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Ci si può soffermare su un altro documento di straordinario interesse che riguarda invece i diritti di un santo in vece di un presule cittadino. Nell‟agosto del 1100, Goffredo di Conversano dona alla Chiesa di S. Leucio – patrono della città – tutte le case che i brindisini hanno edificato in città vecchia e tramite il vescovo – che in questo periodo è Baldovino, succeduto a Godino – anche la giurisdizione su tutte le chiese, latine e di rito orientale, eccetto però che su due monasteri: quello di Santa Maria Antica e quello di S. Andrea dell‟Isola. Oltre a ciò concede alcuni diritti, come le decime sui raccolti, e altri sul bestiame e sulla pesca, più rendite sui prodotti e i lavori in mare203.

202 V. von Falkenhausen, in AGNSv I, p. 137.

203

CDBrind., I…cit., n. 10, p. 19: …ego Goffridus onnipotenti Dei natu Comes Brundusini

Episcopi cuius Dei favente gratia Dominus Balduinus reverendissimus atque in divinis literis peritissimus extitis electus videlicet omnes ecclesias que Parochiis predicti episcopii sub mea sunt ditione. Exceptis his duobus Monasteriis S. Marie atque et S. Andree de insula ita tamen ut illam reverentiam ex eis habeat ipse episcopus ejusque successores que contenetur in cartulis qua ipsis Cenobiis fecit dominus Godinus bone memorie Archiepiscopus. Nam cetere omnes ecclesie cum cunctis rebus suis stabilibus et mobilibus et universi presbiteri Greci et Latini cum ceteris omnibus clericis cum rebus mobilibus et immobilibus sibi pertinentibus sint semper sub jure et potestate beati Leucii ejusque rectorum. Insuper concedo et devote offero istas totas decimas in primis de tritico ordeo et fabis ceteresque leguminibus de vino oleo de melle et cera de pomis et fructibus hortorum. De filiis et filiabus vaccarum et de pullis equarum et asinarum. De filiis et filiabus ovium atque caprarum. De caseo recocta et casis earum. De filiis et filiabus scrufarum. De carrico et levigatione navium atque de lucro puppium nostrarum. Et de piscibus qui capti fuerint in mare et fluminibus ut de navibus Sancti Leucii suorumque hominum non tollatur caricum ancoraticum sive sors curie. Et navicule piscatrices ipsius ecclesie pergant omni tempore piscari sine omni contradictione per portum per mare sine omni sorte curie. Et ut decime fideliter dentur de tributo Civitatis de legibus et plazo et de sale salinarum et omni venatione cervorum atque aprum. Similiterque integre per omnia et in omnibus dentur decime ex Misania sicut sunt descripte ex Brundusio. Nam et cuncte terre quas predecessores Archiepiscopi juste tenuerunt et que continentur in cartulis que sunt munimina prefacte sancte Matris Ecclesie eique antiquitus jure pertinent semper illibate cum suis fluminibus sub ejus jure et dominatione consistant exceptis illis terris in quibus jam vineaa mei homines per possessionem habent. Et absque eis per quas juditium mei ordinati obtinuerunt a predecessore Archiepiscopo. Sed etiam volo laudo atque assentio ut vinee Ihoannis Corbuserii que sunt in terra ipsius S. Leucii et cuncte domus que edificate sunt ab hominibus ipsius episcopii in ipsa vetere Civitate in potestate ejus et domini Balduini ejusque successorum maneant semper sine omni mea meorumque heredum et successorum maneant semper sine omni mea meorumque heredum et successorum

Questo esempio riporta direttamente ad un modo di gestione del patrimonio che si esplica in quell‟atteggiamento del potere fatto di concessioni e riconoscimenti di diritti. Fenomeno questo ampiamente attestato nella regione dove, nella prima età normanna, ai vescovi latini – in epoca di Riforma – si permetterà di riorganizzare e di ripensare l‟episcopato attraverso strumenti fiscali e giurisdizionali di natura pubblica che garantiranno redditi e disponibilità patrimoniali.

