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Le geografie della Chiesa, la geografia del dominio

Nel Salento vescovi greci sono attestati anche all'indomani della conquista normanna, quale fu un Teodoro, documentato nel 1092 e nel 1101; come pure sono documentati – almeno nelle prime fasi – alcuni latini che siedono su sogli di rito greco, come Balderico di Gallipoli, il quale è attestato nel 111585. La regione era caratterizzata da una maggioranza ellenizzata abituata, fin dai tempi di Niceforo Foca (963-969), a vedere nelle istituzioni ecclesiastiche un più diretto collegamento all'impianto amministrativo dello Stato.

La costituzione del Tema di Longobardia (891-892) e quindi la successiva fondazione del Catepanato, consentirono di fatto un rafforzamento delle strutture

S. Lucia; a Casalrotto (Mottola): l‟abbazia di Sant‟Angelo (o San Michele Arcangelo), il monastero di S. Vito e il priorato di S. Maria; a Mottola: S. Caterina, la chiesa di S. Lorenzo e il priorato di S. Maria; a Castellaneta: il priorato di S. Sabino, S. Pietro e di S. Matteo de Domo, la chiesa di S. Maria de Lemnis e di S. Maria de Lamanu; a Lecce: la chiesa di S. Niccolò, il priorato di S. Andrea e la chiesa di S. Maria di Vanze. Cfr. G. Guierrieri, Il conte normanno Riccardo Siniscalco (1081-1115) e i monasteri benedettini

cavesi in Terra d'Otranto (sec. XI-XIV), Trani 1899, pp. 33 ss.

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Ibid. cfr.: E. Gattula, Ad historiam abbatiae Cassinensis accesiones, I, Venetiis 1734, pp. 161, 167, 171, 175-176, 179, 188, 204-205, 217; T. Leccisotti, Le colonie cassinesi in Capitanata, IV: Troia, Montecassino, 1957, nn. 12-13, 15, pp. 64-71; L. Mattei-Cerasoli, La Badia di Cava e i monasteri greci

della Calabria superiore, in «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania», VIII (1938), pp. 176-177,

275, 276; N. Acocella, Il Cilento dai Longobardi ai Normanni (Secoli X e XI), in Salerno medioevale e

altri saggi, Salerno 1971, pp. 473-487; cfr. F. Guerrieri, Possedimenti temporali e spirituali dei Benedettini di Cava nelle Puglie. Parte I: Terra d‟Otranto, Trani 1900; Insediamenti benedettini in Puglia. Per una storia dell‟arte dall‟XI al XVIII secolo, 3 voll., a cura di M. S. Calò Mariani, Galatina

1980-1985; P. Dalena, Note sugli insediamenti monastici benedettini ad ovest di Taranto nell‟XI secolo:

strutture ed interventi sul territorio, Galatina 1981, estr. da Annali dell‟Università di Lecce Facoltà di

Lettere e Filosofia», VIII-X (1977-1980), pp. 338-350; C. D. Poso, Il Salento normanno…cit., pp. 89 ss.

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diocesane direttamente collegate a Costantinopoli, e quindi, l'inasprirsi degli attriti tra latini e greci86.

Otranto è attestata quale arcivescovado autocefalo nelle Notitiae episcopatuum greche dall'età di Leone VI; Gallipoli invece, fu sottoposta alla metropoli di S. Severina, in Calabria, assieme a Umbriatico, Cerenzia e Isola di Capo Rizzuto. Sulle chiese latine della regione, come Taranto87 e Brindisi, pur sotto la dominazione bizantina alla quale i vescovi dovevano fedeltà, veniva mantenuta la giurisdizione ecclesiastica romana, nonostante l'iniziativa di alcuni di egemonizzare tutta la Chiesa salentina sotto il Patriarcato di Costantinopoli88.

