. 62: Dum obsideretur Ories civica a Boamundo, auxilio quorum dam Orietani dissipaverunt eius obsidionem, et ipse Boamundus fugam petens, cunctum eius apparatum et signa ceperunt»; cfr. CDBrind., I…cit., n. 7 (Ottobre 1092 = 1091), pp. 14-16. Per quanto riguarda la funzione dello stratega nell‟età normanna, vedi: M. Caravale, Il regno

normanno di Sicilia…cit., pp. 22, 399; A. Allocati, Lineamenti delle istituzioni pubbliche nell‟Italia

meridionale, I, Dall‟età prenormanna al viceregno spagnolo, Roma 1968, p. 24.

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CDBrind., I…cit., n. 9, pp. 17-18. G. Coniglio, Goffredo normanno conte di Conversano e signore di

Brindisi, in «Brundisii res», VIII (1978), pp. 111-121; F. Dell‟Aquila, Goffredo il normanno conte di Conversano, Bari 2005.

157 F. Chalandon, Storia della dominazione normanna in Italia e in Sicilia, trad. A.

La figura di Goffredo di Conversano è certamente tra quelle che meglio testimonia il meccanismo di conquista e cessione del potere nell‟ambito del processo di conferimento feudale del dominio ai membri dei gruppi parentali del Guiscardo. Proprio al Guiscardo però, così come fecero altri all‟indomani della legittimazione pontificia del titolo ducale (1059), anche Goffredo di Conversano si ribellò nel 1064, quando lo zio era distante dalla Puglia perché impegnato sul fronte siciliano.

Allora, esponenti come Abelardo d‟Altavilla – anch‟egli nipote del Guiscardo in quanto figlio di Umfredo – , Gozzolino, Amico – figlio di Gualtiero di Giovinazzo – , Ruggero Tute Bove, Roberto di Montescaglioso e lo stesso nostro Goffredo di Conversano, si sollevarono, più che per invidia – come tengono a precisare sia Amato di Montecassino che Guglielmo di Puglia – , contro la pretesa di sottomissione del neoduca che di fatto, togliendo la possibilità di mantenere una effettiva autonomia territoriale dei feudi acquisiti, sopprimeva l‟originaria intesa dei primi pari di Melfi riguardo il diritto di indipendenza rispetto agli altri, in cambio del riconoscimento della guida degli Altavilla. Non fu certo estraneo il basileus, il quale, per mezzo di Pereno duca di Durazzo appoggiò e sostenne la rivolta che comunque fu soffocata da Roberto il Guiscardo con la presa della roccaforte di Montepeloso (Irsina), dove intanto Goffredo di Conversano e i suoi si erano rifugiati158.

La vicenda di Montepeloso ha il sapore del feudalesimo meridionale laddove – come ci trasmette Malaterra – l‟assedio della fortezza era destinato, nella visione del Guiscardo, a obbligare il nipote al riconoscimento del servitium anche per questo castrum, così come già Goffredo stesso aveva fatto per gli altri a lui sottoposti. Goffredo però avrebbe negato questo diritto allo zio, sostenendo che – diversamente dagli altri suoi feudi – Montepeloso era stata da lui direttamente conquistata, senza alcuna autorizzazione del duca159.

In ogni caso Roberto fu indulgente verso il nipote se, a differenza degli altri ribelli, non lo punì con la confisca dei beni. Goffredo, che nello stesso passo di Malaterra ha «di Conversano» come toponimico, rimase quindi titolare di Montepeloso e di altri castra dei quali non possediamo informazioni.

158 Gaufredus Malaterra, De rebus gestis Rogerii…cit., II, 39.

159 Ibid. cfr. C. D. Poso, Goffredo, in Dizionario biografico degli italiani, 57, Roma 2001, pp. 522

Da un atto di donazione del 1072 e da altre carte successive, si rileva che fu però proprio Conversano il centro principale della signoria160. Tuttavia va rilevato come, forse in connessione con l‟aiuto prestato al Guiscardo nella conquista di Brindisi e nella definitiva presa di Bari, egli sia riuscito ad ottenere molto del territorio a sud dell‟ex capitale catepanale, e questo nonostante la dimostrazione di forza contro l‟azione egemonizzatrice dello zio.

Quest‟ultimo infatti non esitò a riconoscergli anche il dominio su Castellana e su Monopoli – sede questa della curia comitale; come pure – a prova della forza del rapporto parentale che presto si incrinerà nuovamente– consentì al nipote di testimoniare in due atti ducali, uno del 1074 e l‟altro del 1076 in favore del monastero della SS. Trinità di Venosa, abbazia destinata a divenire mausoleo di famiglia161.

Nel 1078, quando ancora in Lucania lo troviamo signore di territori connessi a Banzi – se si fa fede alla donazione di due chiese sempre al monastero venosino – Goffredo appoggiò la nuova rivolta antiducale capeggiata, questa volta, dal principe di Capua Giordano. A scatenarla fu l‟obbligo imposto dal Guiscardo di sostenere il matrimonio di una sua figlia con Ugo discendente del marchese Azzo d‟Este, con mezzi e risorse provenienti dall‟auxilium a cui dovevano attenersi i feudatari del ducato. Ancora una volta il duca dava segno di potere superiore sui feudatari riottosi, sostenuti peraltro anche da papa Gregorio VII, il quale non mancò di appoggiare i signori quali Pietro II di Trani, Abelardo di Altavilla – come Goffredo, nipote del duca – Rainolfo di Caiazzo, Baldovino, Gradilone, Amico di Giovinazzo, Enrico di Monte Sant‟Angelo, e quindi Roberto di Montescaglioso e suo fratello, il nostro Goffredo di Conversano.