Da questo punto di vista, è certamente in età ducale che meglio si può cogliere come l‟acquisizione di prerogative temporali da parte della Chiesa consenta ad Essa stessa di ritrovare una posizione preminente nello scacchiere politico.

E questo è alla base delle ricostruzioni delle cattedrali, alle quali non sono estranei i grandi signori – come Goffredo di Conversano – i quali direttamente si interessano alla costituzione delle signorie episcopali secondo, sembra, una concezione condivisa dello statuto cattedrale e proseguendo a livello comitale l‟intendimento legittimista ducale.

Attraverso privilegi come quello appena citato, si può osservare in quale modo la sostanza del potere temporale delle cattedrali si fondi sostanzialmente su proprietà e diritti. In particolare – come ha sottolineato J.-M. Martin – sulla terra e quindi sui grandi fondi; sui redditi provenienti dalla decima pubblica; dalle esenzioni fiscali; qualche volta dallo jus affidandi, derivante dall‟introduzione di uomini sulle proprie terre; in generale dai diritti sul clero, compreso quello greco, e comprese le famiglie dei preti greci; sugli Ebrei; sui dipendenti; nonché da diritti di natura canonica, o dall‟esercizio della giurisdizione in materia di famiglia ed adulterio204.

Tuttavia, a tener fede all‟esiguità numerica dei testi conservati, si deve rilevare il carattere eccezionale del fenomeno delle donazioni signorili in favore delle cattedrali che, comunque, caratterizza le relazioni tra i duchi – e quindi i conti e gli altri signori – e la Chiesa.

204

Le sedi di Melfi, Bari205, Troia, Castellaneta, Taranto, Brindisi e Lecce, proprio dalla documentazione superstite, sono quelle che ricevono diritti di signoria, su luoghi o persone; diritti che tuttavia mantengono delle limitazioni, o comunque sono incompleti. E questo lo si nota maggiormente proprio per l‟età ducale206.

Rimangono oscure invece molte situazioni, e tra queste, quella dell‟importante sede di Otranto è tra le più problematiche a causa della perdita di documentazione antecedente al 1219 quando Federico II emana un privilegio in favore dell‟arcivescovado. Questo atto però fa specifico riferimento alla conferma dei privilegi già concessi dal duca Ruggero Borsa, da Boemondo I e sua moglie Costanza, da Ruggero di Pomareda207, Ruggero II, Guglielmo II e Costanza d‟Altavilla, e Tancredi208.

Nel giugno 1219 l‟arcivescovo Tancredi raggiunse Federico II in Germania con l‟intento di ottenere dall‟imperatore un riconoscimento giuridico di più ampio respiro anche rispetto agli atti precedenti. Federico devolveva allora a favore dell‟Arcivescovado tutte le decime spettanti alla Corona dalla città di Otranto, derivanti dalle imposte su grano, vino, orzo, olio, dal denaro, e dai raccolti effettuati su tutte le proprietà terriere, fossero esse baronali, private o demaniali, sia presenti nei confini

205 Nel 1082 il presule barese riceve da Roberto il Guiscardo il casale di Bitritto; nel 1085 Cassano;

nel 1086 il duca Ruggero concede il casale Coccene et Batteiani; e l‟anno successivo anche la chiesa di Sant‟Angelo di Monte Sannace: L. R. Ménager, Recueil des actes des Ducs…cit., n. 41; 45; 49; 61: =

CDB...cit., I, 29 A; 29 B; 31; 32.

206

J. –M. Martin, La Pouille...cit., p. 601 per alcuni casi relativi a Troia e Melfi nell‟età di Ruggero Borsa.

207 Si tratta del primo consorte di Alberada di Colobraro e Policoro, la stessa che sposò poi, in

seconde nozze, Riccardo Senescalco, figlio di Drogone d‟Altavilla. Ruggero di Pomareda è attestato tra 1095 e 1102: H. Houben, Il «libro del capitolo» del Monastero della SS. Trinità di Venosa (Cod. Casin.

334). Una testimonianza del Mezzogiorno normanno, Galatina 1984, p. 145 passim.