Ma si deve all'iniziativa di Niceforo II Foca e del patriarca Polieucto l'erezione a metropoli di Otranto, alla quale si assegnarono le sedi suffraganee di Acerenza, Tursi89, Gravina, Matera e Tricarico, lasciando a Roma Taranto che si vide in questo modo accerchiata geograficamente e politicamente dal Patriarcato, determinando in questo modo un nuovo assetto geopolitico che metteva strettamente a contatto i due temi di Longobardia e Lucania, e lasciando intendere – come suggerisce Liutprando da Cremona – l'intenzione dell'imperatore di procedere all'ellenizzazione di tutte chiese presenti all'interno dei domini bizantini90.

86 A. Guillou, Aspetti della civiltà bizantina in Italia. Società e cultura, Bari 1976, pp. 166 ss.; V.

von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell'Italia meridionale...cit.; Id., Problemi istituzionali,

politico-amministrativi ed ecclesiastici della seconda colonizzazione bizantina, in La civiltà rupestre nel Mezzorno d'Italia. Ricerche e problemi, Atti del Primo Convegno Internazionale di Studi sulla Civiltà

rupestre nel Mezzogiorno d'Italia (Mottola-Casalrotto, 29 settembre – 3 ottobre 1971, Genova 1975, pp. 45-49; P. Corsi, L'episcopato pugliese nel medioevo. Problemi e prospettive, in Cronotassi iconografica e

araldica dell'episcopato pugliese, Bari 1984, pp. 27 ss.

87 A Taranto, nell'866, nulla poté la forte ingerenza del patricio Giorgio, il quale cercò di imporre

un vescovo greco legato al Patriarcato, provocando così la forte reazione di papa Stefano V: V. von Falkenhausen, Taranto in epoca bizantina, in «Studi medievali», s. III, IX (1968), pp. 133-166, in part. 136, 150-152.

88 V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina...cit., p. 166.

89 Per quanto riguarda Acerenza e Tursi nel quadro della geografia amministrativa ed ecclesiastica

della Lucania bizantina, si veda A. Peters-Custot, Les Communautés grecques de Basilicate à l‟époque

byzantine, in Histoire et culture dans l‟Italie byzantine, a cura di A. Jacob, J.-M. Martin, G. Noyé, Rome

2006, pp. 559-587.

90 Liutprandi Relatio de legatione Constantinopolitana, ed. J. Becker, in M.G.H., SS germ. 41,

Hannover-Leipzig 1915, pp. 175-212, in part. p. 209, c. LXII; A. Guillou, L'Italia bizantina dalla caduta

Di fatto Bisanzio operò tenendo presente che la maggior parte della popolazione del Catepanato, soprattutto delle regioni più settentrionali e vicine a Benevento, osservava il rito romano. In quelle realtà Costantinopoli elevò ad arcivescovadi di alcune diocesi, come Siponto e Lucera, mentre altre vennero strappate alla metropoli beneventana e sottoposte direttamente a Roma, come a Troia dove si creò ex novo un episcopato91.

In generale, nella Puglia prenormanna si assistette all'elevazione ad arcidiocesi per concessione di Costantinopoli, di quegli episcopati autonomi sottoposti a Roma: Bari, capitale del Tema di Langobardia, nel 953 divenne arcivescovado, titolare congiuntamente della più antica Canosa; a seguire Bisanzio elevò Otranto, nel 96892 ; Taranto, nel 97893; Trani, nel 98794; Lucera, nel 100595; Brindisi, nel 101096, e Siponto entro il 102397.

La costituzione dell'arcivescovado barese – che rispondeva ad una prassi consolidata negli uffici statali bizantini rispetto ai capoluoghi provinciali – ebbe risposta nell'azione di Ottone I che eresse Benevento, capitale di un principato, ad arcidiocesi nel 969: proprio per questo Bisanzio reagì con la moltiplicazione degli arcivescovadi, col fine di ostacolare ulteriori sviluppi dell'egemonia beneventana sul territorio pugliese98.

