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Capitolo 6. Considerazioni conclusive

6.1. Inquadramento delle UUSS 13 a beta, 250 e 308 all’interno della serie

6.1.3. Confronti con studi precedenti

Dal punto di vista tecnologico è possibile confrontare i livelli qui analizzati con due studi principali: l’uno condotto da Montoya (MONTOYA, 2004) che inserisce la serie epigravettiana di Riparo Tagliente in due fasi distinte, di cui qui tratteremo la prima riferibile ai livelli più antichi (tagli 17-12), l’altro affrontato da Cremona (CREMONA, 2008) sull’US 13 a alfa di Riparo Tagliente.

Sono stati individuati alcuni punti in comune con questi studi, soprattutto con l’US 13 a alfa, mentre altri aspetti risultano divergenti. Per quanto riguarda l’individuazione degli obiettivi della produzione, Montoya individua tre progetti costituiti da: lame, lamelle e schegge laminari, mentre, nei livelli qui analizzati, come nell’US 13 a alfa, i tre progetti sono rappresentati da: microlamelle, lamelle e lame; l’obiettivo delle schegge laminari non risulta particolarmente significativo. Inoltre, pur essendo comuni, gli obiettivi lamellari e laminari presentano caratteristiche differenti: nel lavoro di Montoya le lamelle si dividono in piccole lamelle e grandi lamelle sulla base principale delle misure di larghezza e spessore; esse presentano bordi regolari e paralleli e profili rettilinei. Nel presente lavoro e nell’US 13 a alfa, invece, la suddivisione in lamelle e microlamelle è stata fondata principalmente sulla lunghezza dei prodotti, i quali presentano bordi paralleli e profili concavi o torti; inoltre, se per Montoya le lame sono costituite da elementi di lunghezza superiore a 10 cm, qui esse raramente raggiungono tale misura per cui il limite minimo è stato posto a 6 cm.

Le catene operative individuate da Montoya risultano autonome e atte all’ottenimento di una sola specifica gamma di prodotti. Seppur non siano stati rinvenuti nuclei a lame, in linea generale, si può concordare con questa considerazione, ma bisogna tenere presente che, nei livelli qui analizzati, così come nell’US 13 a alfa, sono presenti anche catene operative con modalità miste che testimoniano il cambiamento di obiettivo conseguente alla riduzione del nucleo. Passando alle modalità di gestione delle superfici di scheggiatura dei nuclei, in particolare della produzione lamellare, Montoya individua due gestioni differenti: una per la produzione di piccole lamelle ottenute prevalentemente da superfici strette ricavate su

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135 superfici larghe dei blocchi. Nelle UUSS esaminate si nota, così come nell’US 13 a alfa, una produzione di microlamelle e lamelle con modalità frontale o frontale stretta, ma soprattutto semitournant all’interno di una gamma unica, che non vede soluzioni di continuità dal punto di vista delle larghezze. Infine, per quanto riguarda la scelta dei supporti per la trasformazione, non si riscontrano dei moduli dimensionali precisi per le armature come, invece, sostiene Montoya: nel suo lavoro, infatti, le punte a dorso sono ottenute sulle piccole lamelle, lamelle a dorso e dorsi e troncature sulle grandi lamelle, mentre le lame vengono impiegate soprattutto per la trasformazione in grattatoi. Nei livelli qui analizzati, invece, ad esclusione delle lamelle a dorso (ottenute su supporti esclusivamente lamellari), le punte a dorso e i dorsi e troncatura sono ottenuti su supporti di lunghezza e larghezza piuttosto variabili. Non si riscontra nemmeno la corrispondenza tra prodotti più fini e trasformazione di dorsi e troncatura, come invece accade per l’US 13 a alfa, anche se bisogna tener conto che il campione di questa ultima unità è numericamente superiore a quello analizzato in questo lavoro. Punto in comune, invece, risulta l’importanza delle lame nell’ottenimento dei grattatoi, anche se questi sono ricavati prevalentemente da elementi corticati o semi- corticati in relazione, probabilmente, con la ricerca di spessori più consistenti.

Dal punto di vista tipologico, poi, si possono confrontare i risultati ottenuti dalle UUSS 13 a beta, 250 e 308 con quelli dell’US 13 a alfa (CREMONA, 2008) e quelli ricavati dal Prof. A. Guerreschi (BARTOLOMEI et alii, 1982), in particolare per il livello 13. Punto in comune con quest’ultimo livello è la predominanza, tra le armature, di troncature e punte a dorso su lame/lamelle a dorso e dorsi e troncatura, oltre alla scarsa presenza di becchi e all’assenza di geometrici; l’US 13 a alfa, invece, mostra un dato discordante poiché tra le armature vede la predominanza delle lamelle a dorso sulle punte a dorso; inoltre, le troncature sono meno attestate rispetto ai becchi e bassa è pure la presenza delle lamelle a dorso e troncatura. Queste ultime, come già notato da Guerreschi per il livello 13, sono scarsamente attestate in tutti i livelli analizzati in questo lavoro, così come nell’US 13 a alfa, rivelando, dunque, un aspetto comune ai livelli appartenenti alla fase più antica dell’Epigravettiano recente e contrapponendosi alla fase più recente di questo, collocata nell’interstadio tardoglaciale, in cui tendono ad aumentare.

D’altra parte, quando si passa ad esaminare gli strumenti si notano più elementi in comune con l’US 13 a alfa: nei livelli analizzati in questo elaborato, infatti, prevalgono i grattatoi sui bulini così come nell’US 13 a alfa, mentre nello studio del livello 13 il rapporto risulta invertito. Punto comune a tutti risulta, comunque, il prevalere dei tipi semplici tra i bulini e dei tipi frontali lunghi tra i grattatoi. Passando agli elementi del substrato l’US 13 a alfa e la 13 vedono il prevalere dei denticolati su punte, raschiatoi e lame-raschiatoio, mentre nel

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complesso le UUSS 13 a beta, 250 e 308 mostrano una prevalenza di raschiatoi seguiti da denticolati, lame raschiatoio e punte. Tuttavia, bisogna considerare che il 90% dei raschiatoi è rappresentato da elementi appartenenti al Musteriano, quindi non si può affermare che vi sia una vera discordanza con gli altri livelli (13 e 13 a alfa). In conclusione, dunque, nonostante le leggere differenze riscontrate, da attribuire più a fenomeni legati alla funzionalità delle diverse aree del sito che a un fenomeno culturale, i livelli analizzati ben si inseriscono all’interno della parte antica dell’Epigravettiano recente dell’Italia nord- orientale.