208 Rogerii II regis diplomata latina, a cura di C.Brühl, Köln-Wien 1987 (Codex diplomaticus regni

Siciliae, ser. I t. II, 1), Appendix III, nr. 64, p.310: non sappiamo però se il privilegio di Ruggero II fosse in greco o latino. I privilegi imperiali confermati ed ampliati da Federico II, consentivano all‟arcivescovo pieni poteri sulla città e sul suo circondario. Nell‟atto, Tancredi è citato come fidelis noster, fedele, devoto e grato all‟imperatore. J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, I, 2, Paris 1852, pp.638-648 «ex regesto Caroli II, ann. 1305 (1306), litt. D, fol.35 verso»; L.Maggiulli,

Otranto. Ricodi, Lecce 1893, pp.375-379 parla di inedito, estratto da una copia esistente nell‟Archivio Arcivescovile, (= copia notarile del 26 giugno 1476, oggi dispersa); vedi anche: Lecce, Archivio di Stato,

Scritture delle Univerisità e Feudi di Terra d‟Otranto, Ia ser., Atti diversi, fasc. 68 / I, copia del 13 ottobre 1802 dall‟ Archivio della Regia Zecca (Napoli) nel Registro sig(na)to 1306 I fol.19». Il documento è considerato autentico anche da H. Houben, Comunità cittadina e vescovi in età normanno-sveva, in

diocesani che di quei fondi di proprietà della Chiesa idruntina siti fuori dai questi confini.

Oltre a ciò, anche dalle decime sul bestiame, legumi, erba, lana, lino, formaggio; tutte le rendite del porto; quelle provenienti dall‟esercizio della giustizia; dai bagni pubblici; dal denaro degli Ebrei come dei Cristiani; dal plateatico, e quindi dall‟occupazione del suolo pubblico; ed in generale da tutte quelle entrate in oro e argento provenienti dalla Città e dal circondario, ovvero dal territorio afferente alla diocesi.

Tra le conferme vi troviamo la libera circolazione e la libera pesca delle navi e delle barche, esenti da tassazione, di proprietà della Chiesa idruntina e quindi dei suoi dipendenti; il diritto di scegliere quattro macellai in Otranto, i quali vengono così liberati dal versamento di imposte all‟Imperatore; inoltre conferma l‟esercizio dello jus affidandi; l‟esenzione dalle prestazioni dovute alla Corona da parte di uomini o derivanti da beni, eccetto che per alcuni casi.

Conferma inoltre, la giurisdizione sul clero diocesano e sugli uomini dipendenti della diocesi; il diritto di nominare un giudice e notaio; il diritto di giudizio sugli adulteri, ad eccezione di quelle circostanze che coinvolgono situazioni violente da sottoporre alla giurisdizione della Corona.

In caso di bisogno, ai religiosi appartenenti alla diocesi di Otranto era garantito far riferimento alla giurisdizione del proprio vescovo anche quando erano fuori dai confini diocesani. Eccetto però per quei reati di lesa maestà, per i quali la giurisdizione ricadeva sulla Corona.

Tra le altre conferme, di natura patrimoniale, si elencano le terre Calomodii209 e le loro pertinenze; orti e terre ex parte Arene e altre terre in città; tutte le chiese, greche e latine, e tutti i monasteri sotto la giurisdizione diocesana.

Come ha sottolineato H. Houben, la seconda parte del documento si differenzia dalla prima – in cui sembra confermare diritti già concessi all‟arcivescovado in passato – per il conferimento di nuovi possedimenti, quali i casali di Uggiano, Quattro Macine, Giuggianello e Miggianello; gli uomini del casale di Melpignano; un terzo del lago di

209 Così è riportato in . J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica…cit., mentre in

L.Maggiulli, Otranto. Ricordi…cit., si trova Calamuri. Tenendo conto che il testo riportato da Maggiulli è ricco di errori, sembra si possa rapportare ad un antroponimo. Cfr. H. Houben, Comunità cittadina e