91 Per una rapida analisi della situazione delle diocesi della Capitanata, vedi: P. Corsi, L'episcopato

pugliese nel medioevo...cit., pp. 29 ss.

92 Cfr. V. von Falkenhausen, Tra Occidente e Oriente: Otranto in epoca bizantina...cit., p. 44. 93 Ughelli, Italia sacra, VIII, pp. 66 ss.

94

Cfr. V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina...cit., p. 167, n. 60.

95 Codice diplomatico del monastero benendettino di S. Maria di Tremiti (1005-1237), ed. A.

Petrucci (FISI, 98), Roma 1960, p. 3, n. 1.

96 CDBrind. [= CDBrind.], I (492-1299), ed. P. De Leo – G. M. Monti, Trani 1940, p. 5, n. 2. 97

Codice diplomatico del monastero benendettino di S. Maria di Tremiti ...cit., p. 27, n. 8; V. von Falkenhausen, I Bizantini in Italia, in I Bizantini in Italia, a cura di G. Cavallo, Milano 1982, p. 80.

98 Gli attriti più accesi si verificarono lungo le linee di confine o sovrapposizione dei dominii,

particolarmente a Siponto, Bovino e Ascoli Satriano: V. von Falkenhausen, La dominazione

È interessante notare la differenza di potere esercitato dai vescovi latini rispetto ai loro colleghi dell'Italia meridionale bizantina, dove lo Stato limitò di fatto il raggio d'azione temporale, evitando di concedere troppi diritti, differentemente da quanto avveniva in altre realtà occidentali99.

Quanto in definitiva viene annotato da Liutprando a proposito della proibizione del rito latino da parte di Polieucto, deve essere certamente rivisto almeno per le diocesi pugliesi ed anche per Taranto dove – stando a Beniamino da Tundela – nonostante la maggioranza greca, la sede episcopale fu sempre governata da un presule latino100.

Per quanto riguarda le realtà greche, la geografia delle diocesi sottoposte a Costantinopoli erano dislocate soprattutto in Calabria e Terra d'Otranto.

Erano suffraganee della metropoli di Reggio: Vibona, Tauriano, Gerace, Squillace, Crotone, Tropea, Amantea, Rossano, Nicastro, Cosenza, Nicotera e Bisignano; a queste, nel X secolo fu aggiunta Cassano, e nell'XI Oppido e Bova.

Dalla metropoli di Santa Severina dipendevano le diocesi di Umbriatico, Cerenzia, Isola di Capo Rizzuto e Paleocastro. Gallipoli, pur essendo di fatto in Terra d'Otranto, venne accorpata a Santa Severina, come poi anche Castro (Paleocastro). Interessante è il caso di Cosenza, diocesi questa concessa nel 983, da papa Benedetto VII, all'arcivescovado appena costituito di Salerno, assieme a Bisignano, Malvito e Acerenza, quest'ultima già presente nelle liste della chiesa idruntina101.

Il riassetto delle competenze diocesane di Salerno, vedrà ulteriormente incrementarsi nel 1058 quando, pur non venendo eliminate dagli elenchi delle suffraganee della Chiesa di Reggio, all'arcidiocesi campana verranno assegnate anche Martirano e Cassano.

Analogamente a quanto fu fatto nella Puglia settentrionale, ed essendo comunque in territorio greco, la diocesi di Cosenza si vide elevata a rango arcivescovile da

99 Ivi, pp. 169-170.

100 C. Colafemmina, L'itinerario pugliese di Beniamino da Tundela, in «ASP», 27 (1975), p. 89. 101

La presenza di Acerenza nelle liste delle due arcidiocesi lascia ipotizzare che la struttura delle suffraganee idruntine non si sia completamente realizzata. Sotto Niccolò II divenne arcivescovado: IP, IX, p. 453; Cfr. A. Guillou, Geografia amministrativa del katepanato bizantino d'Italia (IX-XI secolo), in

Calabria bizantina. Vita religiosa e strutture amministrative, Atti del primo e secondo incontro di Studi

Bizantini, Reggio Calabria 1974, pp. 113-133; H. Houben, Il Papato, i Normanni e la nuova

Costantinopoli, di modo che, acquisita una maggiore autonomia, fosse il più possibile staccata dalle ingerenze longobarde, pur rinunciando a nomine provenienti da Reggio102.