Tra il 1078 e il 1082, Roberto il Guiscardo riuscì a riprendere il controllo sui molti centri che si erano sollevati. Dovette perciò riprendere Risceglie, Trani, Andria, Corato e Bari, oltre a liberare Giovinazzo – il cui popolo gli rimase fedele – dall‟assedio di Abelardo.

Dopo una breve parentesi campana, dove riuscì a recuperare altri centri, il duca tornò in Puglia e qui, a seguito della capitolazione di alcune città anche i rivoltosi dovettero sottomettersi alla supremazia del Guiscardo. Così fece infatti Amico a seguito della presa di Spinazzola. E a questi fecero seguito i fratelli Goffredo di Conversano e

160 F. Dell‟Aquila, Goffredo il normanno…cit., n. 2, p. 93. 161

Roberto di Montescaglioso, presto coinvolti dallo zio nella ripresa di Bari dove, con la resa, Pietro II dovette subire la sottomissione e la confisca di Trani e Castellaneta162.

Sembra quasi che proprio questo atteggiamento di indulgenza da parte del duca gli abbia garantito maggior rispetto da parte dei rivoltosi. Goffredo di Conversano infatti, forse anche e sempre per l‟appartenenza alla famiglia ducale, riuscì anche per questo ad incrementare e a farsi riconoscere altri dominii, tanto è vero che alla morte del fratello, Roberto di Montescaglioso, Goffredo ottenne la signoria anche su Matera.

Tuttavia, nel febbraio 1082, approfittando dell‟assenza del Guiscardo, mentre Abelardo d‟Altavilla capeggiava l‟insurrezione di Troia, Canne ed Ascoli, Egli cercò di sottomettere anche Oria che, come abbiamo visto, fu prontamente recuperata appena il duca ritornò in Puglia163.

Nonostante tutto, il Guiscardo dovette mostrarsi ancora benevolo nei confronti del nipote. Tra 1083 e 1085, il conte estese il suo dominio su Satriano Antico in Lucania e Noicattaro, continuando in questo modo ad allargare la sua sfera egemonica verso nord-ovest, oltre che sulla costa dove amplia il suo territorio su Monopoli della quale si titola dominator164. Contemporaneamente il conte segue il Guiscardo nella spedizione partita da Brindisi alla volta della Dalmazia.

Nel novembre 1084 la sconfitta di Corfù ad opera dell‟alleanza veneto-bizantina portò i Normanni a trovare rifugio a Butrinto. Il gennaio successivo questi si rifaranno nel Golfo di Passeri, ma la poco più tardi i veneziani ebbero la meglio.

Roberto il Guiscardo morì improvvisamente a Cefalonia il 17 luglio 1085, quando ancora si apprestava a recuperare parte dei territori già conquistati in Tessaglia e perduti dal figlio primogenito Boemondo165. A fianco al duca vi era anche Goffredo di Conversano166.

162

Vedi infra, n. 136.

163 Gaufredus Malaterra, De rebus gestis Rogerii…cit., III, 34, è l‟unico a parlarne.

164 Regii Neapolitani Archivi Monumenta, Napoli 1857-1861, V, n. 440, pp. 108-109; F. D‟Andria,

Goffredo il normanno…cit., p. 24

165

Boemondo nacque tra il 1051 e il 1058 dal matrimonio tra Roberto il Guiscardo e Alberada, poi annullato da Niccolò II per problemi derivanti dalla consanguineità. Vedi D. Girgesohn, Boemondo I, in

Dizionario biografico degli italiani, 11, Roma 1969, pp. 117-124.

166 Oderico Vitale (pseudo), Historia ecclesiastica, ed. M. Chibnall, I. b. VII; Excerpta – Mon. Hist.

A Boemondo Roberto pensava di destinare in successione tutti i possessi recenti e futuri d‟Oriente, mentre al fratellastro Ruggero Borsa intendeva lasciare il dominio sul ducato. La perdita repentina dei territori balcanici contribuì a far scoppiare il conflitto tra i due fratelli.

Grazie all‟interessamento di papa Urbano II e dello zio Ruggero I il Gran Conte, si arrivò alla determinazione di una suddivisione del domino. Mentre Ruggero, già designato successore da suo padre, rimaneva titolare del ducato, a Boemodo fu riconosciuta la signoria su Taranto, che già gli proveniva dalla sua matrigna Sighelgaita. Ruggero si era già fatto acclamare dall‟esercito normanno in Albania nel settembre 1085 con il sostegno dello zio Gran Conte. La cosa provocò Boemondo il quale, con l‟appoggio del principe Giordano di Capua assediò e prese Oria e con ferocia – stando a Malaterra – sottomise subito Otranto e i territori circostanti fino a Taranto167

. L‟offensiva portò Ruggero Borsa, nel marzo 1086, a riconoscere al fratellastro la signoria su tutti i territori imperniati sulle città di Taranto, Oria, Gallipoli e Otranto, un tempo centri sottoposti al demanio ducale di Roberto, e quindi anche tutti i domini che erano già di Goffredo di Conversano, vale a dire Brindisi, Mesagne, Nardò, Polignano,