Alimini, una pescheria, più diverse chiese, con loro uomini e terre, ovvero: San Giorgio de Mare (o Muro), S. Stefano, S. Pietro de Canale (o Canalibus), S. Spirito de Arenula, S. Biagio, S. Leonardo, S. Zaccaria, S. Giovanni de Palma, S. Giovanni de Minerva, S. Martino de Badisco, S. Nicola de Tribus Areis (o ortis), SS. Cosma e Damiano, S. Maria de Nuco ( o Mitro o Muro), S. Pietro di Cursi, S. Eufemia nei pressi di Alessano, S. Giorgio di Fano, metà di S. Isidoro, S. Maria Agraniani ( o Agruniani)210. Oltre a ciò, Federico concesse anche il canonicon proveniente da tutte le chiese della diocesi, e il diritto di far ritornare coattivamente i fuggiaschi allontanatisi dalle terre arcivescovili.

Quello in questione è da considerarsi dunque un intervento teso non solo a garantire all‟arcivescovado idruntino entrate copiose, ma anche a strutturare – attraverso un sistema di diritti – un ente giuridico il cui peso egemonico si ripercosse sul territorio, all‟interno del quale certamente l‟arcivescovo di Otranto poté costruire un effettivo dominio.

Così, l‟arcivescovo – fidelis noster – venne riconosciuto da Federico come persona giuridica dominante a livello cittadino e diocesano anche in virtù della sua devozione alla Corona.

Facendo un salto indietro di circa un secolo e spostandoci a Taranto, da un privilegio di re Ruggero II datato 1133 si può rilevare la grandezza della dotazione feudale dell‟arcidiocesi tarantina comprendete, peraltro, quattro casalia, ovvero Grottaglie, S. Teodoro, S. Vittore e di un ultimo del quale in nome non è dato211. Buona parte delle rendita di decima gravante sull‟imposizione fiscale, derivano però da una concessione fatta già nel 1106 da Boemondo d‟Antiochia e signore di Taranto212.

210 Ivi, p. 92, in part. n. 117 nella quale l‟Autore segnala le discordanze delle tre versioni del

documento del 1219.

211 H. Niese, Normannische und staufische Urkunden aus Apulien, Rom 1907, pp. 96 ss. Cfr.

Archivio della Curia Arcivescovile di Taranto, b. VIII, docc. 410, 525; Archivio Capitolare di Grottaglie, fascio 41; Ughelli, Italia Sacra, IX, coll 178-186 inoltre: P. A. P. Coco, Titoli dignitari e nobiliari della

Sede Arcivescovile di Taranto, Martina Franca 1918, p. 26; C. Cafforio, Vicende feudali di Grottaglie, in

«Voce del Popolo», giugno 1932 e 06.01.1942; G. Blandamura, La Baronia arcivescovile e il castello

episcopio di Grottaglie, Taranto 1933.

212

Rimanendo all‟interno della stessa arcidiocesi, sappiamo che intorno alla medesima data la suffraganea Castellaneta è dotata del casale di S. Andrea nei pressi del Lato213, ma generiche risultano le donazioni di casali da parte di Riccardo Senescalco datate al 1088 e al 1111214.

Infine, nel 1130 Tancredi di Conversano, discendente di Goffredo, dona alla cattedrale di Brindisi il casale di San Dònaci215. Donazioni effettuate nello stesso storno di anni, che vanno messe in relazione con l‟azione egemonizzatrice di Ruggero II.

In età monarchica infatti i possessi fondiari e immobiliari delle cattedrali aumentano notevolmente ma – a causa della discontinuità documentaria – il panorama che riusciamo a delineare vede sussistere delle disparità e differenze tra i vescovadi pugliesi, tanto è vero che a beneficiarne sembra sia un numero ridotto di sedi episcopali destinatarie per altro di lasciti modesti. La differenza si nota particolarmente per la Puglia centrale, dove vi erano centri importanti come Trani e Bari216. In Capitanata ed in Salento assistiamo invece ad entrate più considerevoli.