Più tardi, in occasione del concilio di Melfi, il metropolita di Santa Severina giurò obbedienza a Urbano II; così fece, nella stessa occasione anche Romano di Rossano, diocesi questa innalzata a rango arcivescovile immediatamente dopo la presa normanna. Alla sua morte, le autorità normanne tentarono l'elezione di un latino scatenando una forte reazione da parte dei locali: qui ci si accordò eleggendo il greco Nicola Meleinos, rappresentate eminente dei ceti alti della Calabria bizantina, il quale dovette giurare fedeltà ai conquistatori anche per mantenere la posizione della sua famiglia sotto i nuovi dominatori103.

In Calabria, e il caso di Rossano lo dimostra, alla morte del presule greco, i Normanni tentarono la sostituzione con uno latino, così come si evince anche dalle vicende di Tropea che intorno al 1094 passò a un presule romano; o Squillace, dove il greco Teodoro Misimero rimase titolare previo assenso normanno, per poi essere sostituito alla sua morte da un latino, Giovanni, documentato nel 1098.

Otranto, come si è visto, ebbe assegnata nel 968 alcune diocesi a cavallo dei due temi, grossomodo accerchiando l'arco jonico-tarantino; tra queste, appunto, Acerenza.

Così, all'indomani delle conquiste, i Normanni si videro bene dallo strappare definitivamente anche le diocesi dove più alta era la componente greca nella popolazione, ovvero le sedi di Oppido, Bova, Rossano, Santa Severina, e quindi Gallipoli.

Quando nel 1059 Reggio cade in mano normanna, anche qui si avvia un processo transitorio che sfocia nella nota vicenda del 1078, allorché il patriarca di Costantinopoli consacra Basilio alla sede reggina. Ancora nel 1082 i Normanni però non gli consentono di insediarsi, anzi, hanno già provveduto con un successore latino, Guglielmo.

Nel 1089, allo stesso concilio di Melfi che vide la sottomissione di Santa Severina e Rossano, Basilio si lamentò con papa Urbano II, il quale – a sua volta – gli intimò

102 V. von Falkenhausen, La dominazione bizantina...cit., p. 163, n. 23. 103

senza mezzi termini di dichiarare l'obbedienza alla Chiesa romana. Il rifiuto di Basilio, portò naturalmente alla fine dell'episcopato greco a Reggio104.

Sui tempi della latinizzazione degli episcopati calabri, si può affermare che – non diversamente da quanto avvenne altrove – i tempi non furono sempre celeri, anzi, le occasioni di passaggio vennero soppesate con molta attenzione, anche in seguito, e anche dai successivi dominatori: nel 1059 Cosenza ha un vescovo latino; nello stesso anno il vescovo di Cassano Jonio combatte contro i Normanni a Oppido Mamertina, ma già nel 1089, anno del Concilio, Cassano ha un presule latino; così a Nicotera nel 1094; e due anni dopo, nel 1096, a Squillace. Entro il 1101 Nicastro è retta da un vescovo latino; entro il 1110 Tursi o Anglona. Dal 1164 Umbriatico; dal 1198 Cerenzia; dal 1205 Gineokastron; e acora alla metà del '200 Isola di Capo Rizzuto. Crotone e Santa Severina sono rette da greci ancora alla metà del XIII secolo; Oppido Mamertina fino al 1460; Gerace fino al 1482; Gallipoli fino al 1513105 e Bova, addirittura fino al 1573. E questo dà la misura di quei processi anche molto lunghi e di una resistenza della cultura greca bel oltre i termini della fine della presenza bizantina in Italia106.