Le dotazioni fondiarie alle cattedrali hanno spesso origine ducale o comitale, come nei casi di Brindisi e Castellaneta, centri dove si espresse l‟evergetismo dei rispettivi signori, ovvero di Goffredo di Conversano per la prima e verosimilmente di Riccardo Senescalco per la seconda. Un caso a parte è Gravina, dove Umfredo non concesse proprietà fondiarie ma solo diritti, come l‟uso di terre signorili per il coltivo217.

A Lecce invece le donazioni signorili vengono destinate pro reparatione majoris Lyciensis Ecclesiae, ovvero per il restauro della cattedrale del 1114 voluto dal vescovo

213 Ughelli, Italia Sacra, IX, coll. 152-153 (1133); G. Guerrieri, Il conte normanno Riccardo

Siniscalco…cit., p. 30.

214 Ibid.; cfr. J.-M. Martin, La Pouille…cit., p. 601. Feudatario anche di Nicastro in Calabria, nel

1101 Riccardo donò alla cattedrale locale alcuni possedimenti che gli venivano da Amburga sua sorella, la quale edificò la cattedrale stessa: G. Guerrieri, Il conte normanno Riccardo Siniscalco...cit., pp. 27-28, p. 81 ss., doc. XVI.

215

CDBrind.…cit., I, 12.

216 J.-M. Martin, La Pouille…cit., p. 602.

217 G. Del Giudice, Codice diplomatico del regno di Carlo I e II d‟Angiò dal 1265 al 1309, Napoli

Formoso e per interessamento del conte Goffredo (II)218. Ad attestarlo sarebbe qui anche un‟iscrizione riportata nel XVII secolo dal noto storico leccese G. C. Infantino219. Nel 1115, proprio per sostenere il restauro della cattedrale cittadina, Goffredo donò a Formoso metà del casale di Vernole, località chiamata S. Lorenzo, ed altre terre220.

A Taranto l‟arcivescovo disponeva di un ricco patrimonio già nel 1133, quando Ruggero II decise di incrementarlo ulteriormente. Successivamente vediamo che egli diviene titolare, se pur episodicamente, di Castellaneta e di Mottola, già sue suffraganee221. Per il caso tarantino va inoltre tenuto conto anche del problema giurisdizionale della Chiesa, giacché ancora nel 1143 Nilo Doxopatres, a mezzo del suo trattato sulle Chiese greche del regno, polemizzava sottilmente con Ruggero II circa l‟appartenenza a Costantinopoli della sede di Taranto: la cosa va letta considerando la probabile non definizione, ancora in piena età monarchica, dei rapporti giuridici tra il Patriarcato costantinopolitano e la Chiesa latina di Taranto222. Tuttavia se si fa partire dal 1053 l‟episcopato di Drogone, è chiaro che la presenza latina riformata sul seggio della città dei due mari va interpretato come un cambio di rotta politico abbastanza preciso. La partecipazione alla consacrazione di Montecassino, assieme ad altri presuli pugliesi, fa tendere a vedere in Drogone il committente del restauro e della ricostruzione della cattedrale tarantina, fabbrica in via di completamento già verso la fine dell‟XI secolo, almeno se si fa fede all‟atto tramite il quale l‟arcivescovo Alberto concedeva al clero della cattedrale di S. Maria ben metà delle decime riscosse dalla

218 Collana degli scrittori di Terra d‟Otranto, I, Lecce 1867, p. 279 è riportata la pergamena del

conte Goffredo d‟Altavilla, fratello di Roberto il Guiscardo; cfr. N. Vacca, La cripta della Cattedrale di

Lecce e l‟antica arme della città, in «Rinasenza Salentina», II, 12-13 (1934), pp. 27-33. H. Houben, Istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa, in Storia di Lecce dai Bizantini agli Aragonesi, a cura di B.

Vetere, p. 398.

219 G. C. Infantino, Lecce sacra, Lecce 1633, p. 14. Cfr. Ughelli, Italia Sacra, IX, col. 70. 220 Ughelli, Ivi, coll. 70-71.