Il processo di latinizzazione ebbe effettivo avvio sotto il successore di Niccolò II, Alessandro II (1061-1073), il quale – pur non essendo in buoni rapporti con i Normanni, ai quali doveva la sua elezione – diede forma alla riorganizzazione istituzionale delle diocesi pugliesi107. In occasione del sinodo lateranense del 1063 ordinò la deposizione dell'arcivescovo greco di Trani Giovanni108; nella stessa occasione, probabilmente, confermò i diritti beneventani su Siponto109 per poi elevarla circa un anno dopo, nel

104 F. Russo, L'ultimo metropolita greco di Reggio, in «Bollettino della Badia greca di

Grottaferrata», n. s., VII (1953), pp. 163-178; cfr. D. Stiernon, Basile de Reggio, le dernier métropolite

grec de Calabre, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», XVIII (1964), pp. 189-226.

105

Nel 1115 è attestato però un vescovo latino, Baldrico: Girgensohn, Dall'episcopato greco...cit., p. 38.

106 Vedi C. D. Fonseca, L'organizzazione ecclesiastica dell'Italia normanna...cit., pp. 338 ss. 107 T. Schmidt, Alexander II. (1061-1073) und die römische Reformgruppe seiner Zeit, Stuttgart

1977, pp. 84-88.

108 È da correggere la data in IP, IX, p. 290, n. 2: «Melfi 1059 aug.»; vedi H. Houben, Papato, i

Normanni e la nuova organizzazione ..cit., p. 23, n. 34 passim.

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maggio 1064, ad arcidiocesi mettendole a capo il monaco cassinese di origine tedesca Geraldo110.

Nel 1067 Alessandro II compì un viaggio in Puglia con l'intenzione di celebrare alcuni sinodi e riportare a Roma l'obbedienza delle chiese pugliesi e campane. Lo troviamo a Siponto dove depose i vescovi di Lucera, di Tertiveri e di Biccari, attualmente nel foggiano, accusati di simonia, e ordinando poi il reintegro di Stefano vescovo di Troia111.

Fu in occasione di questo viaggio che Roberto il Guiscardo ottenne il suo riconoscimento a duca di Puglia: difatti il papa si trovava a Melfi il 1° Agosto dove fu celebrato un altro sinodo. Tra fine agosto e inizio settembre il papa, a Salerno, indesse un ennesimo sinodo: tra i convenuti e sottoscrittori degli atti troviamo Baldovino, vescovo di Melfi; Stefano di Troia112, Ingelberto di Tursi ed Ugo, arcivescovo di Otranto113.

Ormai a Roma, il 13 aprile 1068, Alessandro firmava la bolla che consentiva ad Arnaldo di Acerenza di ristrutturare la chiesa lucana114.

All'inizio del 1069, in occasione dell'ennesimo concilio lateranense, Alessandro II ricevette i vescovi meridionali: l'arcivescovo Uldarico di Benevento; Ildebrando, arcivescovo di Capua; Giovanni, arcivescovo di Napoli; Alberto, vescovo di Boiano (attuale provincia di Campobasso); Arnaldo, arcivescovo di Acerenza; Oddone, vescovo

110

H. Houben, Il «Libro del capitolo» del monastero della SS. Trinità di Venosa (Cod. Casin. 334):

una testimonianza del Mezzogiorno normanno, Galatina 1984, p. 126.

111 IP, VIII, p. 14, n. 24; cfr. F.-J. Schmale, Synoden Papst Alexanders II. (1061-1073). Anzahl,

Termine, Entscheindungen, in «Annuarium Historiae Conciliorum», 11 (1979), pp. 307-338, in part. p. 325, n. 34

112 Nel settembre 1067 Troia fu direttamente sottoposta alla Santa Sede e a questa venne aggregata

anche la diocesi di Biccari: IP, IX, p. 203, n. 3. Durante il pontificato di Alessandro II furono probabilmente assoggettate alla Sede apostolica anche le sedi di Rapolla e Melfi: Ivi, pp. 500 ss., e 496 ss. Cfr. H. Houben, Papato, i Normanni e la nuova organizzazione ..cit., p. 24, n. 43 relativamente alla possibile dipendenza da Bari di Melfi.

113 JL., 4635; cfr. Italia Pontificia, VIII, p. 14, n. 25.

114 Fu Niccolò II a elevare Acerenza a rango arcivescovile: IP, IX, p. 456, n. 6. Alessandro II ribadì

infatti che l'autorità che conferiva con la bolla del 13 aprile 1068, era legittimato dal fatto che anche i predecessori di Arnaldo godevano della stesso potere: Ivi, p. 456, n. 6; JL., 4647.

di Rapolla; Ruggero, vescovo di Civitate; Bruno, vescovo di Potenza; Ingelberto, vescovo di Tursi; ed ancora Ugo arcivescovo di Otranto115.

I forti attriti tra il Guiscardo e la Santa Sede, possono spiegare perché Gregorio VII, successore di Alessandro II, non abbia mai messo piede a Melfi, a differenza dei suoi predecessori e dei suoi successori116. Bisognerà attendere gli accordi di Ceprano perché – come è ampiamente noto – alcune questioni irrisolte trovassero uno sbocco 117. Superata la breve parentesi di Desiderio di Montecassino, ovvero Vittore III (1086-1087), si deve al decennio di Urbano II (1088-1099) e ai suoi viaggi nel Meridione, la definizione di un nuovo assetto dei poteri ecclesiastici in Puglia e Lucania.

Durante il sinodo di Melfi del settembre 1089, presenziarono settantadue vescovi e dodici abati tutti meridionali, oltre al duca Ruggero Borsa, al principe Boemondo e ai grandi feudatari di Puglia e Calabria118. Oltre a sollecitare una tregua dei tra i grandi normanni, Urbano impose la pretesa di Roma sulle metropoli calabresi ed elesse Ruggero Borsa duca di Puglia119.

Come ha fatto notare H. Houben, gli itinerari di Urbano II, le tappe e i luoghi toccati e visitati dal pontefice, consentono di leggere il processo di penetrazione della Santa Sede nei territori meridionali e di ricostruire una geografia dell'ossequio a Roma coincidente con quella della legittimazione del dominio. Conclusosi il concilio di Melfi il 15 settembre, il pontefice si reca a Banzi dove, tra il 22 e il 29 presiede la celebrazione inaugurale dell‟abbazia di S. Maria120; il 30 settembre è a Bari dove, dopo aver consacrato arcivescovo Elia, ex abate di Santa Maria e poi – dal 1071, anno della

115 Ivi, 4651; IP, V, p. 210, n. 9; VIII, p. 14, n. 26;

116 H. Houben, Papato, i Normanni e la nuova organizzazione ...cit., p. 25. cfr. S. Caruso, Politica

“gregoriana”, latinizzazione della religiosità bizantina in Italia meridionale, isole di resistenza greca nel Mezzogiorno d‟Italia tra XI e XII secolo, in Atti CISAM (2003), Spoleto, pp. 463-541.

117 Come il trasferimento del vescovo Ursone di Rapolla alla sede di Bari, a seguito di una richiesta

fatta da Roberto il Guiscardo. Per una rapida visione della situazione si veda S. Tramontana, La

monarchia normanna e sveva, Torino 1986, pp. 77 ss.

118

R. Somerville – S. Kuttner, Pope Urban II. The collectio britannica and the council of Melfi

(1089), Oxford 1996, in part. pp. 175 ss.