221 D. Girgensohn – N. Kamp, Urkunden und Inquisitionem...cit., pp. 137-224, in part. Tarent 2

(1196): conferma alla cattedrale di Taranto di Castellaneta usurpata da Tancredi. Nel 1200 Castellaneta risulta però in mano al conte di Lecce; cfr. Castellaneta 1, per Mottola; inoltre si veda: N. Kamp, Kirche

und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien. I. Prosographische Grundlegung. Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266, Munich 1973-1982, I-2, pp. 960 ss.

222

Chiesa di Taranto exceptis eis que... daret aliquis pro ecclesia fabricanda vel pro vitrea finestra facienda223, ovvero per chiudere le finestre con i vetri.

Prima dell‟intervento di Alberto, il vescovo Basilio I, succeduto a Drogone alla guida della diocesi tarantina, concesse alla Cattedrale metà delle rendite del feudo di Castigno nei pressi di Maruggio224. E la cosa è interessante dal momento che in questa occasione è un vescovo ad accordare parte di una pertinenza territoriale diocesana in favore della Cattedrale.

Di recente Gabriella Piccinni ha operato una riflessione intorno al tema della sostanza del potere mettendolo felicemente in relazione con l‟accesso alla gestione di patrimoni e di diritti, in particolare rivolti alle terre, ai fondi in generale, e al possesso di proprietà225.

Di fatto, le cattedrali di Brindisi, Otranto e Taranto, iniziano ad accumulare un ingente patrimonio, radicando al contempo la presenza dell‟istituto episcopale nel territorio. La cosa sembra andare di pari passo con il coagulo dei poteri comitali nelle mani di pochi signori vicini, come i vescovi, al duca: sia per parentela che per sola fedeltà dichiarata e sempre nel solco di un processo di assestamento istituzionale indissolubilmente legato alla presenza, e quindi all‟affermazione, nel territorio.

Stando però ai dati in possesso, anche in età monarchica si deve rilevare il permanere di ineguaglianze tra sedi episcopali, nonostante generalmente si assista ad un ulteriore incremento dei patrimoni immobiliari e fondiari delle cattedrali. Disparità, per dirla con le parole di J.-M. Martin, tra grandi e piccole sedi, ed anche rispetto a zone più o meno densamente popolate, ovvero quella della Puglia centrale e quelle delle zone

223 V. Farella, Le pergamene dell‟Archivio Capitolare di Taranto, Taranto 1970, pp. 14-20; cfr. Le

pergamente dell‟Archivio Arcivescovile di Taranto, I-II (1083-1258), a cura di F. Magistrale, Galatina

1999, pp. 7-9.

224 A. P. Coco, Il santuario di S. Pietro in Bevagna dipendente dal monastero dei PP. Benedettini di

Aversa: appunti storico-critici con documenti inediti, Taranto 1915, pp. 82-94. L‟arcivescovo Basilio I è

presente alla Sinodo romana indetta da Gregorio VII. Lo si deve collocare dunque nel solco della riforma, all‟interno del quale si inserisce anche la vicenda del rafforzamento del capitolo della cattedrale.

225 G. Piccinni, Regimi signorili e conduzione delle terre nel Mezzogiorno continentale, in

“periferiche”, la Capitanata e il Salento, che invece sembrano richiamare maggiori benefici226.

Detto ciò sembra che l‟attrattività delle concessioni da parte delle cattedrali sia da mettere in relazione, da una parte, di certo, all‟importanza del seggio episcopale; dall‟altra, alla situazione della singola diocesi all‟interno delle aree più popolate. Le cattedrali presenti nella Puglia centrale – zona più popolata delle altre, il Salento e la Capitanata – hanno meno possibilità di vedersi conferire diritti di proprietà di natura immobiliare o fondiaria, rispetto alle sedi de la periphérie – il Salento e la Capitanata appunto – dove invece queste chances aumenterebbero grazie anche alla struttura insediativa che in queste realtà è caratterizzata da un numero cospicuo di casalia che sono l‟oggetto preferito delle dotazioni signorili alle cattedrali227

.

Martin stesso ha notato che su quarantasei sedi episcopali una decina ricevono in