119 IP, VIII, p. 23, n. 71. 120

caduta del Catepanato – di S. Benedetto entrambi monasteri baresi, il 1° ottobre presiede la cerimonia di deposizione delle reliquie nella cripta dell‟erigenda San Nicola121. Sempre ad Elia, il 5 ottobre, concesse i diritti metropolitani – oltre che sulla sede di Canosa – anche sulle suffraganee Bitonto, Bitetto, Molfetta, Giovinazzo, Modugno, Canne, Ruvo, Minervino, Acquatetta, Montemilone, Lavello, Vitalba, Salpi, Cisternino, Conversano, Cattaro e Polignano122.

Negli stessi giorni Urbano II fece spostare l'arcivescovado da Oria a Brindisi123, e le assegnò la sede di Ostuni124, togliendole poi Monopoli che, nel 1098, verrà assoggettata direttamente alla Santa Sede125.

Alla consacrazione della basilica di Montecassino, il 1° ottobre 1971, alla presenza di Alessandro II, figurava anche l'arcivescovo di Taranto126. Come per il caso di Otranto, la dignità arcivescovile tarantina risaliva all'intervento del Patriarcato della metà del X secolo, che nei fatti stabiliva un corso politico preciso127. La presenza nelle liste cassinesi di un presule con titolatura arcivescovile, lascia ipotizzare dunque che il papa riconoscesse una dignità di origine greca che, a quanto sembra, non aveva competenze su diocesi suffraganee.

Alla fine dell' XI secolo Taranto però è sede metropolitica di fatto, e a questa afferiscono le diocesi di Mottola128 e Castellaneta.

121 IP, IX, p. 319, n. 6; p. 327, n. 1.

122 IP, IX, p. 319 ss., n. 7; JL. 5412. Relativamente al problema della sovrapposizione della

giurisdizione diocesana presenti anche nelle liste di Trani (es. Cisternino, Polignano, Lavello, Minervino, Montemilone, Acquatetta, Canosa). Vedi: JL. 5414; IP, IX, p. 291, n. 4; cfr. F. Magistrale, Notariato e

documentazione in Terra di Bari. Ricerche su forme, rogatari, credibilità dei documenti latini nei secoli IX-XI, Bari 1984, pp. 337 ss.; cfr. H. Houben, Il Papato, i Normanni e la nuova organizzazione...cit., p.

27, n. 54.

123

JL. 5413; IP, IX, p. 388, n. 14.

124 IP, IX, pp. 404 ss.

125 JL. 5446; IP, IX, p. 375, n. 7.

126 C. D. Fonseca, La Chiesa di Taranto tra il primo e il secondo Millennio, in La Chiesa di

Taranto, I, Dalle origini all'avvento dei Normanni, a cura di Id., Galatina 1977, pp. 83-108.

127 C. D. Fonseca, La Chiesa di Taranto dalle origini al tramonto del principato, in Taranto: la

Chiesa/le chiese, Taranto 1992, pp. 25-26.

128

Bisognerà attendere però qualche tempo per trovare una ratifica pontificia dell'erezione a metropoli, e ciò dovette avvenire in occasione della consacrazione della basilica di San Sabino a Canosa nel 1102, quanto Paquale II concesse – stando a quanto riportato da Fimiani nel 1776 – il titolo e le suffraganee129.

Le vicende della sede tarantina sono particolarmente interessanti ed utili ad illustrare la situazione di una realtà ecclesiastica di confine al passaggio del dominio. Come per il caso di Gravina, sembra che la costituzione delle diocesi di Mottola e Castellaneta debbano la loro origine all'interessamento diretto di un signore normanno – e non conte – Riccardo Senescalco, dando riprova appunto delle modalità di sincretismo istituzionale nei territori in via di riassetto130.

Agli anni 1050-1051 si fa iniziare l'episcopato tarantino di Drogone, quindi circa dieci anni prima della costituzione della contea di Taranto (1063)131. Tuttavia il